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          | 27 | commenti 
            all'articolo: Sopprimere le Commissioni edilizie di Sandro Lazier |  
 
 
         
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                    Caro Lazier, ma lei sfonda una porta aperta. Pennacchi dice chiaramente che Mussolini non avrebbe voluto citt perch voleva ruralizzare, e nell'agro pontino voleva solo costruire dei presidi di carattere funzionale allo scopo della bonifica e per garantire la distribuzione di merci e materiali per le popolazioni insediate. Ma, una volta visti i primi risultati e i loro successi, si convinse, probabilmente perch ne vide l'aspetto propagandistico. Non c' dubbio che Mussolini sia stato il primo che ha capito l'importanza della propaganda attraverso i vari canali "moderni", quali radio, cinema e la cultura. Insomma, un Veltroni ante-litteram. MA questo, mi perdoni, dimostra intelligenza e basta. Non mi faccia prendere le difese di Mussolini di cui non mi frega niente e che non mi ha mai nemmeno intrigato in nessun senso. Ma negare l'evidenza sarebbe come dire che Stalin fosse un imbecille: tutto, ma non un imbecille.
 Ma a noi non interessano mica le intenzioni del duce o del regime, a noi interessano i risultati. E i risultati sono straordinari per la bonifica e buoni e qualche volta ottimi per l'urbanistica e l'architettura.
 Quanto a Pagano e agli altri, Pennacchi non menziona l'arrivismo, o almeno non in senso negativo; parla solo, molto realisticamente, e se lei fa il professionista come credo capir, di normale, umano, sano desiderio di affermazione professionale.
 Non sar mica un atteggiamento riprovevole voler emergere e se possibile eccellere! Non  di questo che si parla in quel brano n nel libro. Si parla di una storia diversa, raccontata in maniera piacevole e molto documentata, che cozza per contro la retorica ufficiale antifascista di cui ormai hanno tutti piene le scatole. Poi potr non piacere l'architettura del periodo, ma il giudizio non pu essere partigiano fino al punto di negare la realt e di dividere il mondo in maniera manichea tra i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, quando poi, alla fine, stavano tutti dalla stessa parte. Almeno fino al momento drammatico delle leggi razziali.
 Allora che dire di Le Corbusier, lui s arrivista veramente, che blandisce tutte le dittature del periodo, da quella comunista a quella fascista? C' una sua lettera in cui implora un incontro con Mussolini per convincerlo alla nuova architettura (la sua, ovviamente). Questo  arrivismo di bassa lega non quello di chi si riunisce  in un gruppo, di pi giovani, per cercare di prevalere sul gruppo meglio piazzato, di pi vecchi! Lecito attaccare, lecito difendersi, mi sembra ovvio.
 Quanto a Pagano, nel pezzo che lei riporta, scrive una cosa abbastanza "fascista": lui vuole convincere il duce a "un'arte di stato". Razionalista, ma non importa questo. Quindi chi  senza peccato scagli la prima pietra. Con queste premesse, se Pagano fosse stato in una commissione edilizia, allora s che sarebbero stati cavoli amari! Altro che libera espressione dell'architetto!
 Saluti
 
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                      | 31/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini: |   
                      | Vorrei ripetere per chiarezza, altrimenti si rischia di perdere il senso delle cose che stiamo dicendo: 1  ho citato criticamente il primato della propaganda fascista a conforto della tesi che il fascismo utilizzasse temporaneamente i concetti del razionalismo per fini esclusivamente promozionali. Il regime non avrebbe mai condiviso fino in fondo i concetti del razionalismo traducendoli in realt sociale; sapendo, oltretutto, che provenivano dalla democratica e disprezzatissima repubblica di Weimar. Dallideale razionalista (sostanzialmente democratico e socialista) e dallefficacia del suo messaggio, appena ne percep il pericolo, il fascismo prese immediatamente le distanze. Non tacci questarte, come invece fecero nazismo e comunismo, dessere corrotta e degenerata ma, nel nostro paese, questa fu subito messa in soggezione dal modello di romanit che il regime intendeva invece promuovere e vantare orgogliosamente come proprio.
 Il risultato  quello che definiamo stile littorio, dove la razionalit sta nellassenza di stilemi, decorazioni e ornati e nella banalizzazione geometrica di colonnati, arcate e altri elementi della tradizione architettonica arcaica, mantenendo intatto limpianto spaziale monumentale. Il razionalismo (e le sue varianti; gli -ismi dinizio secolo sono molteplici) svuotato della sua istanza ribelle per eccellenza, ovvero la concezione spaziale antiscatolare, antimonumentale, particolarmente critica verso la fatalit dellidealismo storicista che vorrebbe invece luomo soggiogato ad essa, diventa ornamentale e mansueto, incapace finalmente di comunicare unidea di cambiamento sostanziale delle ragioni dellesistenza e delle classi sociali che la esperiscono.
 Fortunatamente, sfumate nel clamore delle pompose fanfare dellarchitettura imperiale, qualche genio, come Terragni, seppure in questo clima reazionario e con non poche difficolt, riusc a concepire opere di grandissima libert spaziale, la cui portata rivoluzionaria probabilmente non fu giudicata dalla censura con la dovuta attenzione.
 
