Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
 
  Oggi il 29/10/2007
Opinioni
Dal Co e il suo spettacolo osceno e commestibile
di Irma Cipriano
Ammesso e non concesso che Gehry abbia bisogno di essere difeso, credo che comunque non si possa non impietosire di fronte a determinate critiche che si sono scagliate, con assoluta e ingiustificata violenza, contro la Walt Disney Concert Hall. Impietosirsi per il modo crudo e incomprensibilmente violento. Ma anche un po indignarsi.
Se, mettiamo per caso, qualcuno non conoscesse lopera in questione e, sempre per caso, si ritrovasse a leggere larticolo dedicatole da Francesco Dal Co sul numero 717 di Casabella, rimarrebbe sicuramente impressionato dalla veemenza e dalla stroncatura totale che si fa della Walt Disney Concert Hall. Sarebbe lecita la domanda Ma ci troviamo di fronte ad una critica sullultimo film di Wes Craven o su un opera architettonica ?, perch quantomeno sorprendente la somiglianza della descrizione del nuovo lavoro del maestro americano con la recensione di un film dellorrore.
Anzi, consiglio a chiunque non labbia letto di farlo, mettendo (ancora meglio di Craven!) come sottofondo di musica la colonna sonora del film Profondo Rosso, di Dario Argento. Sta benissimo con linquietudine che si prova leggendo i commenti di Dal Co.
Lo spettacolo che si trova di fronte agli occhi del direttore di una delle riviste pi quotate in campo di critica architettonica , difatti, nientemeno che "osceno e commestibile" e -come se non bastasse- " le interiora disarticolate su cui poggiano le membra metalliche [...] il decomporsi delle forme" insieme "...allo spettacolo della propria putrefazione" alimentano sempre di pi questo assai probabile equivoco. Per chi invece conosce questopera, e lintero lavoro di uno dei pi noti e osannati architetti viventi, la spiegazione arriva alla mente abbastanza in fretta. I casi in cui pu rientrare questo "aggrovigliarsi di interiora" (dellarchitetto Dal Co, questa volta... ) possono essere due: 1)Scarsa conoscenza dellopera in questione e del lavoro tutto di Gehry. 2) Triste volont di voler andare "contro" a tutti i costi per emergere da un probabile coro di ovazioni e applausi e rientrare in esclusiva in un modo di far critica alternativa e di contro tendenza.
Credo sinceramente che Dal Co sia una persona preparata e di indubbia cultura, tant che, fatti due conti, non rimane che la seconda opzione. In parole povere: Gehry va di moda? Allora lo attacchiamo, cos da risultare ancora pi glamour, se possibile, dellartista stesso. Se ci mettiamo poi una manciata di parole roboanti e di sicuro impatto stiamo pur certi che il risultato assicurato. Il lettore un po incauto e non preparatissimo, come pu esserlo uno studente al primo o secondo anno di studio della disciplina, pu decisamente essere ammaliato da cotanta capacit incantatrice di "membra che si contorcono", e poco ci manca che urlino anche di dolore, di "mostri che si esibiscono nella loro agonia" e che "sono tagliati da profonde ferite."
Se tentiamo di leggere e spiegare il perch di tale articolo non possiamo che darci questa di spiegazione. Io per lo meno non ne trovo altre.
Arriviamo dunque allarticolo in s. Dal Co ci dice che le due pi recenti opere di Gehry, cio il Museo di Bilbao e questa sala concerti, vengono pensate negli stessi anni. Ancor pi correttamente lopera sovvenzionata dalla vedova Disney precede di un paio di anni quella di propriet Guggenheim.
"Si pu facilmente comprendere come i due progetti siano il risultato di un dialogo serrato e di stretti confronti, che hanno fatto si che le scelte compositive adottate da Gehry in queste occasioni siano conseguenze di numerose mutuazioni". Il solo fatto che queste due opere vengano elaborate nello stesso periodo non comporta di per se che una sia la mutuazione dellaltra. Difatti, come scritto da Dal Co sembra che Gehry, carente in quei momenti di vena creativa, abbia di fatto copiato unopera su unaltra, una specie di clone (anche se il verbo "mutuare" non significa di per s copiare una cosa di sana pianta). Largomento non mi sembra dei pi pregnanti per due motivi. Da una parte, mi sembra abbastanza logico che un architetto abbia una sua impronta, diciamo un suo modus operandi e quindi che la sua mano sia riconoscibile nelle sue creazioni. Dallaltra, Gehry nello stesso periodo si trova a progettare la sede degli Uffici Nazionali Olandesi a Praga, opera questa originalissima e dirompente, tanto quanto quelle di Bilbao e di Los Angeles. Ma anche qui ritroviamo il prima citato modus operandi gehryano, anche se diversissima dalle altre due costruzioni. Qui vi la virtuosit delle forme propria del maestro di Santa Monica, lo sfalsarsi delle finestre ed il loro aggetto, la metamorfosi continua dei volumi e degli spazi, che si incurvano si arrotolano su se stessi, si piegano (come nella torre) e sono al contempo di metallo, di vetro, di pietra. Vi anche il gusto per il rivestimento dei volumi proprio del nostro imputato. Come si pu ben vedere, allora, ci che Gehry ha pi o meno sempre fatto, riuscendo per sempre ad evolversi e a rinnovarsi. Perch di fatto il Guggenheim e la Concert Hall sono comunque due opere diverse, in due contesti diversi con funzioni diverse checch ne dica Dal Co. Il Museo di Bilbao ci coglie quasi di sorpresa, con la luce del sole che si infrange e si riflette sulle sue pareti e ci presagisce la sua presenza e ci fa da guida mentre noi siamo immersi tra palazzoni del centro e cerchiamo di raggiungerlo. Lo spazio interstiziale che esso occupa ( una zona industriale dimessa ) fa si che questo abbia una forma molto complessa, a tratti allungata e in altri pi compatta, mentre il ponte termina le sue forme per concludersi definitivamente nello slargo antistante il museo. La Concert Hall ci si presenta con scioltezza e tutta calma in una zona ben definita e compatta di Los Angeles che ha come sfondo grattacieli e costruzioni dai prospetti decisamente bidimensionali rispetto alla nuova costruzione. Molto pi compatta e meno quasi sofferta nelle forme lAuditorium, anche se pi sofferto stato senzaltro il percorso della realizzazione. Quello che c di certo in entrambe le costruzioni saper vedere larchitettura come un dialogare continuo tra spazi diversi che si concatenano luno allaltro. A questo punto allora ben vengano le mutuazioni.
