Berlusconi e il Piano Casa per chi ce lha gi

Storia e Critica

Berlusconi e il Piano Casa per chi ce lha gi


di Teresa Cannarozzo
22/3/2009

Il 7 marzo 2009 si apprende dai media che il Presidente del Consiglio sta ideando un nuovo Piano Casa che manda in soffitta le previsioni precedenti contenute nella finanziaria del suo governo (l. 133 del 6.08.2008, Art. 11 Piano Casa). Berlusconi comunica trionfalmente di avere messo in cantiere un decreto legge che sar denominato Misure urgenti per il rilancio delleconomia attraverso la ripresa delle attivit imprenditoriali edili, chiamato in maniera abbastanza impropria Piano Casa. Una proposta che tutta lEuropa vuole copiare.
Sono scaturite furiose polemiche ma anche preoccupanti consensi come quello di Nomisma, formulato con una visione economicistica, abbastanza deludente.
Si tratta di una iniziativa deflagrante che, se andr in porto cos come annunciato, seppellir per sempre i principi e le regole dellurbanistica che hanno sempre avuto il fine di mediare linteresse privato e linteresse pubblico e spegner definitivamente la speranza di riqualificare citt e aree metropolitane, di salvaguardare il paesaggio, di recuperare i centri storici e le periferie pubbliche: di prevedere in sintesi lo sviluppo sostenibile e la modernizzazione del paese in armonia con lidentit storica e culturale della nazione. Perch in una fase storica in cui perfino gli Stati Uniti sono addivenuti ad aderire a principi di sostenibilit climatica, energetica e ambientale, le idee del Presidente del Consiglio sono ispirate alla deregulation pi totale e minano alle fondamenta listituto della pianificazione urbanistica che lunico in grado di mettere a sistema luso delle risorse e le necessit degli insediamenti umani.
Dalla bozza del decreto fin qui pubblicizzata emerge una visione miope, arretrata, privatistica e anarcoide dellattivit edilizia, emerge una assoluta mancanza di considerazione del rapporto tra abitanti, attrezzature, servizi e sistemi insediativi. Infatti uno dei principi cardine della pianificazione urbanistica (Decreto Interministeriale 1444 del 1968) la regola che ad ogni abitante insediato debba corrispondere uno standard di attrezzature pubbliche: scuole, verde parcheggi, attrezzature comuni. Cos come se si impianta o si ingrandisce una attivit produttiva (industria o centro commerciale) deve essere prevista una quantit adeguata di parcheggi. Emerge una candida ignoranza di queste regole elementari, che andrebbero applicate per gestire la complessit e lequilibrio delle strutture territoriali e urbane, ritenute invece aree trasformabili a proprio piacimento.
Il provvedimento, finalizzato a rilanciare lattivit edilizia, propone infatti che, in deroga agli strumenti urbanistici, ognuno possa ampliare il volume della propria abitazione del 20%; nel caso di edifici non residenziali (fabbriche, capannoni industriali, centri commerciali) si prevede invece laumento del 20% della superficie. Nel caso di demolizione e ricostruzione gli aumenti di volumetria e di superficie possono arrivare al 35% a condizione che siano utilizzate tecniche costruttive di bioedilizia o di fonti di energia rinnovabile o di risparmio delle risorse idriche e potabili". Nellindecenza pi totale una foglia di fico in direzione della sostenibilit.
Gli aumenti di volumetria sono stati finora consentiti negli strumenti urbanistici tradizionali, a certe condizioni, perfino in Sicilia. La novit rovinosa e inaccettabile che tutto questo sia possibile in deroga ai piani regolatori comunali, sulla base di esigenze solo privatistiche, al di fuori da qualunque controllo pubblico.
Infatti la procedura proposta prevede che tali iniziative si attuino attraverso una semplice dichiarazione di inizio di attivit inoltrata da un tecnico, senza prevedere, pare, sanzioni per dichiarazioni mendaci.
Lo scenario prevedibile quello di una crescita di bubboni ed escrescenze verticali e orizzontali, in tutto ledificato, costituito prevalentemente dagli agglomerati di case unifamiliari (lottizzazioni di ville e villette), spesso costruite a ridosso le une dalle altre, intervallate da spazi liberi di dimensioni minime. Lingrandimento della abitazione o della fabbrichetta o del centro commerciale potr piacere ai molti che potranno sostenere i relativi costi, ma potrebbe dispiacere ai vicini e ai confinanti. Per non dire del conseguente sottodimensionamento delle attrezzature di pertinenza, come il verde e i parcheggi.