 2- Non stavano tutti dalla stessa parte. Pagano, come Le Corbusier, avevano ben chiara la portata rivoluzionaria e lesito profondamente democratico dellarchitettura che proponeva. Non promuoveva s stesso ma la sua architettura. Non era un farsi largo per vanit od orgoglio personale. Cera qualcosa di pi. Rompere le scatole, anche in senso architettonico, alleggerire i volumi e smembrare i piani, disallineare finestre e pilastri, liberare i vani dalla dittatura della struttura muraria, fino a giungere allequilibrio precario dei fabbricati e alla loro decostruzione, sono metafore della precariet e insieme solidit dei fragili sistemi democratici, ai quali, per sopravvivere, serve un minimo di disordine e confusione. Larchitettura dei monumenti  statica, grevemente inerme, rigida e poco disposta alla trasformazione, triste e malinconica, finalmente mortifera; larchitettura degli anti-monumenti  flessibile, leggera, dinamica, viva e fondamentalmente felice. Questi pensieri sono anche quelli che presiedono alla mia attivit professionale, prima della vanit, dellorgoglio e del tornaconto. Anchio, come Pagano allora, cerco oggi di convincere le amministrazioni, di destra o di sinistra, a usare larchitettura in cui credo, ma non per questo devo sentirmi minimamente fascista.
 
 Ps: - Sono un organico, particolarmente critico verso il razionalismo, soprattutto quello di bocca buona della speculazione edilizia.  Ma, in questo caso, devo difenderne le ragioni e lo faccio con forza. C, credo, un equivoco di fondo. Gregotti, Rossi, Botta e tanti che i tradizionalisti tacciano di modernismo, in effetti moderni non sono. Per chi la pensa come me stanno tra i premoderni proprio per la loro vocazione compositiva fondamentalmente solenne e monumentale.
 
 Auguri per un 2012 felice
 
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                    ....definire una tradizione e gli stilemi che fissano le consuetudini di un certo periodo come memoria condivisa che diventa norma per  tutti.
 E' certamente possibile che il secolo scorso abbia vissuto il mito del nuovo , del progresso, dell'accelerazione talvolta in modo acritico,  secondo un percorso lineare a prescindere,escludendo il passato dal contributo che ha necessariamente dato al presente.
 Il punto  rimane quello di accettare una oggettivita' della storia che si traduce in regole sociali, nel definire i si ed i no del linguaggio, nello stabilire una sorta di fermo-immagine temporale.
 Ho molti dubbi che tutto questo corrisponda ad un comune sentire popolare e non elitario.
 Si tratta forse di una lite che propone soluzioni apparentemente consolatorie, percio' piu' facili da digerire al tavolo dell'arte.
 
 Buon anno.
 
 
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                    E' diventato abbastanza difficile se non impossibile trattare tutti gli argomenti toccati in questa discussione che sta assumendo toni forti. Segno, lo ripeto per l'ennesima volta, della centralit del tema "commissione edilizia".
 Vorrei rispondere a Lazier su Fascismo e razionalismo e/o nazionalismo cafone e a Gianni Marcarino.
 A me sembra che lei, Lazier, tenda a vedere dell'architettura del periodo fascista i due classici poli raccontati nei libri di storia dell'architettura e dell'arte (ovviamente): Libera-Pagano-Persino da una parte, i buoni, Piacentini dall'altra, il cattivissimo. E' troppo schematica e, lo devo dire, molto accademica e perfino un po' conformista, proprio da lei che conformista non mi sembra affatto.
 Non sono uno storico ma l'estate scorsa mi sono letto un libro che le consiglio vivamente di leggere, se gi non lo avesse fatto: Fascio e martello, viaggio tra le citt del Duce, di Pennacchi. Gi il titolo la dice lunga su quanto sia equivoco l'abbinamento tra architettura e politica: un comunista "vivente", innamorato dell'architettura del Duce! Ma, a parte questo, lei trover in quel libro una ricca documentazione fotografica e descrittiva che smonta lo schema che lei invece tende a riconfermare.
 Questo un brano significativo:
 "I manuali parlano di lui (Petrucci) solo per dire che era uno dei fondatori del RAMI, il Raggruppamento architetti moderni italiani - ossia i razionalisti ligi all'ordine e alal disciplina del partito - che si contrapponevano al MIAR (Movimento italiano architettura razionale), ossia quello dei presunti pi arrabbiati. Non  naturalmnete che questi "arrabbiati" non fossero fascisti, anzi, in senso sansepolcrista erano anche pi fascisti di quegli altri.  Erano architetti punto e basta.  Quella di volerne saggiare il maggiore o minore tasso di fascismo - per giudicarne l'arte-  una mania codista in cui si  incanalata tutta la storiografia dell'architettura, in Italia, dal dopoguerra ad oggi. Erano tutti fascisti ed erano tutti architetti. E giovani. Che mozzicavano i vecchi solo perch volevano farsi spazio. Giustamente. E volevano lavorare. Punto e basta. Da Pagano a Piccinato, da Terragni a Libera. E i vecchi - Piacentini, Giovannoni, Alberto Calza Bini, Brasini, BAzzani - si defendevano come potevano. Giustamente pure loro. E qualche volte pure a bastonate".
 
