In difesa di un critico nevrotico
 
  Oggi il 12/10/2006
Controrivista
In difesa di un critico nevrotico
di Sandro Lazier
Ho letto sulla rivista Domus di settembre 2000 larticolo di Giuliano Della Pergola Gli eroi dellarchitettura di un critico nevrotico. Il Della Pergola, in questo scritto, tenta di recensire lultimo libro di B. Zevi Capolavori del XX secolo esaminati con le sette invarianti del linguaggio moderno.
Vergognoso.
Mi stato insegnato, e forse a torto visto i tempi che corrono, che si combattono le idee, mai le persone. Ma per combattere le idee bisogna perlomeno conoscerle, altrimenti non si hanno argomenti e si rischia di confutare il nulla solo per colpire qualcuno, aumentando confusione, incompetenza e tante altre dannose nefandezze. Generalmente, parlar male del prossimo banalizzandone il pensiero, non rientra nelle prerogative dellumana e auspicata virt della critica dautore, ma rimane piuttosto confinato nel pi meschino vizio che va dallinutile pettegolezzo alla, molto pi seria, calunnia. Insomma, o finisce tutto al bar degli amici o in tribunale. A meno di trovare qualche compiacente editore disposto a vestire il topolino con gli abiti dellelefante, a spacciare per critica le ciance, traghettando la cialtroneria nella immune zona franca del dibattito sedicente culturale.
Immune da querele, come daltronde questo articolo, ma immune soprattutto dalla reazione di colui che, colpito, per coincidenza non pi in vita.
Ma veniamo al dunque.
Sorvolando sulla presunta nevrosi (che pare aver offeso la vigliaccheria di coloro che per anni hanno taciuto per evitare il confronto con il personaggio recensito) larticolo contiene non solo falsit, malintesi e alterazioni tali da supporre una conoscenza generica, per non dire assente, dellautore stesso; contiene affermazioni per se stesse indecenti sul piano dellonest culturale.
Infatti, gi nella prima frase, il Della Pergola dice:<< Tutta la genialit ma anche tutta larbitraria lettura dellarchitettura moderna sono condensate in questo volume>> Chiedo al lettore, e ovviamente allautore dellarticolo: esiste forse una lettura che non sia arbitraria? Esiste forse una lettura oggettiva? Questuomo ha forse verit in tasca tali da rendere la lettura imparziale? Ma a che serve allora la critica se si dispone di un verbo incontestabile, assoluto, totalizzante? Se Della Pergola conosce un modo non discutibile di leggere larchitettura perch non ce lo spiega, rendendo in tal modo vano non solo il lavoro di una vita condotto da Zevi ma il pensiero di circa tremila anni di civilt occidentale? Dire arbitraria lettura dellarchitettura disonesta tautologia a buon mercato. Infatti, oltre a quella dei numeri del contatore del gas, non vedo quale altra lettura possa essere oggettiva.
Ma c di pi. Dire arbitraria lettura ignorare di sana pianta, e non so quanto volutamente, la struttura fondamentale della teoria zeviana delle invarianti.
Spiego, soprattutto al nostro recensore.
La lettura dellarchitettura, come la lettura di qualsiasi segno, soggetta allarbitrio (anche qui) dellinterpretazione (artistica, funzionale, psicologica, sociologica, semiologia e chi pi ne ha pi ne metta). Ma la condizione necessaria affinch un testo possa essere interpretato che sia possibile prima di tutto leggerlo. Un testo si pu leggere quando i segni che lo determinano hanno, oltre a senso e significato nei linguaggi logici, una struttura, sintattica, grammaticale o dir si voglia, capace di connettere il pensiero e il sentimento del lettore con quello dellautore. Insomma, semplificando, nel linguaggio parlato ognuno libero di dire ci che vuole, e scegliere le parole che vuole, ma se ogni tanto non ci infila un verbo, un predicato, come dice la grammatica, nessuno lo comprender e allora addio comunicazione. Nel linguaggio architettonico - sempre che si ammetta che larchitettura sia un linguaggio, altrimenti tutto si risolve in un mi piace <> non mi piace e buonanotte al secchio! le cose si complicano ma fondamentalmente occorre sempre una struttura, una sintassi per quanto complessa, pena lincomunicabilit e quindi linattuabilit della critica, limpossibilit di dare giudizi.
Zevi si domanda: della variet di segni e testi architettonici, dal passato fino ad oggi, quale sintassi possibile dedurre ed utilizzare per poter leggere architettura e parlarne con il mio vicino? Inoltre, come posso leggere unarchitettura, dandone poi giudizio, se mi mancano i criteri che tengono insieme le sue parole? Ma dove cerco questi criteri? Nelle regole gi scritte dellaccademismo classico? Negli stili, negli archetipi e nei segni codificati che formano gli oggetti che determinano lo spazio architettonico o nello spazio stesso?
Per Zevi, e per tutto il movimento moderno, stili ed archetipi sono solo retorica e bella calligrafia; la poesia architettonica, infatti, genera sostanzialmente spazio. Larchitettura vive di spazio. Ecco allora le invarianti, i criteri di lettura, le costanti dedotte dalla storia e riferibili allo spazio architettonico inteso come linguaggio. Ma attenzione, cos come la sintassi linguistica non regola che limita la libert espressiva dello scrittore, le invarianti non sono regole, principi, dogmi cui bisogna attenersi e che imprigionano lespressivit dellarchitetto. Servono per leggere e comunicare architettura, non sono regole per scrivere architettura. Mai Zevi si sarebbe sognato di dare regole per la poesia. I suoi detrattori, probabilmente s, visto che tuttora equivocano la sua ricerca teorica e la combattono credendola simmetrica alla loro. Costoro, purtroppo, del messaggio zeviano non hanno colto il senso. Come G. Della Pergola. E conseguenza naturale, quindi, che costui affermi le seguenti falsit:
1.<<...Le sette invarianti un numero simbolico, ma per Zevi non potevano che essere sette>> Falso! Zevi sostenne di averne trovate sette ma avrebbero potuto essere mille, Altro che numero simbolico. La cabala, lebraismo, buon Della Pergola, li lasci perdere. Rischia di infilarsi in argomenti da cui difficilmente potrebbe uscire con onore.
2. << sono i principi guida, i grandi archetipi del Moderno in Architettura>>
Falso! Le invarianti non sono archetipi, principi guida. Lho mostrato prima.
3. << per una comprensione meno assiomatica>>
Soltanto Della Pergola ha pretesa di comprendere un assioma perch, per definizione, un assioma qualcosa di dato formalmente che non ha necessit di una spiegazione.
4. <<...Ma il libro che qui si recensisce presenta un limite strutturale: esso comprensibile da chi gi conosce analiticamente il pensiero di Zevi, mentre invece risulta criptico per chi non ha seguito lo sviluppo culturale dellautore >>
Risulta criptico per chi non ha capito nulla del pensiero dellautore, peraltro sempre molto lucido. Ma allora, perch recensirlo?
5. <<...Zevi tese a declinare i caratteri compositivi in architettura come elementi che necessariamente tendevano>>
Falso! Zevi aborriva i caratteri compositivi e non avrebbe perso nemmeno un minuto per declinarne alcunch

