Sette, mille, diecimila invarianti: alla IX Biennale
 
  Oggi il 29/10/2007
Storia e Critica
Sette, mille, diecimila invarianti: alla IX Biennale
di Paolo G.L. Ferrara
Kurt Forster, presentando la sua Biennale, ha affermato che Vitruvio morto.
Gi SantElia spronava a non progettare imbecillendo sulle regole di Vitruvio, novanta anni fa, ai tempi delle avanguardie del XX secolo, appena dopo Wright della Robie House e prima di Le Corbusier di Villa Savoye. Novanta anni in cui in moltissimi architetti sono rimbecilliti su Vitruvio, persino qualche maestro moderno; ma anche novanta anni in cui moltissimi hanno combattuto Vitruvio e le regole di unarchitettura che fosse solo un insieme di parti distinte combinate tra loro nellunico modo possibile: struttura + tamponamenti = proporzioni, regolarit, simmetrie.
Vitruvio stava allarchitettura come larchitetto stava al tecnigrafo.
Oggi Vitruvio morto e con lui il tecnigrafo? Bene, allora ha vinto Zevi. Dopo trenta anni, le sue provocatorie invarianti hanno trovato legittimit nella IX Biennale di architettura.
C poco da discutere: possiamo fare elucubrazioni concettuali di qualsivoglia tipo, non ultima quella che, in quegli anni, il dibattito era imperniato sul linguaggio e che oggi il tema superato, ma il succo in quanto diceva Zevi: Dalla fine del Medioevo si perduto il gusto della libert dalla geometria regolare, che coincide emblematicamente col gusto della libert tout court. Un edificio come Palazzo Vecchio a Firenze, aggregati come Siena e Perugia sembrano appartenere ad un altro pianeta; gli architetti non li sanno disegnare, la loro lingua non lo consente. Per rieducarli, bisognerebbe vietare righe a T, squadre, compassi, tecnigrafi, tutto larmamentario predisposto in funzione della grammatica e della sintassi classiciste. Lantigeometria, la forma libera, perci lasimmetria e lantiparallelismo, sono invarianti del linguaggio moderno. ( da Il linguaggio moderno dellarchitettura, 1972).
Zevi lo affermava nel 1972. Forster, nel 2004, non ha dubbi: Siamo coinvolti in una vertiginosa trasformazione che ha azzerato il linguaggio architettonico tradizionale per darci una nuova architettura.
Siamo dunque al Grado Zero zeviano, quello derivato da Roland Barthes e dalla ricerca di liberazione del linguaggio dalla schiavit a un ordine manifesto: In questo sforzo di liberazione del linguaggio architettonico, ecco unaltra soluzione: creare una scrittura architettonica bianca, sciolta da ogni ordine manifesto...La scrittura architettonica a livello zero in fondo una scrittura indicativa o, se si vuole, amodale...E necessario superare i limiti del patrimonio architettonico che abbiamo ereditato affidandosi ad una specie di lingua basica, ugualmente lontana dal linguaggio parlato e da quello accademico.
Siamo oltre la pura questione del linguaggio: si parla di spazio.
Forster : Venezia tiene a battesimo la nuova era dell'architettura. Visitate la mostra senza pregiudizi come oggi fanno gli architetti quando progettano...Penso che ci troviamo nel mezzo di una nuova era dominata da logiche progettuali sconfinate, da nuovi materiali, da enormi potenzialit.
Siamo daccordo, ma non certo una novit. Piuttosto, la Biennale di Forster ha ufficializzato il lavoro di almeno due decenni (lo stesso curatore lo ha affermato), quello ostracizzato dai pi e additato di formalismo scenografico, proprio degli architetti-star che nulla avevano a che fare con le vere problematiche. Idiozie, queste, di cui spesso abbiamo messo in evidenza la pochezza dei contenuti.
Ora - certo- dire che Zevi ha vinto una provocazione per tutti coloro i quali hanno solo saputo seguire la scia della storia fatta da altri, senza sapere fare altro che archiviare senza capire, senza andare in profondit, senza comprendere quanto fosse fondamentale che la critica zeviana si contrapponesse alle posizioni post moderne e aldorossiane. Parlo non solo di progettisti vari ma, soprattutto, di quei critici e storici che hanno ascritto Zevi ad un passato oramai fuori tempo, non negandone di certo il genio critico ma mettendolo da parte, quasi compatendolo. Vista la scelta di Forster di proporre un breve riepilogo della situazione di partenza ovvero quella della Biennale del 1980, mettendo in evidenza le accoppiate Aldo Rossi e James Stirling, Frank Gehry e Peter Eisenman quali posizioni divergenti sui significati del fare architettura nellultima fase del XX secolo, chiaro che si voluto ricostruire il percorso degli ultimi venti anni, evidenziandone gli esiti nella presa datto che la sinergia tra le intuizioni anti accademiche di Gehry ed Eisenman e lavvento dellinformatica non ha lasciato spazio allaccademismo neo razionalista.
