Pierluigi Panza risponde a P. Ferrara
di Pierluigi Panza
- 7/5/2001

Cari amici,
rispondo brevemente alle argomentazioni in merito all'intervista a Mario Botta comparsa sul Corriere della Sera a mia firma.
Nell'articolo suddetto, mi sono attenuto alla
prima ed aurea regola di ogni cronista: non sovrapporre le proprie opinioni
a quelle dell'intervistato.
Dunque, che io le condivida o meno, il testo riporta le opinioni di Mario
Botta sulla dinamica dell'architettura milanese degli ultimi decenni.
In sostanza Botta sostiene che per una serie di cause, tra le quali normative
complesse, interventi giudiziari, scarsa chiarezza negli appalti, anche
bravi architetti non sono riusciti a dare il meglio di loro stessi in
Milano, ma sempre fuori città. Questa situazione, continua Botta,
è stata di nocumento proprio agli architetti che, pur vittime,
vengono visti - a suo avviso - dai concittadini non come artisti, ma come
personaggi poco chiari.
Diverso è dire se io condivida, o meno, queste affermazioni. Cosa,
questa, del tutto estranea all'articolo ma che qui, in una rivista di
critica, posso accennare.
Ritengo condivisibile la prima parte dell'analisi di Botta. Ingerenza
della committenza, normativa complessa, ricorsi continui alla magistratura,
eccessiva vicinanza con il mondo finanziario hanno portato negli ultimi
decenni a un impoverimento qualitativo dell'architettura a Milano.
Da analizzare caso per caso la seconda parte dell'affermazione di Botta.
Le prime vittime della situazione mi sembrano ben più i giovani
architetti che gli architetti citati, i quali, pur in questo clima di
difficoltà, hanno comunque avuto commesse e le possibilità
per esprimersi. Quanto poi al fatto che architetti citati si siano espressi,
per i suddetti motivi, meglio fuori Milano che in città, questo
è proprio da analizzare caso per caso. Io credo, ad esempio, che
l'architettura di Gregotti e di Rossi si sia espressa con continuità,
magari discutibile, sia a Milano che fuori. E proprio in eventuale contrasto
con le affermazioni di Botta si lasciava intendere che, in fondo, lo Zen
non è qualcosa di superiore alla architettura milanese di Gregotti.
Quanto al Monumento a Pertini di Rossi, esso si trova identico - come
è noto - nel supermercato di Olbia: dunque anche questo è
un caso di continuità. Molto discutibile, naturalmente!
Io penso piuttosto che la situazione denunciata da Botta, abbia finito
con il tener lontano dalla città alcuni protagonisti della sperimentazione di nuovi linguaggi architettonici, privando in sostanza la città di una "stagione dell'architettura". Alla quale, tuttavia, non si può trovare rimedio chiamando architetti dall'estero quasi fosse una formula di toccasana: ma selezionando i giusti architetti, e consentendo ai giovani di esprimersi. Per tutto ciò è necessario, in primo luogo, una illuminata
committenza.
Pierluigi Panza
(Pierluigi Panza
- 7/5/2001)
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