A Modena, all’ex Foro Boario, in occasione del Festival dell’Architettura
poco tempo fa hanno allestito una serie di pannelli che riportano la performance,
con relativo punteggio, di un Super Mario Bros. in versione parietale,
facendoci tornare un poco indietro quando, attori più che spettatori,
si smanettava sulle prime console, tra le cassette di un Nintendo o di un Commodore
64. Su una parete poco distante han posto invece le immagini e il sonoro di
Monkey Island, videogame in cui ci si ritrovava, per la prima volta,
a partecipare ad una storia narrata e in cui il paesaggio diventava scenario
di persone, oggetti e strutture architettoniche. Così, se il contemporaneo
playtime sembra andare di pari passo con una comunità che, nello
stesso tempo e in diversi luoghi, restituisce on line un concetto di collettività
negato dalla realtà, i futuribili paesaggi digitali si realizzeranno
nell’uso di cuffie oculari e nell’interattività di una tuta
intelligente. Riflettendo sulla dimensione ludica di questo digital space,
si approda allora e non senza difficoltà, al concetto bistrattato di
paesaggio. Riconosciuto dai soggetti partecipanti – perché proprio
lì sta la sua definizione, nell’essere paesaggio di cultura prima
ancora che natura – il paesaggio dei videogames è ormai un immaginario
fatto di estetiche ed esperienze, capace di rappresentare “una sovrastruttura
condivisa dalle nuove generazioni e fertile nel loro approccio alla lettura,
alla decifrazione, all’interpretazione e in ultima analisi alla progettazione
del paesaggio reale”(1) . Nella stessa città,
alla Galleria Civica e fino ai primi di gennaio, Marco De Michelis, docente
di Storia dell’architettura allo IUAV di Venezia oltre che alla Columbia
University, è stato chiamato a curare l’allestimento modenese
Il sublime è ora. Il tema, indagato attraverso la fotografia e il
video, nell’opera dell’olandese Guido van der Werve inseguito da
un’enorme nave rompighiaccio, come in quella di Tacita Dean e del suo
sonoro di “ricostruzione” della Spiral Jetty di Robert Smithson,
si propone attraverso una concezione fortemente esperita. Paesaggio ludico e
paesaggio sensibile. Paesaggi, forse, confrontabili. E se la ricerca esposta
a Modena, Il Paesaggio e il suo Doppio. Da Pac Man a Second Life, si
sostiene su alcuni interventi tra cui quello di Livio Sacchi – curatore
qualche anno fa per Skira di Architettura e cultura digitale –
e Gillo Dorfles – chiamato a ragionare sul virtuale e sulla sua estetica
– alla Galleria Civica sono le parole di Franco Rella sulle figure del
limite a cercare di intendere, nella contemporaneità, il concetto di
sublime. E allora, confrontando i due allestimenti, viene da porsi degli interrogativi,
qui solo anticipati: è possibile che, all’interno di una condizione
di virtuale (architettonico) così largamente desiderato, si realizzi
l’estraneità di alcuni concetti chiave legati alla definizione
di paesaggio – il sublime ad esempio – e, per contro, attraverso
strumenti di progettazione che sembrano prendere a piene mani dalla grafica
d’intrattenimento, si finisca per produrre una sorta di estraneità
al concetto di paesaggio? Travalicando Pac Man e approdando a Second Life il
paesaggio digitale si contraddistingue spesso per “un certo surrealismo
e un diffuso citazionismo di matrice postmoderna” oltre che per “una
forte caratterizzazione identitaria legata alla narrazione e al tipo di ambientazione
storica cui ci si riferisce”(2) . Iper-realtà,
per dirla con Dorfles(3) , in cui la riduzione delle
cose e soprattutto del paesaggio non può che portare ad un vocabolario
kitsch, in cui perdere e annullare definitivamente la forma architettonica.
Iper-realtà e iper-luoghi (facendo il verso ai non-luoghi di augeriana
memoria) in cui ci si ritrova ad essere concentrati tra ipermercati e aeroporti.
Realtà fittizia eppure sempre più reality. Sembra che il paesaggio
virtuale, rifacendosi alla realtà, finisca per riproporne non solo gli
aspetti positivi ma anche quelli negativi. Chissà che un giorno non ci
si ritrovi tra conferenze e giornate di studio sulla tutela di un paesaggio
(digitale) ormai squadernato.
(1) - MODENA E., Il Paesaggio e il suo Doppio. Da Pac Man
a Second Life, in Pubblico Paesaggio, catalogo della mostra, Festival dell’Architettura,
Parma, Reggio Emilia, Modena 2008.
(2) - E. MODENA, Iconografie ed estetiche dell’immagine digitale.
Il paesaggio nell’epoca della sua riproducibilità tecnica,
in Pubblico Paesaggio, op. cit., p. 301.
(3) - DORFLES G., Estetica del virtuale, in Pubblico Paesaggio,
op. cit., p. 445. |