Salviamo l'identit di Sciacca

Diritto di Replica

Salviamo l'identit di Sciacca


di Pietro Alberto Piazza
26/10/2002

La necessit e l'urgenza di finire il Teatro Samon ormai di opinione comune, ma una recente proposta presentata al Comune, sul come finirlo, ha generato molta confusione. Per questa ragione -sebbene l'articolo apparso sul n358 di questo stesso giornale [l'Otto e Mezzo -n.d.r.], per la superficialit e le inesattezze, non meriterebbe risposta- ritengo sia doveroso dare un chiarimento ai lettori del Settimanale di Sciacca.
1- L'articolista (Paolo Ferrara) si meraviglia del fatto che molti cittadini siano interessati alla vicenda del Teatro e afferma: " la citt vuole il teatro ed decisa a combattere per la messa in funzione della struttura".
Gi da sola, questa affermazione smentisce diverse illazioni circa l'assenza e il silenzio della cultura saccense sulle vicende del Teatro. La cultura saccense non stata muta, giacch l'interesse popolare di oggi il frutto di una lotta contro chi proponeva la demolizione del Teatro o contro chi screditava il Teatro, manifestando pesanti dubbi ambientali. Il dibattito c' stato e, per lungo tempo, ha animato la citt. Solo tra i miei contributi posso ricordare diversi convegni, diversi dibattiti televisivi, oltre a a diversi articoli, in giornali locali e riviste specializzate ( "Giuseppe Samon a Sciacca", in "Una traccia una mostra una citt", Flaccovio Ed. 1981; "Interventi pubblici e iniziativa privata", in "Parametro" n.119, 1983; "Il Teatro regionale di Sciacca", in "Proposta" n.40/41, 1985; "Ricerca di un'idea di citt e di territorio", Flaccovio Ed., 1985; "Le Terme di Sciacca. Problemi di pianificazione urbanistica", in "La citt termale e il suo territorio", Congedo Ed. 1986; "Una citt da risignificare", in "Il Giornale di Sicilia", 1988; "Un sogno moderno nella citt che cambia", in "Le Terme di Sciacca", Ariete Ed. 1995).
A questo dibattito non hanno partecipato n contribuito quanti hanno lasciato la propria citt, non per necessit ma per tentare pi facili possibilit professionali a Milano -come l'articolista [Paolo Ferrara, n.d.r.]-, il quale, dopo lungo disinteresse, si presenta a Sciacca per fare intendere di poter risolvere tutto, come per magia.
2- L'articolista rileva che il buon senso della proposta si basa sulla considerazione secondo cui "la sola funzione del Teatro non potr mai garantire la sopravvivenza della struttura" e quindi propone che "la struttura attuale debba essere convertita polifunzionalmente".
Questa falsa affermazione dimostra la superficialit dei proponimenti, nella considerazione che il Teatro Popolare stato concepito ed gi una struttura polifunzionale: la struttura esistente, oltre a due sale per attivit teatrali, comprende la sala congressi, la sala convegni, la scuola di danza, la sala mostre, oltre alla sala prove e a tutti i relativi servizi.
3- L'articolista ritiene che, nella presentazione della proposta al Comune, io abbia frainteso il loro giudizio negativo sull'Urbanistica ma, per non polemizzare, esplicito semplicemente il mio pensiero rispetto al Teatro, dicendo che -dal punto di vista progettuale- il Teatro Regionale non ha bisogno di alcun progetto di architettura. Esiste gi il progetto Samon, che richiede solo l'aggiornamento dell'impiantistica in riferimento ai recenti progressi tecnologici. Il Teatro Regionale, invece, ha bisogno di un progetto urbanistico che costruisca un nuovo campo di interrelazioni urbane con la Villa Comunale, l'ex Convento di San Francesco, il Fondo San Bernardo, il Parco delle Terme e lo Stabilimento delle Terme.
4- L'articolista dice di non aver capito a cosa si riferisse il mio richiamo ai vaolri di identit urbana. Bene! Quando, alla domanda postami dall'articolista, io ho risposto dicendo che "l'identit tutto ci che rende diversa Caltabellotta da Sciacca, oppure un luogo da un altro, o una persona da un altra", intendevo difendere i valori culturali della citt,ossia difendere i caratteri distintivi che rendono riconoscibile e particolare Sciacca rispetto ad un'altra citt, ponendomi in opposizione alla loro proposta architettonica della citt di Sciacca e del suo territorio. Questo un valore gi acquisito, un valore del Teatro che non pu essere compromesso.
Pietro Alberto Piazza


29.10.2002 - Paolo GL Ferrara risponde
Ai Lettori.
Una premessa d'obbligo, perch questa mia risposta potr sembrare una reazione personale e d'orgoglio. Lo , indubbio, anche se forse non c'entra nulla con la critica d'architettura che, per assoluto diletto e non certo per professione, faccio su antithesi. Ma quando gli attacchi sono personali e non alle idee, non mi trattengo...e cerco di rispondere a tono. "Vantaggio a nessuno", si dice nel profondo sud...ed io da l vengo...

