Ancora sull'abolizione dell'ordine degli architetti
di Sandro Lazier
- 26/11/2003

Considerazioni in tre punti: Secondo punto Terzo punto "- che le professioni intellettuali e il sistema ordinistico nel quale
sono organizzate, stante i ritardi e le contraddizioni che si registrano tra
la legislazione regionale e nazionale di settore, si pongono come elemento di
armonizzazione dei diversi livelli legislativi enucleando quei principi generali
che i “saperi professionali” ben conoscono in quanto qualificanti
la loro professione. Tutto molto bene ma mancano riferimenti specifici, per esempio, alla giungla
normativa che di fatto blocca qualsiasi sperimentazione progettuale, costringendo
la produzione edilizia dentro schemi banali ma formalmente e giuridicamente
convenienti. Un vero tappo alla produzione di qualità degli spazi.
Primo punto.
Il 21 novembre, nella sua newsletter, Luigi Prestinenza Puglisi prendeva le distanze
da alcune affermazioni di Francesco Dal Co che, sul numero doppio di Casabella
che uscirà a fine anno, daranno giudizio della Disney Concert Hall di F.
O. Gehry con toni al limite del vaneggiamento.
Ma, non senza sorpresa e sempre sullo stesso numero (o meglio numeri: 717/718),
come ci informa www.archimagazine.com
nell’articolo introduttivo dal titolo Dell’architettura
italiana si potranno leggere parole e frasi riferibili al più sensato
dei pensieri che il sottoscritto intende ovviamente condividere e promuovere.
In particolare, per quanto riguarda l’Ordine Nazionale degli Architetti,
si può leggere: “[…] all’abolizione del valore legale
della laurea dovrebbe accompagnarsi la progressiva dismissione dell’Ordine
Nazionale degli Architetti così come attualmente organizzato, che dovrebbe
essere sostituito da organismi professionali autoregolamentati, garanti delle
competenze degli aderenti, in grado di promuovere la formazione di una struttura
nazionale destinata a svolgere iniziative volte unicamente a promuovere
la discussione e il confronto intorno all’architettura, come accade
in molti Paesi europei. ”
Segue, relativamente alla Legge Merloni: “[…] il mondo
dell’architettura dovrebbe promuovere una mobilitazione per la radicale
riforma della Legge Merloni, da attuarsi secondo due direttrici: a) revisione
delle norme regolanti gli appalti (verifica della priorità assegnata al
ribasso d’asta, certificazione e penali per appaltatori e appaltanti); b)
inversione della tendenza che ha fatto sì che questa legge privilegi l’assegnazione
degli incarichi professionali alle società di ingegneria, alle quali va
imputata una parte considerevole delle colpe che hanno portato al degrado dell’attività
edilizia di cui prima si è detto.”
La sorpresa viene dal fatto che le stesse cose il Co.Di.Arch di Alberto Scarzella
Mazzocchi e Beniamino Rocca le sta dicendo da anni, anche dalle pagine di antiTheSi (Perchè abrogare la Merloni, Da mille a centomila concorsi d'architettura).
Trovarsi improvvisamente complice Casabella di Dal Co, in modo oltretutto così chiaro e determinato, non può che stupire positivamente. Staremo a vedere.
Scriveva Franco Abbruzzo nel 1999 (all'epoca Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e vice presidente del Cup di Milano) in Ordini
e Collegi decisi all’attacco contro il colpo di mano di D’Alema:
”C’è gran tempesta nel mondo delle professioni per la
minaccia di abolizione degli Ordini e dei Collegi. Anche l’Ordine dei
Giornalisti è a rischio. Tutti citano la Ue per giustificare il "taglio"
degli Ordini e dei Collegi. L’impressione è che si parli della
Ue a sproposito. […] Il 4 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato
il Decreto legislativo sul riordino dei ministeri che ora è all’esame
della Commissione bicamerale per la riforma amministrativa ("Bicamerialina").
