Mostri 3/ …e adesso ce la teniamo così!?
...oppure: correzione?
di Antonino Terranova
- 16/7/2006

Luca.G mi scrive
a proposito del precedente “Mostri non solo moderni/…”
concludendo con un “che il secolo da poco iniziato sia il
secolo della ruspa!” –il che suona francamente davvero
Moderno- un commento “allibito” per la mia difesa
del Laurentino e del Corviale, del quale pure riconosce nel bene
e nel male l’identità simbolica.
Noi riconosciamo gli errori delle esagerazioni del Moderno, lì
come al Laurentino, tuttavia crediamo che si possa tentare spesso
la Correzione piuttosto che la Distruzione
–anche lei molto Moderna, oltrechè sinistramente
spettacolare.
Perciò titolammo un libro “Il progetto della sottrazione”,
1997, aprendo le varie strade possibili al riguardo.
Mi è piaciuto molto il Sindaco di Bari che su rai3 ha esortato
i suoi cittadini a non esultare per la demolizione di Punta Perotti
-testè messa in atto-, perché bene o male si distruggeva
“roba”, e ciò non è mai un bene, un
positivo indolore. Che gli architetti non abitino a Corviale non
è un argomento, che essi abbiano subito i traumi delle
due Guerre mondiali è credibile.
Però soprattutto non crediamo che sia una alternativa tutta
positiva alla città moderna - ormai superata dai fatti
- la città diffusa di casette individuali di modello suburb
USA che determina grandi sprechi di suolo e di collegato patrimonio,
nonché di mobilità ed energia, costruendo peraltro
enclave residenziali di simmetrica anti-socialità, ed architettonica
bruttezza, ovvero desertificazione tra rigogliose siepi di lantana.
Che la ricerca continui…verso equilibri sagaci tra stratificazione
senza eliminazione ed eliminazione senza stratificazione?
Il progetto originario
Il progetto dopo le modifiche
Visto
che sono sulla cattiva strada proseguo un po’ con
un po’ di masochismo. È facile difendere un’architettura
bella, più difficile celebrarne una venuta un po’
male. Anche se carica di forza polemica. Anche se dopo mezzo
secolo di mancata esperienza non è facile essere
perfetti al primo colpo. E anche se dopotutto non è
così male (che cosa avrebbero gridato i nostri censori
di fronte ad un F.O.Gehry, così barocco?)
A proposito della Teca di Meier per l’Ara
Pacis ci si è divisi more solito in opposti
estremismi, bene/male, e così si è lasciato
il campo ad una vittoria di Pirro del solito sensocomunismo
conservazionista, ottenendo un’opera di Meier ma mutilata
dagli interventi della censura benculturalista d’antan.
So che la ricerca della soluzione progettuale del giusto
equilibrio è difficile, ma per questa passione anche
si è architetti piuttosto che giornalisti. E allora:
gli architetti sanno che se la composizione di un edificio
in un certo luogo è basata su un lungo alto muro
di travertino –cui è deputato insieme il rapporto
di scala dimensionale con il sito (monumentale in modo imbarazzante),
la “messa in cornice” di un contesto storico
(comunque reinterpretato all’oggi), e pure il sostegno
compositivo (della “scatola” muraria e vitrea
della Teca), beh, resecare qualche decina di metri di quel
muro significa togliere ogni fondamento compositico ed urbano
all’opera.
La motivazione del taglio censorio è quella unta e bisunta
del prima/dopo: dove quello che si vedeva prima è sempre
migliore di quello che si vedrà dopo, anche se nella fattispecie
varie precedenti trasformazioni durissime avevano fatto saltare
la bella prospettiva storica che va in giro.
Non
ci fa una figura bellissima nessuno: Meier, un grande professionista
global che si lascia scempiare un’opera né
cambia il progetto all’occorrenza; Roma, che evidentemente
non è così calcolata dalla cultura architettonica
internazionale, e dovrebbe porsi la questione; la classe
diciamo così degli architetti incapace di uscire
da invidie e rodimenti e quindi vittima senza lotta dell’ambientalismo
storicistico e abitudinario più burocratico o stantio.
Ho trovato confermata questa mia opinione –sgradita?- soltanto
in quella ben documentata di Giannino C. su antitesi.info , 2004.
Mettiamo a confronto la prima soluzione e quella realizzata: da
una architettura della città fondata sulla misura dell’urbano
ad una architettura oggettuale contro la sua volontà, quindi
nemmeno uno degli Oggetti Singolari del Baudrillard.
Dopo tutto, e prima della sistemazione della piazza mediante il
recente concorso internazionale, o proprio con l’espletamento
dello stesso, perché non provare, nel nome di tanto proclamata
qualità- una Correzione della realizzazione mutila di Meier?
Vista del porto di Ripetta (Giuseppe Vasi)
Vedi l'editoriale alla pagina del DIAR
(Antonino Terranova
- 16/7/2006)
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