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Ci sono 17 commenti relativi a questo articolo

Commento 6622 di lilly greemens del 30/12/2008


Mi dispiace, caro Sandro Lazier... ma fare del qualunquismo generico affossando tutto nn porta a nulla... si fa la fine del marito che x fare dispetto alla moglie, etc, etc...
I spunti di riflessioni che tu metti sul piatto sono sacrosanti e veri... si fatto sfregio del decostruttivismo barattandolo con i soldi e il profitto... e' vero... ma bisogna fare nome e cognome... chi l'ha fatto (libenskind sicuramente, un po' purtroppo la Hadid, etc...) e chi no (vedi Gehry)... Come bisogna fare dei distinguo sugli Ordini... mi trovi completamente d'accordo se x Ordine parli del CNAPPC, capeggiato da Raffaele Sirica da almeno un decennio ed eletto antidemocraticamente (ogni Ordine vale 1, ossia un presidente che rappresenta 15.000 iscritti ha lo stesso potere di voto di un presidente che ne rappresenta solo 100!!!), che pur di andare a braccetto con il potere di turno ha venduto, uno ad uno, TUTTO... vedi codice appalti: a parole si detto contrario all'appalto integrato... a fatti NO, anzi ha esultato quando nn si riuscito a toccarlo!!!... Come x la riforma delle professioni, si detto contrario e ha fatto una gran cagnara buttandola sulla difesa delle tariffe (come se avesse sempre controllato qst) solo xch si stava tentando di eleggere i rappresentanti del Consiglio nazionale in modo democratico... qst la verit... Bisogna seguire le vicende, prima di buttare tutto nel calderone!!!
Gli Ordini provinciali, invece, nel limite del loro potere (di fatto con il Governo pu parlare solo il consiglio nazionale) si stanno battendo, certo chi + chi -, almeno x dare voce ai problemi e x proporre iniziative concrete... Non facciamo del facile qualunquismo, che porta a gran battute di mano alla Grillo ma ci lascia + scemi di prima... nn cambiando nulla!!!
Senza Ordini, certo si pu sopravvivere... cos come sono, senza una seria e vera riforma nn possono fare molto... ma davvero credi che staremo meglio??? Le battaglie da fare contro chi usurpa ogni giorno la nostra professione sono troppe... e con il qualunquismo e l'individualismo che gira, credi davvero che le cose possano andare meglio??? Io credo fermamente di no... serve UNITA' tra architetti... meglio se tra veri architetti, cercando un modo, una via x eliminare il superfluo sdoganato senza senso negli ultimi decenni dalle universit...
La battaglia contro l'universit sacrosanta... l la piaga di tutto!!!... E sono pi che mai attuali le ragioni che Zevi urlava... se era un esamificio 30anni fa... ora un import/export dozzinale, dove la cultura nn abita + da decenni... il peggio che i giovani architetti ne escono anche con tanta boria, si sentono delle neo-archistar solo xche' sanno smanettare con i rendering, sanno fare il copia&incolla; (il computer ha facilitato di molto il nefasto sistema dei "riferimenti", combattutto a sangue da me e pochi altri!!!)... ma chiedi loro di fare una semplice sezione (nn dico uno spaccato assonometrico, che te li giochi) e potrai constatare tutto il loro limite di percezione spaziale... purtroppo nn nemmeno colpa loro xch lo spazio, la visione dell'idea in testa (la sola che ti permette poi di disegnarla con qualunque mezzo)... nn viene + insegnata... xch chi insegna (la maggior parte, le eccezioni, che ci sono, nn riescono ad incidere... purtroppo) nn sa vederla, nn ha mai saputo vedere l'architettura!!!
Il vero problema, caro Lazier, tentare di tenere la barra + che mai dritta... senza ripensamenti, capisci che la guerra contro le archistar fa comodo al potere di turno, o no??? Vogliamo forse ri-assistere al neo-ismo vario??? neo-razionalismo, neo-post-modernismo, etc, etc???
NO GRAZIE....
Le potenzialit del linguaggio decostruttivista sono + che mai VIVE, infatti il vero linguaggio architettonico segue un filo rosso con la storia (l'eritreo greco, le citt medioevali, il barocco borrominiano, le avanguardie del '900, etc...)
E' la contro-storia che ci deve guidare... nn scivolare su qst... vuoi unirti, forse, all'imperante richiamo dei nostalgici degli anni 30, ricostruendo l'arco dell'Eur e facendo rivoltare nella tomba, + di quanto ha dovuto in vita, il popolo Libera??? Attenzione!!!
Parliamo, gridiamo, urliamo affinch RITORNI LA CULTURA DEL PROGETTO e nn il protagonismo solo dei PROGETTISTI divenuti famosi!!!
Cerchiamo di indirizzare la nostra rabbia verso un fine... che deve essere quello delle pari opportunit x tutti... che invece dalla legge Merloni fino al Codice degli appalti hanno tolto... lo sai o no, che x fare un concorso in Italia devi essere scelto come progettista (fatturato, numero dei dipendenti, sconto sulla tariffa, etc) e nn x l'idea che proponi??? Fino a che le cose stanno cos, davvero l'Architettura muore... lentamente... ma sta morendo... Quindi che facciamo, aboliamo gli organi che potrebbero aiutarci??? NO... costringiamoli ad aiutarci davvero, controllandoli!!!
AUGURI anche a te ;)