Questo decreto lascia alla vigilanza del Ministero di Giustizia gli ordini forensi
e notarili, mentre gli altri Ordini e Collegi professionali sono sottoposti
al controllo del nuovo Ministero delle Attività produttive, mentre per
medici e veterinari si ipotizza il passaggio al Ministero della Salute e degli
Affari sociali. Il 30 giugno, invece, il Consiglio dei ministri ha varato il
Dpef (Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2000-2003),
il quale dedica un paragrafo (II.2.2.3) alla "liberalizzazione
degli ordini professionali". Questo il testo del paragrafo: "Il
3 luglio del 1998, il Governo ha presentato un disegno di legge delega per il
riordino delle professioni intellettuali e recentemente ha avviato la fase istruttoria
per adottare un nuovo testo più completo e che tiene conto del parere
dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. II disegno di
legge intende eliminare quei vincoli amministrativi che limitano la concorrenza
e garantiscono rendite di monopolio a molte professioni liberali. Il
disegno di legge intende individuare le esigenze di tutela dei consumatori che
richiedono l'istituzione di un ordine professionale, senza introdurre ingiustificate
limitazioni al numero complessivo dei professionisti, e stabilire al contempo
regole di comportamento che garantiscano la deontologia professionale. Coerentemente,
il disegno di legge individua tra i principi cardini della riforma il divieto
del vincolo di predeterminazione numerica, I’abolizione dei minimi tariffari
e la liberalizzazione del costo delle prestazioni professionali, il riconoscimento
del diritto di costituire libere associazioni per i professionisti "non
protetti", e l'affermazione del principio dell'intuitus personae nell'affidamento
dell'incarico professionale".
Purtroppo per D’Alema e la sinistra il fallimento della riforma rimane
nelle “cose” della sinistra. Ma non è mai troppo tardi. Una
seria campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica troverebbe
certamente il consenso necessario a determinare scelte importanti anche da posizioni
di minoranza. L’attuale compromesso che vede implicate associazioni e
organizzazioni di settore segue una logica di parte che la popolazione ignora
perché disprezza. La politica deve tornare primariamente al servizio
di tutti e non di questa o quella organizzazione.
Si è concluso il VI Congresso Nazionale degli Architetti a Bari. Nel
documento finale si leggono buoni propositi del tutto condivisibili ma talmente
generici che è difficile persino contestarli. Nel documento votato si
dichiara:
-la propria disponibilità a concorrere alla formazione di specifiche
leggi regionali che, per quanto di propria competenza, sappiano affrontare:
- la qualità, la trasparenza e la sicurezza
- il governo del territorio
- l’incentivazione della competizione professionale sul progetto
- la materia dei lavori pubblici
- l’aggiornamento permanente delle professioni
- l’ammodernamento e la riaggregazione degli studi professionali
- il rilevante ruolo economico e sociale delle professioni
-che il gap tra la cultura professionale (architettonica e paesaggistica) e
l’opinione pubblica è così sensibile da rendere urgente
la programmazione di iniziative per una campagna informativa e di sensibilizzazione
per avvicinare i cittadini italiani all’architettura: alla comprensione,
al gusto e alla passione per l’architettura (in particolare quella moderna)
e per il paesaggio e per la nostra professione.
-che occorre rendere coscienti cittadini e governanti che, se la qualità
architettonica costituisce un reale obiettivo della società, la qualità
del nostro paesaggio architettonico e del nostro ambiente quotidiano dipende
sostanzialmente dalla crescente consapevolezza che ogni cittadino saprà
dimostrare nel prendere decisioni o dare commesse nel campo dell’architettura
che occorre valorizzare e rendere evidente la forza della rete del sistema ordinistico
per comunicare (transmitting) architettura alla società civile (a tutti
i livelli) e al mondo politico. Nella rete assume funzione significativa la
struttura regionale del sistema ordinistico che deve trovare adeguato ruolo
istituzionale e di rappresentatività.
La rete può e deve quindi progressivamente predisporsi per raccogliere
e divulgare messaggi di democrazia urbana, messaggi sull’architettura
italiana.
-che occorre consolidare, negli amministratori pubblici e negli investitori
privati, la consapevolezza che:
- I processi decisionali possono rinnovare le forme della partecipazione al
fine di valorizzare la qualità delle scelte compiute e da compiere, da
parte delle Amministrazioni, attraverso modalità articolate di governance,
di partecipazione e di condivisione dei processi di trasformazione.
- I grandi progetti, così come i piccoli interventi in luoghi decentrati
o periferici, hanno la potenzialità decisiva di trasformare le nostre
vite attraverso l’architettura. Essi rivestono, infatti, un ruolo strategico
per il rinnovamento del Paese e costituiscono, spesso, una risorsa non rinnovabile.