Per Dal Co questi rappresentano Lapice della ricerca che Gehry ha compiuto, a partire dai primi, guardinghi esperimenti della fine degli anni sessanta ( Casa Davis a Malibu 1968-72, ad esempio. Sono contenta di sapere che per Dal Co casa Davis rappresenta un guardingo esperimento. E, diciamo, lopera di un Gehry timidone, quindi. Timido e accorto. E pensare che io l ho sempre reputata unopera del tutto dirompente e di grande bellezza. Ma mi inchino di fronte al molto pi anziano e preparato direttore che di architetture ne ha viste tante pi di me e quella piccola e timida casa deve avergli fatto leffetto di uno sbadiglio. Ma si arriva finalmente a parlare della sua casa a Santa Monica questa si vero e proprio manifesto, dove Gehry "..Senza mezzi termini annuncia di voler portare un affondo contro la concezione organico-retorica dellarchitettura, negando, al contempo e di conseguenza, ogni riconoscimento al valore della tipologia" Ottimo...! E poi ? "Con la Disney Concert Hall e con il Guggenheim di Bilbao, Gehry rende chiaro il risvolto di simili precedenti provocazioni.[]I racconti che egli ha messo in scena []si avvalgono degli espedienti e si confrontano con i principali temi e problemi con quali larchitettura contemporanea si cimentata". Non male per dei mostri.
Ma lopera fatta di "...involucro e matericit che diviene campo di gioco per larbitrio". Varrebbe a dire che il titanio che Gehry usa non ha nessuna valenza vera e propria; potrebbe essere qualsiasi altro materiale... usato arbitrariamente (sic!). "I materiali tendono a ridursi meri strumenti di commento [...] gli impianti sono distorti sino a rendere le successioni degli ambienti inviluppi labirintici". E un vero peccato che vi si legga solo questo nellauditorium. Come ha sempre fatto, le concatenazioni spaziali di Gehry e i loro sviluppi sono indice di forte complessit e ricchezza, sempre volti a ricreare spazi interessanti e del tutto nuovi nella concezione architettonica moderna. Mi chiedo perch si voglia svilire o peggio mortificare unopera di modernit, o meglio la modernit stessa in questo modo. Perch vengono buttate sulla carta affermazioni cos forti senza spiegarle a fondo? Non capisco che critica sia. In che modo si pu imparare a leggere unopera di architettura da queste affermazioni? Non credo che uno studente da un articolo del genere impari qualcosa dellopera in questione e come si fa una critica architettonica. Peggio: disimpara a dare argomentazioni e ad essere obbiettivo e recepisce che per essere critici quotati si debba elaborare paroloni e frasi ad effetto che colpiscono il lettore come uno schiaffo, e che da questo se ne rimanga talmente intorpiditi da non riuscire a pensare veramente a ci che sul testo vi scritto.
Se gli spazi "...sorprendono per lincongruenza e linterazione degli slittamenti di scala che esibiscono", ci si chiede perch una sala concerti debba avere la stessa scala di un negozio o di un ristorante (entrambi presenti nella costruzione). "Casualit dello spazio [...]Precariet delle forme", detti cos, valgono a dir nulla. Dal Co avrebbe potuto impiegare un p pi di tempo -e righe- per spiegare che cosa intendesse dire.
Se si inganna il lettore con metafore mostruose e accenni di concetti non spiegati si rischia di ritrovarsi a seguire questo tipo di critiche senza averne capito nulla. E il peggio che parte dei lettori (parte di certo non trascurabile per quantit) sono anche studenti, che gi sono ingannati da molte lezioni universitarie del tutto discutibili. Se ci si mette anche la critica che io definirei patinata, noi poveri studenti non ne usciamo pi fuori. E, dopo le ingiuste e infondate critiche a Gehry, il peggior danno che in questo articolo stato fatto.
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  14/1/2004
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