Sulla riforma dell'ordinamento professionale

Opinioni

Sulla riforma dell'ordinamento professionale


di Alberto Scarzella Mazzocchi
19/10/2006

Dopo trenta anni di blablaismi, il progetto di riforma dellOrdinamento Professionale sembra essere arrivato al dunque. Dopo lapprovazione del Decreto Legge Bersani infatti, sia la Margherita[1] che la Casa delle Libert[2] hanno reso pubblici i loro disegni di legge.
E arrivato quindi anche per i professionisti il momento dellinnovazione. Ma
C sempre un ma. In questo caso ben rappresentato dal grande business della formazione permanente; con corsi annuali di aggiornamento per i due milioni e mezzo di professionisti. Ma come garantire il proliferare di questo immane mercato? Rendendolo obbligatorio pena lestromissione forzata dal mercato del lavoro, tramite verifiche annuali della presenza ai corsi. Naturalmente non si parla mai del vile denaro ma di difesa dellinteresse pubblico cui offrire servizi di alta qualit in quanto prestati da professionisti in perenne fase di aggiornamento. E la verifica del reale livello di formazione viene affidato agli Ordini, guarda caso, gestiti da colleghi che operano allinterno dello stesso mercato del lavoro dei professionisti da controllare.
E noto per che la qualit gode di scarso interesse e che gli Ordini vantano un passato poco credibile. Non si pu scordare come la citt di Venezia abbia negato a F.L. Wright, a Le Corbusier e a Louis Kahn interventi edilizi che avrebbero lasciato il segno della nostra epoca nella storia di questa citt. Ed ancor pi difficile rimuovere il ricordo dei processi promossi contro un maestro dellarchitettura quale Carlo Scarpa. Non dalla citt ma proprio dallOrdine degli Architetti.
Tre sono state le denunce: nel 1956, nel 1959, nel 1963 ed un esposto nel 1964.
Cosa veniva imputato a Carlo Scarpa dallOrdine interprovinciale di Venezia, Belluno, Rovigo e Vicenza con sede premonitrice in San Marco, Palazzo delle Prigioni? Di aver conseguito, nel novembre del 1956, il premio nazionale di architettura Olivetti. Di fatto lo si rimproverava di essere stato giudicato un bravo architetto.
La cosa pi triste che nel gergo demenziale degli esposti, il Presidente dellOrdine si onorava, di esporre argomenti di questo tenore La rivista Architettura a firma di Bruno Zevi (pag. 318 del n. 6 dellagosto 1955), ne tesseva gli elogi definendolo uno dei rari artisti autentici del nostro paese, la cui attivit ha un valore didattico di primo piano. Costui che , ripetesi privo di alcuna laurea, osa addirittura presentarsi in pubblico a tenere conferenze sullarchitettura moderna.
LOrdine quindi, tramite il suo Presidente, negava credibilit alla critica ufficiale e si ergeva ad unico vero giudice del bello. Si legge infatti: che lo Scarpa abbia elaborato il progetto di restauro e di adattamento dei locali in Piazza S. Marco, sede dellufficio vendite dellOlivetti, risulta dal fascicolo 43 della Rivista Architettura direttore Bruno Zevi, uno dei pi grandi elettori e protettori del Carlo Scarpa a prescindere dalle esaltazioni, veramente impressionanti dellopera che viene avvicinata con riferimenti espliciti, a Michelangelo, al Palladio, al Wright, onde torna necessario una osservazione in ordine alla faciloneria di ogni critica darte, ove difetti la rigorosa identificazione dei confini del bello, e della stessa aggettivazioneDella stessa opera con altrettanta esagerata laudazione Carlo Raggianti scrive in Zodiac per illustrare lultimo lavoro di Carlo Scarpa architetto veneziano consideriamo larticolo come una miniera di superlativi e di immagini laudative buone per qualsiasi e comune ormai eloquio, osserviamo soltanto che illumina il reato dello Scarpa attraverso la sua pubblica fama di architetto
Dalla sentenza emergono queste informazioni:Interrogato dal Pretore lo Scarpa respinge laddebito relativo allabuso del titolo di architetto affermando invece con legittimo orgoglio di potersi fregiare dellappellativo di docente universitario per la cattedra di decorazione dellIstituto di Architettura di Venezia. In merito alladdebito di esercizio abusivo della professione, limputato ha giustificato la sua paradossale esclusione dallAlbo Professionale per effetto del congegno legislativo ( L.24.06,23 n.1195; R.D. 23.10.25 n. 2537) che istituendo gli Albi professionali ed imponendo conseguentemente lobbligo di iscrizione, dettava norme di carattere transitorio delle quali egli non pot utilmente giovarsi non avendo raggiunto nel 1926 lanzianit di 5 anni nellesercizio della professione.
Naturalmente c chi sostiene che Carlo Scarpa impersonifica la solita eccezione che conferma la regola. Potr essere vero. Ma il livello critico dei Presidenti dellOrdine Veneto lascia molto a desiderare e suscita gravi dubbi sulla volont di demandare a colleghi concorrenti, il giudizio sul livello dellaggiornamento professionale di un professionista.
Se un giudizio deve essere espresso, questo giudizio non pu essere formulato che da un coacervo di personalit super partes e di chiara fama. Ma prima occorrer anche stabilire cosa si intenda per qualit. Se di ordine estetico\culturale, solo la posterit potr esternare un giudizio definitivo in quanto lartista nelle sue opere precorre sempre il suo tempo. Se invece di livello tecnico\progettuale, al fine di garantire alla committenza che il prodotto finale avr le caratteristiche richieste e al costo preventivato, la richiesta assume un aspetto diverso ed accettabile. Ma questa garanzia, da decenni gi offerta, ad esempio in Francia, da polizze assicurative che proteggono il committente dagli eventuali errori progettuali o dal mancato rispetto di prescrizioni e norme che per devono essere certe e mai interpretabili.
Listituto dellAssicurazione seleziona meglio di qualsiasi verifica delegata ad un organismo di tipo professionale. Infatti dopo il primo errore il costo dellAssicurazione diviene proibitivo per il professionista e al secondo nessuna assicurazione provveder a rilasciare la polizza di garanzia.
Del resto non assolutamente condivisibile la cancellazione dall'Albo anche alla luce di quanto sancito dalla nostra Costituzione.
Art. 4 : La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Le proposte di Legge negano tale principio costituzionale e finiscono per isolare dal contesto sociale non solo il professionista radiato, ma tutta la sua famiglia.
Art. 35: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e lelevazione professionale dei lavoratori. Dunque, la formazione professionale, per quanto inalienabile eticamente, non deve essere imposta attraverso costrizioni che hanno quale prerogativa base l'essere vincolate a sanzioni che cancellano "...la tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni". Bisogna quindi lavorare sui significati del concetto di "formazione", non obbligando, ma stimolando ad accrescerla sempre di pi.
Detto ci, sarebbe curioso sapere se i nostri politici si direbbero favorevoli ad un articolo di Legge cos conformato: il professionista che assume il titolo di On. parlamentare, di sindaco o di Assessore viene cancellato dallAlbo per lintero periodo del suo mandato. Terminato il mandato stesso, volendo ritornare ad esercitare la professione, il suddetto ex politico dovrebbe obbligatoriamente frequentare tanti anni di corsi daggiornamento quanti quelli passati a svolgere politica attiva.

[1] clicca (http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/stampati/pdf/15PDL0007000.pdf)

[2] clicca(http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/stampati/pdf/15PDL0011990.pdf),

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