Sicilia, ottobre 2009.
L’ennesimo, tragico, paradossale gioco delle parti. Alle prime dichiarazioni
dei sopravvissuti della frana che tutto ha travolto, portandosi dietro fango e
distruzione lungo le fiumare dei centri abitati del Messinese, di quei poveri
sopravvissuti che parlavano di “disastro annunciato”, si
sono, ora dopo ora, aggiunte quelle di politici, amministratori e tecnici che
ripropongono lo stesso tema: “Si sapeva, la strage si poteva evitare”.
Lo confermano i resoconti che, dopo l’alluvione di due anni fa, passata
senza vittime, i tecnici della protezione civile avevano presentato alla Procura
della Repubblica: “La causa scatenante le forti alluvioni è stata
certamente l’elevata intensità di eventi meteorici, ma non può
non essere presa in considerazione la leggerezza di alcune scelte territoriali,
che si sono rilevate determinanti negli effetti provocati dal dissesto idrogeologico.
Scelte che hanno fatto sì che il degrado dei corsi idrici del Messinese
diventasse un fenomeno ormai generalizzato e diffuso, capace di provocare un vero
e proprio disastro”. Ciò che sconcerta, allora, è il
fatto che gli stessi artefici e in qualche modo responsabili di questo disastro
annunciato, scarichino adesso le responsabilità l’un l’altro,
come se nel frattempo fossero stati da qualche altra parte a fare altro, anziché
gli amministratori. Il sindaco dei Messina, Giuseppe Buzzanca, che ricorda di
essere da appena quindici mesi a capo dell’Amministrazione comunale, e dimentica
che per dieci anni ha ricoperto la poltrona di presidente della Provincia. Il
governatore della Regione, Raffaele Lombardo, che soltanto ora parla di “crimini
per demolizioni mancate” e che è il primo firmatario di uno
sconcertante disegno di legge sul Piano casa siciliano, adesso velocemente ritirato,
“congelato”. Non un “piano casa”, ma
un “condono preventivo” – diciamo noi di Italia Nostra
– che viola il diritto comunitario ed è costituzionalmente illegittimo.
Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che lamenta il ricorso
ai condoni edilizi e i tagli ai fondi per la difesa del suolo, avendo in entrambi
i casi preso parte alle riunioni di Consiglio dei ministri che li ha permessi.
Sino ad arrivare al premier Silvio Berlusconi che, scaricando di fatto la responsabilità
su chi non ha agito di conseguenza, candidamente ammette: “Era stato
previsto con anticipo: tutto era stato previsto, era stato previsto che si sarebbero
verificate delle situazioni critiche in queste zone. Avevamo dato avviso per tempo”.
Tutte affermazioni che, in un Paese normale, sarebbero seguite da immediate dimissioni
da parte dei responsabili. A tutti i livelli.
Ma, noi non abitiamo in un Paese normale: tanto che, nonostante vi siano ancora
alcuni dispersi sotto il fango e le macerie, si afferma senza alcun pudore che,
nonostante sia nota la situazione di gravità che affligge non solo la Sicilia
ma tutto il territorio italiano, non ci sono risorse economico-finanziarie per
metterlo in sicurezza. Mentre non mancano, a quanto pare, risorse economico-finanziarie,
per mandare avanti opere faraoniche come il ponte sullo Stretto. Lo ha affermato
il ministro delle Infrastrutture e trasporti, Altero Matteoli: “Conosco
abbastanza bene il problema dell’assetto idrogeologico del nostro Paese
– ha detto Matteoli. “Per metterlo in sicurezza ci vogliono
35 miliardi, ma non ce li abbiamo”. Però, ha assicurato che
il ponte sullo Stretto si farà, asserendo che se le opere collaterali alla
realizzazione del ponte vero e proprio fossero già avviate, con le “migliorie
al territorio previste” forse “il disastro del Messinese
sarebbe stato inferiore”. Una dichiarazione, quella del ministro Matteoli,
seguita alle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che aveva
sollecitato “un piano serio che investa, piuttosto che su opere faraoniche,
sulla garanzia e sicurezza”, rilevando come vi sia “una situazione
di diffuso disseto idrogeologico in parte causato dall’abusivismo, a Messina
e in molte altre parti d’Italia”. L’attuale ministro delle
Infrastrutture ha ineffabilmente commentato, dicendo: “Io non mi permetto
di polemizzare col capo dello Stato, però voglio chiedere: cosa c’entra
il ponte di Messina?”. Certo è – diciamo noi – che
di vero e di concreto, per la realizzazione di questa inutile e faraonica opera,
ci sono solo i finanziamenti pubblici di 1,3 miliardi di euro stanziati dal Cipe.