 Vede quanto  laico nel giudizio il comunista Pennacchi, quanto  realistico, niente affatto incline alla retorica e soprattutto "credibile"!
 E se lei guarda le foto non trover capitelli e colonne, solo qualche arco (e che sar mai) e molto razionalismo magari un po' annacquato dall'essere progettato per piccoli borghi agricoli. Ma di pomposit ce ne  assai poca, salvo forse in qualche torre littoria o in qualche casa del fascio, che a me sembra anche un modo corretto di auto-rappresentarsi di un potere che, indubbiamente, c'era, piaccia o meno.
 Si pu affermare che le citt di fondazione siano "nazionalismo cafone e grottesco"? A me pare proprio di no. A me, che tra l'altro ho una formazione modernista, sembrano pure dei bei progetti che difficilmente abbiamo ritrovato nell'architettura del dopoguerra. Certamente non nella rivista L'Architettura Cronache e storia, che davvero pubblicava di tutto e di pi. Sono sincero: a me metteva tristezza anche allora.
 Certo che  un razionalismo "italiano" (ahi, lo so che lei crede che i popoli non esistano, ma allora perch si lamenta se Piacentini ha devastato qualche nostro centro storico?), che c' un sapore di tradizione e di elementi conosciuti (ma anche Aldo Rossi ne faceva uso), ma io mi posso immaginare, anche leggendo il libro, che ai nuovi abitanti insediati nell'Agro Pontino facesse semmai l'effetto opposto, quello cio di essere del tutto stranianti e "moderni" rispetto alle realt da cui provenivano. Quindi, voglio dire, le cose vanno valutate in tutte le loro implicazioni e non in base ad un'idea precostituita, a principi immutabili e fissi cui la realt dovrebbe adeguarsi, come mi sembra che lei tenda a fare.
 
 A Gianni Marcarino rispondo - anche se non lo ha chiesto a me ma non si arrabbier per questo - alla domanda " A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!". Bella davvero la domanda ma subdola. Non esiste una tradizione mia diversa dalla sua, se io e lei abitiamo nella stessa citt, nella stessa vallata, nello stesso colle, nello stesso bacino. Esiste la tradizione e basta i cui caratteri sono facilmente riconoscibili e definiti e un architetto la deve saper riconoscere e se non lo sa fare da solo la studia, non c' problema. E' la nostra professione, il nostro mestiere. Nessuno nasce imparato ma applicandoci  possibile scoprirla. Se poi si domanda: "Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?" Sono io che le pongo la domanda: ma si riferisce alla citt o agli edifici? Se si riferisce alla citt il tema  troppo lungo e non c' tempo e spazio, se si riferisce agli edifici, come immagino, sono io che le ri-domando: che cosa  cambiato di cos significativo da dover cambiare i criteri spaziali dell'abitare? La moda, forse, imposta, e ripeto ancora, imposta da una elit culturale che  risucita mirabilmente ad azzerare tutto ci che c'era e a far credere che fosse necessario cambiare. Non era affatto vero. Se prende un'abitazione antica lei vedr che  possibile adattarla perfettamente a tutte le esigenze dell'abitare contemporaneo: impianti necessari, cablaggio, isolamento termico e climatizzazione estiva naturale, garantiti all'origine e di qualit largamente superiore a tutte le trovate di mercato attualmente propagandate come eco-bio ecc.
 Cosa manca? Forse di autorappresentarsi provincialmente come un divo americano con una grande vetrata su un giardinetto di 5x10? Le case di Neutra sui libri della Hoepli hanno fatto davvero disastri, perch non tengono conto della lieve differenza che esiste tra il grande spazio naturale americano e quello antropizzato e molto ristretto delle nostre vallecole.
 Comunque io insisto con la mia proposta, che diventa provocazione solo nella mente di chi la riceve come tale, dato che per me  una cosa assolutamente vera e naturale: poich la citt e il territorio appartengono alla collettivit -come l'acqua, l'aria, i boschi, gli arenili, i monti, il sottosuolo, con tutte le sue risorse - perch  lo spazio entro cui si svolge la vita dell'uomo civilizzato che ha fatto della citt la sua pi grande e straordinaria invenzione, entro cui esercitare la sua libert di scambio e di relazione, nel pieno rispetto della libert degli individui e della propriet privata, che le assicuro essere sacra per me - sulla forma dello spazio pubblico, comprendendo in questo anche la forma esterna degli edifici privati, deve essere la citt a decidere non il singolo da solo, tanto meno l'architetto che  colui che da forma ed espressione ai desideri e ai bisogni del committente, nel rispetto delle regole del bene pubblico. Gi, perch c' un committente. Se le sue idee non piacciono si rinuncia, non si cerca di fregarlo sovrapponendo i propri desideri ai suoi, giocando sul noto rapporto asimmetrico esistente.
 Con questa premessa, la commissione edilizia, sempre nella sua forma ideale s'intende,  una forma semplificata e adattata ad istituzioni che sono rappresentative e non di democrazia diretta del giudizio popolare. Non ho dubbi che sugli spazi pubblici importanti, su edifici rappresentativi di tutta la citt debbano essere i cittadini a scegliere mediante referendum o votazione che sia.
 Dove sta lo scandalo? Che cosa si teme? Forse che la gente scelga le case tradizionali? Dove starebbe il problema? Chi l'ha detto, dove sta scritto che debbano essere gli architetti a decidere?
 Brunelleschi per fare la cupola a Firenze si  sottoposto ad un massacro di giudizi, discussioni e votazioni! E cosa crediamo, di essere pi bravi e superiori di Brunelleschi forse? 150.000 architetti migliori di Brunelleschi!
 Buon Anno a tutti
 