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30/12/2008 - Sandro Lazier risponde a lilly greemens

Postilla all'articolo.
A puro scopo dissuasivo di termini come qualunquismo, pressapochismo, grillismo e altre ingiustificate accuse che potrebbero venire da ulteriori commenti non appena si tocca il tema degli ordini e dell'universit, di seguito propongo i seguenti link di approfondimento:
Ordini professionali contro larchitettura di Beniamino Rocca - 29/7/2003
La qualit dell'architettura per legge - di Sandro Lazier - 8/8/2003
Abolire l'ordine degli architetti - di Sandro Lazier - 2/11/2003
Ancora sull'abolizione dell'ordine degli architetti - di Sandro Lazier - 26/11/2003
Sulla riforma dell'ordinamento professionale - di Alberto Scarzella Mazzocchi - 19/10/2006

 

Commento 6625 di lilly greemens del 30/12/2008


Errata corrige: volevo dire "povero Libera"... ma ho scritto "popolo"... scusatemi... palesamente un no-sense... ma, incosciamente, potrebbe pure avere senso... ;)

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Commento 6627 di Renzo marrucci del 30/12/2008


Cara Lilly, chi ti dice che per tenere la barra dritta ci sia bisogno degli Ordini professionali? Hai una ricetta segreta nascosta da qualche parte? Faccela vedere... Altrimenti dopo il disservizio reso continuare davvero da tosti ma da tosti per davvero! La casa degli architetti dovr essere ricostruita semmai e se ne vale la pena... Quest la mia idea...e se gli architetti si accorgono... che la societ di oggi demanda al collettivo che oggi assente nella presenza, ossia c' ma non si esprime e accetta perch ha paura di progettare il futuro...allora come minimo cambieranno le cose e si andr avanti migliorando sulle ceneri della vecchia casa incrostata sul vecchio che non funziona e che a tenere in piedi costa pi in termini di arretratezza culturale e organizzativa che altro... Come mai il settanta per cento degli architetti non vogliono... e si interrogano nella crisi di valori e della professione che oggi stiamo vivendo e pagando carisssima sia in termini di vita che di economia che di educazione che di cultura e di tutto altro? La cui realt, cos come , tutto sommato, torna bene a chi torna bene... Mentre agli architetti non torna solo nulla di fatto ma purtroppo funge da ancora alla paura del progetto... Vivacchiare nella vecchia casa non va pi bene ed il dovere morale coincide con un po di coraggio... per il bene di tutti...

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Commento 6631 di christofer giusti del 30/12/2008


Signor Lazier,
ottima sintesi!
le porgo i miei saluti e i miei auguri per un buon 2009!

