Umiliati e offesi
di Paolo G.L. Ferrara
- 10/2/2001

Cari colleghi architetti, siamo tutti tangentari, almeno nell'immaginario
collettivo dei milanesi.
La notizia arriva da Mario Botta, intervistato da Pierluigi Panza - per
il Corriere della Sera (01.02.2001)- il quale, in questi termini, sintetizza
le frasi dell'architetto svizzero.
Mario Botta è perentorio: "Dopo l'età dei Terragni,
dei Ponti e dei Moretti, Milano è diventato terreno ostile agli
architetti. Tutti, dal mio maestro Ignazio Gardella ai grandi nomi milanesi
dell'architettura, come Marco Zanuso, Gae Aulenti, Vittorio Gregotti e
lo scomparso Aldo Rossi, hanno dato il loro meglio fuori città".
La frase nasconde insidie interpretative; vediamone i motivi.
Non è corretto affermare che Zanuso, Aulenti, Gregotti e Rossi
abbiano dato il loro meglio lontani da Milano.
L'insidia sta nel fatto che tutte le opere costruite a Milano dai citati
architetti vengano ridotte a mediocri prestazioni. Leggendo il seguito
delle dichiarazioni di Botta, s'intuisce che l'eventuale colpa delle mediocrità
non va però imputata direttamente agli architetti in questione.
E' Milano a non avere consentito che si esprimessero al meglio.
Milano "ostile" che umilia ed offende Gregotti, Rossi, Aulenti,
Zanuso.
Dostoevski riveduto e correto da Botta.
Me ne scuso, ma non capisco. Che significa affermare che Milano è
"ostile" agli architetti milanesi? L'ultimo con cui la città
ha avuto feeling fu Giò Ponti. Da allora, aggiunge Botta "il
rapporto tra architetti e città si è rotto".
Chissà se Botta ha fatto un giro per Milano osservando le architetture
"firmate" degli ultimi anni, quelle considerate moderne. Arrivando
dalla Svizzera in autostrada, è impossibile che non abbia visto
il timpano della Fiera, progetto di Mario Bellini. E' arrivato in aereo?
Se è sceso a Malpensa si sarà compiaciuto della simmetria
faraonica del nuovo aeroporto - dove neanche Sottsass, negli interni ha
dato il meglio di sé- ; se sceso a Linate, non può non avere
notato la scenografia da "Ben Hur" escogitata da Aldo Rossi.
Avendo accennato - sempre nell'intervista- all'illuminazione del Castello,
Botta avrà anche potuto riempirsi gli occhi della nuova immagine
di Piazza Cadorna, della Aulenti. Ed un salto alla Bicocca? Non era il
caso di farlo?
Appare pretestuosa la convinzione di Botta, soprattutto se avvalorata
dall'autore dell'articolo che, riferendosi alla ostilità di cui
parla Botta, afferma "Tant'è che, di recente, l'amministrazione
milanese sembra rivolgersi con più frequenza anche a progettisti
stranieri" e cita David Chipperfield e Jan Ritchie.
Una convinzione che riguarda anche i BBPR e Albini. Come dire che la Torre
Velasca e il Monumento ai caduti non siano tra le migliori opere dei BBPR,
soprattutto per i contenuti e per i significati rispetto il momento in
cui vennero realizzate.
A Botta si deve dare atto di avere citato Terragni e Moretti e del loro
apporto all'architettura moderna di Milano. La prossima volta che verrà
a Milano, vada a vedere come è stata ridotta Casa Toninello; qualcuno
ha pensato bene di chiudere la loggia superiore con una fetida serramentistica
atta a creare una veranda. Chi se ne è curato? Altro che luci del
Castello e polemiche a mai finire tra intellettuali di ogni genere!
Sdrammatizziamo. Botta arriva a Milano e "deve" parlarne. Milano
è brutta, anti architettonica, e ciò è sotto gli
occhi di tutti. A Milano hanno progettato e costruito quasi esclusivamente
architetti classicisti - neo razionalisti accademici, pseudo post modernisti-
, famosi e non.
L'immoralità e l'accozzaglia eclettica dei grattacieli di Porta
Garibaldi è la massima espressione della decadenza architettonica
di Milano. Immorale quasi quanto quella che Panza definisce tra le opere
di grandi valenza di Aldo Rossi: il Teatro Carlo Felice di Genova. Accozzaglia
eclettica quanto il Museo della Gare d'Orsay, della Aulenti, anche questa
opera di grande valenza, sempre secondo Panza.
Conosco personalmente Pierluigi Panza e ne apprezzo il valore di interprete
dell'architettura. Ciò non mi può fermare nel dire apertamente
che l'articolo in questione è fuori luogo, non centra il problema
dell'architettura a Milano, è palesemente pilotato da Botta a difesa
delle opere milanesi di Gregotti, Aulenti, Rossi.
Incolpando i milanesi -causa poco amore per i progettisti concittadini
- delle brutture di Gregotti, Aulenti e Rossi, Botta cerca invano di nasconderne
la diretta responsabilità. Una dimostrazione di solidarietà
senza consistenza.
Panza cita la Bicocca quale intervento "…di qualità
assolutamente confrontabile con altri da lui (Gregotti) realizzati fuori
città; anzi, in una prospettiva di funzionalità sociale,
potrebbe risultare più riuscito del quartiere Zen di Palermo".
A dirla tutta, non è che, per fare qualcosa migliore dello Zen,
ci si debba sforzare molto e mi auguro vivamente per i milanesi che la
Bicocca sia migliore dello Zen di Palermo, soprattutto "in una prospettiva
di funzionalità sociale", quella che lo Zen non ha mai avuto.
Tradizione classicista, retorica, a-spazialità, simmetrie, ripetizione
modulare, pasticci dei pasticci post moderni, enfasi, vitelloneria decostruttivista;
la Milano del 2000 è questa.
I sintomi di ripresa che l'Amministrazione comunale sta mostrando chiamando
Chipperfield e Ritche è lodevole. Stiamo a vedere se si tratta
esclusivamente di "propaganda" o di presa di coscienza che anche
l'architettura sta attraversando uno straordinario momento di cambiamento,
interpretandolo con splendide recite in molte parti del mondo. In Italia
ci sono tanti giovani architetti che spingono per abbattere il muro di
ostilità nei loro confronti, ponendo in campo argomentazioni e
progetti realmente moderni.
L'Amministrazione comunale di Milano - di qualsiasi colore politico sia-
guardi anche e soprattutto a loro. A quel punto, il plauso sarà
spontaneo e prolungato.
(Paolo G.L. Ferrara
- 10/2/2001)
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