Ma veniamo alla parte terminale della tentata recensione, quella relativa alla eroicit dei personaggi dellarchitettura. Della Pergola la liquida in questo modo:<< Egli leroe solitario e per certi aspetti incompreso di una visione dello spazio e del mondo. Si autocolloca, elitariamente, tra quegli innovatori che nelle mode trovano, non gi la scia del successo da perseguire, quanto il limite opaco dei saperi consolidati e banalizzati>>.
Detto cos sembra pi o meno lo spot di unidea romantica rinfrescata di consumismo a buon mercato.
Ma non cos. Leroicit condizione tragica, la si subisce. Non si mai eroi per scelta perch la situazione che genera gli eroi. Se di questi costellata la storia del novecento, il problema sta nella storia, non negli eroi. Se la libert di muoversi e godere dello spazio dellarchitettura ha costretto gli architetti alleroismo, questo avvenuto perch qualcuno queste libert ha negato. Fino a quando qualcuno negher libert espressive ci saranno eroi. Infatti, leroe inversamente proporzionale alla libert ed alla democrazia compiuta.
Comprendo benissimo che chi si traveste da liberale non tolleri nessuno che si atteggi ad eroe nel proprio ambito. Leroe lo smaschera e lo mette a nudo. Chi comanda e sta con il sedere al caldo, infatti, non cambia e cerca di imporre regole per legittimare il suo privilegio. Regole estetiche, innanzitutto, perch sono le sole che riescono a restituire legittimit etica a situazioni in realt corrotte. Combattere le regole, quindi non seguire la scia del successo da perseguire, si impone non come scelta arbitraria e del tutto personale, ma come condizione necessaria senza la quale non possibile lalternanza e la convivenza democratica. La democrazia vive di conflitto, anche estetico. La democrazia vive di disordine, per questo occorre tolleranza. Lestetica del disordine, in rapporto alla quale il pensiero di Zevi stato profetico, oggi vincente perch lunica possibile per la democrazia e la civilt.
Banalizzare questi concetti significa non aver capito il proprio tempo, lattualit dellespressionismo, la complessit come nuova scienza e filosofia, insomma, vuol dire non aver capito proprio nulla.

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  10/9/2000
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