La riscossa dei servi?
di Fausto Capitano
- 29/7/2006

Le nostre libere professioni stanno tremando. Se siete d’accordo, voglio
iniziare a registrarne le scosse:
“Gli avvocati d’Italia protestano contro il decreto Bersani […]
un controllo fiscale serrato che ha tutto il sapore di un intervento punitivo
verso categorie poco inclini all’ossequio ed alla genuflessione. […]
controllo fiscale attraverso i conti correnti ed i pagamenti tracciati; controllo
governativo con il progressivo smantellamento degli ordini professionali e così
via verso una radicale trasformazione degli studi verso la proletarizzazione della
professione. L’attività dell’avvocato si snatura da prestazione
di mezzi in prestazione di risultato […]” – l’avvocato
Fabrizio Falvo, consigliere comunale di Cosenza, scrive così su “il
Quotidiano della Calabria” del 14 luglio.
“[…] ciò porterà il cliente-consumatore interessato
solo al risparmio a rivolgersi a chi, o perché all’inizio di carriera
(e quindi con meno esperienza) o perché con poco lavoro (e quindi pronto
alle avventure), sarà disposto al ‘patto scellerato’: se si
vince ti pago (o ancor peggio dividiamo) altrimenti solo le spese. Ciò
avrà come conseguenza: una qualità dubbia della prestazione professionale,
una impennata nella proposizione di cause ‘tanto per provarci’ che
affogheranno sempre più il sistema giudiziario danneggiando (questa volta
sul serio!) il cliente-consumatore, un’ansia di risultato da parte dell’avvocato
che diventerà - di fatto - anche lui parte del processo e quindi non più
difensore di diritti ma tutore dei propri interessi. Voler far passare il principio
per cui la prestazione professionale si paga solo se ‘si vince’, vorrà
dire che un domani potremo immaginare di pagare il medico solo se ci guarirà,
l’agronomo solo se il raccolto darà i frutti sperati, l’ingegnere
solo se il progetto verrà approvato, il manager solo se la società
andrà a gonfie vele, e chissà - magari per estensione del principio
anche ai pubblici dipendenti - di pagare lo stipendio intero ai magistrati solo
se le sentenze che emettono non verranno riformate in un grado superiore o se
il presunto imputato non verrà poi prosciolto. Siamo seri! […]”
– l’avvocato Maurizio Via, scrive così su “il Quotidiano
della Calabria” del 14 luglio.
E in ultimo:”[…] la giustizia diventerà dei ricchi, complici
una serie di norme vessatorie anche per i consumatori. Tra queste quella che,
mortificando la dignità e professionalità dell’avvocato, vuole
che questo sia pagato rigorosamente con atti di chiara traccia come assegni e
bonifici, anche per cifre irrisorie […]” – così
Anita Frugiuele sintetizza, su “il Quotidiano della Calabria”, alcuni
passaggi dialettici nell’assemblea generale dell’Avvocatura del 5
luglio scorso a Roma.
Cosa aggiungere in coda? Beh… La sensazione di aver letto, tra le righe,
di Apartheid sociale tra professionisti affermati e professionisti in erba quando,
invece, in ogni studio di professionisti affermati, i giovani che rinfoltiscono
i ranghi uscendo dalle cloache universitarie, sono ben accolti e messi a loro
agio per divenire parte integrante dei meccanismi di permanenza al successo dei
titolari. Siano benedetti tutti i titolari!
Si aggiunge in coda la sensazione di insofferenza di nicchia nei confronti del
sempre crescente proletariato di giovani laureati “fuori lobby” quando,
invece, i giovani professionisti “enne-enne” trovano grappoli di occasioni
dappertutto: si sente dire in giro (giocando con il significato delle parole)
che ci sono ancora più “commesse” che ingegneri, anche se molte
“commesse” sono ingegneri! Ebbene, trovatemi un Ente Regione o Provincia
che non accoglie in udienza un giovane professionista, nei nostri settori, venuto
a manifestare il suo interesse a “rendersi utile per la comunità”,
premiando il suo afflato servizievole con una promessa d’incarico! Trovatemi
un solo giovane professionista “enne-enne” che non abbia ricevuto
da un privato la “commessa” per la realizzazione di un bel intervento
di edilizia speculativa! Trovatemi un solo giovane professionista “enne-enne”
iscritto all’albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio, del proprio Foro
Giudiziario di Provincia, che non sia stato chiamato a svolgere il dovere di coadiuvatore
del Giudice in una Causa in corso! Ma quale Apartheid? Ma quale Proletariato?
In ultimo, si aggiunge in coda la sensazione che noi, professionisti delle professioni
“riservate”, da sempre pagati per diritti di casta, non vogliamo essere
vincolati all’assurda questione del “risultato” utile per il
cliente. Sensazione sacrosanta! Perché diavolo, io, dovrei accogliere le
proteste del mio cliente che non si è visto “servire” da me
come pattuito, accettando che lui non mi paghi quanto pattuito. E, colto da ricordi
improvvisi, il treno di sensazioni finisce di colpo, con me che elargisco consulenze
probono, con me che corro dietro le intenzioni del potenziale cliente, gliele
rendo verosimili e possibili e poi il potenziale cliente se le porta dietro correndo
dietro il mio collega “amico di”; il treno finisce con me che concludo
“commesse” senza essere pagato perché il cliente è ricoverato
per un incidente sul campo di calcetto, perché il cliente ha problemi di
salario, perché il cliente ha altri debiti ed il mio va in coda, perché
il cliente fallisce, perché il cliente è “tamarro”…
ecc. ecc. Eh… i ricordi! Questi sì che lasciano “chiare tracce”,
pur senza assegni e bonifici.
(Fausto Capitano
- 29/7/2006)
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