I nipoti del Marchese del Grillo: io sono io, e voi non siete un cazzo!
di Paolo G.L. Ferrara
- 15/9/2001

"Un uomo
non è stupido o intelligente: è libero o non lo è".
Il maggio parigino della rivolta studentesca ci suggerisce questo slogan
per affrontare un tema realmente importante per il futuro dell'architettura.
L'implicazione forzata della cultura con la politica e con il sistema
economico sta portando alla sua morte. L'affannosa ricerca di un posto
al sole coinvolge gli architetti, i critici di architettura, i docenti
universitari, persino gli studenti.
Massimiliano I° il Temporeggiatore sta tessendo la sua tela di rapporti
socio-politici che ne sanciscano il ruolo di nuovo rappresentante della
cultura architettonica italiana nel mondo. Molti lo pensano ma si limitano
a parlarne a bassa voce; Franco La Cecla, con un articolo su Avvenire
(vedi www.architettura.it nella sezione news), è una delle poche
eccezioni.
Vittorio Sgarbi, finalmente al posto che da sempre ha creduto di meritare,
emula Charls Bronson e si traveste da giustiziere, sparando a zero su
tutto e tutti, tranne ( ma è proprio un caso?) su Massimiliano
I° Fuksas.
Silvio Berlusconi, dal suo delirante opuscolo su come essere perfetti,
comunica agli italiani di essere il più grande genio urbanista
del xx secolo, forte degli esempi di Milano 2 e Milano 3.
L'Arch. Casati, dall'editoriale dell'Arca, difende giustamente l'Alba
di Milano, attaccata alla cieca da molti rappresentanti del gohta culturale
milanese che, trastullandosi in discorsi banali quali la rottura dell'asse
prospettico di Via Pisani e cedendo a crisi isteriche perché l'Alba
nasconde la facciata della Stazione centrale, dimostrano di avere molto
poco di cui parlare. A Casati il merito di avere descritto la situazione
com'è nei fatti, ma resto perplesso del fatto che non faccia i nomi
di chi attacca; per la cronaca, la definizione della scultura di Ian Ricthie
quale "branda", è di Emilio Tadini.
La nuova gestione politica dello Stato impone che Guiccardini sia bandito,
perché sarebbe pericoloso farne conoscere l'espressione secondo
cui tutte le cose del passato ritornano, cambiando solo la veste così
da apparirci nuove.
Di nuovo non si vede un bel niente, questa la realtà anche al riguardo
del tema qui proposto: chi fa cultura? chi manovra la cultura? chi ne
approfitta?
Senza alcuna remora, crediamo che non ci sia poi tanta differenza tra
il potere economico del calcio e della tv (che tanto scandalizza i benpensanti)
e quello che gestisce la cultura. Potere economico volto esclusivamente
al profitto. Ma fare cultura impone di fatto la trasformazione in profitto?
Invero, crediamo che per fare cultura sia necessario e fondamentale essere
uomini liberi, senza implicazioni con il potere economico.
Uomini liberi di esprimere opinioni che non debbano fare i conti con eventuali
ritorsioni di chi gestisce il potere e che, per tale ruolo, può
o meno farci fare carriera. C'è da rimpiangere il Fuksas che nove
anni fa - al convegno "Città, Metropoli, Tecnologie",
svoltosi alla Triennale di Milano)- seduto tra il pubblico, si alzò
in piedi per dire basta alle parole intrise di nullità ( inveì
contro Pierluigi Spadolini e Dominique Perrault) sulla pianificazione
della città del futuro. C'è da rimpiangerlo perché
allora era ancora un uomo "libero", dunque proprietario delle
sue idee, da potere esprimere a piacimento, senza remore. Oggi "libero"
non lo è più, perché ha volutamente iniziato un percorso
che lo porterà si a divenire il punto di riferimento, ma a caro
prezzo: quello del dovere essere sempre e comunque "presente".