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Commento 6634 di renzo Marrucci del 30/12/2008


iL Giusti che cosa si aspettava? Che da questa finestra ne uscisse che cosa?
Di quale reticenza parla? Voleva fonti di accusa verso chi si conosce solo per l'arresto segnalato dalla stampa su qualche attivit ? Credo che non solo abbia male interpretato e pardon: male capito... Ma ha anche male agito perch il compito quello di capire il problema e misurarne se possibile l'entit morale come architetti e farne materia di coscienza e importante di discussione .... N un processo n un blaterare sulle spalle della gente... e se cos lei lo avesse capito... sono davvero allibito!
Che il 2009 gli porti consiglio caro signor Giusti.

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Commento 6635 di Maurizio de caro del 30/12/2008


sandro carissimo, intanto ricambio gli auguri e spero che il nuovo anno ti porti quella serenit che l'architettura ti toglie.
non ti risponder perch conosci il mio pensiero. vorrei chiederti,invece se pensi che il "nostro mondo"non faccia parte di un sistema pi ampio (il nostro paese) che non ha nessun interesse per la cultura, la lealt professionale, la corretta concorrenza.
le invettive fanno male a tutti fuorch ai destinatari. invece di rassegnarci non meglio diventare archi-star e contrastare ad armi pari star, starlette, maestri presunti, geni incompresi, intellettuali di nicchia, invidiosi e invidiosetti?
per vincere ogni guerra, specialmente culturale, servono forze ingenti. le parole,belle come le tue possono solo rendere meno amara una prevedibile sconfitta
Un abbraccio
Maurizio


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Commento 6637 di renzo marrucci del 31/12/2008


Il nostro paese non ha interesse alla cultura? Alla lealt ed alla competizione? Ma il paese che cosa si crede che sia? Diventare archistar? Se son parole al vento son proprio piene di vento... Aspiranti a veleggiare di fiume? Di mare non mi sembra!


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Commento 6639 di christofer giusti del 31/12/2008


Tanti tanti auguri all'italia che se ne sbatte della cultura e dell'equit, ma che, una volta per tutte, ha la giusta rappresentanza in chi, per mera popolarit, disposto a fare leggi che consentano la prevaricazione dei figli di puttana sugli onesti!
e chi vuol lavorare, dio buono, diventi star se ne capace, non faccia l'invidiosetto!

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Commento 6656 di renzo marrucci del 02/01/2009


A Cinici devo dire che avevo ben capito e mi son servito della sua prosa per nulla comica per sviluppare una riflessione. Si poteva capire ma co
munque niente di particolare. A me interessa che si comprenda il dato ambientale ed il livello di degrado della politica e della societ italiana. Apprezzo lo spirito comico ma il mio umile parere che deve fare ancora esercizio ... pi utile del rancore ma vero... siamo entrambi dilettanti.
Di Casamonti o simili, sempre che sia dato per certo....perch non ho ancora letto l'ordinananza che mi auguro sia aderente alla realt... Fosse che fosse la volta buona? Potrebbe venirne fuori qualche cosa di buono e almeno una volta ne potrebbero spuntare i funghi, quelli che asfissiano le piante se son sane, in questa italietta politicizzata secondo ideali sopraffini e di ispirazione, badi bene : Popolari... e via dicendo. Non mi interessa scagliarmi su quello che si vede... Sento dall'odore quello che c' nell'aria e nessuno tira s neanche un ciglio... Sfuriate e basta... Cosa vuole signor Cristoforo, sar per la mia origine contadina ma io non ho uno spirito retorico e senza spinta o contenuto non mi si muovono le mani. Spero apprezzi il buon umore e non se la prenda ma se non conosce il lavoro duro buon segno o almeno me lo auguro... Libero di capire come desidera meglio, ci mancherebbe altro... E in fin dei conti meglio le parole che sassi o monetine e... Poi basta !

...

