Rosa e il fiore di Gehry

Linguaggio Architettura

Rosa e il fiore di Gehry


di Paolo G.L. Ferrara
1/3/2007

Caro Ugo, la stronzata insita negli architetti.
Da sempre, la riconoscibilit della mano progettuale stata storia dellarchitettura.
Ora, la storia dellarchitettura, vista dalla tua ottica, piena di stronzate, posizione che si pu condividere, visibile com -da sempre- il mondo di opere riconducibili allautore attraverso il chiaro marchio di fabbrica.
Ma se la storia dellarchitettura piena di stronzate, quella della spazialit architettonica non pu esserlo, ed per questo che sento di darti ragione sulla questione che hai posto in Archit.
La differenza tra le due storie infatti sostanziale e non credo sia il caso di specificare il perch a chi ha coscienza dei significati dellarchitettura. Tu stesso cogli in pieno la cosa allorquando, identificando lopera di Gehry nel suo essere solo una pensilina, dici: L'albergo che ci sta dietro avrebbe potuto essere un miserabile contenitore prefabbricato e non sarebbe cambiato nulla. Ci sarebbe pur sempre stata la pensilina, fattore decisivo. Del resto provateci pure: potete applicare col pensiero questa pensilina ad uno qualunque degli edifici di cui pullulano le strade delle nostre citt. Il risultato non sarebbe diverso. Un coso (caserma, albergo, cesso pubblico, parcheggio o altro) progettato dal geometra Pertugi o dall'ingegner Batracomio con questa mise diventerebbe immediatamente soggetto da rivista.
E quel provateci pure che diventa la chiave di volta della questione, e che coinvolge appieno il fare della maggior parte degli architetti che, incapaci di pensare attraverso i significati spaziali, non si pongono minimamente il problema del fare architettonico e scopiazzano a destra e a manca, cavalcando londa della risonanza internazionale di questa o quella star.
Tra il "fare delle stronzate e lo scopiazzare non passa molta differenza, se non laggravante di chi scopiazza di amplificare la stronzata.
E innegabile che gli scopiazzatori abbiano imperversato durante la fase di crisi della modernit, a tal punto che di effetti Botta ed effetti Rossi pieno il territorio italiano. Si tratta di opere che non hanno alcun substrato critico, che si basano solo sul concetto dello smalto sul nulla. Giustappunto: la critica passata in secondo piano a partire dagli anni 80 del secolo scorso, forzatamente messa da parte da chi invocava luccisione dei padri, posizione alquanto aleatoria se vero che quei padri Tafuri e Zevi- occupavano un ruolo fondamentale per la crescita del fare architettonico, ciascuno a proprio modo ma entrambi indispensabili per gli architetti consapevoli della crisi della modernit e della necessit di superarla per potere rendere contemporanea la modernit stessa.
Senza la consapevolezza della assoluta necessit di una critica forte e decisa, sono proliferate le strornzate, architetture assolutamente identificabili con il concetto di smalto sul nulla tanto caro a Dal Co.
Devo confessarti che mi disturba molto sentire a destra e a manca che oggi la critica debole e sentirlo dire da chi critico si definisce e da tutti coloro che si credono di essere gli architetto/genio del nuovo secolo. Ma insomma, se la critica debole ci sar pure un motivo! E se c un motivo, cosa si aspetta a tirarlo fuori e risolvere il problema? O forse va bene cos? Va bene che, liberi da una critica vera e di contenuti, si possa imperversare sulle riviste e nei convegni, lasciando che, anche in questo caso, sia tutto smalto sul nulla?
Il tuo attacco a Gehry non lascia margine di difesa perch centra un punto fondamentale, ovvero quello della suddetta abissale differenza tra storia dellarchitettura e storia della spazialit architettonica, che larchitetto canadese sembra avere perso per strada.
Lo dimostra palesemente quanto dice lo stesso Gehry: "Volevo costruire qualcosa di eccitante e festoso, perch il vino piacere. Questa, in sintesi, la motivazione progettuale allopera, in verit molto labile se vero che le fluenti lamine in titanio sono elemento che parte pregnante di altre sue opere, non certamente nate per rappresentare il piacere del vino, come ad esempio- nel progetto del Guggenheim di New York. Vero, anche larte piacere, dunque le suddette lamine fluenti potrebbero essere esplicazione del piacere anche a New York, ma non questo il punto.