Risposta all'arch. Piazza
COMBATTERE LE IDEE, NON LE PERSONE
Ammirevole gesto quello dellArch. Pietro Alberto Piazza, che -pur avendo dovuto sprecare il suo tempo- ha voluto rispondere allarticolo Ranaulo a Sciacca per ridare vita a Samon, pubblicato sul n358 dellOtto e Mezzo e su antiTHeSi, nonostante le superficialit e le inesattezze da me espresse. Per tale sforzo, ringrazio lillustre collega (collega nel senso di architetto e non di articolista, sia chiaro). Ribadisco: sono rimasto sorpreso dellinteresse -finalizzato allazione- al problema da parte della cultura saccense, e non certo perch io nutra dei dubbi sul fatto che a Sciacca ci siano persone di vera cultura (Lei, arch.Piazza, ne uno dei rappresentanti, no?), ma solo ed esclusivamente perch, in venti anni di mia assenza da Sciacca, il teatro rimasto cos come lo lasciai e perch, innegabilmente, i saccensi ribadisco e sfido chiunque a smentirmi- hanno identificato in esso lo sperpero del denaro pubblico ed altroe ne erano talmente nauseati che avrebbero preferito abbatterlo (cosa contro la quale io mi sono sempre schierato). Dunque, venti anni sono passati ma -a quanto sembra-, nonostante gli sforzi che larch.Piazza ha fatto (vedi lungo elenco delle Sue pubblicazioni riportato nellarticolo) durante tutto questo tempo, i suoi dibattiti non sono per bastati per sbloccare la situazione. E anche vero che non ho partecipato ai dibattiti degli anni 80e me ne scuso con larch. Piazza ma, essendo io nato nel 1963, in quegli anni ero ancora studente a Milano. Ed proprio la mia permanenza a Milano che sembra rendere larch.Piazza pieno di acredine, portandolo ad uscire dal seminato e lanciandosi in un attacco personale, di cui non riesco a rintracciare i motivi, visto e considerato che non ci conosciamo neanche. Comunque sia, a Milano non ho trovato la bacchetta magica e, soprattutto, non mi sono nutrito della presunzione di poter risolvere i problemi dalloggi al domani. La proposta fatta con larch. Gianni Ranaulo ha le stesse prerogative, ben consapevole che certi problemi li risolve solo la volont politica. Ma io non faccio politica e non sono incaricati di alcunch da parte di amministrazioni varie. N sono legato da cordoni ombelicali con questo o quel politico, e n desidero farlo ora per il Teatro. E, soprattutto, non dico o commetto falsit: il problema del Samon non sta nel fatto che abbia o meno le destinazioni duso elencate dallarch.Piazza, bens nel come gestirle. E se, pur di metter in funzione la struttura, dovesse essere necessario suddividerla in pi funzioni, e farla gestire a pi imprenditori, ben venga. Il progetto da noi presentato trasformerebbe larchitettura di Samon solo virtualmente, di notte, sfruttandola e valorizzandola tramite proiezioni sulle diverse parti esterne. Di pi: la funzione teatro resterebbe prioritaria. Tutti concetti ben chiari a chi ha assistito alla presentazione di Ranaulo, ma non allarch.Piazza, poich arrivato a dibattito conclusoe non ha ascoltato e non ha potuto capire lo spirito della manifestazione. Il progetto ha fatto seguito al convegno dello scorso maggio e laverlo proposto non aveva alcun secondo fine se non quello di premere sullacceleratore della questione. E stata una presa di posizione provocatoria, che evidenziasse quanto limmobilismo sia deleterio. Ora, che il Teatro sia completato come lo aveva progettato Samon non potrebbe che farmi enorme piacere, visto il fatto che considero Samon uno dei pi grandi maestri del novecento, e che ho sempre assolutamente difeso lopera di Sciacca, cosa di cui, tra laltro, ho avuto modo di dibattere con Bruno Zevi. Per quanto riguarda -secondo quanto afferma larch. Piazza a proposito dell identit- il difendere i valori culturali della citt []difendere i caratteri distintivi che rendono riconoscibile e particolare Sciacca, credo sia un discorso assolutamente debole, dunque attaccabile. Domanda: l identit di Sciacca solo la zona del centro antico (dove, tra laltro c una eterogeneit di lingue architettoniche eccellente, il che esclude un unico