- l’architettura di oggi è il patrimonio del domani. In tale ottica
i concorsi sono uno dei principali strumenti a disposizione degli amministratori
e degli investitori e realizzano nel concreto la Democrazia urbana.
-che il “concorso” - come metodo di scelta dei progetti da parte
dell’ente banditore pubblico o privato
- appare in tutta evidenza il metodo migliore per individuare la qualità
di un intervento: confronti e giudizi critici consentono infatti di valutare
alternative e scegliere la migliore “concezione”.
Si ritiene essenziale nel processo concorsuale:
- la formazione da parte del programmatore/coordinatore di un bando adeguato
agli obiettivi del soggetto banditore
- la certezza di una giuria competente e qualificata."
Manca, inoltre, un qualsiasi riferimento al problema della scarsa partecipazione
agli orientamenti culturali, a cui dovrebbero dedicarsi giornate di lavoro e
di indirizzo. La maggior parte degli iscritti che svolge attività all’interno
degli ordinamenti è costituita da funzionari o impiegati stipendiati
e non da liberi professionisti. Questa condizione, che costringe alla connivenza arbitri e giocatori (funzionari che fanno le regole e liberi
professionisti che le stesse regole devono applicare), esclude ogni confronto dialettico e ogni possibilità di indirizzo concettuale.
Per finire, manca del tutto la soluzione del problema che ho sollevato nell’articolo Abolire l'ordine degli architetti: la oggettiva difficoltà di far convivere anime diverse sotto
lo stesso tetto.
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Commento 539 di Angelo Errico del 02/12/2003
Per fare l'esame di Stato, l'ultimo cosiddetto semplice della serie, c'ho speso mezzo milione di vecchio conio, che si passi o meno all'orale dopo lo scritto. Quanto l'esame per potersi iscrive (e non esserlo in automatico) all'Ordine sia uno strumento di verifica valido e specifico per garantire la riuscita di un professionista, è ai confini del ridicolo. Anzi, ha già invaso le prime aree di questo territorio.
Se imbrocco il tema che so fare meglio, per esperienza, per capacità, per fortuna, allora sono architetto, altrimenti, a me si può dare il titolo professionista di Architetto con la A maiuscola perché ho saputo progettare un'asilo materno con accessori, a te perchè hai saputo comporre un centro sportivo e a lui perchè ha realizzato una casa monofamigliare secondo criteri ecologici ed eliotermici.
Il tutto, geniosamente in otto ore. Così fosse (Dio per fortuna non lo è mai!) nell'attività in prorprio, quelli che arredano gl'interni ed i negozi se tanto mi dà tanto credo che arrivino a dei progetti esecutivi nell'arco di due ore e mezza e non di più.
L'Ordine in un certo qual senso non è necgativo nel suo concetto ispiratore. Lo è tutto quello che ne è venuto appresso con la gestione nel tempo e con il dominio indiretto esercitato sulle capacità di ciascun laureato.
Non c'è presenza di impegno politico attivo o comunque rilevante a fronteggiare lo scempio che le amministrazioni pubbliche attuano di governo in governo sul patrimonio architettonico e paesaggistico nazionale.
Non c'è testimonianza ecclatante assurta agli onori della cronaca per le osservazioni sollevate e pubblicamente discusse a fronte di leggi urbanistiche e di regolamenti di appalti che poi non siano stati (a posteriori) reclamati.
A che serve, così, l'Ordine allora?
Angelo Errico
Commento 7315 di Antonio Attinà del 23/06/2009
RACCOLTA FIRME ON LINE PER REFERENDUM ABROGATIVO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
Gli ordini professionali costituiscono un impedimento alla libertà professionale e al libero accesso alla professione, limitazioni che si ripercuotono poi sul cittadino in costi e qualità dei servizi. Dall'Ordine dei giornalisti a quello dei medici, queste corporazioni hanno il solo scopo di amministrare e difendere privilegi acquisiti, soprattutto dai loro dirigenti.