La vera crisi di Gehry, come accennato, sta nellavere accantonato i significati della ricerca spaziale per adagiarsi nella economicamente feconda stagione della rappresentazione dellimmagine.
Non infatti un caso che egli sia chiamato dappertutto a rappresentare quello che deve essere di lui riconoscibile, ovvero la stranezza della forma, e la sua crisi trova in questa idiota identificazione la sua irreversibilit poich si tratta della perdita della consapevolezza del ruolo che egli aveva assunto nella strada che poteva portare alla risoluzione della crisi della modernit.
Peccato davvero, perch la sua ricerca spaziale, oltre qualsiasi posizione critico/teorica personale si possa avere in merito, stata linfa vitale per uscire dalla impasse postmodernista ed era potenzialmente attrezzata per riallacciare la modernit alla storia della spazialit architettonica e proiettarla nella nostra contemporaneit.
Attenzione, perch quando parlo di ricerca spaziale non intendo assolutamente riferirmi al Decostruttivismo, elemento culturale assolutamente manipolato a piacimento sin dalla sua nascita, e non certo un caso che fu Philip Johnson a immatricolarlo tra gli stili, escludendolo cos automaticamente dallessere linguaggio, ovvero elemento pregnante del fare architettonico. Cos stando le cose, non si pu dare torto a Roger Kimball quando parla del decostruttivismo quale caricatura della modernit e non certo critica alla modernit.
Questa breve digressione sui significati del Decostruttivismo fondamentale per quello che intendo analizzare usando quale parametro il tuo scritto. Infatti, noto che Gehry viene identificato tra i decostruttivisti, cos come Eisenman, la Hadid e Libeskind, ma poco chiaro che tra di loro non vi alcun punto in comune se non lo si ricerca nella gi citata spettacolarit della forma.
E un gioco davvero pericoloso per, perch il fare architettonico, qualunque esso sia, non ha mai puntato alla ricerca formale: si sempre infatti distinto in ricerca funzionale e in ricerca spaziale. Del resto, presentando la mostra decostruttivista del 1988, lo stesso Johnson cadeva nellequivoco di fondo di parlare riferendosi alla forma: Tradizionalmente larchitetto ha cercato di produrre pura forma basata sullinviolabile integrit di figure geometriche semplici. Larchitetto evita che queste figure siano contaminate al fine di sostenere i valori culturali centrali della stabilit, dellarmonia, della sicurezza, del comfort, dellordine e dellunit. In questi progetti invece la forma pura stata contaminata [] La forma pura violentata ma non distrutta: questa unarchitettura di smembramento, dislocazione, piazzamento e distorsione, ma non di smantellamento o di demolizione.
Chiaro il riferimento continuo alla forma e lassoluta trascuratezza dei significati spaziali, il che escludeva a priori che la allora nuova generazione di architetti si ponesse il problema della risoluzione della crisi della modernit. Fu un vero pasticcio in perfetto stile Johnsoniano poich si pose laccento sul superamento della forma pura quale elemento base della modernit e non si fece alcuno sforzo per evidenziare quanto la stessa modernit avesse espresso architetti (Le Corbusier in primis) capaci di comprendere i significati spaziali necessari per lavorare nella (loro) contemporaneit.
Dunque, se si perde il senso del ruolo che si ha nellambito culturale, si perde del tutto il significato dellopera che si pensa e si costruisce. Gehry lo sta facendo, ed su tale convinzione che, rileggendo un mio scritto su Gehry del 1997, devo (a malincuore) ricredermi.
Scrivevo infatti del pericolo della sua commercializzazione ed affermavo con sicurezza che non sarebbe mai caduto in questa trappola: Gehry riuscir a sfuggire alla commercializzazione perch ci sono riusciti Michelangelo, Borromini, Wright; Gehry ci riuscir perch ai pi incomprensibile, quasi un matto formalista.
Ma Gehry non si mai prestato e mai si prester a diventare portabandiera della sponda opposta a quella degli accademici, dei megalomani dellarchetipo, dei riesumatori di cadaveri imbalsamati a posteriori. Gehry non caduto nella rete, non ha sfidato nessuno, non ha filosofeggiato e si sempre fatto fotografare sorridente, magari un po trasandato. Gehry sa che chi non simpegner a conoscere Michelangiolo, Borromini, Wright, mai e poi mai potr comprenderlo, imparare da lui e continuarne la sfida.