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                      | 30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini: |   
                      | Per quanto riguarda i giovani architetti fascisti, non eran proprio tutti arrivisti, 
come sostiene il fascio-comunista Pennacchi. Tratto da: Cattivi maestri: Giuseppe Pagano (http://www.elapsus.it/home1/index.php/arte/architettura/584-cattivi-maestri-giuseppe-pagano)
 Dopo essersi concluso il cantiere per quello che  forse 
  il suo capolavoro, lUniversit Bocconi di Milano, nel 1941, Pagano 
  accetta la conduzione della rivista Domus, ma dopo pochi mesi 
  viene richiamato alle armi a seguito della sua richiesta volontaria. Aveva quarantacinque 
  anni.Il maggiore Giuseppe Pagano guida un drappello duomini in Albania, ma 
  continua, per corrispondenza, la sua collaborazione a Casabella, 
  e continua, soprattutto, la sua battaglia per larchitettura moderna. 
  A seguito della pubblicazione dellarticolo Potremo salvarci dalle 
  false tradizioni e dalle ossessioni monumentali? il direttore della stampa 
  italiana, Gherardo Casini, richiama Pagano. Nel numero seguente della rivista 
  Pagano, per nulla intimorito, fa pubblicare un altro articolo, ancora pi 
  acuminato del precedente: la rivista viene sequestrata; Pagano scrive allora 
  a Casini una lettera privata infuocata, e il direttore della stampa italiana 
  risponde, compunto: Ho eseguito il sequestro di Casabella che conteneva 
  il vostro articolo perch ne ho avuto lordine. Larchitetto, 
  impavido, gli invia una cartolina: Poich siete stato soltanto 
  un trasmettitore di ordini vi sar grato se vorrete far 
  leggere la mia lettera a chi vi ha impartito lordine del sequestro.
 Nel 42 rientra dal fronte e il rapporto, sottilmente sadico, che lo lega 
  al fascismo, si spezza definitivamente; come ha scritto Rogers, in un testo 
  che ricorda lamico: non ci accorgemmo subito che, per amore dellamore, 
  rischiavamo di avere un figlio da una prostituta; Pagano lascia il partito 
  ed entra nella Resistenza.
 Il 19 luglio del 43 muore Giuseppe Terragni, quando Pagano ne ha notizia, 
  cinque giorni pi tardi, scrive: che la mia verde maledizione 
  secca e rabbiosa e demoniaca si scarichi come un colpo di clava sulle teste 
  di chi sappiamo. E di Ojetti e di Piacentini e di tanti altri mezzi coglioni 
  in gloriati si faccia un sottofondo da latrina. Non so dire. Vorrei sparare 
  subito e spaccare teste.
 G. Pagano, Legato allarchitetto romano Amedeo Luccichenti 
  nel comune impegno per unarchitettura svincolata dai maneggioni 
  di Stato, vorrebbe convincere il duce dellesigenza di una radicale svolta 
  sul terreno dellurbanistica, delledilizia popolare e pi 
  in generale dellarchitettura razionalista come arte di Stato, 
  ma alla richiesta di udienza gli si risponde di inviare un memoriale: Come 
  vedi  scrive a Luccichenti  siamo fregati in pieno e non credo 
  che sia il caso di insistere oltre; Pagano evoca una dignit 
  umana che non pu essere superata e indica la via di una battaglia 
  di testimonianza, per cercare ancora di creare una minoranza moralmente 
  pura, vigilissima e piena di fede in modo di salvare, per la storia, il buon 
  nome dellarchitettura italiana, senza speranze di vittoria: moriremo 
  sulla breccia con la bandiera dellarchitettura moderna (lettera 
  del 1 gennaio 1940). Per quanto riguarda la propaganda: Il Fascismo fu forse il primo 
  al mondo ad utilizzare la moderna "arma" della propaganda. Mass-media, 
  manifesti, cinematografia: tutto rivolto a magnificare l'operato del regime. 
  Non a caso il ministero per la Propaganda fu infatti uno dei pi attivi. 
  Ancora oggi la propaganda fascista  oggetto di studio: negli altri paesi 
  del mondo fortissimo fu il suo sviluppo durante la seconda guerra mondiale; 
  il Duce stesso descrisse la cinematografia come l'arma pi efficace." 
  (http://www.ilduce.net/propaganda.htm)
 Per quanto riguarda le nuove citt e fondazioni  che citt 
  non sono mai state ma agglomerati agricoli - questa che segue  la ragione 
  per cui le voleva il duce quando le ha concepite:Tratto dal discorso dellascensione del 26 maggio 1927 di B. Mussolini:
 Questo ancora non basta. C' un tipo di urbanesimo che  
  distruttivo, che isterilisce il popolo, ed  l'urbanesimo industriale. 
  Prendiamo le cifre delle grandi citt, delle citt che si aggirano 
  e superano il mezzo milione di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino, 
  nel 1926,  diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano:  aumentata 
  di 22 abitanti. Genova  aumentata di 158 abitanti. Queste sono tre citt 
  a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le citt italiane avessero 
  di queste cifre, tra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono 
  altri popoli. Fortunatamente non  cos: Palermo ha 4177 abitanti 
  di pi - parlo di quelli che nascono, non di quelli che ci vanno, perch 
  questo  spostamento, non aumento -; Napoli 6695 e Roma tiene il primato 
  con 7925. Ci significa che, mentre Milano, in 10 anni, crescer 
  di 220 abitanti, Roma crescer di 80.000.
 Ma voi credete che, quando parlo della ruralizzazione dell'Italia, io ne parli 
  per amore delle belle frasi, che detesto? Ma no! Io sono il clinico che non 
  trascura i sintomi, e questi sono sintomi che ci devono far seriamente riflettere. 
  Ed a che cosa conducono queste considerazioni? primo, che l'urbanesimo industriale 
  porta alla sterilit le popolazioni; secondo che altrettanto fa la piccola 
  propriet rurale. Aggiungete a queste due cause d'ordine economico la 
  infinita vigliaccheria morale delle classi cosiddette superiori della societ.
 Non  grottesco tutto questo?
 
