PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
 
  Oggi il 11/10/2007
Opinioni
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di Paolo G.L. Ferrara
Brutta cosa la consapevolezza di essere stati emarginati dal contesto in cui, nel passato, si fatto il bello e il cattivo tempo. A venticinque anni dallapice del successo, Paolo Portoghesi arranca spaventosamente verso la ricerca di un passato che non c pi, il che non colpa di alcuno se non dellinevitabile innovazione della societ, che la linfa vitale della cultura, ovvero il contesto in cui Portoghesi ha fatto, per lappunto, il bello e cattivo tempo per molti decenni. E allora, se linnovazione identificata nella globalizzazione, ecco che a questa che Portoghesi addossa la responsabilit dellappiattimento del linguaggio architettonico, talmente forte da sfociare nellomologazione, che non tiene pi conto del luogo in cui gli edifici vengono progettati.
Per Portoghesi, infatti, larchitettura contemporanea tesa alla ricerca di un accresciuto valore pubblicitario derivante dalla contrapposizione rispetto al paesaggio e al tessuto urbano, un'affermazione che annulla qualsivoglia contenuto possa avere l'architettura contemporanea, il che sappiamo non essere cosa fondata, tutt'altro.
Quello che pi dispiace (senza ironia) che una personalit comunque di indubbio rilievo per la cultura architettonica italiana, si sia auto esclusa dal dibattito proficuo solo per difendere delle posizioni anacronistiche, in crisi gi negli anni 80 e oggi definitivamente seppellite. Una posizione, questa di Portoghesi, che salta a pi pari il lavoro di critica storica che andrebbe fatto in riferimento ai significati delle architetture da lui criticate: piuttosto, si gettano tutte nel calderone dellinutilit, della irrefrenabile voglia di griffe che -si dice- hanno gran parte degli architetti-star.
Architetti- star? Idiozia bella e buona, che per oramai permeata (spesso con connotazione negativa) nelle modalit di espressione di molti critici. Eppure, tutti i grandi artisti sono automaticamente delle stars; il pi capire che significato si d al termine stella. Indubbio che ci sia qualcuno che interpreta larchitettura quale mezzo per raggiungere popolarit, ma bene fare molta attenzione: i nomi degli architetti famosi non sono conosciuti se non dagli addetti ai lavori, come daltronde sempre stato. Si provi a fare un sondaggio tra la gente comune e ne verr fuori che Libeskind, Gehry, Eisenman, Meyer, Piano, Fuksas, Foster, etc. sono assolutamente sconosciuti al 90% di essa.
Di pi: paradossalmente, questo stesso 90% conosce di certo Michelangelo, Palladio, Le Corbusier, Wright.
Ma non finisce qui. Michelangelo, Palladio, Le Corbusier, Wright sono conosciuti perch la loro architettura parte integrante dei luoghi in cui la gente vive, il che per non significa che se ne conoscano anche i contenuti, ci che spinse i progettisti ad esprimersi secondo quel determinato linguaggio. Detto ci, tra molti anni Libeskind, Gehry, Eisenman, Meyer, Piano, Fuksas, Foster, etc.non ci saranno pi, ma ci sar la loro architettura, che non sar pi griffata (se mai lo stata) bens parte dei contesti in cui le generazioni future vivranno.
Reputo assolutamente pretestuoso che si parli di architetti-stars solo perch la loro popolarit molto pi immediata rispetto a quanto non lo fosse quella degli architetti del passato: solo una questione di velocit della diffusione dellinformazione, niente di pi. Lo sappiamo bene tutti quanti, dunque chiuso largomento.
Piuttosto, dovremmo interrogarci di come linformazione possa oggi essere approssimativa, forse forzatamente, causa appunto la sua veloce diffusione: se non scrivi dappertutto, non esisti; se non sei citato in articoli, non esisti; se non sei invitato a questa o quella conferenza, non esisti. E se non esisti sei escluso. Tutto ci valido per solo per chi crede che fare architettura significhi avere visibilit, essere noti al grande pubblico, avere recensioni e citazioni che avvalorino le capacit professionali che si esprimono attraverso il progetto.
