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Ci sono 3 commenti relativi a questo articolo

Commento 1351 di Domenico Cogliandro del 07/08/2006


Una nota, dato che condivido da tempo le informazioni inviate, e da Antithesi pubblicate, da Anna e Leandro. Ho peraltro recentemente inviato a Paolo Ferrara una breve riflessione, proprio sul ponte, che mi auguro possa trovare spazio sullo scrolling di Antithesi. La mia nota, invece, riguarda proprio l'ultimo punto da loro indicato, e che riguarda la "politica" dei trasporti sullo Stretto di Messina. Spero che ci legga il ministro Bianchi: io non credo ci sia nemmeno una mezza idea sul cosa fare e come farlo. Negli anni ci sono state delle clamorose operazioni di facciata dell'azienda pubblica (?) con nuovi banner pubblicitari, il restyling del logo, i cartelloni stradali e, per breve tempo, la possibilit di acquistare il biglietto in modalit remota (cio, molto lontano dalla biglietteria, presso aree di servizio autostradali), ma con una politica dei prezzi di circostanza (o di adeguamento pedissequo ai prezzi imposti dalla societ monopolista Tourist) e un parco macchine (i traghetti) obsoleto e incline al pensionamento ma, stoicamente, a servizio inquinante del trasbordo.
Quello che scrivono Anna e Leandro, in margine al loro testo, corrisponde a realt: non esiste una politica del trasporto navale sullo Stretto di Messina e, ancora peggio, non esiste - quasi a volere avallare (sfiancando gli italiani "passeggeri") l'idea che sia pi logico pensare, e far pensare, all'idea che il ponte, tutto sommato, sia la proposta pi ragionevole per trasferirsi da una sponda all'altra - la volont di pensare ad una concorrenza, in termini di servizi e di costi, nei confronti del privato. Io sono un pendolare, traghettando spesso in auto, che ha residenza in Calabria e lavoro in Sicilia. Molti sono nelle mie stesse condizioni, altri (soprattutto gli autotrasportatori) in condizioni pi disagiate. Il trasporto privato, fino a qualche anno fa, per la stragrande maggioranza dei pendolari stato preferito per numero di corse e "qualit" del servizio (rinnovo del parco macchine, servizi a bordo - giornali, bar, boutiques - e una frequenza di corsa ogni 20 minuti). Certo, bisogna anche dire che il rinnovo delle navi ha spesso significato acquistarle di seconda mano dall'Europa del Nord, e che i servizi a bordo sono relativi a concessioni degli spazi a privati. Per passare a piedi, comunque, era possibile farlo con mille lire, e il costo per un'auto medio piccola, come la mia, si aggirava intorno alle 45 mila lire per un biglietto che consentiva il ritorno entro 45 giorni dalla partenza. Con l'avvento dell'euro, dal 1 gennaio del 2002, la tariffa pedonale saltata a 1 euro (senza alcun motivo), e il costo del trasbordo auto, tipo Fiat Uno, si attestato intorno a 27 euro. Fino a qualche mese (vacanze pasquali) fa lo stesso biglietto auto era di 33 euro. Oggi di 40. Cio, non solo un aumento impressionante in pochi mesi, con la compagnia monopolista, ma un aumento di circa 13 euro in 4 anni. Data la mole di traffico che la Societ Tourist lavora, un aumento ingiustificato.
Di contro: chi si fosse informato sul costo del biglietto ferroviario per il trasbordo auto, stessa tipologia, per passare le vacanze di Pasqua in Sicilia, o in Calabria (tanto, non esiste una politica a favore dei residenti), il trasporto navale di TrenItalia avrebbe risposto che "con 16 euro possibile fare il biglietto di sola andata, con 32 quello di andata e ritorno", un euro meno degli altri, non molto ma almeno due caff. Oggi la tariffa auto di TrenItalia la medesima del suo antagonista, modificata una settimana dopo del ritocco apportato dalla Tourist.
Giorno pi giorno meno.
Di pi. Qualora si fosse convinti, per una serie di non indagabili motivi, di utilizzare BluVia, le navi FS, per arrivare a Messina, magari a piedi, ci sono due opzioni possibili: la cosiddetta "zattera", il cui nome non incute nessuna fiducia, e il traghetto, nel cui ventre sar possibile alloggiare l'auto o il treno. Ora, a questo punto che lo staff creativo di TrenItalia avrebbe dovuto lavorare, fregandosene delle operazioni di facciata: bisognava entrare nel meccanismo dell'offerta, e dunque del sapore dei biscotti anzich della loro forma. Per arrivare a Messina, con BluVia, ci vuole un sacco di tempo (da cui il fomentato disagio) ed inutile negarlo, ma a questo punto bisogna (1) offrire, al temporaneo nugolo di malcapitati, servizi che altri non siano in grado di proporre oppure (2), ribaltando la questione, attirare un turismo che faccia della lentezza la propria filosofia del viaggiare. Lasciando le cose come stanno si rischia di far passare un messaggio sbagliato, e cio che il ponte, visto lo scatafascio generale - da una parte i prezzi e dall'altra l'obsolescenza -, sia l'unica salvezza possibile.
Come ha recentemente dichiarato il governatore Cuffaro, se in Sicilia venisse bandito un referendum relativo all'impegno della Regione Siciliana in quota parte al progetto del ponte, la maggioranza dei siciliani (o gli stessi che lo hanno votato), probabilmente, propenderebbero per un impegno pi che il contrario. Le dichiarazioni sono sue, e io non mi impegno a sottoscriverle. Ma se le prospettive dell'intermodalit si riducono a cambiare il nome della nave, ridipingerla, fregiarla di un nuovo logo e presentare il tutto in una pomposa conferenza stampa e poi farle bere lo stesso inquinante dei decenni precedenti, lasciare inalterati i servizi a bordo, disincentivare il personale dal fornire attenzione ai passeggeri e adeguare i prezzi a quelli del concorrente, mi pare non solo una magra consolazione, ma la necessit disattesa dei molti italiani, e non, che da una delle due parti vogliono arrivare, e vogliono farlo bene (spesso, ahim, nel minor tempo possibile) e pagando il giusto o, almeno, quello che corrisponde al servizio offerto.