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                    Ettore, ma io sono infantile, fortunatamente  e saggiamente infantile, ho dubbi, ripensamenti, crisi, esitazioni, autocritiche, incertezze . so che domani non sar pi la stessa e vedr quello che ho fatto ieri in modo nuovo, forse opposto, certamente critico, ogni giorno accade qualcosa che cambia il mondo, che ci cambia, le fonti ufficiali restano ufficiali, siamo noi che cambiamo e con noi il loro senso, la storia raccontata muta a seconda della finalit che vogliamo darle, troviamo quello che cerchiamo solo se sappiamo cosa cercare prima di trovare, non esiste la storia "raccontata in maniera cruda e vera", esiste la storia raccontata da te e quella raccontata da tanti altri che non sono te.
 Neanche la storia di Dio ha una sola versione  (su Ges ci sono vangeli canonici, vangeli gnostici e vangeli apocrifi) non resti che tu, EMM, quale depositario di versioni uniche, racconti asettici e storia vera e documentata.
 Non ti devi risentire se te lo faccio notare,  una fortuna che, sotto sotto, ti invidio un po'.
 
 
 
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                    Lazier,
 pedante sar lei, con la sua presunzione ed arroganza, e con le sue patetiche frasi alla Zevi sull'architettura di stampo tradizionale.
 Credo proprio che il suo problema sia quello della "volpe e dell'uva".
 Visto che, come ha sostenuto nel precedente commento, nella sua formazione c' "pochissima accademia", piuttosto che parlare per luoghi comuni e menzogne, accusando gli altri delle proprie colpe, vada lei a riformarsi, perch  lei, e non io, la dimostrazione dei limiti dell'universit italiana.
 Impari a dialogare civilmente con chi non la pensa come lei ... o le d fastidio non poter continuare a fare i suoi monologhi?
 Il web  democratico, e tutti hanno la possibilit di replicare, specie quando si sostiene l'assurdo per tenere in piedi il suo castello di falsit e di pregiudizi.
 Accusa gli altri di non rispondere alle domande, ma lei  uno slalomista da far impallidire Alberto Tomba, non ha dato ancora alcuna risposta alle domande precedenti.
 E si aggiorni, sembra la fotocopia mal riuscita del suo idolo Zevi.
 Non ho problemi a riprendere il discorso, ma a patto che si rientri nei limiti della civilt, mi auguro quindi che pubblichi questa mia replica e rientri nei limiti della correttezza.
 
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                      | 30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola: |   
                      | Non ho problemi a pubblicare repliche. Ci mancherebbe. Piuttosto, a parte le caricature mia, di Zevi, della volpe e dell'uva, in tanta confusione mi son perso le domande a cui dovrei dare risposta. Sicuramente sar un mio limite accademico, perch oltretutto non so neppure sciare. Ma non fa nulla, non me ne dispiaccio. Direi di salutarci qui per non annoiare oltre chi ci sta seguendo.
 
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                |  
                    Infine, secondo EMM, le commissioni edilizie dovrebbero tutelare l'euritmia e la dignita' estetica degli edifici e salvaguardare le facciate esterne dalle interpretazioni individuali perche' l'edificio e' della citta' e non del proprietario, se ho ben inteso.
 Per cui esisterebbe un senso comune, condiviso, che fissa le norme secondo cui costruire e comunicare col linguaggio architettonico. Di conseguenza, sono necessari  i sacerdoti che  stabiliscano quello che e' lecito fare o non fare e cio' che le persone devono considerare giusto o sbagliato, bello o brutto.
 Rimane misterioso, almeno per me, il momento esatto in cui fissare queste norme e per quanto tempo esse abbian ragione di esistere, se non in funzione della loro attualita' culturale, altrimenti destinate a produrre inutili decorazioni dell'esistenza, come antiche parrucche posate su teste che non se ne fanno piu' nulla. Mi pare proprio forzata l'immagine dell'architetto cattivo maestro e del committente pacioso, bucolico, ingenuo, traviato da visioni invasate.
 
 La tradizone viene continuamente tradita dal mutare e dal moltiplicarsi delle informazioni che le persone si scambiano giorno per giorno. E' un processo che ha subito una accelerazione enorme ed inevitabile in questi ultimi anni. Come puo' oggi prescindere da questi cambiamenti il linguaggio architettonico?
 Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?
 Cosa significa inserire la tradizione nel nuovo?
 Esattamente, come si fissa una norma per dire quello che e' per oggi(o per sempre?) tradizionale?
 Qui vicino? A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!
 Nelle polemiche dei commenti non ho intravisto risposte.
 