Per quanto riguarda i condomini, lo scenario invece quello della chiusura indiscriminata di terrazze e balconi, con i materiali pi diversi (tra cui primegger lalluminio anodizzato a basso costo) secondo il modello delle metropoli del terzo mondo. Ma con un po di fantasia, che non manca ad alcuni architetti, si potrebbero incastrare anche nei piani alti (come si faceva prima per realizzare servizi igienici e cucine nelle case medioevali) volumi a sbalzo, aggiungere ramificazioni coralline, innalzare selve di torrini. Naturalmente, nel rispetto, autocertificato della stabilit degli edifici.
Per quanto riguarda la demolizione e la ricostruzione con ampliamento, nel caso degli edifici condominiali, lipotesi sembra poco praticabile, sia per i costi, sia per la presenza di abitanti che non saprebbero dove andare. Certo, nel caso di edifici residenziali abitati in affitto, la propriet potrebbe decidere di mandare via gli inquilini e avere mani libere per demolire e ingrandire. La cacciata degli inquilini che gi avvenuta con la vendita del patrimonio residenziale pubblico di propriet degli enti e che avviene in alcuni centri storici, che presentano processi di valorizzazione immobiliare, aggraverebbe il disagio abitativo delle fasce sociali pi deboli.
La bozza del decreto prevede anche la liberalizzazione della modifica della destinazione duso degli edifici nel rispetto della normativa relativa alla stabilit degli edifici e di ogni altra normativa tecnica, nonch delle distanze e delle disposizioni del codice civile e delle leggi speciali a tutela dei diritti dei terzi. Il mutamento, in tutto o in parte, della destinazione duso e possibile anche senza opere edilizie.
Non chiaro finora se ci saranno ambiti urbani e territoriali esclusi da questa frenetica attivit di intasamento edilizio, come per es. i centri storici o gli edifici vincolati come beni monumentali.
In ultimo, rimane il problema delle cornici legislative appropriate. Il Presidente del Consiglio ha confermato il proposito di procedere con decreto-legge, bench sia ben consapevole che il provvedimento attiene ad una materia, il governo del territorio, indicata dalla riforma del titolo V della Costituzione (2001) come legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Ci significa che la potest legislativa dello Stato nella materia del governo del territorio limitata alla determinazione dei principi fondamentali; principi che avrebbero dovuto essere enunciati in una legge nazionale di riforma organica che si aspetta dal 1942. E francamente non sembra che i contenuti della bozza del decreto legge siano spacciabili per principi fondamentali di interesse nazionale; n sembra appropriata la decretazione di necessit e urgenza. Ma il Presidente del Consiglio trover sicuramente il modo di superare tutto quello che ostacola i suoi obiettivi. Anche per non deludere lEuropa.
Naturalmente queste proposte dissennate vellicano gli egoismi e gli individualismi largamente diffusi nella nazione, annichiliscono linteresse pubblico e non danno nessuna risposta al problema sociale del fabbisogno abitativo, che si materializza nei disagi di migliaia di famiglie che non riescono a trovare una casa in affitto a prezzi sostenibili, nelle difficolt delle giovani coppie in regime di lavoro precario ad accendere un mutuo per lacquisto della prima casa, etc.
Si tratta insomma di misure a favore di un segmento sociale, economicamente dotato, in grado di migliorare (si fa per dire) la propria condizione abitativa, la propria attivit produttiva. Ma certo non si tratta di dare la casa a chi non ce lha.
LItalia avrebbe bisogno di ben altro: innovazione e infrastrutturazione delle citt e delle aree metropolitane, reti efficienti di trasporto pubblico su ferro, recupero e riqualificazione dei centri storici e delle periferie pubbliche, tutela attiva del paesaggio e del territorio storico, coesione e integrazione sociale attraverso serie politiche di social housing. Prima di sprofondare nel terzo mondo.

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