Unduetre
di Brunetto De Batté
- 19/12/2006

Ho sul tavolo due libri, di cui mi hanno chiesto recensione, e ne approfitto della
casualità per mettere in relazione i due mondi cartacei che sono: “Franca Helg”
(Di Antonio Piva e Vittorio Prina, Ed. Franco Angeli) ed “Arie Italiane”
(della Collana IT Revolution in Architettura, diretta da Antonino Saggio
per EdilStampa).
Apparentemente non c’è relazione, il primo storico e l’altro ricognitivo, ma il filo rosso guarda caso può essere la nostra professionalità vista come continuo impegno civile.
Antonio Piva & Vittorio Prina curano e presentano “La gran Dama dell’architettura italiana” in duecentoventitre pagine fitte/ fitte come sono quelle della linea Franco Angeli (che veste ancora quel taglio della collana storica di Massimo Scolari) con trentun pagine di documentazione fotografica.
Una monografia che ci voleva e contraddice la mostra in corso alla Triennale visto che l’ombra di Albini copre i collaboratori.
Saltando da un libro all’altro, come suggeriva Giuseppe Pontiggia per una liberata
lettura, si scopre in Antonello Marotta & Paola Ruotolo una raccolta in novanta
pagine dei “Motivi dell’architettura italiana recente” ARIE ITALIANE;
finalmente un sapiente lavoro di tematiche e categorie strumentali.
E’ guardando e scorrendo l’indice per capitoli e sottocapitoli che appare evidente
la rilevanza di uno studio teorico dei lavori presentati.
Perciò nessuna enfasi di parata dei più bravi e dei più belli & fortunati, ma semplicemente ricognizioni di documenti già circolanti e conosciuti ma riorganizzati in stratigrafie, immagini ed immaginari messi a prova da tensioni, derive, margini….
Credo che questo libretto mette a fuoco un divenire prossimo strumentale, superando
un poco l'enfasi delle riviste che rincorrono ancora la cubolitoarchitettura o
le piramidi di vetroresina.
Antonino Saggio apre introducendo alle occasioni specifiche, architettura e rivoluzione informatica, così come Bartolozzi và oltre l’Italia, altrove.
Questo libretto è tanto interessante da porre le basi sulla riflessione di prossimi strumenti da adoperare, di introdurre processi legati al design ed all’architettura degli interni a trasposizioni esterne.
Non più solo lo spazio percettivo visivo ma umorale, sensitivo coinvolgente, comunicativo informativo, dinamico.
L’innesto di materiali non materiali (immateriali).
Così risaltando al libro su Franca Helg si può scorgere questo affine passaggio
della gentile leggerezza pur rimanendo ancorata alla tradizione del M.M., infatti
i suoi scritti sottolineano queste tensioni al nuovo giostrando con il già costruito
& tradizione abilmente suggerendo e chiamando Albini (mi pare) ad uno strappo
di giovinezza (si direbbe una botta di vita).
Certo che si apre anche una finestra sul ruolo straordinario delle dame nell’architettura
che con fare sapiente e liberatorio propongono ed attuano sdoganamenti di partite
imbroccate su stilemi suggerendo spiragli a quella fissità che si ponevano le
categorie della modernità.
Helg è gran dama e sottile intercettatrice di impercettibili disegni.
Così nelle “nuove generazioni”, dove nei componenti dei gruppi sono presenti ed
emergenti, si rinnovano più che sulle nuove tecnologie di rappresentazione sul
e nel rimescolare dentro l’architettura radicale rileggendo ed interpretando ai
fini, non più provocatori e programmatici ma, strumentali e realizzativi.
Queste traiettorie differenti per anni e spinte progressive osservati su una rotazione di piano inclinato si allineano in anamorfosi e s’intersecano appunto su temi, dove il sensoriale emerge come tema di nuove dimensioni dello spazio.
Da tempo, spazio e architettura si è passato a spazio relativo ed ancora a cronometrie & cronologie dove spazi s’incrociano s’intersecano in collisioni di tempo.
