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commenti all'articolo: L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ragioni di Luca Zevi
di Sandro Lazier
Attenzione! I commenti sono in ordine discendente, dall'ultimo al primo.

Commento 1097 di >>Paolo Marzano
25/2/2006


Chiude la rivista L'Architettura - Cronache e Storia nostre, le sue riflessioni .

La rivista L'Architettura Cronache e Storia, ha chiuso i battenti. L'avvenimento, com'era previsto, ha innescato, nelle pagine delle maggiori riviste on-line, una matura discussione, interessante sicuramente importante che mostra quanto sia stata di riferimento per gli appassionati e gli studiosi di architettura, questa storica rivista italiana.
Non voglio entrare in merito ai motivi della chiusura, che pur sono stati accennati nella dinamica discussione di questi giorni in rete, ma voglio riflettere sull'accaduto, da persona appassionata che si cibata del suo enorme bagaglio culturale, prima da studente ed ora da professionista. La visione dell'architettura di Bruno Zevi, una realt; a questa realt, l'insuperabile professore ci ha preparato e sostenuto con la pubblicazione, non solo de L'Architettura Cronache e Storia, ma con le molteplici pubblicazioni dei diversi testi per cui la verifica dell'applicazione delle sue metodologie interpretative, aiutava ad osservare quell'architettura in continua trasformazione.
La vita della rivista L'Architettura, era legata direttamente alla sua determinante e fondamentale figura critica, scomparsa questa, purtroppo, non doveva altro che verificarsi quello che poi lentamente successo. Corrisponde, infatti, alla visione concettuale aderente, secondo me, all'atteggiamento di Bruno Zevi.
E ora? Ne ho gi parlato in un altro scritto on-line Simulazione d'assenza di 4 o 5 anni fa, di questo gioco strano di accadimenti storici.
Il prof. Bruno Zevi ci ha accompagnato alla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dellarchitettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo. Consapevole, gi, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilit espressive di una nuova stagione architettonica e, in uno degli ultimi suoi scritti risalenti al 22 settembre del 99, chiude con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda unipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, non in riga. Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia. Vedere lontano, daltronde, anche oltre i propri limiti, sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto rivela: [...] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessit di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso larchitettura attrezzata per captare tali valori. Ora dal manifesto di Modena vorrei ricordare quanto egli comunica all'assemblea nella conclusione: [...] Io sono felice perch so che, in qualsiasi momento, sentendomi mancare, posso rivolgermi a voi, dicendo: continua tu, tu, tu, tu. Grazie.
Eredi culturali diretti? Sono i suoi appassionati sostenitori. La libert dell'architettura vive dove esiste la dinamicit della ricerca e non dove ristagnano parole e teorie di dotte conventicole. E' vero che dalle nuove antenne possono arrivare vecchi messaggi, questo il rischio!
Ritengo che, per la sua visione, non certo la chiusura della rivista che lo avrebbe preoccupato, ma della tendenza del piangersi addosso, invece di scatenare altre battaglie per come l'architetturra o la figura dell'architetto viene trattata in Italia. L'Architettura Cronache e Storia, rinascer dalle sue ceneri? O forse no? Non sar certo la stessa che conosciamo!
I messaggi del prof. Zevi, sono sicuro viaggiano e viaggiano veloci. In questo momento non c' lui (purtroppo) e non c' la sua rivista. Quanti di noi hanno nella loro personale libreria, in uno scaffale o forse pi, i suoi testi, essi funzionano tutt'ora; se sono stati letti attentamente inizieranno a funzionare. Sono degli schemi strategici con piani di battaglia indicati, stato il suo messaggio per tanto tempo; un imperativo deciso dal tono declamante marinettiano, lo ricordiamo tutti; la battaglia continua, ci ha allenati al metodo di ricerca, a stare attenti alla lettura dei codici dei segni e alle interpretazioni veloci e tendenziose, ci ha addestrati per stanare la retorica e intrappolare la ripetizione ciclica di rigurgiti architettonici sterili travestiti da modernit. Il suo messaggio viaggia nelle menti di intere generazioni di architetti e appassionati sostenitori della sua coerenza intellettuale. Della rivista L'Architettura, penso che questa interruzione, sia la chiusura di una bellissima avventura di cui tutti noi possiamo solo raccontarne orgogliosamente le vicende. Risuscitandola sarebbe azzardato perch non avrebbe lo stesso impatto. Mai pi calzante, e sempre aderente alla tipologia del discorso, trovo la nota di Bruno Zevi, adatta per concludere definendo la situazione del momento architettonico che viviamo, quando citando Pasolini dice: [...] una luce matura, dolce, di catastrofe, illumina di taglio le cose. Avendolo letto per tanto tempo, diventa chiaro che non ci ha lasciato soli, basta uno sguardo sulle contemporanee riviste patinate, che fungono a volte da cataloghi fotografici per scegliere il miglior rendering da applicare ad architetture troppo autoreferenziali decontestualizzate dal tempo allora basta una penna, una matita, un mouse e la battaglia continua!