Leggendo larticolo di Luigi Prestinenza Puglisi Sono quattro le correnti di pensiero, pubblicato su "Il Sole 24 Ore" lo scorso 29 gennaio, traspaiono quelle che sono le condizioni secondo le quali oggi ci si deve muovere per esserci.
Se qualcuno crede che, prima di affondare il coltello, tesser le lodi di Prestinenza per tenermelo buono, bene, si sbaglia di grosso. Non ho mai messo in discussione le persone, bens le loro idee, il che dice tutto.
Larticolo citato quanto di pi pericoloso possa essere scritto, pericoloso perch si rischia nuovamente di fare cadere tutti nella trappola delle codificazioni, rischio ancora pi da evitare se vero che larchitettura italiana sta da anni facendo un grande lavoro per mostrare le sue qualit. La morte di Philip Johnson, pi che lenfasi delle celebrazioni, dovrebbe evidenziare i danni che la codificazione arreca allarchitettura e farci riflettere su quanto insidioso sia cercare di farlo nuovamente, soprattutto alla luce delle critiche che lo stesso Prestinenza non ha mai lesinato a Manfredo Tafuri e alla sua irrefrenabile voglia di catalogare la ricerca italiana del secondo dopoguerra, decretandone poi il fallimento.
Ora, il citato articolo un elenco ben ponderato dall'autore, in cui rientrano molti di coloro che stanno muovendosi alla ricerca di visibilit extra progettuale, progettisti non certo di livello tale da potere essere considerati parte della nuova generazione italiana e tra i quali si trovano gruppi e singoli le cui opere costruite...sono ancora su carta. Mettere di tutto un p solo per non scontentare nessuno un grave errore di gestione della posizione di critico-storico che Prestinenza rappresenta, soprattutto se consideriamo che la sua PresS/Tletter nata con l'obiettivo di svolgere un ruolo dinformazione di un certo rilievo, usando come va usato il sistema della e mail. Ci che pi mi stupisce che Prestinenza si comporti esattamente come fanno tutti coloro che lui stesso fustiga nellarticolo pubblicato su LArca del gennaio 2005 (in cui critica aspramente -e condividiamo- il modus in cui si svolgono i concorsi in Italia):"[...] Vi , infine, il ruolo della stampa. Il professionista, non pago di fare insieme il critico e laccademico tender anche a controllare una testata, sia questa un triste ma ben finanziato bollettino di dipartimento o una rivista a diffusione nazionale. Pu servire come strumento di scambio, di pressione e come vetrina dove scrivere articoli di apprezzamento in cui, in attesa di favore, modestissime figure vengono paragonate ai grandi e libri noiosissimi passati per fondativi da recensori dilettanti che non esitano a scomodare pensatori mai letti [...].
Suddividere -per lennesima volta nella storia- in categorie leterogeneit della ricerca italiana significa castrarla e, soprattutto, trasmettere un messaggio davvero poco attendibile, utile esclusivamente agli architetti citati affinch ne sia legittimata lesistenza. Il pi che molti di essi altro non sono che dei manieristi veri e propri e non certo nellaccezione positiva del termine, nonostante cerchino di infarcire i loro progetti di profondi significati che, ad unattenta analisi, risultano assolutamente enfatici.
Ma di questo argomento parler in una serie di appositi articoli di prossima pubblicazione, in cui esaminer i singoli progettisti citati dallautore. Per adesso, non resta che rammaricarsi del fatto che Prestinenza abbia sforato oltre i margini di This is tomorrw, un testo che di contenuti ne aveva di certo, soprattutto perch ci poneva davanti a delle inevitabili riflessioni sulla situazione contemporanea della ricerca.
