Delitti perfetti e riviste perfettibili

Controrivista

Delitti perfetti e riviste perfettibili


di Maurizio De Caro
19/1/2004

Il nuovo direttore di Domus bravo.
Perch l'incipit della rinnovata rivista solo apparentemente nascosto nella copertina,bens la parola scritta di un vecchio maestro a tracciare la linea editoriale con mirabile sintesi:tortuosit.
Come in un opera musicale contemporanea il compositore sapiente(Boeri) miscela armonie classiche ma, insoddisfatte del percorso originario, con sonorit nuove ma, lievemente timide, per raggiungere il risultato dell'overdose semantica che non accontentando nessuno stimola comunque tutti a tornare sul luogo del delitto.
Perch delitto/opera c' stato ed quello di lesa maest,finalmente una generazione(la mia) ha bisogno delle precedenti solo per mostrarle come ex-voto o santini ingialliti che rimandano ad una fede che ormai appunto tenero ricordo.
Boeri ha gi dunque vinto perch attraverso la sua tabula-rasa digitale, trans-mediale, inter-disciplinare ha riletto le confusioni artistiche degli anni '70 per ri-scriverle sul nuovo piano virtuale della post-architettura.
La maggior rivista italiana raggiunge in un solo numero il traguardo di essere al contempo la pi concreta e la pi teorica tra tutte le incartapecorite riviste/house-organ cimiteriali che scoloriscono mestamente negli scaffali delle librerie e delle edicole.
Dunque nel fil-rouge di cui parlava Paolo: Triennale, '68, De Carlo (il padre dello scrittore e modello della copertina), Price, Barcellona all-stars, R.I.P.per G.Valle, Naufraghi a Portopalo, la dolce giapponesina, Morrison, le villette milanesi, un luogo da thriller e l'artista messicano emergente.
Meglio di cos o se preferite:la fine del viaggio di un modello espositivo, la fine di un modello politico, la fine dell'architetto-politico-demiurgo, la fine dell'utopia, la fine della citt, la fine, la fine del viaggio, la fine del segno e cos via.
Allora per evitare di fare (anch'io) la corte al nostro caro Stefano ammettiamo per una volta che non vero che l'architettura italiana non abbia le idee chiare e anche quando c' tortuosit soltanto perch quel nuovo percorso cos deve essere: pagina spigolosa di un testo filosofico del settecento e dell'ottocento: difficile, colta, una fusione di discipline per parlare d'altro, sintetica e complessa.
Complessa, appunto, la volont di dire e dire e dire per ricominciare.
Oggi almeno dopo Ponti (e Bellini, per affetto) abbiamo qualcuno che capace di ascoltare anche i rumori di fondo di questa martoriata parte del pianeta (e del pianeta tout-court) e per altro trasforma questa insopportabile cacofonia in qualche cosa che assomiglia ad una partitura che dalle prime battute cominciamo ad apprezzare.
Anche la presenza del nostro amato Rem, in forma di fumetto o fotoromanzo, se preferite, ci invita ad una considerazione ulteriore: non sar che finalmente il pi grande architetto kantiano vivente sia giunto al delirio autocelebrativo e che il suo epigono italiano si stia affrancando per andare verno nuovi lidi e rotte pi solide? Chi ha tempo resista, ma per tutti l'invito al realismo, da oggi con la nuova Domus siamo meno soli.

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