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Commento 1354 di giancarlo genovese del 09/08/2006


Perfettamente aderente alla constatazione di Domenico Cogliandro, mi schiero anch'io, siciliano residente a Firenze (dunque frequentatore di Scilla e di Cariddi), contro la immaturit di questa idea del ponte anche se non, a priori, contro la sua fattibilit. Oltre all'indecenza del sistema dei trasporti navali, della loro forma e contenuto, cos come della forma e contenuto degli arancini (pi che i biscotti) che il malcapitato avr sventura di assaggiare, sussiste un altro (fosse uno..) problema.
Se scomodassimo il signor Ulisse fino al punto di trascinarlo nel nostro tempo (e daltronde egli sempre qui anche se le sue gesta non fanno pi letteratura..) e gli chiedessimo di ritornare ad attraversare lo Stretto, egli certamente, memore delle insidie di quel lembo di mare, sgranerebbe le orbite sino a farsi ritornare gli occhi; ma se aggiungessimo che si tratterebbe di una "passeggiata"poich stato allestito un ponte che collega le due sponde egli probabilmente, se non altro per curiosit, accetterebbe. Ma una volta trovatosi da una parte o dall'altra ,al signor Ulisse converr riprendere il mare, andr bene pure "una di quelle zattere", piuttosto che proseguire via terra: in quest'ultimo caso infatti il suo ritorno a casa sarebbe seriamente compromesso.
Sul versante peninsulare il nostro eroe, ammesso che trovi il raccordo che dal ponte lo conduce all'autostrada, verrebbe subito a misurarsi con l'imprevedibile, insidiosissimo e antico quanto lui (strano che Omero non ne parli) Mostro della Salerno-Reggio Calabria: le sue morse fatali, i serpenti neri aggrovigliati simili a strade d'asfalto senza segnaletica, i Tir fumosi (bizarri e infidi draghi di lamiera) e quant'altro. Se poi decidesse per la strada ferrata l'Odissea potrebbe concludersi l.
Mentre, optando per Cariddi il percorso sarebbe l per l meno spaventevole, ma cosa lo attender pi in l.... a questo punto le pagine arrossiscono di vergogna e il signor Ulisse di rabbia: neppure una ferrovia decente, non un trasporto confortevole. Quasi rimpiange il passato burrascoso dei suoi naufragi.

Beninteso, si esagera.. ma neanche tanto, per dire che apparirebbe RIDICOLO che il contadino forgiasse una schiena d'asino di pietra e cemento e l'armasse poi di ferro, con gran dispendio di energie, per varcare un fossato e trasportare un bacile scarso d'acqua tra il suo campo di patate e quello di pomodori, entrambi inariditi e sodi.

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Commento 1376 di Leandro JANNI del 20/08/2006


LA QUESTIONE PONTE SULLO STRETTO E IL SENSO DEL LIMITE
Persino nella nostra bella Italia, nella mitica Sicilia siamo riusciti a perdere il senso del limite. La misura. Non concepiamo pi la natura come terra da abitare, come pensavano gli antichi Greci, ma come spazio da dominare. Non ci limitiamo alluso sostenibile della terra, ma ci spingiamo irresponsabilmente, follemente fino alla sua usura, alla sua consunzione. Rovina.
Il nostro rapporto con la natura fortemente mediato, dominato dalla tecnica: in questo mondo, in questa terra altra spesso coltiviamo illusorie, assurde pretese. Tra queste, pu certamente annoverarsi lo straordinario Ponte sullo Stretto: oggetto di inesauribili e incompatibili discussioni, ipotesi, progetti. Vero e proprio paradosso epistemologico. Follia tecnologica. Ottusa contesa politica. Insomma: tutto e il contrario di tutto, in un rumore comunicativo che nasconde di fatto la realt delle cose. La verit, per, piuttosto semplice: la realizzazione della mega opera infrastrutturale che dovrebbe congiungere la Sicilia al Nord, risolvendo come dincanto tutti i problemi di sottosviluppo della nostra Isola , allo stato, tecnicamente irrealizzabile. Insigni studiosi ed esperti di scienza e tecnica delle costruzioni si sono pronunciati pi volte, in tal senso. E cos: i pontisti se ne facciano una ragione. Almeno per qualche anno o decennio ancora.
Sulle leggi della natura e sui limiti e le possibilit della tecnica, sul concetto di sviluppo sostenibile, mi piace qui ricordare le illuminanti parole del filosofo Martin Heidegger: La legge nascosta della terra si mantiene nella moderata misuratezza del nascere e del perire di tutte le cose entro i limiti della loro possibilit, che ognuna di esse segue e che tuttavia nessuna conosce. La betulla non oltrepassa mai la sua possibilit. Il popolo delle api abita dentro lambito delle sue possibilit. Solo la volont, che si organizza con la tecnica in ogni direzione, fa violenza alla terra e la trascina nellesaustione, nellusura e nella trasformazione artificiale. Essa obbliga la terra ad andare oltre il cerchio delle possibilit che questa ha naturalmente sviluppato, verso ci che non pi il suo possibile, e quindi impossibile. Il fatto che i piani e i dispositivi della tecnica riescano in numerose invenzioni e producano continue innovazioni non dimostra affatto che le conquiste della tecnica rendano possibile anche limpossibile.


Leandro Janni







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