La richiesta dell'abolizione degli ordini non giunge solamente dal cittadino in quanto consumatore e utente, ma anche da molti professionisti che a quegli ordini -loro malgrado- devono versare ingenti contributi, senza ricevere in cambio alcunchè. l'Ordine professionale costituisce una sorta di consorteria medievale con tendenze vessatorie verso i propri iscritti. Noi del Movimento Libertario consideriamo il nostro impegno per abolire gli ordini professionali uno dei nostri compiti basilari e siamo certi che se fosse possibile una campagna di stampa su quello che costa per finanziare i medesimi, uno per ciascuna categoria e per ogni provincia, tutti i professionisti (ed in particolare la classe medica e gli odontoiatri) ci appoggerebbero al 100%. Tutti questi sono soldi sottratti alla pensione dei professionisti, che in Italia è di poco più alta della pensione sociale.
Se tutte le sedi venissero chiuse, si risparmierebbe una enorme somma in acquisizioni, affitti, manutenzione delle sedi, spese di impiegati e quant'altro, e si potrebbe devolvere l'importo risparmiato all'aumento della umiliante cifra che i professionisti percepiscono attualmente come pensione.
Siamo certi che non vi sono motivi validi per cui gli Ordini professionali non possano essere aboliti. Ad esempio, un medico neo laureato potrebbe, per esercitare la professione, iscriversi in Comune e all'ASL competente. Queste due istituzioni potrebbero dargli tutto ciò che l'Ordine Professionale dà loro, cioè niente. Però verrebbero smantellati dei centri di potere che nutrono in maniera vergognosa le ambizioni personali di tanti personaggi dediti solo ad attività burocratiche di cui la maggioranza dei medici non ha assolutamente bisogno.
Siamo certi che il più grande ostacolo al progresso della scienza è il monopolio che ne fanno gli esperti, tra i quali si crea una rete (il cosiddetto establishment) che controlla i fondi per la ricerca, le pubblicazioni, gli incarichi accademici, le royalities per i test ed i farmaci, e mira a mantenere la sua posizione dominante di successo evitando ed impedendo, per quanto loro possibile, che altre idee, altre soluzioni, altre teorie possano filtrare scalzando le loro.
La censura c’è, e mentre una volta i "dissidenti" venivano fisicamente eliminati, oggigiorno lo stesso effetto viene ottenuto escludendoli dal circuito scientifico e mediatico che conta. Viene incoraggiata la raccolta di dati, una massa di dati sempre crescente, mentre scoraggiata è la loro elaborazione critica!
Anche l’Anti-TRUST BOCCIA gli ORDINI… La recente indagine di Catricalà sull'attuazione della Legge Bersani, conferma che la "Liberalizzazione" e' ferma....per lo strapotere delle varie lobbies (medici, notai, avvocati, ingeneri, giornalisti ecc.) che all'interno dei loro "ordini" hanno poca trasparenza, prezzi ALTI, e troppe barriere all'ingresso... E proprio per la loro esistenza BLOCCANO l’economia e giovani, e cosi facendo disattendono alla applicazione della legge; ecco perchè l'Anti-TRUST si e' interessata anche a loro.
I vari ordini, per mezzo dei loro "rappresentanti" replicano che l'applicazione della legge, dequalificherebbe i loro "ordini" e metterebbe in discussione la "qualità" dei servizi erogati.
Ma è proprio per la mancanza di qualità e per i loro alti costi, che le varie unioni consumatori, prima tra tutte l’ ADUC, stanno reclamando a gran voce, l'abolizione di tutti i loro "privilegi".
Tutti gli operatori dei vari "ordini" dovrebbero essere obbligati all'esecuzione della legge pena lo scioglimento dei propri ordini. Ma la maggior parte di questi fa resistenza. Si tratta di 13 ordini che hanno mostrato una scarsa propensione ad accogliere quelle innovazioni che possano aumentare la concorrenza ed il libero mercato dei beni e dei servizi. Per costoro la liberalizzazione delle parcelle, la pubblicità sui servizi che offrono e la costituzione di società multidisciplinari per rendere più articolata e concorrenziale l'offerta, sono considerati ostacoli allo svolgimento dell'attività.
L'Antitrust ha "messo diversi puntini sulle i" ed ha anche dato suggerimenti al legislatore oltre che agli specifici ordini. Ma come SEMPRE avviene in questi casi, crediamo si tratterà di parole al vento. L'interlocutore non ha mai mostrato alcuna intenzione di ascoltare suggerimenti che rimettessero in discussione il proprio potere di corporazione. Sordità che riguarda sia gli ordini che i legislatori.<
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