I vitelloni dell'architettura
di Paolo G.L. Ferrara
- 20/11/2000

Ricordate gli anni '80 in politica? Tutti, o quasi, socialisti
o democristiani.
Ricordate gli anno'80 in architettura? Tutti, o quasi, Bottiani o Rossiani.
Ma si sa, la vita ci sottopone a dure prove e queste, a loro volta, ci
costringono a repentini cambiamenti.
Non m'interesso di politica, dunque non posso dire dove siano finiti tutti
i socialisti e tutti i democristiani - anche se un sospetto l'avrei…-
.
Posso però intuire dove siano finiti gli architetti ex bottiani
ed ex rossiani. Sfogliare qualche rivista del settore è eloquente.
Si trovano personaggi che hanno avuto un repentino cambiamento della loro
poetica (…?) architettonica, lasciando la scia di moda negli anno
'80 e saltando a piè pari sul carrozzone di passaggio, quel carrozzone
che sta diventando tutto ciò che viene frainteso quale decostruttivismo.
Non c'è proprio limite alla decenza! Si copia spudoratamente, senza
capire cosa si progetta. Facilmente smascherabili, tutti quegli architetti
che hanno sempre fatto il verso alle poetiche linguistiche, si ergono
oggi a numi tutelari di concetti eruditi, risultato di lunghi e faticosi
studi…
Mi chiedo perché le riviste di architettura non tocchino mai questo
argomento. Ma forse è una domanda stupida, che denota la mia illusione
che esse possano essere nuovamente quel che erano sino a venti anni fa.
Anzi. Proprio sulle riviste tanti architetti si riciclano, enfatizzando
le architettura illustrate a mezzo intercalare di frasi ridondanti all'interno
dell'articolo d'accompagnamento.
Pochi tra i critici più quotati si sbilanciano.
Non cambia molto in alcune aule universitarie. Mi ricordo da studente
di avere frequentato un corso di Progettazione in cui vigeva l'impostazione
accademica di riferimento Aldo Rossi/ Mario Botta/ Vittorio Gregotti.
Niente da eccepire, poiché è lecito che ogni docente possa
intraprendere la strada che ritiene più consona alle personali
capacità e ideali. Oggi, da docente precario, mi capita spesso
di trovarmi a tu per tu con studenti provenienti da quel corso di progettazione
in cui, con mia somma meraviglia, sono stati "iniziati" alla
decostruzione. E' d'obbligo l'obiezione che mi si potrebbe fare: un docente
universitario, proprio perché tale, è in primo luogo uno
studioso, un ricercatore, dunque può benissimo avere cambiato orientamento
ed atteggiamento. Altrettanto legittima è la perplessità.
Una ricerca impone dei passaggi obbligati che possano condurre a cambiamenti
ponderati e meditati. Non accetto che si possa rinnegare repentinamente
l'accademismo per abbracciare l'anticlassicismo. Non vi è coerenza,
ma solo convenienza. Le ipotesi sono molte.
A) Tutti gli ex accademici/nuovi anticlassici non sono mai stati accademici.
Hanno dovuto esserlo perché Kahn, Botta, Rossi imperavano nel mondo.
Costretti a farli conoscere per dare possibilità allo studente
di calarsi nella attualità, non avevano modo migliore, didatticamente
parlando, di farli progettare secondo i dettami accademici. Stesso discorso
vale per le bibliografie: in tale condizione non aveva senso fare leggere
, ad esempio,Haring contestatore delle stereometrie, o la Storia di Zevi.
B) Tutti gli ex accademici/ nuovi anticlassici erano convinti accademici.
Come sulla strada di Damasco, anche loro sono stati folgorati, ma dalle
architetture e dalle parole di Eisenman, Gehry & C. Hanno scoperto
che Botta, Kahn e Rossi non battevano la strada giusta, portandoli a rinchiudersi
dentro regole atte a superare la crisi della modernità. Plausibile,
i miracoli esistono, ma un irrefrenabile dubbio mi sorge : dov'erano codesti
docenti quando, dopo la seconda guerra mondiale, Scharoun, Michelucci,
Wright,Pietila e gli architetti radicali - tra gli altri- progettavano?
Quanti libri stavano leggendo da essere così impegnati per non
potere dare uno sguardo, magari frugale, al libro di Zevi "ll linguaggio
moderno dell'architettura- guida al codice anticlassico" ?
C) Tutti gli ex accademici/nuovi anticlassici studiavano per diventarlo.
Ma lo facevano clandestinamente. Consapevoli che il M.M. non era esclusivamente
la farsa "International Style", e che la riscoperta della storia
da parte di Kahn lasciasse il tempo che trovava, uniti come partigiani
studiavano il modo per dimostrare che l'accademismo era castrazione, imposizione,
negazione del pensiero moderno. Furbi come volpi, per non farsi scoprire
dagli avversari, fingevano di perseguire la strada accademica e lo facevano
nelle aule universitarie. Nel frattempo, nei loro studi professionali,
progettavano le loro architetture partendo da presupposti totalmente diversi.
