3 commenti di Alberto Scarzella Mazzocchi
 
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                  585
                   di Alberto Scarzella Mazzocchi
        
 del 15/01/2004
		relativo all'articolo 
		Villa Colli - Lettera a Pio Baldi
 di 
		 Mariopaolo Fadda
		
	AntiTHeSi 
Abbiamo letto con interesse la lettera di Mariopaolo Fadda a favore di Villa 
Colli in particolare e dellarchitettura moderna in generale.
Ci piace ricordare come in occasione dellelaborazione della Legge sulla qualit architettonica abbiamo incontrato il Dr. Squitieri, capo di Gabinetto del Ministero dei Beni Culturali, per offrire il contributo del mondo libero-professionale alla stesura del testo e soprattutto per ricordare come, ad oggi, la Legge, pur prevedendo linserimento delle architetture moderne nellelenco dei beni vincolati a tutti gli effetti di legge, non ha ancora programmato regolamento, modalit e tempi.
La sottoscrizione a favore della Villa Colli, potrebbe favorire la sensibilizzazione degli estensori della Legge sulla qualit architettonica su questo tema, ricordando come solo dopo oltre quarantanni si  avuto risposta positiva alla domanda di vincolare la casa progettata da Gardella a fronte del parco di Milano.
Cordialmente
Il Comitato Direttivo del Co.Di.Arch. Comitato per la Difesa degli interessi degli Architetti:
Tomaso Gray de Cristoforis, Giovanni Loy, Beniamino Rocca, Maristella Terzoli, Alberto Scarzella.
Originale lettera in formato pdf (~53Kb)
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                  71
                   di Alberto Scarzella Mazzocchi
        
 del 13/03/2002
		relativo all'articolo 
		Mario Galvagni: la ricerca silente
 di 
		 Beniamino Rocca
		
	In risposta al commento 69
Afferma Arianna Sdei che il messaggio va comunicato ed  compito dell'artefice del messaggio il farlo passare.
Sono d'accordo ma non  il caso di Mario Galvagni, perch i suoi disegni sono stati contestati in quanto inusuali, all'epoca, in una rivista di architettura. 
Galvagni, esprimendosi nelle tre dimensioni, elaborava i suoi progetti con il metodo delle sezioni sovrapposte, allora in uso per i disegni di aerei, navi o di componenti meccaniche dei motori.
Doveva quindi, lanciare il messaggio che un'architettura, che esce dal piano, deve essere disegnata con altre tecniche, per ottenere l'effetto voluto, e per verificare la validit e la forza dei volumi. 
Disegnare i suoi progetti nelle due dimensioni significava tradirne lo spirito, appiattendole.
Galvagni non  stato, e non , un artista incompreso, bens un artista scomodo. Nel proporre le sue architetture, "osava" criticare i maestri, e i gruppi elitari che li osannavano ed imponevano i loro credo, nelle universit e nell'editoria di settore.
Zevi, avrebbe potuto aiutarlo, perch come Ponti, era estraneo dal giro di questi gruppi. Purtroppo c' stato scontro tra due personalit, ed il vivere in due citt sufficientemente distanti tra loro, anche culturalmente, come Roma e Milano non ha certamente aiutato. 
Poi Zevi, che avr avuto un sacco di difetti ma che era
costituzionalmente corretto e che amava profondamente l'architettura, ha avuto la forza di rompere il ghiaccio.
E anche questo  un fatto importante, da ricordare. 
Perch concede speranza.
Alberto Scarzella Mazzocchi  
        
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Commento 701 di Alberto Scarzella Mazzocchi
del 22/03/2004
relativo all'articolo Belli e/o brutti (milanesi)
di Maurizio De Caro
[Torna su]Belli e\o brutti (milanesi) 2
Ironizzare su Vittoriano Vigano un gioco da fanciulli. Il taglio brutalista delle Sue opere lha portato ad arredare la mensa del Marchiondi con un selva di montanti delle acque nere che rallegravano, con il crepitio degli sciacquoni, il triste pasto dei reclusi, o , in mancanza di pennuti esotici da far svolazzare nella grande voliera, progettata per la rinata Triennale, a trasformare allanilina degli scipiti piccioni padani in coloratissimi parrocchetti brasiliani.
Pi impegnativo assumere il progetto del Parco Sempione a modello di un percorso che le amministrazioni comunali non devono assolutamente seguire; e quindi a perno del discorso che Maurizio De Caro ha affrontato con pertinenza di esempi.
E dal lontano 1954 che Vigan inizia ad elaborare proposte progettuali per la valorizzazione del Parco Sempione, concretizzate poi in otto lotti operativi. Gli elaborati restano per al chiuso dei cassetti dellAmministrazione comunale sino al 1979 per essere approvati solo nel 1981. Secondo le previsioni di progetto, dopo lo smantellamento delle recinzioni, dovevano essere unificati i comparti che comprendono il Castello, lArena, lArco della Pace e la Torre del Parco, risanate le piantumazioni malate, sfoltendole dove si erano ingigantite e ripiantumandole nelle zone strappate allasfalto e alla formula uno. Obiettivo, restituire il grande polmone verde di Milano al silenzio e alla sua monumentalit e ridare vita ad un vero parco come lo posseggono le grandi metropoli che amano il verde non solo a parole.
LAmministrazione comunale rumina per 30 anni il progetto poi, in 24 ore, decide di dare il via ai lavori senza preavvisare abitanti, commercianti e automobilisti che una bella mattina si sono visti chiudere una serie di strade mentre le ruspe davano lassalto ai chioschi di benzina. La protesta dei cittadini fu quindi repentina, quanto prevedibile.
Invece di porsi il problema di rivitalizzare larea attorno allarco della pace con bar, ristoranti, librerie e quantaltro potesse sostituirsi ai negozi di ricambio per auto, si d inizio ad un braccio di ferro tra assessorato e Ministero ai beni ambientali, tra soprintendenza regionale e statale, con lapprovazione di delibere che si annullano a vicenda generando repentine interruzioni dei lavori. Risultato, la citt si trova a gestire un opera incompiuta con evidenti segni di abbandono, resi ancor pi evidenti da una pessima esecuzione dei lavori. Ed il progetto del Parco Sempione viene inserito dufficio nellelenco delle grandi incompiute: Palazzo Reale, la Grande Brera, piazzale Dateo con il veto alla proposta di Magistretti, al recupero dei giardini del Piermarini ai Boschetti di via Marina, e a quello dei Navigli.
E noi invece di condannare il sistema delle lotte interne tra amministratori comunali regionali e statali, tra soprintendenze decentrate e dellassenza di un responsabile che impediscono il concretizzarsi delle opere, disperdiamo le nostre energie nel dare spazio alle critiche innescate dalla calligrafia dei lampioni che, a mio avviso, hanno invece il pregio di evocare, con un segno attuale, latmosfera ottocentesca in felice connubio formale.
Se critica va fatta al progetto, nellambito caratterizzato dai lampioni, riguarda la sistemazione del tratto che fiancheggia i binari del tram. Ma quanto da attribuirsi al progetto e quanto alle esigenze e ai vincoli dellAzienda tranviaria?
Chiediamoci semmai perch Milano, pur avendo tra i suoi cittadini un folto gruppo di designers che il mondo ci invidia, si ritrovi con unarredo urbano tra i pi dequalificati. Individuiamo i laccioli che ne impediscono il risveglio e insieme cerchiamo di scioglierli.