Mario Galvagni - Poetica della complessit

Storia e Critica

Mario Galvagni - Poetica della complessit


di Sandro Lazier
29/6/2004

Scrivere dell'architettura di Mario Galvagni non facile perch si ha a che fare con un tipo di complessit che non quella orecchiabile dei modelli 3d renderizzati. Con Mario Galvagni si costretti a mettere in relazione il cosmo con i suoi effetti sulla biologia e psicologia, affrontando il tema della complessit in un modo che rischia di spingere il commentatore verso la pubblicazione di un triste mattone editoriale. Approfondendo la ricerca sull'autore ho percepito questo timore inizialmente, poi frequentemente, infine ne ho tratto una seria convinzione: di Galvagni si scritto poco, pochi lo hanno fatto in relazione all'importanza del personaggio, poco di lui si compreso data la complessit non solo dell'oggetto della sua ricerca, ma delle conoscenze e delle interazioni di carattere culturale che questa comporta.

Affrontare il tema della complessit senza essere "nebulosi e trascendenti" ma concreti e fondati scientificamente, pretende innanzitutto una scelta di campo filosofica che escluda a priori ogni forma di pensiero debole o postmoderno. Gi da solo questo compiuto filosofico pone Galvagni nell'area della "modernit" pi autentica, tuttavia senza cadute nell'ideologismo politico e di parte che indubbiamente hanno caratterizzato la cultura del presente. Modernit della quale l'aspetto ideologico ha funzionato come bersaglio principale (e probabilmente esclusivo) del pensiero postmoderno. In parole povere, intendo sostenere che i postmoderni non hanno attaccato le ricerche di Galvagni perch sarebbe mancato loro l'obiettivo ideologico di cui lo stesso sempre stato privo. La sua ricerca infatti, pur radicata nell'uomo e nello spazio, determinata da ragioni "necessarie" - quindi parallele rispetto al funzionalismo e all'utilitarismo caratteristici della modernit- ma deviano decisamente dalla deriva ideologica principalmente per due ragioni che in Galvagni sono ben chiare ed espresse.
La prima riguarda il concetto di necessit che, se ideologizzato e reso strumento della politica di parte, delega alla volont e alla coscienza degli individui gli obiettivi del proprio riscatto; se invece il necessario come concetto viene compreso nell'ambito della scienza, assume un valore oggettivo e determinato da cause esterne e inevitabili. Per la ricerca di Galvagni il necessario , come dice egli stesso: " in relazione alla natura antropizzata e alla stratificazione storica delle sue morfologie []impresso nella struttura di curvatura spaziotemporale=energia delle cellule e resta nel nostro patrimonio genetico. La cosa affascinante che tutto ci non necessario rendersene conto perch il corpo sociale nel vivere questa situazione in modo complessivo e totale, lo intuisce, lo percepisce. Motivo? Certamente correlato al patrimonio genetico di ognuno di noi."
Egli parla di morfologie, e qui sta la seconda ragione, parla di forme le quali non seguono meccanicamente le funzioni ma ne sono espressione e sintomo. Le forme, infatti, "non nascono dal nulla. Esse nascono dalla cultura morfologica dell'architetto. Senza di essa si copiano forme altrui o si producono le non forme. La cultura morfologica si acquisisce da un'applicazione conoscitiva che si pu conseguire con la pratica della ricerca pittorica e plastica. In alternativa, con l'ausilio di complesse indagini estetiche visive attuate con i mezzi fotografici e video elaborate, oggi, elettronicamente."
La forma per Galvagni in totale relazione e interrelazione con l'individuo, il mondo e il cosmo. Essa espressione e sostanza allo stesso tempo "a condizione che la forma sia intesa come totalit della connessione tra le componenti morfologiche del corpo sociale (lingua, dialetti, usi e costumi, comportamenti a tutti i livelli espressivi) e le componenti morfologiche del territorio locale (suolo, colture, costruzioni). Con questi significati si pu impostare l'indagine e la sperimentazione dell'idea architettonica."
La forma, per questo autore, ha inoltre una sua genesi spontanea ma non casuale: egli, infatti, parla di ecologia della forma definendola "libera invenzione del pensiero dell'uomo, [] una concezione interattiva, una disciplina, sedimentata nella storia, che le comunit hanno sempre applicato a livello anche inconscio ma che insita in ogni localit territoriale ed sempre esistita.
E' paragonabile ad una sorta di codice genetico di tutte le risorse utilizzate in modo interattivo dall'uomo per costruire il proprio ambiente di vita: da quelle materiali a quelle espressive comportamentali, da quelle tecniche e costruttive a quelle dell'arte.
E' soltanto nella nostra epoca che si tentato di dare alla concezione di Ecologia della Forma, che meglio si dovrebbe dire GestaltEcologia, una struttura logica e di costruire una sorta di insieme di regole di applicazione.
"
GestaltEcologia significa una totalit formale che sintesi di secoli di interazione dell'uomo con l'ambiente, in cui il termine totalit non significa somma di parti ma unicit indivisibile.


Appare evidente, a questo punto, come la ricerca di Galvagni anticipi e coincida con gli ultimi lavori neoespressionisti che hanno rappresentato la novit degli ultimi anni. Il neoespressionismo che pervade la ricerca di autori diversi (come Gehry o Eisenman, Pietil, Utzon, Renaudie, Behnisch, Hecker, ecc) trovano comune denominatore nel risultato formale che non mai somma di parti ma totalit, unicit, esperienza unica non riproducibile, cos come non lo un evento casuale, necessario motore di complessit.


Nel libro Poetica della Complessit (dal quale sono tratte tutte le citazioni riportate) Galvagni cos descrive il progetto di Casa Aristide Silva a Caldonazzo 1953-54: "Non pi la certezza della verticalit che porta al centro della terra, ma la propulsione dinamica delle diagonali, che analoga ad una forma di instabilit e di mutazione. Esattamente come i sentimenti di noi contemporanei. Infatti un capitolo a parte bisognerebbe dedicarlo ai rapporti umani rispetto alla nascita di ciascuna architettura, per cogliere la totalit della forma (Gestalt) dell'architettura. Aristide Silva aveva 54 anni, innamoratissimo della sua nuova compagna, mi scelse mediante un annuncio economico sul Corriere della Sera. Il suo slancio verso la nascita di questa architettura coincideva con la nascita di un amore."


La complessit, per Galvagni, tiene conto di tutto. Anche del pungolo emotivo di un cinquantenne innamorato. Questo rende grande il personaggio perch dimostra che ha sensibilit, conoscenze e attenzioni tali da comprendere che piccole mutazioni sanno produrre grandi cambiamenti. L'architettura deve molto a Mario Galvagni ma gli ha dato molto poco. Storia e critica hanno preferito accapigliarsi sui temi ideologici del razionalismo pro o contro e hanno dimenticato questo ricercatore intelligente e raffinato, capace di restare indifferente ai venti della politica e della partigianeria, per immergersi nella natura e nel suo linguaggio estremamente complesso e mutevole. Distante dai banchi della scuola e lontano da riviste e giornali stato volutamente trascurato.
E' quindi ora che critica e storiografia risarciscano questo grande autore italiano restituendogli lo spazio culturale che gli spetta.
In questo senso antiTHeSi onorata di ospitare un spazio virtuale dedicato a Mario Galvagni nel quale possibile dialogare con l'autore e scaricare gratuitamente il suo libro ->> Poetica della Complessit.



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