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Commento 1024 di >>Antonino Saggio
24/1/2006


Caro Luca e Caro Sandro,
innanzitutto vi ringrazio di avere affrontato il problema della chiusura dell'Architettura. Nei momenti difficili ci si conosce veramente e, soprattutto , le crisi si debbono affrontare. Perch, se no, ci saremmo misurati con l'insegnamento di Bruno Zevi?
La risposta di Luca equilibrata e rincuorante. Non parte della sua personalit serbare rancore per una opione francamente espressa. Lo sapevo e ci contavo.
Continuiamo a confrontarci. Magari viene fuori una idea moderna.
A presto e mi auguro che altri seguiranno
Antonino Saggio


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Commento 1020 di >>Luca Zevi
23/1/2006


Caro Sandro,
facendo seguito alla tua cortese sollecitazione, intervengo velocemente sui commenti alla notizia della chiusura delle pubblicazioni della rivista Larchitettura.
Anzitutto ringrazio Roberto Vallenzasca e Phil Pippins per laffettuosa partecipazione ai destini della rivista
Nel rispondere alle tue domande, ho cercato di individuare le ragioni della decisione di sospendere le pubblicazioni, collocandole allinterno di una crisi culturale e di ruolo che, a mio avviso, non investe soltanto la nostra rivista ma tutte le testate, storiche e non, di architettura. Un argomento sul quale interviene efficacemente anche Alessio Lenzarini.
Su queste ragioni, rivolte al presente e al futuro, mi sembrerebbe utile un confronto con tutti coloro che hanno collaborato alla rivista o ne hanno seguito il percorso.
Lintervento di Antonino Saggio invece rivolto ai sei anni trascorsi dalla scomparsa del fondatore e direttore della rivista. La valutazione sulle scelte culturali operate dai titolari della testata e dalla redazione in questo periodo, oggetto del suo intervento, pu essere certo oggetto di un confronto approfondito, che mi pare esuli per dallambito del veloce scambio di commenti in corso. Desidero soltanto precisare che, come sempre, tali scelte, certo discutibili, sono state assunte in assoluta indipendenza e, soprattutto, senza alcuna volont di escludere aprioristicamente alcuno, men che meno amici di vecchia data come Nino, con il quale sono in corso proficui rapporti di collaborazione nellambito della Fondazione Bruno Zevi e della collana di libri Universale di Architettura da lui citata.
Condivido il giudizio di Nino sul ruolo della Mancosu Editore, che in questi sei anni ha sostenuto in ogni modo la rivista e merita pertanto il plauso e la gratitudine di tutti noi.
Luca


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Commento 1017 di >>Alessio Lenzarini
18/1/2006