Miravano a riscoprire gli scuotimenti della scatola attuati da Terragni,
la quadridimensionalità neoplastica, la continuità spaziale
di Wright, il dinamismo informale di Ronchamp, la violenta espressività
di Michelucci a Campi Bisenzio, etc. Erano rimasti talmente scossi anche
dagli Archigram, da Pol Bury e da Bloc che non potevano fare a meno di
darne continuità. Purtroppo, si doveva anche mangiare, ed allora,
al momento di costruire, si ripiegava sul prodotto che tirava: Rossi,
Kahn, Botta. Poveri anticlassici in nuce, costretti a prostituirsi per
potere sopravvivere.
D) Tutti gli ex accademici/ nuovi anticlassici sono incurabili opportunisti,
ovvero ignoranti e dannosi.
Ignoranti al tempo dell'accademia, lo restano oggi. Non hanno idee, preparazione,
capacità critica. Sono architetti che hanno intuito…nel capire
cosa fare per essere al passo con i tempi. Sono mediocri, perché
non hanno idee proprie ma usurpano, malamente, le altrui. Non saprebbero
neanche accennare un discorso su Derrida o sugli studi di Eisenman e credono
che Gehry abbia iniziato a progettare da Santa Monica in poi.
Mostrano la loro totale insipienza professando che le invarianti zeviane
siano regole da applicare al momento del progetto. Inevitabile che gli
studenti siano confusi e perplessi. Si chiedono che senso abbia presentare
l'anticlassico quale progetto senza regole e poi imporne delle altre.
Si fa credere loro che l'anticlassico sia lingua dell'ultimo ventennio,
ma se si chiede loro di rintracciare nel anche passato poetiche anticlassiche
è come chiedere loro di confutare la teoria di Einstein.
Mi sbilancio: l'ipotesi D è quella più verosimile.
Sarebbe molto lungo ricostruire i passaggi che dall'accademismo di Kahn
ci hanno portati alle anti regole di Gehry .Può bastare però
rimarcare che Gehry, Eisenman & C. sono assolutamente all'opposto
dell'accademismo: lo combattono.
Potrebbero spiegarmi gli ex accademici/nuovi anticlassici il loro percorso
di ricerca che li ha condotti alla loro nuova condizione? Sarebbe molto
interessante capire come si possa trasformare l'architettura del silenzio
di Aldo Rossi in quella gridata di Gehry. Eventualmente, mi scuso anzitempo
della mia ignoranza in materia ed attendo di coprire questa lacuna.
Sono sempre stato un anticlassico e spesso ho avuto violenti scontri con
alcuni dei miei professori al Politecnico di Milano. Presentavo progetti
per loro assolutamente incoerenti. Mi redarguivano, si contrariavano.
Alcuni non accettavano di esaminarmi, altri lo facevano e mi spiegavano
i perché delle loro perplessità. A distanza di dodici anni
sarei pronto a difendere a spada tratta tutti quei docenti che, pur se
accademici, mi spiegarono le loro ragioni, la loro coerenza tra ciò
che dicevano e ciò che facevano.
In quanto zeviano convinto contro antizeviani altrettanto convinti, non
avrei mai pensato di potere un giorno affermare che sono pronto a difenderli.
Molti accademici, quelli veri, sono rimasti tali e sono molto più
apprezzabili dei "travestiti" anticlassici. Non condivido le
loro idee ma sarebbe pretestuoso contestarne la coerenza, prerogativa
esclusiva di chi è preparato. Chi è ignorante non può
che essere una bandieruola.
Se l'anticlassicità verrà ridotta a moda, perderà
la sua connotazione di modernità, il suo merito di avere riaperto
la crisi del M.M. e rintracciarne le potenzialità che nella loro
stessa crisi trovavano valore.
Il punto più alto del M.M. è stato Otterlo e l'apertura
dichiarata della sua crisi: ne scaturì un mondo in fibrillazione,
proiettato a ricercare rinnovando. Chi evidenziò la crisi del M.M.
fece opera culturalmente apprezzabile, che fosse il TeamX o gli Archigram,
Venturi o Kahn, Rossi o lo stesso Le Corbusier di Ronchamp. Solo chi è
consapevole dei limiti può evidenziare la crisi di un sistema,
con l'obiettivo di superarla ma comprendendo che, comunque sia, quel sistema
è quasi inconsapevolmente tenuto in vita.
L'anticlassicità è tutt'altro che strumento formale al servizio
di un'ideologia trionfante. Descrivendo i significati del "Grado
Zero", Bruno Zevi commentava :<<…proprio perché
non c'è pensiero senza linguaggio, la Forma è la prima e
l'ultima istanza della responsabilità architettonica>>.
Ai falsi antiaccademici, invertendo e cambiando alcuni termini, si potrebbe
porre un monito: proprio perché non c'è linguaggio senza
pensiero , la Forma è la prima e l'ultima istanza della ignoranza
architettonica.
Proverbio siciliano : "chi se la sente stringe i denti" (traduzione).
(Paolo G.L. Ferrara
- 20/11/2000)
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