Renzo Piano a Punta Perotti (Bari)
di Sandro Lazier
- 28/4/2000

(fonte: Corriere della Sera, 9 giugno
2000)
E non si nasconde più nemmeno l’architetto Massimo Napolitano, che
con Vittorio Chiaia ha progettato Punta Perotti. "Quel progetto - confessa
- è una bruttura urbanistica. Noi volevamo che gli edifici fossero paralleli
al mare, così non avrebbero chiuso l’orizzonte. Poi è intervenuto
Renzo Piano che ha preferito la posizione perpendicolare per dare a tutti
i proprietari la possibilità di avere la vista sul mare e sul borgo antico
e di essere al riparo dalla tramontana". Tuttavia i due architetti baresi
non hanno mai ritirato la loro firma dal progetto. "È vero - dice Napolitano
- perché il nome di Renzo Piano ci dava lustro. E poi, lo confesso, siamo
caduti non dico in una trappola, ma in quel giro d’affari".
(fonte: Corriere della Sera, 11 giugno 2000)
– Intervista a Renzo Piano.
Domanda: ma lei li conosceva bene i progettisti di Punta Perotti?
Risposta: "Li conoscevo e li conosco, certo… Dopotutto questo erano
Chiaia e Napolitano: solo i progettisti". …
"Bé, ogni imprenditore fa sempre il suo interesse. E anche questa volta,
non mi sembra appropriato accusare solo Matarrese, che avrebbe fatto appunto
i suoi interessi. Ecco: come si può, in questi casi, affidare il rispetto
dell’ambiente e tutto il resto al buon senso dell’imprenditore?
E’ alla legge che bisogna affidarsi".
L’indifferenza di Renzo Piano verso le implicazioni
sociali dell’architettura è disarmante.
Lo ha sempre dimostrato la neutralità tecnologica delle sue costruzioni;
quindi non stupisce più di tanto il buon “Pilato” Piano.
Chiede leggi in una terra che ne somma il doppio di qualsiasi altro paese
civile, sapendo benissimo che l’esuberanza le rende inefficaci.
Assolve l’”imprenditore” che, secondo lui, ha diritto d’essere
ignorante, egoista, cinico per natura e privo di buon senso; ovviamente
tacendo di stimarli molto.
C’è da chiedersi: come può un uomo totalmente privo di tensione morale,
e quindi poetica, essere considerato il massimo architetto italiano? La
cultura di un popolo è da sempre la sua coscienza sociale. Si può costruire
una splendida architettura ma che senso ha culturalmente se sopra ci si
pone un patibolo?
La perizia tecnica non ha rilievo se la responsabilità intellettuale la
sovrasta. Per questa ragione, un qualsiasi uomo di cultura come minimo
si sarebbe indignato e avrebbe denunciato con forza una tale volgarissima
speculazione edilizia.
Come si può affermare: "Dopotutto questo erano Chiaia e Napolitano:
solo i progettisti? " Lo dissero anche gli avvocati che difendevano
gli architetti nazisti dei forni crematori. La logica è la stessa, mi
pare: una totale astrazione etica.
E’ quindi ora di dire basta a questi pseudo-tecnocrati-artisti figli
di un razionalismo decotto e totalmente estranei alla realtà democratica
della vita reale, che dissimulano la loro aristocratica indifferenza nascondendo
la testa nella sabbia molle della neutralità professionale. O prendono
posizione e si schierano con chiarezza o escano dal mondo della cultura
che conta.
Questi personaggi, ed i loro difensori ed accoliti, alla cultura non servono
e al paese, ma questa è una mia personale convinzione, sono infine dannosi
perché sottraggono spazio all’azione impegnata, viva e schierata
di quei pochi che ancora credono nella forza degli ideali.
E poi, per i giovani studenti, sono un pessimo modello.
(Sandro Lazier
- 28/4/2000)
Per condividere l'articolo:
Commento 9001 di Nicoli del 12/10/2010
Egregio Sandro Lazier ,
non si può non essere daccordo con Lei sulle valutazioni dell'"archistar" Piano, che nell'intrvista di oggi 12 ottobre 2010, sul Corriere della Sera ci darebbe anche lezioni di morale, davvero insopportabile!
Cordsialità, Piero Nicoli.
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