Fondi che, invece, dovrebbero immediatamente essere destinati alle necessarie
opere di messa in sicurezza delle due aree dello Stretto. Così come altre
risorse dello Stato destinate ad opere infrastrutturali, considerate prioritarie,
potrebbero andare a costituire un fondo per mettere mano a quella che si palesa
davvero come la vera priorità del Paese: la tutela, la messa in sicurezza
del territorio. Forse non si arriverà ai 35 miliardi ritenuti necessari
da Matteoli, o ai 25 richiesti da Guido Bertolaso (considerati una “provocazione”
dal premier Berlusconi) ma, senza dubbio, saranno meno dello “zero euro
in cassa”, che ha confermato il ministro Prestigiacomo per il 2010.
Tra l’altro, il parere che il ponte sullo Stretto rimanga una priorità,
sembra sostenuto ormai dal solo ministro Matteoli, considerato che anche da Confindustria
arriva un ulteriore no alla mega infrastruttura: “Secondo noi non è
la priorità” – ha dichiarato la presidente Emma Marcegaglia.
“Abbiamo bisogno prima di tutto di mettere in sicurezza il territorio
– ha osservato la Marcegaglia a margine dell'Assemblea annuale degli industriali
di Pavia – perché ci sono continui e preoccupanti casi ambientali,
ma occorrono anche piccole opere, necessarie per dare più efficienza al
sistema infrastrutturale e logistico italiano”.
Ci chiediamo: ha senso parlare di “tragedie annunciate” in
un Paese come l’Italia che, negli ultimi novant’anni, ha registrato
oltre 5.000 grandi alluvioni e 12.000 frane? In media, un episodio ogni giorno
e mezzo. In soli cinquant’anni, i fenomeni naturali hanno provocato circa
3.500 morti, mediamente 7 morti al mese. Così stima una recente ricerca
dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni. In Sicilia, il 70 per
cento del territorio è ad alto rischio. Il presidente della Regione Sicilia
Raffaele Lombardo, a seguito dei drammatici eventi dei giorni scorsi, ha espresso
l’intenzione di adottare un atteggiamento intransigente verso l’abusivismo
e di porre in essere interventi seri ed efficaci per ridurre il dissesto idrogeologico.
Lombardo ha anche proclamato che intende “congelare” il Piano
casa siciliano. Ma che vuol dire “congelare”? La consueta,
sconcertante ambiguità del potere politico, in attesa di tempi migliori?
E comunque, non pochi malumori hanno manifestato i deputati regionali di Palazzo
dei Normanni, a seguito delle recenti dichiarazioni del governatore della Sicilia.
Noi, in conseguenza di quanto accaduto, non solo di recente, non possiamo non
chiedere al Governo regionale un atto di responsabilità: la Sicilia rinunci
ad approvare un Piano casa che prevede un rilevantissimo e scriteriato aumento
delle cubature edilizie e di consumo di suolo, in una realtà già
pesantemente pregiudicata. Una realtà in cui l’80 per cento dei comuni
è a rischio di dissesto idrogeologico. La Sicilia non ha certo bisogno
di un ulteriori costruzioni, ma di un grande progetto di riqualificazione del
territorio, che preveda la liberazione delle aste e delle foci fluviali dal troppo
cemento che le ha invase, delocalizzando – laddove è necessario –
gli edifici e le infrastrutture dalle aree più vulnerabili, consolidando
i versanti delle montagne e delle colline con interventi di rinaturazione e rimboschimento.
Tutto questo si può fare. Deve essere fatto. Senza perdere altro tempo.
A Giampilieri (Messina) si è ripetuto – in modo più eclatante,
con risultati più tragici – quello che era accaduto due anni fa,
quando, fortunatamente, non ci furono morti. Inesorabilmente, alla prime piogge
autunnali di quest’anno, il territorio messinese ha mostrato tutta la sua
fragilità con conseguenze pesantissime, stavolta anche in termini di vite
umane. Negli ultimi anni questo territorio è stato offeso, violentato da
un’urbanizzazione aggressiva e dissennata, che ha stravolto i delicati equilibri
ambientali e paesaggistici. Numerose sono le inchieste della magistratura che
riguardano abusi e speculazioni edilizie perpetrate in aree torrentizie. Noi di
Italia Nostra ribadiamo quanto detto in altre occasioni. È necessaria una
svolta – seria, concreta, efficace – nella gestione del territorio,
che ridia ruolo e valore agli strumenti di pianificazione urbanistica e paesaggistica
e li impronti a criteri di tutela, equilibrio, sostenibilità ambientale.
E’ necessaria una svolta anche nelle politiche di protezione civile, che
devono prevedere anche efficaci e tempestive azioni di prevenzione. Ovviamente,
per realizzare tutto questo, occorrono politici e amministratori seri e responsabili,
capaci di gestire, governare la complessità. Capaci di pensare, programmare
e attuare uno sviluppo equo e sostenibile dell’Isola. Politici e amministratori
capaci di coniugare passato, presente e futuro; tutela e innovazione. |
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