La sua rubrica su L'Espresso è realmente insensata da un punto
di vista squisitamente culturale, poiché non è supportata
- come invece avveniva per Zevi- da un retroterra di critica architettonica
in continuo divenire. Però, scrivere su L'Espresso ha, indubbiamente,
grandi lati positivi, soprattutto dal punto di vista del ritorno d'immagine,
della "visibilità". La speranza è che Fuksas metta
la sua intelligenza e preparazione al servizio degli interessi della gente,
soprattutto di quella gente di cui sembra avere grande rispetto ( oltre
ogni ideologia politica), identificata negli abitanti delle favelas o
dello Zen. L'ultimo suo articolo su L'Espresso, in merito alla nuova legge
sulle infrastrutture, dà segni di speranza che il buon Fuksas abbia
intenzione di tornare sulla giusta via, consapevole che il ruolo che sta
assumendo la sua figura è ben altro che quello di testimonial pubblicitario.
Fuksas non può esentarsi dal mettersi in discussione e ora, come
mai prima, gli tocca scrivere di critica architettonica affinchè
le sue architetture abbiano un reale significato. Vittorio Sgarbi lo ha
definito "architetto brutalista": Massimiliano I° come ha
risposto? Che io sappia, non ha risposto. I numeri li ha e dovrà
giocarseli molto, molto bene, dimostrando che quanto ha lungamente predicato
venga messo in pratica proprio dai suoi movimenti nei meandri della savana
gestita dalla politica, nella quale oramai si trova. Riuscirà Massimiliano
I° a non cadere nella rete del profitto che si attua sulla cultura?
Se Vittorio Sgarbi si permette di dare "zero spaccato" all'intervento
di Giancarlo De Carlo ad Urbino e nessuno se ne scandalizza e protesta,
c'è da pensare che stiamo vivendo un sovvertimento totale di quel
poco di buono che la modernità italiana ha prodotto. A Vittorio
Sgarbi, che tanta voglia ha di dare tutto il potere sui centri antichi
ai sovrintendenti, consiglierei di farsi un bel e lungo giro per sconosciute
città italiane: scoprirà più scempi che non nelle
periferie. Comunque sia, nauseabondo mi risulta il discorso dei centri
storici a cui "…si deve ridare continuità là dove
il tempo e l'uomo ne hanno vulnerato l'integrità". Al nostro
sottosegretario chiedo che spieghi qual è il limite storico che
ha segnato il solco entro il quale un centro storico è tale. Ci
si è persi dietro a pianti e grida di dolore per la Fenice di Venezia
sino a decidere di ricostruirlo dov'era e come era. Non si è pensato
per un solo attimo che mai ci fu incendio più utile per dare occasione
di costruire a Venezia un'architettura che desse la vera continuità
alla città, che è sempre stata quella del "divenire"
nel tempo, senza guadare troppo al passato (basta quale esempio Piazza
San Marco?).
A dirla tutta, siamo un po' stufi di sentire inutili battibecchi tra i
santoni dell'architettura ( sarà stata l'estate, ma anche nel nostro
settore esiste il gossip…); sarebbe il caso che qualcuno di loro
prendesse posizione netta sulle sporcherie con cui vengono assegnati gl'incarichi
pubblici e le cattedre universitarie. Un vero grande architetto deve lottare
affinchè la cultura non abbia prezzo. Deve farlo sino all'estremo
delle sue forze, rinunciando alla visibilità, alla mondanità,
alla pubblicità. Abbiamo spesso citato dalle pagine di Antithesi
la figura di Danilo Dolci. Bruno Zevi ne descrive efficacemente la figura
: "[…]evitiamo il pericolo di creare un mito di comodo, per
liquidarlo […] si tratta invece di un architetto, come noi, che ha
optato per una via alternativa senza la quale l'architettura scade nel
mestierantismo avaro, perde ogni forza di "profezia", ogni ruolo
di promozione civile, diviene un mezzo sconsolato per campare magari agiatamente,
ma privi di felicità". Bene, Danilo Dolci è uno degli
esempi di grande valore a cui Antithesi fa riferimento.