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Commento 6762 di pietro pagliardini del 24/01/2009


E' ben strana questa nostra professione, perch sono totalmente in disaccordo con lei su ci che riguarda l'architettura ma potrei sottoscrivere il suo augurio di buon anno per tutto il resto.
In particolare sono assolutamente favorevole all'abolizione degli Ordini professionali che, coscientemente o no, in buona o cattiva fede, sono strumento di collusione nel sistema bacato dei concorsi, costituiscono un freno alla crescita degli studi con le loro litanie parruccone sui minimi inderogabili (non finir mai di benedire Bersani, pur non essendo a lui vicino politicamente), non servono pi, o forse non sono mai serviti, se non in tempi remoti, a garantire un minimo di rispetto delle norme di deontologia, perch intervengono solo "dopo" la magistratura, cio quando non serve pi e diventa un inutile accanimento, invece che prima, quando tutti sanno e si chiudono gli occhi e potrebbero prevenire. insomma, sono una palla al piede e un danno per i professionisti, o almeno per gli architetti. Gli ordini interpretano il loro ruolo di garanti di corretti comportamenti in maniera burocratica, vagamente forcaiola e giustizialista, invece che comportarsi come il buon padre di famiglia con i propri figli. Certo la colpa anche nei numeri parossistici dei nostri iscritti che rendono difficile, se non impossibile, un simile atteggiamento ma questo un motivo in pi per eliminarli, non per potenziarli, visto che attualmente sono solo un piccolo, o meno piccolo, centro di potere contrattuale.
Mi domando quanti siano gli architetti che la pensano allo stesso modo. Davvero non saprei quantificare. Immagino siano tanti, silenziosi anche se, credo, non maggioranza. Come poter fare emergere questo dato? Come poter trovare un modo di fare sentire la nostra voce? Io proprio non ho risposta. L'unica sciocchezza che mi viene in mente fare un logo e metterlo in testa ad ogni sito o blog che favorevole all'abolizione degli ordini, con una brevissima spiegazione. Non granch, mi rendo conto, ma meglio di niente. Ci pensi sopra un p.
E, tanto per evitare sospetti di opportunismi, qualunquismi, grillismi ed altro, come dice lei, le dico subito che io sono stato consigliere dell'Ordine di Arezzo per molti anni, per pi anni di tutti i miei colleghi, fino al momento in cui, nel 2002, ho sbattuto la porta e ho dato le dimissioni da consigliere in carica.

Quanto all'architettura, beh, non voglio farla lunga ma io credo che ripartire dalla met del secolo scorso, come lei auspica, significa ripercorrere gli stessi sbagli, riprendere gli stessi difetti che hanno portato alla degenerazione di cui adesso sempre pi si stanno accorgendo, piantare l'albero sullo stesso terreno sbagliato.
Direi che il tarlo sta proprio in quegli anni da cui lei vuol ripartire, l'idea di dover cancellare e rifare, l'assurda pretesa di cancellare la storia, l'automatica trasposizione della modernit della macchina nell'architettura, scelta pi da avanguardia artistica che non da metodo adatto all'architettura, all'edilizia, all'ambiente di vita dell'uomo.
Non mi interessano "gli stili", parlo di un'ideologia perversa, spesso coltivata in assoluta buona fede, che mette al centro dell'interesse un architettura auto-referenziale (proprio come gli Ordini) che non tiene in alcun conto l'oggetto del prodotto per cui esiste la stessa architettura, cio il suo abitante, l'uomo, l'individuo, la persona, il committente, il cittadino, lo chiami come vuole.

La storia dell'architettura moderna una storia tutta interna ad una casta, esattamente come la scuola interna a interessi sindacali e politici dei vari soggetti, ad eccezione degli studenti che ne pagano le conseguenze, come la sanit al servizio di medici e infermieri e personale vario, invece che del malato, ecc.

La casa per l'uomo e non per l'architetto. Lo so, le potr sembrare banale, semplicistico, ingenuo, scontato.
Per spesso la verit la pi semplice, la pi banale, la pi scontata che si possa dare. Tanto per fare una verifica basta domandarlo a persone non addette ai lavori: perch esiste l'architettura?
Vedr cosa le risponderanno.