Mi riferivo apertamente alla ricerca spaziale, quella intrapresa sulla scia di Michelangelo, Borromini, Wright. Del resto, lo stesso Gehry parlava di Borromini quale suo riferimento principale e se vero che Borromini = spazialit allora la ricerca di Gehry non poteva che essere la medesima.
Oggi per, a fronte della sua innegabile riproposizione di immagini formali, non posso pi affermare quanto facevo dieci anni fa e, al contempo, prende sempre pi corpo quanto Eisenman dichiar nel 1999: L'opera di Gehry mi appare semplicemente come ripetizione dell'identico []Gehry occupa un settore molto interessante, ma solo la storia decider se i suoi lavori sono critici. Non voglio che i miei edifici siano ricordati come un Mont Saint Michel del futuro []Non voglio costruire monumenti ai sentimenti [] devi essere critico per trasgredire".
Il punto centrato: essere critici per trasgredire, ovvero comprendere i risvolti della propria azione attraverso la propria architettura.
La stronzata non dunque larchitettura costruita in s bens latteggiamento acritico rispetto quanto si desidera esprimere attraverso essa e la stronzata di Gehry sta tutta qui.
Ora per bene stabilire dei parametri di confronto, ovvero sottolineare quanto larchitettura abbia due codici di lettura: il primo quello degli addetti ai lavori; il secondo quello del grande pubblico, sicuramente neofita e spesso male educato ai significati dellarchitettura e indirizzato esclusivamente a connotarla quale stile.
C mica, secondo tale suddivisione, la possibilit che larchitettura di Gehry possa comunque essere elemento trainante per educare il pubblico?
La risposta difficile poich si rischia di cadere nel sillogismo pi pericoloso, ovvero quello di intendere larchitettura dimpatto formale quale soggetto educativo alla modernit per il grande pubblico neofita. Si rischia infatti di incitare ancora una volta- allo scopiazzamento di forme tanto quanto si fatto con colonne e capitelli, anche nella modalit della loro riduzione semantica attuata in nome di una modernit che legasse s stessa alla tradizione.
Detto ci, chiaro che non credo possa essere possibile connotare larchitettura sotto qualsiasi sua espressione- quale metodo educativo solo attraverso la sua espressione formale, men che meno quella di Gehry, cos facilmente scopiazzabile da tutti gli asserviti del computer, che non usano codesto mezzo ma si lasciano usare (del resto, Zevi diceva che s il computer avrebbe liberato gli architetti dal tecnigrafo, ma gli asini sarebbero comunque rimasti asini).
Luigi Prestinenza Puglisi ti ha risposto affermando che Gehry, con questa opera, fa il manierista di s stesso, ma una posizione poco condivisibile poich non si pu essere manieristi di s stessi: si pu solo essere ripetitivi e incapaci di dare linfa vitale alla propria ricerca senza mai perderne il filo conduttore. Del resto, solo per citarne una minima parte, personaggi quali Le Corbusier, Michelucci o Wright, capaci di comprendere i significati della contemporaneit in cui operarono, lo dimostrano appieno.
Il manierismo quello vero- proprio di chi apprende dai maestri, ne capisce i significati della ricerca, ne mette in crisi alcuni sviluppi e ne va oltre, non rinnegando ma innovando (che cosa ben diversa dal rinnovare).