Hani Rashid ha parlato della Biennale quale ...una rassegna che non si propone come scopo di dare risposte. Questa edizione un sensore calato con molta precisione e imparzialit negli scenari architettonici attuali, per rilevarne i mutamenti. Senza giudizio n gerarchie. Il bello che c davvero un po di tutto, come nella vita reale, non uno show hollywoodiano. Progetti mediocri, great works, riflessioni teoriche di alto livello, provocazioni, coesistono. Il rischio sempre in agguato leclettismo. Quello che noi abbiamo cercato di evitare alle Corderie, creando un percorso che sia soprattutto utile, informativo. Percorso informativo su quanto si sta facendo grazie alluso del computer. Il punto che il computer ha cambiato tutto: Il digitale fa parte di unevoluzione che la mia generazione ha sviluppato naturalmente. A partire dal 1995 mi stata data lenorme possibilit di sperimentare nei laboratori della Columbia University, assieme a Greg Lynn. avvenuta in quegli anni una svolta generazionale. Abbiamo chiuso con la postmodernit. Quella del 2000 stata una Biennale di interruzione e anche di fascinazione per le novit tecnologiche. Adesso che questi strumenti vengono usati in modo quasi automatico, da chiunque faccia architettura, anche nel graphic design, penso che ci sia bisogno di slittare su un altro livello, di innescare una ulteriore meditazione sul digitale. Siamo davvero al grado zero, a una svolta epocale"
Ecco tornare il grado zero, ovvero libert progettuale nata dalla Rivoluzione informatica auspicata da Zevi che, gi nel suo 'Il linguaggio moderno dell'architettura', riportava l'immagine di una superficie ondulata disegnata dal computer dell'Aerospace Division of the Boeing Company, evidenziando quanto il computer stimolasse l'invenzione di forme e il conseguente arricchimento del lessico, della grammatica e della sintassi architettonica: "La rivoluzione tecnologica coincide con quella linguistica. Il computer permette di simulare la realt architettonica non staticamente, come la prospettiva, ma in ogni aspetto visuale e comportamentistico. Sperimentiamo l'ambiente, le sue dimensioni, la luce, il calore, i percorsi. Il simulatore grafico disegna piante, sezioni, elevati, ci fa camminare nell'edificio e nella citt, pone ad immediato confronto infinite soluzioni alternative". E, a riprova di quanto fermento ci fosse intorno all'allora neonato mezzo informatico, Zevi evidenziava la presa di posizione di John Johansen a favore delle teorie di Marshall McLuhan, esposte nel libro 'Undertstanding Media: The Extension of Man'. Tutto ci accadeva prima dell'avvento del postmodernismo architettonico, una fase, questa, che sembrava essere in grado di censuare qualsivoglia legame tra informatica ed architettura, riuscendoci in parte e per un periodo temporale non indifferente ma durante il quale si lavorato sottotraccia, soprattutto negli Stati Uniti. E'cos che, alla fine degli anni '90 del secolo scorso, Zevi poteva dire: Il computer ha portato la libert, la rivoluzione in casa nostra. Ha abbattuto le antiche costrizioni indotte dagli strumenti di lavoro tradizionali; ha spazzato via la grammatica e la sintassi dell'architettura classica, basata sull'angolo retto e sulla nausea degli elementi ripetitivi... Per capirci immediatamente: con il computer ci vuole un enorme sforzo per fare due linee parallele, mentre con la riga a T, il tecnigrafo e il compasso, l'enorme sforzo era di non fare due righe parallele. Il che sottintende creare spazio e non racchiudere spazio. Rashid lo conferma: Con laiuto del computer in tutte le sue forme stanno emergendo gli sviluppi di una nuova architettura, unarchitettura modulata e influenzata dalle infinite e provocatorie possibilit offerte da questi strumenti tecnologici [...]Questi nuovi processi e metodologie associati a storia, teoria, pensiero concettuale, sperimentazione e produzione stanno radicalmente mutando non solo il modo in cui vediamo e pensiamo la spazialit, ma anche i mezzi grazie ai quali possiamo occupare e abitare tale territorio. In una forma o nellaltra, oggi alla portata di artisti e architetti scoprire ed evocare deliri spaziali digitalmente indotti con cui il fondersi di simulazione ed effetto con la realt fisica crea la possibilit di una sublime metamorfosi digitale dal pensiero alla sua azione.