Con stima
Pietro Pagliardini

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24/1/2009 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Gentile Pietro Pagliardini, le devo una risposta in due parti.
La prima riguarda larchitettura delle archistars che lei dice autoreferenziale.
Io non credo che appoggiare le proprie tesi critiche su un ideale uomo, abitante, individuo, persona, committente, cittadino, buono per tutti i tempi e per tutte le cifre, possa portare da qualche parte restando immuni dal contagio retorico e, mi consenta, demagogico.
Tutta larchitettura fatta per luomo, compresa quella che lei contesta. Ma per noi lo devessere per luomo doggi, non per un uomo generico fuori del tempo e della storia; perch la condizione di questuomo attuale, e la coscienza che ha di s, non sono pi centrali rispetto alluniverso come avveniva in passato, tanto da giustificare larchitettura del passato. Lumanit vive oggi con coscienza una condizione periferica e cosmologicamente insignificante rispetto alla vastit e complessit delluniverso. Se compito della cultura essere interpreti e critici del proprio tempo, non si pu certamente essere attori di questa nuova tragica condizione richiamandosi allumanesimo del rinascimento e del neoclassico, questi s autenticamente disposti alla centralit, universalit e anastoricit degli ideali e dei fatti che li realizzano. Luomo forte con pensiero forte, cos padrone di s e del mondo da potersi permettere e auspicare una concezione condiscendente e conciliante della vita e dei viventi, roba daltri tempi. Quella che lei definisce degenerazione, quindi, non si pu pi attribuire alla stanchezza ideale di un uomo forte ma, al contrario, la ricerca di un pensiero forte da parte di un uomo ideologicamente molto debole. Se c difetto ed errore in qualche architettura recente, questo imputabile alla maniera, al ripetersi e abituarsi alluso formale, stilistico che, come per il passato, riconcilia con una blasfema convinzione di superiorit. Il male maggiore non sta nellautoreferenzialit (che attiene la scrittura architettonica con la quale occorre convivere) ma nel suo svilirsi in calligrafia pura e semplice.
La seconda riguarda labolizione dellordine degli architetti.
La profonda differenza ideale che divide il nostro modo di intendere e fare architettura la ragione prima per cui io e lei non dovremmo stare sotto la stessa chiesa. Per quanto riguarda un sondaggio tra i lettori non credo che molti gradirebbero prestare il proprio nome per la sottoscrizione di una richiesta cos radicale. Ma si pu provare.

 

Commento 6770 di Renzo marrucci del 24/01/2009


Abolizione degli ordini professionali? Sono perfettamente in sintornia con Pagliardini. Fotocopie sbiadite di un sistema a perdere che riesce a essere dannoso pi che altro agli iscritti e non un caso che non rap> presenti le problematiche della vita e della relt professionale della quale oggi ci troviamo ormai in balia. Triste ragione ma ragione!
Si tratta solo di attendere che gli architetti riprendano fiato o prendano coscienza... Magari scossi dalle teorie qualche matematico umanista o chiss da quale filantropo di montagna... Una disamina impietosa sulla scienza della incapacit a diventare trasparenti o....piatti come veline nonostante lo spessore del corpo in carne ed ossa... Uscir anche se i sociologhi dormono sonni profondi e parentali.
Ecco! Ora capisco anche io... Ma non c' alcun bisogno di chiamarlo Carolina, Caro Giannino...visto che il pi bravo degli onesti in Italia rischia di fare il massimo del suo schifo in queste condizioni di sbando della giustizia e del senso di libert. La libert come una bistecca... La mangi da dove ti pare, cominci con i tuoi strumenti a tagliare da dove l'occhio si posa sopra. E' come fare una vera scelta...L'ambiente dove vivi e operi non deve fare altro che pensare a te! Prende i tuoi soldi e la tua anima e la tua fiducia e se poi ti illude di pensare a te...
Interessanti le considerazioni sui sassi di Matera...Meriterebbero un serio approfondimento!