 
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                    Vilma,
 non ti facevo cos!
 Per cui mi costringi a dirti che so bene che mi rendo conto che la cultura altrui possa dare fastidio ma non posso farci nulla.
 La cultura produce tanti nemici, ed inimicarmi persone che dicono certe cose non mi dispiace.
 Non  mia intenzione fare "il Dio", ed  quanto meno infantile esprimersi come hai fatto nel tuo commento.
 Visto che amo la ricerca, e visto che amo non fossilizzarmi su ci che ho studiato - a differenza di chi continua ad esprimersi per luoghi comuni e pregiudizi figli della pseudo cultura anni '60-'70 - quando scrivo lo faccio per il piacere di condividere, con chi ne abbia voglia, un po' di cose che la "cultura" ufficiale non  ha fornito. Non lo faccio per vanagloria, ma solo perch spero che certe "cose non dette" possano aiutare tutti a riflettere sulle proprie convinzioni, e a smontare quel castello di menzogne che  stato costruito nel mondo dell'architettura, dell'urbanistica e dell'arte italiana nel quale ami crogiolarti!
 Se ti disturba non posso farci nulla, resta pure nel tuo mondo che finge di aggiornarsi ma rifiuta di guardarsi alle spalle per vedere se tutto ci che finora  stato detto e scritto corrisponda a verit!
 Quando scrivo i miei libri e articoli (non ovviamente i commenti su un blog), mi baso su fonti ufficiali che cito sempre, per evitare che qualche malpensante mi accusi di metterci dentro dell'ideologia.
 A me non piace la storia "interpretata", ma quella raccontata in maniera cruda e vera. So benissimo che, scrivendo in questo modo, possa capitarmi di schiacciare i piedi a troppe persone, specie quelle autoproclamatesi esperte di storia e di critica, ma "cos  se vi pare".
 Se devo dirtela tutta, ne ho le scatole piene di parolai che scrivono cose incomprensibili per giustificare cose astruse. Queste persone sono dannosissime, perch alimentano quel sistema schifoso che vuole che a poter parlare di arte, architettura e urbanistica possano essere solo gli autoproclamatisi "esperti", mentre la gente comune deve limitarsi a subire le angherie degli "esperti" e fare da cavia per le loro sperimentazioni. Riflettici su
 
 
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                    "Io sono la Via, la Verit e la Vita",  Gv.14,1-6
 
 E' bello vedere tante luminose certezze radunate in una sola persona, tante apodittiche verit trovate, scritte e avvallate (in modo asettico) da un solo individuo, tante inconfutabili dimostrazioni prodotte da un solo uomo che ha raccontato, dimostrato, pubblicato, sempre mettendosi in gioco in prima (e unica) persona nel nome della Verit assoluta.
 
 E' bello e ci conforta, vuol dire che Dio esiste.
 
 E si chiama E.M.M.
 
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                    Caro Lazier,
 prima di accusare la gente di dire idiozie, si documenti. La frase di Zevi che ho menzionato e che lei crede unidiozia  invece una cosa verissima che, nel 1996 venne anche utilizzata a mo di slogan per uniniziativa dedicata a Zevi, ricordo che ne presi nota vedendo la locandina affissa nel Dipartimento di Architettura e Analisi della Citt di Valle Giulia  io non dico idiozie, mi limito a raccontare i fatti in maniera asettica, diversamente da Zevi e da lei, che non sapete fare a meno di infarcire la vostra storia storicista di ideologia.
 Sul secondo punto del suo commento, visto che, fortunatamente ammette che il mio testo corrisponda a verit  anche se dice solo in parte  non mi ripeto, perch non ne vale la pena, per vorrei farle notare, retorica o non retorica, lunica architettura che il fascismo ha imposto per legge  quella del Razionalismo. Questa cosa lho raccontata in prosa e musica, riportando tutti i fatti che lo dimostrano, dal voltafaccia di Mussolini nei confronti di Brasini, dopo essersi fatto fare il lavaggio del cervello con la Tavola degli Orrori della mostra di Bardi, alla vera storia della Casa del Fascio di Como, e tutto ci che venne detto e fatto in conseguenza di quellevento, fino alla norma del 38 che ho riportato nel precedente commento.
 A proposito di idiozie, la sua frase relativa al Corviale  davvero di proporzioni immani: scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. La invito a leggersi il mio La Citt Sostenibile  Possibile, nel quale ho potuto smontare pezzo per pezzo queste balle che ci sono state raccontate, dimostrando con i conti ufficiali  attualizzati  (presi presso larchivio dellIACP), quanto sia costato costruire gli edifici (organizzati per tipologie edilizie) di quartieri come Testaccio, San Saba, Garbatella, Sannio, Appio, Trionfale, Flaminio, ecc. e quanto sia costato il Corviale. Inoltre, grazie ai meticolosi documenti di cantiere custoditi presso lo stesso archivio, ho potuto dimostrare quanto tempo sia stato necessario per costruire le prime 122 case di Corviale (uninezia rispetto alla dimensione totale) e quanto ce ne sia voluto per costruire gli edifici dei quartierini che lei tanto critica parlando per luoghi comuni!
 Quanto allo sperpero di territorio, con il progetto di rigenerazione di Corviale che ho sviluppato lo scorso anno, ho potuto dimostrare che, aumentando di 2000 unit i residenti e inserendo una serie di attivit oggi inesistenti, sfruttando il premio di cubatura, si pu realizzare uno dei quartierini a dimensione umana che lei detesta. La cosa interessante  che, alla fine, risulta possibile restituire al territorio circa 13 ettari compromessi dallattuale Corviale, inoltre  possibile non solo dare una casa a chi ne ha bisogno, creando un mix sociale e funzionale, ma anche ottenere un grande guadagno economico per la pubblica amministrazione, che si tradurrebbe in un beneficio per lintera cittadinanza  talvolta i luoghi comuni possono essere smontati, semplicemente mettendosi in gioco, e provando a vedere se quello che ci  stato detto corrisponda davvero a verit!
 Sul credo bigotto di Burke la cosa non mi interessa, visto che anchio mi sento un laico, e le dico anche che la cosa non ha alcun senso relativamente alla frase che le ho citato.  evidente che lei preferisca citare una frase che possa aiutarla a screditare Burke nel vano tentativo di avere ragione  a me per questo atteggiamento mi stimola una citazione di Viollet-Le-Duc: amiamo vendicarci delle conoscenze che ci mancano con il disprezzo ... ma sdegnare non significa provare.
 Se lei conoscesse bene la Teoria del Falso Storico, come lha enunciata Cesare Brandi, ovvero quando e come si configura un reato di falsificazione, probabilmente eviterebbe di dire che se lantica statuaria non fosse stata restaurata da personaggi come  Bartolomeo Cavaceppi i musei risulterebbero pi autentici, meno formali e bugiardi  ma non c peggior sordo di chi non voglia ascoltare.
 Infine lei dice: Per finire il mio rapporto con Zevi. Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui  chiarendomi tante cose!!
 