Ma c di pi. Lo scriveva Antonino Saggio gi nel 1999, cinque anni prima di Hani Rashid :"Dietro il rinnovamento dell'architettura ci sono almeno tre nuove sostanze. La prima una nuova cognizione della frammentariet del paesaggio metropolitano [...] La seconda sostanza quella che concepisce lo spazio ''come sistema'' e non come un meccanismo che riguarda solo l'interno dell'edificio [...] L'ultimo aspetto delle nuove sostanze l'informatica, che non vuol dire che oggi si disegna al computer quanto che viviamo in una fase di cambiamento epocale[...] si pensa all'architettura come ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, si cercano spazi come sistemi complessi sempre pi interagenti perch siamo nella rivoluzione informatica".
Ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, ovvero esattamente la sintesi delle sezioni della Biennale di Forster.
Dunque, la IX Biennale non ha fatto altro (ma non poco) che parlare a tutti di quello che prima sapevano in pochi, che poi erano quelli che avevano compreso lassurdit del post moderno di Graves, Portoghesi & C. e limmobilismo delle teorie razionaliste accademiche.
Certo, non possono passare inosservate le parole di Peter Eisenman a proposito della stagione di successi che larchitettura sta vivendo: Non sono affatto convinto che questo sia un periodo eccezionale per larchitettura, come tutti sostengono. Penso, piuttosto, che siamo presi dalle magie del computer, dalla suggestione che un progetto pu esercitare al di l della sua intrinseca qualit e dallo star-system che si imposto recentemente. Per essere chiari, sono contro larchitettura-spettacolo che oggi imperversa... Per me, crea passivit e alimenta un circolo vizioso: pi questa architettura spettacolare e pi deve diventarlo, in una sequenza senza fine. Ma davvero grande architettura?. In realt, ci che Eisenman auspica che dietro il computer ci siano architetti che, in primis, facciano sul progetto di architettura un unadeguata, profonda, stimolante riflessione. Io stesso che, oltre ad essere un architetto, sono un teorico dellarchitettura, non ho ancora scritto un grande libro.
Il dubbio che vi sia lavvento incontrollato delleclettismo anche di Hani Rashid (e non a caso parla sempre di spazialit= architettura) ed certo un problema da tenere presente, ma non deve diventare un limite alluso del computer, cos come affermava, di nuovo, Zevi: Nessuno schiavo del computer. Se l'artista un genio far al computer cose straordinariamente geniali; se un somaro, ne caver delle somarate. Il rischio non sta nella temuta omologazione degli architetti: semmai un altro, cio che qualche somaro voglia lui asservire la macchina. Allora sarebbe meglio che non la usasse.E allora chi vivr vedr. In ogni caso, sbagliano quelli che temono l'avvento di forme di omologazione come conseguenza delle nuove tecnologie. Non vogliono rendersi conto che dal Quattrocento a oggi stata tutta un'omologazione. E che il computer rappresenta, finalmente, l'antidoto. Il computer parla in poesia, in prosa, in vernacolo... Con il computer sia il bello sia il brutto sono a infinite dimensioni, e la creativit vera si distingue sempre dalla cialtroneria. In modo assoluto.
E la creativit vera, senza computer, stata incarnata di certo da Scharoun, Le Corbusier, Utzon, non a caso presenti quali maestri di spazio dinamico nella sezione dedicata alle Concert Hall, quella stessa che ha ospitato Gehry . Il sottile riferimento di Forster significa molte cose, anzi una sola: la progettazione creativa dello spazio cosa diversa rispetto la progettazione di spazi. Da sempre. Ed allora, che si tratti di architettura blob, di piegature, di decostruzione, di espressionismo, di neoplasticismo, lo spazio resta la materia costruttiva dellarchitettura. E il succo delle invarianti zeviane, quelle che hanno preparato il terreno alla Metamorfosi, facendolo attraverso tutta la storia dello spazio architettonico.
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  14/9/2004
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