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Commento 6772 di renzo marrucci del 24/01/2009


ABOLIRE GLI ORDINI NON VUOL DIRE ANARCHIA
Gli ordini professionali gestiscono l'esistente in modo vecchio e superato, bisogna avere il coraggio di abolirli per rifondarli in modo aderente alla realt.
Riconquistare e obbligare a riconquistare la partecipazione attiva degli architetti che preferiscono RAGIONEVOLMENTE ignorarne l'esistenza. I problemi che oggi affliggono la professione non trovano casa in questo Ordine che chiede denaro come una tassa obbligata agli iscritti senza dare neppure il ricontro nei termini della tutela della professione che svolge senza nessuna dinamica nei confronti della so
ciet che cambia in ogni momento dietro qualsiasi impulso i termini del dibattito.

ABOLIRE GLI ORDINI VUOL DIRE RIFLETTERE PER DARE ORDINE E COSCIENZA
AD UNA STRUTTURA CHE HA PERSO LA SUA RAGIONE DI ESSERE
Occorre una struttura in grado di dialogare E RAPPRESENTARE I PROBLEMI DEGLI ARCHITETTI con le autorit e LE ISTITUZIONI SOCIALI per svolgere il dovere di capire e proteggere gli interessi dei suoi iscritti ed il loro rapporto con la societ. Occorre una struttura rifondata e moderna, attuale, in grado di essere all'altezza delle problematiche che sussistono oggi. Concorsi, gare, incarichi, professionalit e specializzazioni, competenze e limiti nella societ costituiscono la materia primaria dove urgente una costante volont ad assumersi responsabilit specifiche di critica e controllo Osservate il recente caso Casamonti... Nessun Ordine se ne vuole occupare sia pure in termini deontologici e per comprendere ed esaminare come mutato il rapporto tra societ e professione mentre ci sarebbe una notevole propensione da parte degli iscritti a capire, silenzio e silenzio inconprensibile... Mentre la societ restringe e affievolisce i campi e i margini anche culturali della professione e celebra incontrastate le stars dell'architettura... Schiere di giovani e meno giovani validi architetti mordono la polvere o sono condannati a perseguire livelli di contrattazione marginali ed umilianti senza l'interessamento fattivo di nessuno. Tutto ci va contro ogni volont di possibile ripresa della ricerca e della architettura italiana

Renzo Marrucci

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Commento 6773 di giannino cusano del 25/01/2009


WARNING: intervento LUNGO

Scusi, Pagliardini, ma il suo ragionamento non mi torna.
Se il passato, anche di 50 anni fa, si studia per coazione a ripetere, lei ha perfettamente ragione. Ma se lo si studia criticamente per discernere ci che vivo da ci che morto oggi, le sue valenze attuali -spesso trascurate e represse- da quelle divenute abitudini e frasi fatte, le cose sono differenti e siamo in totale disaccordo.

Lei scrive:

Direi che il tarlo sta proprio in quegli anni da cui lei vuol ripartire, l'idea di dover cancellare e rifare, l'assurda pretesa di cancellare la storia, l'automatica trasposizione della modernit della macchina nell'architettura, scelta pi da avanguardia artistica che non da metodo adatto all'architettura, all'edilizia, all'ambiente di vita dell'uomo.

Detto cos, sembra che la storia sia un fiume con un suo corso naturale prestabilito che la modernit ha improvvisamente deviato. Non si spiega, allora, come mai si sia tanto diffusa la modernit. Il movimento moderno, invece, ha una sua chiara storicit e necessit: ha radici antiche, come dimostra assai bene il saggio di Zevi Architettura e storiografia gi nel 1950, anno della sua prima edizione.

N si pu ridurre la questione della macchina a questione ideologica o di gusto da avanguardie senza comprendere la necessit storica del problema.
Affrontarlo signific e significa esattamente poter ricominciare a costruire per l'uomo. Espressione, per inciso, che detesto per almeno 2 ragioni: 1. la donna, i gay non sono forse persone?; 2. il concetto di persona non sovrastorico.