Luoghi dimensionali dove il corpo può perdere peso, essere proiettato, ingigantito
tanto da diventare edificio videoproiettato… la Musa dell’Architettura s’interroga
della molteplicità degli sguardi il caleidoscopio è nuovo strumento al posto del
cannocchiale (diritto e rovescio) ed altre
dimensione come lo spazio suono&luce oltre ai profumi&sapori (dimensioni dimenticate intorno al Plinio il Vecchio).
Che dire due libri significativi e importanti…
Ma non c’è due senza tre!!!
Ops ne sbuca un terzo!!!
E’ di Laura Vinca Masini: “Mario Galvagni – La ricerca silente”, e fa parte della Collana “Storie di architettura” (Clup), a cura di Paolo GL Ferrara e Sandro Lazier.
Ho incontrato Mario Galvagni ad Alba, in occasione del seminario “Architentare” in una giornata di fine settembre.
Era l’ occasione per presentare la sua monografia appena fresca di stampa .
Vergato e trattenuto il suo libro, abbiamo scambiato tra amici una traiettoria
di quel poteva essere l’orizzonte critico e teorico, sia del libro che della collana.
Laura Vinca Masini, autrice del libro, ha confermato come sempre la splendida lucidità critica nel dare saggio e dando contesto ad un personaggio, che a parte Bruno Zevi, la critica aveva un po’ trascurato.
Poi perché dio solo lo sa ; quando dentro le facoltà intorno agli anni 50/70 c’erano
discipline formative di ricerca formale come disegno dal vero, plastica ornamentale,
decorazione etc. dove i tenenti cattedra comparivano sui tabelloni in bella vista
nomi di illustri pittori o cultori di forme ma per la critica forse c’era altro.
Finalmente la riscoperta di questa figura a profilo alto e di straordinaria ricerca
appariva nella stesura dell’Arte del novecento incastonata tra Aldo Loris Rossi
e Costantino Dardi.
Questa storia di mano sempre della Vinca Masini anticipava questa raccolta che è un compendio concentrato in centodue pagine presentata in “storie d’architettura” e conferma la straordinaria ragionevolezza di far luce nei punti oscurati della storia e delle storie, o meglio una messa a fuoco più lenticolare e meno emergente dai processi della comunicazione.
Ferrara & Lazier, come curatori della collana hanno fatto centro con questo libro,
riaprendo un capitolo che fa parte della nostra cultura sperimentale, di quel
mondo pieno di ricchezze formali, di ricerca, di passione, di utopia…
Così ritroviamo d’Olivo, Soleri, Ricci, Michelucci, Sacripanti, (se vogliamo un
Portoghesi)… sino ad arrivare a Pesce e Dalisi, tutti un poco emarginati e con
fortune diverse.
Di Galvagni me ne parlò Giancarlo De Carlo in maniera molto interessante e interessata, chissà forse non colsi l’opportunità, forse intendeva orientarmi ad una possibile ricerca per la rivista Spazio & Società, e di lì in poi fu una mia messa a fuoco sul quel lavoro e sue opere sulla “ecologia formale”.
Ma torniamo al libro che ha il valore documentale di una guida, finalmente!!!
Che permette di stendere relazioni spazio temporali e parallelismi di ricerca. Un super concentrato di notizie, riferimenti, piante e sezioni, foto, modelli , ricchissime informazioni in una dimensione agile e non tediosa.
Lo scritto introduttivo di Laura Vinca Masini è solare, rischiara tanto da trasmettermi quella immagine pubblicitaria famosa del quotidiano “il giorno” che spalanca le finestre sui nuovi paesaggi tracciando arcobaleni che vanno da Finsterlin a Safdie e dalla pittura e ricognizioni plastiche (certe volte vicino a Scannavino) alla partecipazione di Calice Ligure.
Insomma un libro che vale per la sua particolare necessità di esistere ed aver
saturato una mancanza nella sfilata delle monografie, ma vale anche per la necessità
critica di fare il punto sulla ricchezza degli studi, ricerche e del patrimonio
figurativo che si è prodotto sin qui senza dover inseguire (distratti) mode di
volanti olandesi o sperimentatori tecnofinelici.