Proseguo, sperando di non annoiare, la conversazione a distanza con Vallenzasca. Lungi da me, mi auguro che fosse chiaro, inneggiare plaudente alle logiche di mercato in quanto tali, figuriamoci poi alle ricadute culturali che causano. Io parlavo infatti di 'qualit della domanda' come fattore determinante la qualit dell'offerta e ne parlavo in merito al mondo dell'architettura, che si potrebbe supporre, forse ingenuamente, pi esigente e preparato rispetto al passivo e supino mondo del pubblico televisivo. E intendevo suggerire che forse, prima di prendercela con gli editori, il cui mestiere rimane comunque quello di vendere copie, potremmo fare perlomeno una bella disamina sui lettori di riviste d'architettura. Io sinceramente di editoria non mi intendo affatto e non ho mai vissuto dall'interno il settore delle riviste di architettura: parlo esclusivamente da lettore e da architetto. E faccio un ragionamento banale banale: per la sopravvivenza di una rivista non si pu prescindere dalle entrate pubblicitarie; la pubblicit sulle riviste di architettura credo sia principalmente finalizzata agli addetti ai lavori (pi che al privato che talvolta si trovi a sfogliare una rivista di settore perch deve arredare o ristrutturare casa); sono prevalentemente gli addetti ai lavori che comprano le riviste e che quindi ne determinano la tiratura, il successo commerciale e la conseguente appetibilit pubblicitaria; una qualche responsabilit nell'innalzamento o nell'abbassamento del valore culturale delle riviste, pertanto, noi architetti ce l'avremo. Visitando il sito di Mondadori, ho appreso che VilleGiardini vende il doppio delle copie di Casabella. Probabilmente, qualche ricca signora in sfregola di casa al mare andr in edicola a comprare VilleGiardini, ma non credo che questo basti a giustificare il doppio delle copie di Casabella. Siamo seri: la tiratura delle riviste pu essere un buon criterio di valutazione dello spessore culturale degli architetti italiani. E il dato di fatto che ci troviamo davanti (lo dico anche e soprattutto per esperienza quotidiana) che in gran parte gli architetti (per non parlare dei cugini geometri e ingegneri) si sentono letteralmente 'estranei' sia all'architettura 'alta' (diffusamente avvertita come un giochino elitario di antipatiche 'archistar' superpagate) sia tantopi al dibattito puro (diffusamente avvertito come una futile masturbazione mentale di critici oziosi) e preferiscono leggere riviste in cui (tragicamente) possono riconoscersi, perch vi trovano pubblicati progetti vicini al loro mondo professionale e al loro gusto, progetti di semplice edilizia qualitativa da cui eventualmente rubare qualche spunto. Questa una realt culturale da cui non si pu prescindere se si parla di storiche testate che chiudono o che versano in stato di difficolt e devono pi o meno prostituirsi per sopravvivere. Il fatto che l'editoria cavalchi tale realt, mi sembra fin troppo normale, mentre ritengo molto pi preoccupanti tutti quei fattori (lungo elenco, in cui non oso inoltrarmi) che hanno determinato un livello culturale cos basso per la categoria cui appartengo. E il tutto, ovviamente, senza entrare nel merito critico delle scelte editorial-culturali di questa o quella storica rivista d'architettura nella sua gestione attuale.
buona giornata a tutti
Alessio Lenzarini


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Commento 1015 di >>Roberto Vallenzasca
17/1/2006


Cara Antithesi,
solo due precisazioni per Lenzarini:
a) Parlando di D della Repubblica, non mi riferivo a DCasa, un vergognoso marchettone, ma all'originale D Donna o come diavolo si chiama: vi appaiono commenti significativi sulle arti di autori che sanno di cosa parlano, da Brandolini in su
b) L'audience per l'architettura non solo quella degli architetti italiani, notoriamente sempre fintamente alla canna del gas, ma quella molto pi ampia di un pubblico colto e curioso, che vi assicuro ancora esiste: e a tirare fuori le leggi di mercato si finisce invece a giustificare quella vera merda (scusate l'espressione) che diventata la televisione italiana: certo, diamo alla gente quello che vuole... replay dei calciatori che si sputano in faccia, stupri in metropolitana, omicidi in famiglia, la vandea clericale all'assalto dei diritti delle donne, il Grande Fratello, Fox Crime, schizzi di sangue fino al soffitto: perfino Striscia e le Veline in confronto sembrano i Dialoghi di Platone.
Ecco , tra la merda e il risotto (come si dice a Milano), ci sar pure una decente via di mezzo.

Quanto ad Antonino Saggio, che personalmente mi sta molto simpatico, gli ricordo che il suo un perfetto esempio di Nomen est Omen: quindi fa bene a togliersi dalla scarpa il sassolone degli Zevi Bros, per non c' bisogno di fare vedere tutte le mostrine e le medaglie guadagnate sul campi di battaglia della stitica editoria italiana d'architettura. Se i figli di Zevi sono degli incapaci, prenda Saggio accordi onorevoli con gli sconfitti e rilanci lui la rivista con i suoi editori buoni, Marsilio in testa.

Giuro sulla mia collezione dell'Architettura di Zevi (sr) e Pedo, che almeno il primo numero lo comprer.

