Saggio di fine anno
 
  Oggi il 11/10/2007
Opinioni
Saggio di fine anno
di Enrico G.Botta
Una tra le cose che mi ha sempre lasciato perplesso delluniversit italiana che la maggior parte dei corsi che ho frequentato si risolvessero nellesame e non lasciassero un segno. Molte volte mi successo di sentire altri studenti dichiarare tragicamente adesso che ho fatto lesame butto tutto, il che testimonia chiaramente lo scarso coinvolgimento emotivo nel loro lavoro.
E evidente che percepire il proprio lavoro come importante per s stessi, attribuirgli un valore duraturo ed esserne coinvolti su un piano emozionale siano condizioni assolutamente necessarie per produrre cose di qualit, o anche solo utili.
Un altro problema lisolamento in cui normalmente lavorano gli studenti che, da soli o in gruppo, hanno un rapporto individuale con il professore (generalmente con i suoi assistenti), ma quasi mai hanno lopportunit di confrontarsi con il lavoro e le idee dei colleghi, di criticare ed essere criticati.
Le ragioni di questo risiedono nella particolare impostazione didattica delle nostre universit, molto diversa, ad esempio, da quella anglosassone, fortemente influenzate dal modello educativo della Bauhaus, che prevede che gli studenti lavorino in spazi comuni.
Purtroppo, se da un lato gli studenti italiani hanno una preparazione culturale generalmente migliore rispetto ai colleghi inglesi o americani, dallaltro il metodo educativo delle nostre universit non gli consente di sviluppare adeguatamente la capacit di comunicare le proprie idee in modo efficace n in forma scritta, n tramite la rappresentazione, n tanto meno verbalmente.
Il corso di Progettazione Architettonica Assistita, che Antonino Saggio tiene alla Facolt L. Quaroni e che ha recentemente chiuso la sua edizione 2003 con la sessione desame del 24 e 25 luglio, rappresenta unanomalia nel sistema italiano appena descritto.
Lesame-evento di TExp 2003 ha messo in luce la grande peculiarit di un corso che pone la comunicazione e linterazione al centro non solo dellelaborazione progettuale, ma anche del suo stesso impianto didattico. Credo che stia in questo il principale carattere di novit rappresentato da questa esperienza.
Se, infatti, il corso ricalca per alcuni aspetti, specie nelle sue modalit desame, limpostazione anglosassone che prevede presentazioni orali pubbliche per i corsi progettuali, questo modello comunque superato dal potenziamento degli aspetti comunicativi sia allinterno (interazione studenti/docenza e studenti/studenti) sia allesterno dellambito scolastico: gli studenti, infatti, per la comunicazione delle loro proposte preparano delle pagine web normalmente accessibili dal web. In questo modo il lavoro svolto nellambito del corso ne travalica i limiti sia spaziali che temporali, diventando di fatto patrimonio comune.
Questo fatto apparentemente banale, che non comporta nessun costo e solo poche conoscenze tecniche, in realt rivoluziona il modo di lavorare degli studenti e soprattutto favorisce il diffondersi della cultura della condivisione delle idee che tanto stenta ad affermarsi: spesso gli studenti, per necessit o indolenza, si limitano al ruolo di recettori, mentre sarebbe necessario far comprendere come un ruolo attivo nella comunicazione di idee sia la base per qualsiasi crescita culturale, sia individuale che collettiva.
Nonostante questi indubbi meriti, la sua anomalia rispetto a ci che normalmente accade nelle facolt italiane e il carattere innovativo dei suoi strumenti didattici, il corso del Prof. Saggio esemplifica bene quali possano essere le conseguenze di un atteggiamento che prediliga la forma ai contenuti. Per carit, le condizioni generali dellinsegnamento in Italia sono talmente disastrose che intervenire anche solo sulla forma pu essere cosa degna di lode, per sino a che punto ha senso giudicare le esperienze solo in senso relativo?
A mio modo di vedere, specie quando il termine di paragone non rappresenta una sfida qualitativa, il valore relativo di un risultato irrilevante, quindi, sebbene lesperienza di TExp 03 abbia sicuramente aspetti validi e importanti (come ad esempio promuovere il ruolo di emettitori degli studenti), presenta anche aspetti che ho trovato fortemente negativi e in un certo qual modo inquietanti, sia relativamente alla realt italiana sia nellambito generale del dibattito architettonico internazionale.