La necessaria attenzione che si deve fare rispetto questo punto chiave mi porta a riflettere sul tuo rapporto con larchitettura che va oltre la staticit dello spazio, che non delimita spazio ma crea spazio. A questo proposito, nel tuo articolo hai preso prima cos come si suole dire nella nostra terra- ovvero hai anticipato le possibili obiezioni al tuo attacco: Sento gi l'obiezione dei cantori della fluidit in movimento: essere cio, codesta stronzata, non gi una pensilina ma "ben altro" (scultura, materiale in movimento, segno dei tempi, bellezza a passeggio, arte pura, cosa turca...). A costoro non si pu rispondere nulla; ed vero, non si pu rispondere nulla a chi identifica la ricerca spaziale in semplici definizioni (fluidit in movimento), dimostrando di non avere alcun tipo di conoscenza della storia della spazialit, di Borromini su tutti. Borromini: non fluidit in movimento bens spazio fluido che sposa le masse murarie e le dilata senza fare perdere loro la propria identit.
Partendo da questa certezza, resto perplesso leggendo Matteo Vercelloni su Interni che, a proposito del titanio rosa e oro usato nellhotel Marqus, lo descrive quale ...una pelle che abbraccia in un vorticoso sistema di superfici avvolgenti lintera struttura. Come dei grandi petali di un gigantesco fiore architettonico che spunta dal terreno.
Ne resto perplesso perch si tratta della perfetta definizione del nulla, quella che non va a fondo dei significati se mai ce ne fossero- dellopera ma ne descrive il suo essere esclusivamente forma, tanto vero che si prende a pretesto il fiore ed i suoi petali (ma quale tra i fiori?), esentandosi da qualsivoglia critica sui concetti informativi del progetto e reiterando laspetto esclusivamente spettacolare di un oggetto.
Caro Ugo, nonostante io non abbia il tuo stesso background culturale e, dunque, la mia posizione sui significati del fare architettonico sia certamente divergente la tua, non posso che condividere quanto dici, e lo faccio proprio perch ho coscienza di quanto sia pericoloso giocare con le forme, cosa che mi fa letteralmente incazzare allorquando gli studenti tendono a farlo. Dico sempre loro che il grande pericolo dellusare lo spazio quale materia costruttiva dellarchitettura quello di non capire cosa ci significhi e di scadere cos nel pi bieco formalismo.
La mia posizione culturale, assolutamente basata sulla certezza che larchitettura debba liberarsi dalla staticit, non pu prescindere dallavere consapevolezza che ci non significhi di certo combattere la staticit della forma, bens della spazialit. Di pi: avere questa consapevolezza mi pone in una posizione difficilissima e forse al di fuori della mia portata in quanto si devono, in primis, capire i significati della spazialit, che non sono certamente quelli della forma. E un po il falso problema della simmetria=staticit: cosa c, infatti, di pi dinamico delle architetture di Palladio o di Borromini ? Leggerle secondo i criteri della bidimensionalit significa inquadrarli nellambito della simmetria classicista; leggerli tri e quadridimensionalmente significa slegarli da essa e rendere la simmetria espressione di spazialit dinamica.
Traspare dalle tue parole lessere del tutto infastidito anche e soprattutto per come Gehry resti indifferente al luogo in cui cala le proprie opere e dunque alla trasformazione del luogo in contesto. Qui, oltre qualsiasi riferimento allo specifico di cui stiamo parlando, si dovrebbe aprire un discorso profondo e certamente complesso, talmente complesso che coinvolgerebbe tematiche importantissime per larchitettura intesa quale elemento assolutamente sinergico allurbanistica e alla paesaggistica.
Potrebbe essere questo il tema per proseguire il discorso e calarlo cos in un contesto pi ampio che aprirebbe altre prospettive alla critica dellopera di Gehry.
Ti abbraccio

...

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