Saluti affettuosi,
Roberto



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Commento 1014 di >>Antonino Saggio
17/1/2006


Caro Lazier,
in dei giorni dolorosi per Lei chiude anche l'Architettura. Questo il mio punto di vista:
L'editore, con cui non ho rapporti che non affatto il mio editore, anzi per molti versi entra in concorrenza con i miei, ha fatto, secondo me, tutto, il suo. Ha finanziato la rivista, ha aperto una redazione, l'ha ospitata nei suoi uffici, ha messo sotto contratto alcuni dei precedenti collaboratori, ha fatto veramente il possibile. E questo l'ha fatto per circa sei anni dopo la morte di Zevi e almeno un paio prima. Dieci e Lode, secondo me.
Luca e Adachiara Zevi che detengono la propriet della testata e che potevano scegliere un editore qualsiasi o pubblicare loro stessi la rivista hanno impostato malissimo la questione sin dall'inizio.
- Innanzitutto potevano essere loro i direttori assumendosi in pieno tutto l'onere, la fatica e le responsabilit. Se non se la sentivano singolarmente o in coppia potevano allora nominare uno degli studiosi vicini all'aria zeviana. Non c'era solo il sottoscritto, di valido!
- Invece hanno fatto una scelta assurda. Hanno preso un giornalista, bravo occupatissimo e di chiara fama, cio Furio Colombo e l'hanno messo a fare il direttore di una rivista di Architettura. La prossima volta a Colombo faremo progettare un ponte, disegnare il nostro appartamento o la scuola dei nostri figli. Tanto l'architettura, come sanno benissimo tutti in Italia, mica una cosa specifica: un hobby.
- Poi hanno affiancato al direttore un comitato eterogeneo di professionisti in qualche modo "amici" di Zevi. Ognuno con una propria agenda, cio un proprio scopo. Si sa, ma bene ricordarlo. Se si vuole ammazzare un'iniziativa culturale si faccia un Comitato! La cultura capacit d'orientamento. Come si fa a segnare una rotta in dieci?
- Il risultato stato il caos pi totale, la cui ciliegina stata che alcuni tra i membri amici di Zevi del comitato hanno portato dentro la rivista studiosi di tutt'altra storia culturale, per cui allibiti, e come se niente fosse, ci si trovati dentro la pi decisa rivista di tendenza italiana, letture critiche e storiche, apprezzamenti e giudizi di opposta natura. Il tutto, e questo il bello, come se nulla fosse.
- Anche i pi affezionati tra i vecchi lettori prestissimo hanno capito l'andazzo. L'architettura stata per anni una barca alla deriva.

Dico queste cose con amarezza e con un orgoglio allo stesso tempo. Mai sono stato coinvolto in nulla della nuova L'Architettura, mentre della vecchia avr scritto almeno un cento pagine tra articoli e saggi. Essere stato ostracizzato, "bloccare Saggio", la parola d'ordine di Ada e Luca per anni!, mi ha creato amarezza e dispiacere anche perch sapevo, molti sapevano, che vi era invece un vero gruppo di pressione perch questo non avvenisse. Ma chi se ne importa dell'amarezza e veniamo all'orgoglio. Alla morte di Zevi sono riuscito a tenere duro nella direzione degli "Architetti" e della "Rivoluzione Informatica". Qui l'editore Testo&Immagine; per la verit ha tenuto fermo sul mio nome evitando le furiocolombate a lui ovviamente e coerentemente con gli altri capitoli della storia, suggerite.
Non solo ho portato a termine 41 libri come curatore dopo la morte di Zevi ma sono riuscito a rifondare dopo la drammatica chiusura di Testo&Immagine; sia gli Architetti (con l'editore Marsilio dentro la sacro santa denominazione Universale di Architettura fondata da Bruno Zevi) sia la Rivoluzione Informatica con lo splendido editore EdilStampa.
Mia figlia sta leggendo Robinson Crusoe: w le isole di cultura viva.


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Commento 1013 di >>Alessio Lenzarini
16/1/2006


Rifacendomi all'intervento di Vallenzasca, concordo pienamente con l'analisi del circolo vizioso pubblicitario che mantiene in vita le riviste di architettura, ma dissento altrettanto pienamente dalle conclusioni tratte. Certo, sarebbe bello, in tutti i campi e non solo nel nostro, avere editori coraggiosi e appassionati mossi da qualche interesse di divulgazione culturale e non solo dal farsi la barca nuova... per alla fine dei conti ognuno fa il suo mestiere: se gli architetti italiani, cui la pubblicit finalizzata, preferiscono leggere una rivistina ultra-generalista come Dcasa della Repubblica piuttosto che Domus o l'ArchitetturaC&S;, forse vorr dire che qualche problemino ce l'abbiamo all'interno della categoria... personalmente, Dcasa la sfoglio con piacere quando vado a prendere i ravioli al vapore in rosticceria cinese, ma non mi era mai sembrato un prodotto che potesse rivestire qualche interesse per gli addetti ai lavori...
A parte l'esempio di Dcasa, voglio semplicemente dire che forse gli architetti italiani, cos come per molte altre questioni, hanno alla fin fine le riviste che si meritano: anche la qualit della domanda una legge di mercato.
buona giornata a tutti
Alessio Lenzarini


