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Ci sono 2 commenti relativi a questo articolo

Commento 1096 di marcello panzarella del 24/02/2006


Certo, cos come quelle di Mies, anche le parole di Kahn rischiano di apparire assai spesso come oracoli. Quando gli architetti di una certa levatura scrivono, facilmente risultano inferiori alle capacit che mostrano da progettisti, e nellaffrontare i temi e i valori pi impegnativi rischiano il dilettantismo, e abbondano talora in retorica. Io per credo che le domande che un artista si pone in pubblico vadano ascoltate con molta attenzione, e che vada salvato il nucleo o centro significativo delle sue parole, dei suoi tentativi di rendere anche cos il senso della propria ricerca, e per rimanere agli autori di cui ci stiamo occupando mi pare che per entrambi Mies e Kahn questo significato sia molto chiaro, bench ovviamente tra i due non esattamente coincidente. Se poi, come nel caso di Ugo Rosa su Kahn, le parole dellartista aiutano linterpretazione non di se stesse, ma dellopera, ancora meglio. E dalla interpretazione di Ugo Rosa, per via pi intuitiva che teoretica, e con chiss quante gimkane tra le procedure sistematiche (che n io n lui sapremmo individuare) esce chiaramente il fatto che non solo Louis Kahn non era uno storicista, ma anche il motivo per cui non lo era, e sopra ogni altra cosa emerge il rilievo del fatto in s, con una serie di conseguenze. Non ha senso io credo che qualcuno possa rallegrarsi di una dimostrazione della sostanziale indipendenza di Louis Kahn dalla storia, se poi nasconde a se stesso o non riesce a scorgere il fatto pi rilevante, e cio che lo sguardo di Louis Kahn era orientato, proiettato costantemente, verso una destinazione o un fine a venire, un fine che certamente va attuandosi nella storia ma dalla storia indipendente, per come esattamente Louis Kahn vede e intende.
Mi fa sorridere invece che dalla normale parabola di un artista, in questo caso Mies, si possa desumere che il seme della sua decadenza si annidi proprio nelle sue convinzioni: a me di lui basta guardare la grandezza dellopera, e a quella guardo, cercando di capirne la bellezza (senza dimenticare tutto il resto che lopera deve possedere e a cui essa deve rispondere). Come no, anche a me piacciono le opere degli architetti delle Case Study Houses. Ci mancherebbe! Ma quali che possano essere state le miserie delluomo non mi spinger mai a negare, riversandolo tutto su questi ultimi, il valore dellopera del maestro da cui essi dipendono. Il fatto che io guardo con gli occhi dellarchitetto. E questi occhi sono attratti dalla bellezza, la cercano e si sforzano di raggiungerla, bench raramente riescano a trovarla nella propria opera. Dunque, naturale per larchitetto volere penetrare questo mistero, guardare lopera e cercare le parole o linsegnamento di chi riuscito prima di lui.
I want to remain in the shadow. Instead of writing about me, write about my books. Assess my books. That is enough. I am a worshipper of Indian culture and accordingly I believe that writing a man's biography is not conductive to his salvation. I believe so. This is not a show of modesty, it is the principle of my life.
Voglio rimanere nellombra. Invece di scrivere di me, scrivete dei miei libri. Giudicate questi. Tutto qui. Io sono fedele alla cultura dellIndia, e di conseguenza credo che scrivere la biografia di un uomo non porti alla sua salvezza. il mio credo. Non mi interessa apparire modesto, si tratta del fondamento della mia vita.
Non conoscevo fin adesso Ananda Kentish Coomaraswamy, ma queste sue parole mi suscitano un interesse vivo, e anche il desiderio di approfondirne il pensiero e lopera per cercare di comprendere, alla loro luce, i come e i perch di una spiritualit che ancora ignoro.
Ma leggo in Casabella il suo scritto sui musei, dove egli afferma:
Il significato univoco di ispirazione linflusso esercitato da una forza spirituale interiore; il dizionario Webster la definisce influenza divina soprannaturale. Pu darsi che lesperto, se un razionalista, preferisca negarne lesistenza, ma non potr esimersi dal notare che da Omero in poi il termine stato sempre impiegato in un senso preciso, lo stesso di Dante quando dice che Amore, ossia lo Spirito Santo, lo spira. E a quel modo / chei ditta dentro vo significando.
Ma forse anche Dante unanima in pena. E per, scontata lineleganza del ricorso a una espressione che, apparentemente leggera, tanto pi avvelenata dal retrogusto dellingiuria che cela e le ingiurie non sono notoriamente argomenti vediamo se a questa espressione possiamo invece dare un senso direttamente opposto a quello di un lamentevole o insopportabile pianto, e rileggiamo per questo Michelangelo:
Deh fammiti vedere in ogni loco!
Se da mortal bellezza arder mi sento,
appresso al tuo mi sar foco ispento,
e io nel tuo sar, comero, in foco.
Signor mie caro, i te sol chiamo e nvoco
contra linutil mie cieco tormento:
tu sol puo rinnovarmi fuora e drento
le voglie e l senno e l valor lento e poco.
Tu desti al tempo, Amor, questalma diva
e n questa spoglia ancor fragil e stanca
lincarcerasti, e con fiero destino.
Che possio altro che cos non viva?
Io credo che tutto questo pesi, e negarne levidenza si pu certo fare, ma non cambia i fatti, n sposta di un solo millimetro le testimonianze. Piuttosto, per quanto mi riguarda, sento il dovere, anzitutto nei confronti di me stesso, di approfondire quelli e queste.
In ogni caso, da uomo e se ancora permesso da educatore, non mi sento di separare il corpo dallo spirito. Tanto pi nel rendermi conto che il rilievo del corpo sar dora in avanti sempre maggiore, quale oggetto principale dei cambiamenti prossimi e venturi prodotti dalla irruzione della scienza come fattore fin adesso estraneo al processo della evoluzione delle specie, ma ormai teso in modo evidente a produrvi interferenze sempre maggiori. Non solo questo lorizzonte, ma c in proposito tutta una letteratura che lha largamente anticipato, e che nel Brave New World di Huxley trova ancora lesplorazione cardinale.
Certo, non mi nascondo le difficolt che nascono dalla mia posizione, la necessit di metodo, e lassedio di una folla di delusioni: quelle di fronte alle quali molto comodo ritirarsi nei limiti del recinto corporale, riducendo la ragione a una semplice funzione cerebrale.

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Commento 1241 di Irene Guida del 18/06/2006


E se invece di essere un problema di corpo e spirito, fosse un problema di cose ed economia delle cose?
Se non fosse il continuo sfuggire della realt all'economia umana che cerca di inscriversi in essa attraverso i segni, dalla scrittura all'architettura, senza soluzione di continuit?
Se si provasse a uscire dai problemi del linguaggio, dalla gabbia dei segni?
Non era forse questo il problema comune tanto a mies, quanto a koolhaas? (tanto per ricordare gradi di parentela evidenti che sembrano rimossi?).

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