 
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                      | 29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola: |   
                      | Mazzola, con lei, come con i pedanti pieni di sé in genere, ci vuole un 
sacco di pazienza. Le ho chiesto di documentare la sua frase, che ho definito uno strafalcione, e 
lei, invece di citarmi uno scritto, un documento, mi risponde parlando di convegni 
imbattuti per caso. Io posso anche credere che, nella contingenza d’una 
situazione particolare, Zevi abbia sostenuto che l’insegnamento della storia 
dell’architettura (tra l’altro la materia che egli stesso insegnava) 
potesse inibire la formazione degli architetti. Se, per esempio, la storia fosse 
quella che propugna lei, lo affermerei anch’io, senza alcun dubbio. Lei, 
a sostegno del suo impianto accusatorio, se così si può dire, potrebbe 
anche affermare che Zevi si masturbasse in aula leggendo Il Linguaggio Classico 
dell’Architettura di John Summerson, ma lo dovrebbe dimostrare con documenti 
e prove. E, se anche riuscisse a dimostrarlo, probabilmente questo episodio non 
basterebbe a scalfire sensibilmente la personalità profondamente anticlassica 
e antiaccademica di tutta la vita di Zevi.
 Ma lei pensa davvero di poter intaccare un monumento della cultura del novecento, 
qual è stato Bruno Zevi, semplicemente provando a rovistare nel cestino 
della spazzatura?
 Lei dice: “…l’unica architettura che il fascismo ha imposto 
  per legge è quella del Razionalismo”.Lo vede perché la storia che racconta lei inibisce la formazione degli 
  architetti? Come si può sostenere una tesi così banale e bugiarda?
 Il fascismo cavalcò, per propaganda, il periodo razionalista dei migliori 
  e più attenti architetti italiani dell’epoca. Il razionalismo non 
  fu un’invenzione italiana. Il fascismo non poté fare propria quest’invenzione 
  rivoluzionaria se non strumentalmente, per cavalcarne l’ideale di rivoluzione 
  civile e sociale poi puntualmente disatteso. Una volta raggiunto il potere, 
  prevalse l’ideale littorio e monumentale del’identità nazionale 
  e della conservazione, il cui esito architettonico fu affidato principalmente 
  a Marcello Piacentini. Furono gli anni della devastazione dei centri storici 
  e delle città gotiche e romaniche, sostituite dall’urbanistica 
  trionfale e dalla mistificazione del passato per giustificare le assurdità 
  del presente. Ai regimi non interessa né il passato né il futuro. 
  Interessa solo il presente. I giovani architetti razionalisti, formati su concetti 
  internazionali e cosmopoliti, s’illusero di determinare l’esito 
  sociopolitico che questi concetti professavano. Concetti che ben presto svanirono 
  nella melassa del nazionalismo cafone e grottesco di capitelli, colonne, archi 
  e italici monumenti. I migliori tra gli architetti del razionalismo non ebbero 
  il tempo di riscattare con la maturità lo slancio intellettuale della 
  loro gioventù che li vide ingenui complici del regime: Giuseppe Pagano 
  morì a Mauthausen il 22 aprile 1945 all’età di 49 anni; 
  Edoardo Persico venne trovato morto nella sua casa di Milano, nel gennaio 1936, 
  a trentacinque anni di età; Attilio Terragni morì fulminato da 
  una trombosi cerebrale a Como, il 19 luglio del 1943, all’età di 
  39 anni.
 Marcello Piacentini muore, senza riscattare nulla, a Roma il 18 maggio del 1960 
  all’età di 79 anni ma, come architetto, come disse Zevi, anche 
  lui morì giovane, nel 1925.
 Per quel che riguarda Corviale, non credo che si possa rimediare ad un errore 
  proponendone uno ancora più grande. Se occorre vestire gli ignudi, non 
  è il caso di ricorrere ancora alla crinolina. Per quanto riguarda Bardi, lascio parlare egli stesso:
 “Il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale 
  dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza 
  commettere un falso artistico o un falso storico, 
  e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte 
  nel tempo.” (Brandi, Teoria del restauro, 1963:34-36)
 ” Una volta che il materiale è stato usato nella costruzione 
  fisica, passa alla storia come risultato di opera umana. Prendendo lo stesso 
  tipo di marmo dalla stessa cava in due tempi differenti, uno al tempo della 
  creazione originale e l’altro all’epoca del restauro, la materia 
  è la stessa chimicamente, ma con una differente rilevanza storica sia 
  nella esecuzione sia nell’aspetto. Non si può, perciò, pretendere 
  che una ricostruzione possa avere lo stesso significato dell’originale; 
  essa potrebbe diventare invece, storicamente ed esteticamente, un falso.” 
  (La teoria del restauro di Cesare Brandi - http://www.cesarebrandi.org).
 Per finire sono felice d’averle chiarito tante cose. Esser chiari è 
  nella mia natura e nelle mie aspirazioni. E me ne compiaccio quando ci riesco, 
  soprattutto in presenza di pifferi che si spacciano per tromboni.Mazzola, lei è la dimostrazione di quanto l’università italiana 
  non vada riformata, ma rifondata.
 