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Commento 1012 di >>Roberto Vallenzasca
16/1/2006


Caro Lazier,
la notizia della chiusura della rivista di Zevi (Sr./Jr.) sconvolgente ma non imprevista.
Sono destinate a sparire tutte le riviste specializzate di architettura (o di design) - quelle italiane con pi fragore, per il loro passato glorioso (quelle buone, ovvio) - finch non si interrompe il circolo vizioso del meccanismo pubblicitario.
Le aziende produttrici vogliono far vedere la loro pubblicit agli architetti, l'editore - barando un po' con le cifre sulle tirature - fa credere alle aziende che gli architetti vedano la loro pubblicit sulla sua rivista, le aziende danno la pubblicit alla rivista, su cui la vedono gli architetti... et voila: l'editore intasca soldi, si fa la barca nuova e i direttori di riviste possono continuare a mantenere la loro puzza sotto il naso e i loro conflitti d'interessi. Ma anche tutto questo, in uno scenario mediatico stravolto in soli dieci anni, tra Internet, televisione, cd-rom, DVD, cellulari multimediali, etc., sta andando in crisi.
Perch altrimenti un qualsiasi buon settimanale come D della Repubblica pu tranquillamente sostituire Domus - tanto per dirne una che ancora sta traballante in piedi - nel comunicare l'essenziale di architettura, arte e design? Semplice: perch ormai l'audience interessata ad architettura, arti e mestieri centuplicata, cos come i contatti pubblicitari di D della Repubblica... E un'azienda che deve far vedere la pubblicit dei suoi maledetti parquet, perch dovrebbe dare a Domus per tre mesi l'equivalente di quello che da a D per un anno? E non serve, come fa Boeri, fare il verso nei contenuti al Telegiornale, a National Geographic , a Focus (diretta da suo fratello), l'Espresso, o D delle Donne: che tanto arriver sempre prima sulla notizia global/choc, mentre le riflessioni di Domus sulle catastrofi naturali /artificiali dopo due mesi dalla notizia gi puzzano di muffa.
Figuriamoci una rivista raffinata, caparbia e un po' antiquata come L'Architettura Cronache e Storia...
Cosa fa, si mette a parlare del blocco degli sfratti?
L'unica via d'uscita che tirino fuori le palle gli editori di mestiere, sempre che ne esista ancora la razza. Uno di loro rilevi la testata e dia modo a Zevi jr. e un altro gruppetto di coraggiosi di continuare il lavoro iniziato da Zevi sr., informando e discutendo di architettura, e non di costume.
Benedikt Taschen, che ha cominciato vendendo fumetti porno, riuscito - e riesce - con i libri a divulgare l'architettura contemporanea, in tutto il mondo.
Possibile che non ci riesca, almeno in Italia, almeno con una rivista, uno dei cento editori italiani?
Cari saluti.
Roberto Vallenzasca


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Commento 1011 di >>phil pippins
9/1/2006


AHI... lo sapevo, ma leggere che proprio vero fa troppo male!...
Mi sembra una vero e proprio tradimento alle parole fiduciose di Bruno Zevi "continua tu, tu, tu..."
Le lotte nn sono finite... ANZI: quante "architetture" plasticose, di tendenza che nulla hanno di decostruttivismo vengono spacciate x tali??? chi difende il vero decostruttivismo dalla cialtroneria imperante, dalla dannosa "moda", dalla "nefasta" accademia??? quanti archi-star continuano a calare dall'alto i loro progetti, arroganti della loro firma senza prendersi la briga di conoscerne fino in fondo il contesto e le sue esigenze intrinseche??? chi difende dalla castrazione il povero studente che vuol diventare architetto senza esser portato per mano fino alla laurea??? etc.... mi fermo qui.
xch nn continuate voi di AntiThesi la battaglia di Zevi??? lo so che avete subito risposto al suo appello sul web, ma forse ora c' da combattere x nn far chiudere la sua rivista!


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