Ma anche nella PresS/Tletter c qualcosa che non quadra: le interviste ai protagonisti sono pi da rivista popolare che non da giornale critico. Pochi degli intervistati hanno saputo trasmetterci con poche parole il loro pensiero (Purini, Pica Ciamarra, Savi, e pochi altri). Soprattutto, sono interviste poco educative per i giovani architetti: domande del tipo il nome di un edificio famoso che non le piace affatto, senza che chi risponde possa approfondire i perch, nascondono insidie di grandi fraintendimenti, oltre a non essere, francamente, di spessore critico. Il gioco dellaereo poi davvero da evitare, tanto privo di contenuti.
Capisco bene che per molti sconosciuti lessere intervistati da Prestinenza il mezzo per apparire pi facilmente, ma non colpa loro...bens di Prestinenza stesso, che dovrebbe capire chi pu dare contributi propositivi attraverso queste interviste tra il serio e il faceto, e chi no. La prova? basta leggerle tutte e salter subito allocchio chi ha saputo dare risposte adeguate al tipo dintervista e chi si preso troppo sul serio (gli sconosciuti, appunto). Ad esempio, quando gli intervistati affermano che una certa architettura li repelle, sarebbe il caso che ci dessero le opportune spiegazioni dei perch. E, mi spiace, ma la scusante che si tratta di un gioco non mi convince assolutamente: Prestinenza un critico, e allora deve esserlo, sempre, lasciando i giochini a chi del critico non ha lo spessore. Riuscire a recuperare le premesse con cui nata PresS/Tletter unoperazione non pi procrastinabile: in caso contrario, gli obiettivi culturali su cui Prestinenza lha ideata si ridurranno ad un notiziario davvero poco utile che oggi, oltre a fare ombra a quanto di qualit Prestinenza stesso pubblica sul suo sito personale, rischia di fare ombra ad interventi eccellenti quali quelli di Diego Caramma o al pungente Ipse dixit di Luca Guido. Sono questi due casi che dimostrano che Prestinenza, comprendendone il valore e le potenzialit, sa ben scegliere a chi accordare fiducia e possibilit. Ma per questo che davvero non mi spiego perch lo stesso debba fare con chi (e Prestinenza lo sa bene) non vale a tal punto da essere citato nelle suddette categorie. Il pi che in esse mancano gruppi quali quello di Alberto Iacovoni (ma0), architetto che merita tutta lattenzione possibile per le sue certe capacit. Ma forse, non riconoscendosi in alcuna categoria, chi non stato citato semplicemente contento di non esserlo stato, e magari qualcuno dei citati...non avrebbe voluto esserlo. Chiss.

Luigi Prestinenza Puglisi risponde:
Caro Paolo Ecco le mie risposte alle tue puntuali osservazioni. 1. E vero che il fatto di appartenere allo Star System poco dice della bravura o meno di un architetto. Ma anche vero che da un po di tempo, a mio parere, alcune star girano a vuoto godendo di una rendita di posizione che spesso li spinge a essere la brutta copia di se stessi. Penso alle ultime cose di Libeskind alla, per me, non convincente installazione di Eisenman a Castelvecchio e alla pessima della Biennale. So che su questo non siamo daccordo. Mi rendo conto che dovrei articolare maggiormente largomentazione, ma per ragioni di spazio adesso la butto come una affermazione e presto spero di tornarci. 