 
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                    Caro Lazier,
 che lei sia un discepolo di Zevi lo abbiamo capito gi in precedenza, che lei non sia in grado di mettere in discussione le cose che ha detto e fatto il suo maestro, altrettanto.
 Tuttavia Zevi, bench abbia scritto libri di storia dell'architettura (moderna e contemporanea)   colui il quale, emulo di Gropius, tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto.
 Zevi  quel personaggio che, come ha ricordato un paio di anni fa Marconi, al suo ritorno in Italia dolpo l'esilio negli USA per scampare alle persecuzioni razziali, nel '61-'62, una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale". Zevi  quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino. Zevi  quello che chiam ad insegnare a Roma personaggi che, a parte l'ideologia politica (e architettonica) non avevano titoli, alimentando il clima di odio nei confronti di personaggi come i Fasolo che erano visti come "fascisti". Lei potr continuare ad accusare di fare tutti gli strafalcioni che crede, ma la realt  che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro. Ma, come diceva Edmund Burke: Una civilt sana  quella che mantiene intatti i rapporti col presente, col futuro e col passato. Quando il passato alimenta e sostiene il presente e il futuro, si ha una societ evoluta.
 Quanto al discorso sulla "falsificazione", ferma restando la citazione della norma contenuta nelle "Istruzioni per il Restauro dei Monumenti" del 1938 che ho riportato nel commento precedente, basterebbe che lei conoscesse le ragioni reali che muovevano Brandi e Pane per capire quale fosse il motivo, tutto italiano, di sostenere certe idiozie che, mai in passato, erano state sostenute. Chi sarebbe stato mai Winkelman se i romani non avessero fatto copie della statuaria greca? Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Penso che una lettura di Carlo Ceschi potrebbe aiutarla a liberaarsi da qualche luogo comune e da tanti pregiudizi figli dell'educazione che le  stata impartita nell'universit. In ogni modo, lei nel suo ultimo commento ha rigirato la frittata, e non ha risposto alle mie domande.
 
 
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                      | 29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola: |   
                      | - Zevi  tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto Mi dice dove ha preso una simile idiozia?  totalmente falso. Zevi sosteneva esattamente il contrario.
 -Zevi  una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale"
 In parte  vero. Zevi non manipola la storia ma la rilegge. Considera luomo padrone del proprio destino e non carbone da bruciare nella locomotiva della storia (Popper).  Nessuno storicismo (n fascita, n nazista, n comunista, n quantaltro) e nessuna teoria che annienta la libert dei singoli individui ha, per cos dire, una vocazione espressiva liberale. Tutti i fascismi si vestono di certezze e quindi di tradizione, mistificando con la retorica del passato soprattutto il presente, che  la sola cosa che a loro interessa. Il tradizionalismo  quindi un indicatore oggettivo duna tensione verso lautoritarismo politico e sociale.
 -Zevi  quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino
 Questo  vero. Difese coraggiosamente una scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. (Vedi Krier e Portoghesi ad Alessandria)
 - ma la realt  che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro
 Questo  verissimo. Per Zevi, i veri capolavori dellarchitettura contemporanea non hanno dieci anni, o cinquanta, o cento, ma trentamila!
 -Da laico convinto sorvolerei su E. Burke, fondamentalmente un bigotto conservatore con il dono della profezia. Ecco cosa prediceva nel 1790 a proposito della Rivoluzione Francese: Se questa mostruosa costituzione continuer a vivere, la Francia sar interamente governata da bande di agitatori, da societ cittadine composte da manipolatori di assegnati, da fiduciari per la vendita dei beni della Chiesa, procuratori, agenti, speculatori, avventurieri tutti che comporranno una ignobile oligarchia , fondata sulla distruzione della corona, della Chiesa, della nobilt e del popolo. Qui finiscono tutti gli ingannevoli sogni e visioni di eguaglianza e di diritti dell' uomo. Nella "palude Serbonia" di questa vile oligarchia tutti saranno assorbiti, soffocati e perduti per sempre".
 Non c' che applaudire!
 - Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Forse sarebbero pi autentici? Meno formali e bugiardi?
 
 Per finire il mio rapporto con Zevi.
 Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui.
 
 
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