Mario Galvagni dimostra che si può costruire nel già costruito (senza inventare come usa oggi città solide o filosofie di rinnovo) e nel paesaggio con modernità e eleganza, articolando artificio e natura in una dialettica integrata.
E’ notevole come alcune ricerche formali nella modellazione degli spazi, nell’indagare
esplorazioni spaziali tra le foglie d’agave ne risulti una corrispondenza alla
realizzazioni di alcune “comuni” negli Stati Uniti, comunardi luoghi d’abitare
come “eco-forme”integrate nei processi di inserirsi nel paesaggio naturale.
Una simile storia accadde a Fuller per Droop City.
Ritornando a noi e a quei momenti italiani non possiamo trascurare Luciano Baldasseri, Manfredo Nicoletti e Sergio Musmecci altri indagatori di forme…
In ultimo e finalmente il Marcello Pazzaglini (Metamorpf) inserisce il nostro
Galvagni nel tascabile “Architettura italiana negli anni ’60 e seconda avanguardia”.
Bene, auguriamoci che questa collana di “Storie d’Architettura”continui questa
scoperta di talenti in modo tutto trasversale ed autonomo nella critica da trincea.
(Brunetto De Batté
- 19/12/2006)
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Commento 1613 di Antonello Marotta del 13/01/2007
Vorrei ringraziare Brunetto De Batté per aver colto la serietà del lavoro recentemente pubblicato: "Arie Italiane, Motivi dell’architettura italiana recente" (collana IT Revolution diretta da Antonino Saggio, Edilstampa 2006). Siamo particolrmente lieti che il professor De Battè abbiamo sottolineato il nostro sforzo di operare attarverso categorie critiche che offrano al lettore delle chiavi possibili per interpretare un panorama certamente di non immediata comprensione.
Siamo anche lieti della recensione apparsa recentemente su "Edilizia e Territorio | Il Sole 24 Ore" ad opera di Prestinenza Puglisi, che ringraziamo per aver posto l’attenzione al nostro lavoro su un giornale di cosi ampia diffusione.
Questi contributi ci offrono l’occasione per ribadire alcuni concetti.
Il libro è stato certamente un lavoro complesso, su una scena in movimento, non ancora storicizzata. Il risultato condotto da Paola Ruotolo, Giovanni Bartolozzi, Italia Rossi, Antonia Marmo, Rosetta Angelini e da chi scrive è stata una ricognizione durata più di due anni, da cui emerge una forte vitalità di intenti e realizzazioni di ottima qualità della nuova scena italiana, promuovendo ben 50 progetti, calibrati in base al taglio della collana che si interroga sul ruolo che "La rivoluzione Informatica" ha avuto nell'operatività dei progettisti italiani.
Abbiamo, nel nostro lavoro, inteso evidenziare un terreno fertile, vitale, fatto di realizzazioni ma anche di concorsi, evitando facili entusiasmi e semplificazioni, tra chi propone un modello felice e acritico del nostro tempo e chi piange per la perdita dei valori consolidati. Una scena in crescita in cui abbiamo offerto una serie di prospettive, di tematiche concettuali, di architetti che con grandi difficoltà stanno combattendo una battaglia per emergere, in un periodo storico e in un contesto certamente non facile. Il mio testo, in particolare, vuole sottolineare che l’architettura italiana riparte da una serie di tracce vitali interne, includendone altre, che derivano da incontri, viaggi, reti, appunto una stratigrafia contemporanea.
Non crediamo, che vi sia un carattere ideologico preconcetto dietro questo libro, ma semmai il contrario. Le inevitabili esclusioni nascono esattamente da questo processo di ricerca di categorie critiche di analisi e di indirizzo della ricerca progettuale. Crediamo anche che il fatto che libro edito con generosità da Edilstampa sia uno dei progetti del gruppo Nitro sia un punto di forza. Tra noi il dibattito è stato intenso, vitale e prolungato ed è riuscito ad offrire al pubblico un contributo dal quale, naturalmente, andare ancora avanti.
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