Purtroppo questi lati negativi non riguardano cose di poco conto ma coinvolgono una delle cose pi importanti di unesperienza educativa, cio il sistema di valori che implicitamente, al di l delle espressioni, delle nozioni, delle tecniche e degli strumenti, viene trasmesso agli studenti. In pi occasioni durante le presentazioni ho avuto una percezione chiara di questo sistema che inesorabilmente emerge dai lavori di un corso e la cui responsabilit interamente del docente.
I lavori del corso, che il lettore pu agevolmente esplorare qui: http://.../texpo03/ , affrontano il tema di una possibile Exp lungo il Tevere, sulla falsa riga di quella tenutasi lo scorso anno in Svizzera.
La prima cosa che mi lascia perplesso proprio la scelta di un tema simile. Il giudizio apertamente positivo di Saggio sullesperienza svizzera per me del tutto infondato: certo, temi sperimentali hanno trovato loccasione per una realizzazione concreta, ma forse questo un motivo sufficiente per giudicare positivamente un enorme spreco di denaro che ha prodotto futili oggetti come ledificio nuvola di Diller e Scofidio o il cubo di Nouvel? E lexpo come strumento per lavanzamento dellarchitettura davvero efficace?
LExp svizzera ha sicuramente catalizzato lattenzione mediatica, servita a far pubblicit a progettisti e a idee innovativi, non dico di no, ma nella realt dei fatti non ha rappresentato nessun passo significativo in avanti. Che segno ha lasciato ledificio nuvola? Gli aspetti tecnologici, sicuramente i pi rilevanti di molte delle proposte dellExp, non vengono dagli architetti, i quali si sono limitati a impiegarle per usi futili o circondarle con ambientazioni glamour.
Il prof. Saggio ha spesso insistito sulla concretezza delle proposte elaborate dagli studenti, sulla loro effettiva realizzabilit. Purtroppo per la maggior parte di queste proposte si dimostrata scarsamente convincente riguardo al perch dovesse essere realizzata. Il fatto che tecnologie sofisticate (e molto costose) consentano di modellare una pista da skateboard in modo interattivo non significa che la si debba fare, che abbia senso farla, che sia una cosa giusta.
Da questo deduco che tra i valori impliciti di cui parlavo evidentemente non figurano considerazioni di carattere etico, funzionale o anche solo di praticit. Possibile che con tutte queste tecnologie non si riesca a produrre qualcosa di intelligente? Piste da skateboard, cocktail bar, centri benessere, spazi per concerti, bolle galleggianti che si spostano con la forza del pensiero, sembrano essere, secondo gli studenti e secondo chi glielo ha fatto credere, le priorit assolute sia per luomo sia per larchitettura. Se con si non fosse, perch non scegliere un tema diverso? Perch non indirizzare i progetti in altre direzioni?
Non si chiede ad un corso universitario di affrontare la totalit delle problematiche sociali, economiche, tecnologiche, produttive, ma anche scientifiche, artistiche, metodologiche, con cui il futuro architetto sar chiamato a confrontarsi, ma neppure si pu accettare che le ignori completamente.
La totale mancanza di solidit dellelaborazione concettuale come del suo sviluppo in una proposta architettonica un comune denominatore dei lavori presentati. Tutti sanno che spesso non possibile, nellarco di un semestre, produrre un progetto completo, e nessuno lo pretende. Invece necessario pretendere la profondit, il rigore e la consapevolezza: la profondit nel conoscere il problema che si vuole affrontare, la sua analisi, di cui unindagine bibliografica (che molti dei progetti sfoggiano) solo il primo passo. La profondit nellelaborare una posizione critica nei confronti del problema e non il semplice assorbimento di posizioni convenzionali; il rigore nellutilizzo di strumenti e metodologie adeguati, nelluso della terminologia e della rappresentazione. Luso della comunicazione per distorcere la percezione, fisica o intellettuale, di un oggetto o di un concetto non una cosa accettabile, personalmente la trovo una cosa offensiva; la consapevolezza del contesto culturale e disciplinare in cui si opera, la consapevolezza delle implicazioni della propria proposta.
In conclusione di questo lungo intervento vorrei spiegarne brevemente la ragion dessere. Non si tratta di affossare unesperienza che, come ho detto, presenta anche molti lati positivi, ma di stimolare una discussione sullinsegnamento. Nessuno insegna a insegnare e un vero dibattito sullinsegnamento in architettura non c. Io sono convinto che il modo in cui si insegna e cosa si insegna abbiano il ruolo principale nellinfluenzare la produzione architettonica in una nazione, visto che quella italiana si distingue per il suo squallore forse il caso di cominciare ad occuparsi da cosa e come si insegna nelle nostre facolt.
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  6/10/2003
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