Antithesi aveva in programma l'organizzazione di un Simposio a cui avrebbero
partecipato nomi prestigiosi della cultura architettonica. Era l'occasione
giusta per uscire dalla nicchia, dall'anonimato, per lanciarsi con entusiasmo
nel "mondo che conta". E proprio contando ( i costi…) ci
siamo resi conto di quanto lontani siano i nostri ideali di libertà
rispetto alle costrizioni economiche che l'organizzazione di un simposio
impone. Trovare gli sponsors è stato facile; più difficile
accettare che il costo della manifestazione diventasse esorbitante, immorale,
ingestibile. Antithesi stava per cadere nella rete: comprare la cultura.
Una breve telefonata tra Lazier ed il sottoscritto è bastata per
dire no alla mercificazione di Antithesi. Del resto, se Lazier ed io siamo
interessati a qualcosa che possa farci crescere, ci armiamo con due lire
e partiamo alla volta di Roma, per ascoltare Antonino Saggio ed i suoi
studenti. E a Saggio dobbiamo un "grazie di cuore" per averci
aiutati nell'organizzare la manifestazione ma, soprattutto, gli dobbiamo
rendere onore per averci appoggiati nella decisione di annullare l'evento.
La grande disponibilità, nell'ascoltare e nel comprendere i nostri
"perché" all'annullamento, ha rispecchiato la sensibilità
dell'uomo Saggio, che vive con vera passione ciò che fa per l'architettura.
E la bravura è solo questione di passione.
Antithesi nasce nell'ombra e continuerà a restarci perché
rifiuta la "visibilità a tutti i costi" ( siamo mica
delle "letterine"!), quella malattia che attanaglia moltitudine
di architetti, critici, storici, docenti e studenti.
Noi ne siamo immuni, per nostra grande fortuna.
Si badi: neanche Antithesi ha la verità in tasca e di ciò
ne siamo assolutamente consapevoli, ma altrettanto chiaro è che
non abbiamo padroni, siano essi editori che ci costringono a scrivere
quel che più fa audience, siano essi padroni politici che vadano
corteggiati per ottenere lavoro, cattedre, prestigio. Non siamo più
intelligenti di altri e non siamo più stupidi di altri, ma solo
"liberi", come tanti altri.
Rediviva, come colui che l'ha coniata ( Andreotti n.d.r.), la frase "
Il potere logora chi non ce l'ha" agita il sonno di molti, perché
potere significa denaro, visibilità, popolarità. Peccato
che molte volte il potere significhi anche annullamento di sé stessi.
Comunque sia, in nome di ciò, tutto sembra essere lecito.
L'Italia è manomessa su tutti i fronti e quello culturale ne fa
parte. Paolo Zermani è annoverato tra i più grandi architetti
del XX secolo (vedi libro di Portoghesi, edito da Newton & Compton
"I grandi architetti del novecento") senza che, a mio parere,
ve ne sia valido motivo, anzi, alcuno. Nonostante ciò, Zermani
si permette di considerare l'architettura contemporanea di Eisenman, Libeskind,
Gehry, Foster, etc. architettura dell' "…apparenza, finzione,
assenza di contenuti e di spazi" ( intervista ad Avvenire, vedi www.architettura.it
nelle news), perpetrando l'inutile lotta tra ciò che è bene
e ciò che è male ma senza argomentazioni valutate appieno.
Il potere logora chi non ce l'ha? Probabile, ma molto più vero
è che i logorati sono coloro i quali, asserviti al potere ed alla
visibilità, rinunciano alla loro libertà.
Ciò che più dispiace è che tanti personaggi realmente
capaci di dare valore all'architettura si lascino stritolare dagli ingranaggi
del "sistema", per pura voluttuosità.
L'azione di Antithesi continuerà senza remore e senza compromissioni.
Continuerà nell'ombra, consapevoli come siamo di essere nani ai
piedi di giganti. Chi sono i giganti? Non certo i politici ed i burocrati
che ci governano e tutti i vari nipoti del Marchese del Grillo, di qualsiasi
colore e schieramento. I nostri giganti sono tutti quegli architetti,
quei critici, quegli uomini, che hanno dedicato la loro vita a essere
contro l'ipocrisia della compromissione.
(Paolo G.L. Ferrara
- 15/9/2001)
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