2. Il mio articolo sul Sole 24 ore che tu citi vero- tenta una veloce catalogazione. E la mia malattia: io credo che le catalogazioni siano utili. Devi per considerare due cose. Primo: che alla catalogazione avrebbero seguito articoli pi motivati su ciascuno studio che, difatti, da un paio di numeri appaiono con scadenza settimanale su Edilizia e territorio. Secondo: che la catalogazione non implica giudizi di valore ma solo un modo strumentale di ordinare un panorama altrimenti confuso. Una cosa dire che le persone possono essere divise in un certo modo, altra pensare che chi fa la catalogazione ami indistintamente tutto. Del resto nellarticolo parlo esplicitamente di esperienze di differente intensit. Come sai, sono per esempio critico verso coloro che chiamo post-tradizionalisti. Ma non voglio cadere nellerrore di far finta che non esistano e mettere tutto nel calderone dellindistinto. Inoltre ci non toglie che alcuni di questi architetti che io definisco post-tradizionalisti abbiano prodotto edifici di valore, anche se suscitatori di interrogativi che ripeto- con un giudizio motivato su di loro e sulle loro opere tratter nei prossimi numeri di Edilizia e territorio. 3. Riguardo a Tafuri, non mi risulta che le sue colpe siano nella catalogazione. Semmai nellaver ignorato o sottovalutato fenomeni importanti quali le correnti radicali e sperimentali, nellaver tentato di uccidere la critica operativa e di aver dato spazio smisurato agli storicismi formalistici e alla triade Quaroni, Gregotti, De Feo. 4. Riguardo alla mia posizione, faccio il critico e basta. Non ho attivit professionale. Campo grazie a unaltra attivit che non ha niente a che vedere con la critica. Dallinsegnamento universitario di un corso di storia contemporanea, che faccio con estremo piacere, di cento ore traggo 600 euro lordi allanno, ripeto: seicento euro lordi lanno. Non vedo nulla di male, in termini di incompatibilit, se dirigo la presS/Tletter che ho inventato e che oltretutto gratuita e si pone il compito di fare critica e informazione. Permettimi ma la tua affermazione a riguardo della confusione dei ruoli infondata e velenosetta. 5. Per quanto riguarda presS/Tletter non ti sar sfuggito che suo obiettivo porre una serie di punti di vista molto precisi ( con lOpinione, Focus ecc), dare informazione anche intelligentemente tagliata ( Ipse dixit, libri, cinema) ma essere totalmente aperta al dibattito e a tutti i punti di vista e a quello che succede. Chiunque, purch nei limiti della legge e nel campo dellarchitettura, pu dire quello che vuole. Chiunque organizzi qualcosa avr spazio. 6. Mi accusi che le interviste siano frivole, da rivista popolare. Ti rispondo dicendo che sciocco voler essere sempre seri. Inoltre molte verit scomode traspaiono dietro le domande che possono sembrare sciocche. A una domanda secca non si scappa. E si risponde anche non rispondendo, eludendo la domanda, dando risposte poco acute. Non sempre c bisogno di chiedere il perch di una preferenza. Tu mi dici: Prestinenza un critico e allora deve esserlo sempre. Io ti rispondo: io non sono sempre un critico, ma comunque credo che si possa fare critica in molti modi. Quando tutte le interviste saranno insieme, vedrai che spaccato dellarchitettura italiana che ne uscir. 7. Mi dici che nella lista del Sole mancava Ma0. Hai ragione, per non so quale strana ragione sbagliata- considero Ma0 come una derivazione di Stalker e quindi se cito uno ripeto: a torto- non cito laltro. E di bravi architetti ne mancavano altri. Me ne dolgo ma questo il pericolo di qualsiasi elenco. In un numero successivo di Edilizia e territorio Molinari ha citato altri trenta architetti molti dei quali mi ero dimenticato. Segno che la situazione migliore di quel che le riviste fanno trapelare. A proposito, quando che con Antithesi vi occuperete di parlare monograficamente degli architetti italiani e dei giovani? Aspetto anche di avere da te lelenco di coloro che io cito come architetti di un certo interesse ma che, a tuo giudizio, non lo sarebbero e si starebbero muovendo solo cito le tue parole- alla ricerca di visibilit extra progettuale. Spero di aver risposto a tutto Amici pi di prima Luigi
  ...
  8/2/2005
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