Detto questo, l'architettura moderna nasce perch centrale e drammatico il confronto col problema e l'et della macchina, anche: della produzione di massa, delle condizioni di lavoro -creativo e non- che poneva, delle modalit di produzione e della conseguente alienazione del lavoro meccanizzato nell'era della rivoluzione industriale e dell'esplosione urbana e demografica. Non si comprendono l'urlo d'angoscia dell'espressionismo, altrimenti, o il gioco dadaista o il macchinismo futurista volto a rompere il feticismo del passato, vero ostacolo a una comprensione del passato pi profonda perch attuale.
Si trattava e si tratta anzitutto di capire a quali condizioni possibile la qualit nella societ di massa, con citt che raggiungono in poco tempo dimensioni spaventose, mai viste prima e che non accennano a fermarsi sfuggendoci, il pi delle volte, di mano. E non si tratta di qualche palazzotto o grattacielo malriuscito.

Ma la modernit nasce ben prima del '900, con un signore che coglie la straordinaria modernit di alcuni assunti del medio evo: William Morris, Non era un neomedievalista, ma uno che cerca nella storia problemi analoghi ai nostri per estrarne indicazioni di pregnante attualit e di contenuto.
Non fu un caso se il socialismo inglese delle origini - ma non solo- si pose in quest'ottica. Dal lato la cooperazione al consumo del socialismo fabiano dei coniugi Webb, dall'altro quello della cooperazione di produzione del gildismo di D.H.Cole cui, tardi, approder anche Morris. Le gilde sono la rilettura in chiave (allora) contemporanea delle arti e mestieri medievali. Incarnano un programma sociale e produttivo prima che artistico e trovano formidabili correlativi nelle Arts & Crafts e nella Morris, Marshall, Faulkner & co, l'impresa ideata da Morris per produrre parati e oggetti di design e dimostrare che la sua alternativa era possibile. Non fu un caso isolato in Inghilterra e non a caso quelle idee si diffusero immediatamente in tutto l'occidente.

Morris pone anzitutto questioni di sostanza, di contenuto: dell'architettura come oggetto non gliene frega nulla, se non come prodotto-strumento per vivere. E se i modi di produzione sono la serializzazione meccanizzata dell'ovvio, avremo ambienti e citt invivibili. Dall'impulso di Morris non nasce solo la Red House: nasce la citt giardino di Howard, per es., progenitrice delle New Towns.
Lui contrappone alla produzione industriale l'artigianato, e in questo soccombente, ma la gamma di problemi che Morris mette sul tappeto , tutta intera, il background programmatico e di contenuti con cui l'architettura moderna dovr fare i conti se non vorr ridursi ad astratta questione di preferenze estetiche e di gusti.
E cos sar: l'Art Nouveau ricorrer alla linea come strumento per piegare i trafilati tipici del modo di produrre "odierno" a un volere artistico, o (Jugendstil e Hoffnmann) per forgiare un'arte "per tutti" sinceramente borghese, scevra da nostalgie, travestimenti e complessi verso il mondo artistico aristocratico.

E cos sar per The Art & Craft of the Machine di Wright del 1909, documento che di fatto impronter tutta la sua attivit; cos sar per la Maison Dom-Ino o la Citrohan di L.C., risposta differente che consisteva nel mettere a punto oggetti-alloggio che incorporassero alti tassi di qualit sociale e spaziale per produrli in serie battendo la produzione massificata e abbrutente sul suo stesso terreno. E lo stesso vale per il design, il Werkbubnd, il Bauhaus ecc ...

Abbiamo, poi, avuto altre, nuove rivoluzioni industriali e tecnologiche che hanno riproposto la questione in termini inediti: la seconda (operai altamente specializzati, prefabbricazione ecc.), la terza, quella elettronica delle trasferte flessibili degli anni '80, corrispondenti alle ricerche di Renaudie: produzione di serie senza standardizzare il prodotto finito. E poi la rivoluzione informatica odierna, sempre pi legata alla produzione di idee. Sono problemi dei modi di produzione e di utilizzo del prodotto, non questioni astratte: riguardano i nostri cambiamenti di mentalit e di relazioni sociali.
Sono le condizioni al contorno odierne della sfida della qualit e della umanizzazione dalle quali non si pu prescindere se non si vuol combattere contro i mulini a vento o evocare le anime dei tempi defunti.