indirizzo architettonico-spaziale; e qui potremmo aprire un lunghissimo contraddittorio) oppure anche quella dello scempio generale urbanistico/edilizio degli ultimi venticinque anni, che non altro che il risultato dellazione decisiva dellurbanistica dei retini e degli speculatori? Eppure, proprio Samon aveva messo in rilievo quanto fosse importante che architettura ed urbanistica tornassero ad essere un tuttuno. Nonostante ci, lillustre arch. Piazza ha ancora il coraggio di parlarmi di bisogno di un progetto urbanistico per la zona del Teatrofatto a posteriori (tutte le architetture elencate dal Piazza sono gi esistenti, cos come la parte paesaggistica). Per tornare ad essere una cosa seria, lurbanistica va esercitata parallelamente al progetto di architettura e non a posteriori. E larchitettura che deve qualificare il tessuto urbanistico, anche se ci non significa certo che si debba progettare in mancanza di pianificazione, bens parallelamente. Facile mettere i retini, tracciare strade e colorare di verde i disegni, stabilendo quantit, parametri, indici, vincoli, ma trascurando assolutamente che architettura occuper quei retini, se un vergognoso edificio o unarchitettura che sappia esprimere spazialit paesaggistica, preservando i valori dei luoghi ma dando loro nuova linfa con linserimento di architettura contemporanea. Vero, molto difficile lavorare alla reintegrazione tra edificio-citt-territorio, ma la vera ed unica strada per unUrbanistica realmete moderna. Se vogliamo fare un discorso serio su architettura/urbanistica, ben venga; viceversa, tutta aria fritta. Caro architetto Piazza, credo che Lei debba riflettere su parecchie cose e, soprattutto, informarsi su di me, tanto quanto dovrei fare io su di Lei:lelenco delle Sue pubblicazioni non altro che un messaggio tra le righe per i lettori e per larticolista per dire tu non sai chi sono io! (una volta lo apostrofarono a mio zio Franco Ferrara, e non Le dico cosa rispose). Non sono venuto a Sciacca per cercare di sciorinare preparazione, attivismo, superiorit culturale, tocchi magici o, tanto meno, sbavare dietro il Sindaco o gli Onorevoli, ovvero tutto ci che sidentifica con la vera superficialit dei proponimenti , cos come Lei definisce la mia azione di concerto con Ranaulo. Viceversa, se si mostra interesse per la propria citt, la cosa dovrebbe essere apprezzata, pi che dai cittadini, dai colleghi, i quali non ho mai attaccato professionalmente, reputandoli tanto degni quanto -se non pi- lo sono io di fare la professione di architetto. Rispetto che non ha mostrato Lei durante la presentazione del progetto di Ranaulo: arrivato al termine; ha preso la parola senza conoscere ci di cui si era discusso; mi ha aggredito verbalmente. Tra i Suoi chiarimenti ai Saccensi, questo non stato scritto. Che sia stata una magia (questa s !) e tutti i presenti abbiano come rimosso il Suo atteggiamento? Atteggiamento di attacco gratuito che si manifesta anche tra le righe della Sua risposta, tacciandomi di essere andato a Milano per cercare pi facili vie professionali e non per necessit (non ho capito?! dovevo chiederLe il permesso? Mi ha dovuto mantenere Lei?! cos sicuro che la mia via sia stata pi facile?). Pi che stupido, un tale attacco meschino ed offensivo, anche e soprattutto per la mia famiglia e per leducazione, lonest, letica che mi ha trasmesso. Almeno di questo, se ne vergogni e se ne scusi. Tra laltro, un tale accadimento mi fa pensare che Lei non conosca il pensiero di Bruno Zevi, la cui base era combattere le idee, non le persone, che fu la prima cosa che minsegn. Concludo qui il mio brevissimo rapporto con Lei attraverso le pagine di questo giornale, anche perch non ho alcuna voglia, oltre questa doverosa risposta, di trasformare unazione culturale in un gossip locale di faida tra un illustre architetto ed un articolista qualunque, che veramente a pochi potrebbe interessare. Sempre e comunque disponibile ad un dibattito pubblico, e che abbia come tema il fare cultura.

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