Per quanto riguarda i sondaggi, ci credo poco in generale: figurarsi in architettura. Lei leggerebbe Dante o l'Orlando Furioso senza un minimo di preparazione preliminare? Penso di no. A maggior ragione vale per ville Savoye, Bear Run o Sant'Ivo. Perci, spesso quello che pensa "la gente" non l'espressione della sua "anima nuda" ma di mal digeriti rigurgiti del passato ridotto a luogo comune. In ogni epoca liberarsi dagli stereotipi la premessa fondamentale per cogliere il proprio tempo: il nostro non fa eccezione.

Ralph Erskine sopra tutti, a mio avviso, amava dialogare con gli utenti per comprenderne necessit e istanze: l'ho accompagnato un giorno intero in giro per Maratea, durante un convegno In/Arch tenutosi l. Parlava con la gente. Si capivano a segni, a voltwe tradcevo. Insomma, credo, grazie a lui e alla sua sorridente curiosit, di aver inalato e compreso cos' la vita di una stradina irregolare, una piazzetta, uno slargo insignificante, un panorama, una collina soleggiata o meno, una schiera di case di pescatori al porto. Una lezione che non dimentico, perch la gente si comporta come la vita oggi, indipendentemente dalle frasi fatte che ognuno di noi pu avere nella testa.
Come sia, Erskine ha impiegato 5 anni in interviste, dialoghi, compilazione di schede con gli abitanti di Byker, prima di mettersi a progettare. Dovendo vincere le resistenze e le gelosie dei politici e la diffidenza della popolazione che temeva chiacchiere invece di fatti. Ma l'ha spuntata: per fortuna della popolazione di New Castle e nostra.
Questa modernit.O sbaglio?

G.C.

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Commento 6774 di Pietro pagliardini del 25/01/2009


Gent. mo Sandro Lazier,
la ringrazio per la sua risposta che ha il grande pregio di costringere a riflettere. E io, nonostante la mia faziosit sono sempre affascinato dal pensiero altrui, specie se diverso ma frutto di convinzione e ragionamento. Se poi, anche rispetto a questo, io mi esprimo spesso in maniera sbrigativa e liquidatoria, ci dipende sia da aspetti caratteriali sia dal mio convincimento che sempre opportuno rimarcare le differenze, nel rispetto degli altri, perch dal conflitto chiaro e leale che possono emergere le rispettive qualit. Gli equivoci producono confusione e zone grigie e, pur sapendo che la vita fatta di zone grigie, che in fondo costituiscono il punto di contatto tra posizioni diverse e spesso consentono la soluzione e la sintesi dei problemi, credo anche che laddove possibile bene mantenere non le distanze ma la propria individualit. E un po come in politica: se le rispettive posizioni sono limpide si possono fare scelte bipartisan, in caso contrario si fanno solo imbrogli.

A questo punto direi che ci che ci divide o meglio ci che ci distingue non tanto lespressione architettonica diversa che ognuno di noi sponsorizza ma qualcosa che viene un po prima. La sua sintesi della condizione delluomo contemporaneo ideologicamente debole ma alla ricerca di un pensiero forte ha elementi di verit ma sulle risposte a questo stato che divergono le nostre opinioni.

1) Intanto luomo di oggi non biologicamente diverso da quello di ieri e anche dal punto di vista antropologico non credo si possa parlare di una mutazione improvvisa; per questo il costringere lo stesso uomo di sempre in ambienti e spazi che creano disagio psicologico sar anche in linea con la moda e la cultura dellimmagine del tempo (occidentale)ma non con la sua immutata condizione di uomo. Ora io credo che non possano esserci dubbi sul fatto che il vivere allinterno di una casa del centro storico piuttosto che nellunit di abitazione (prendo questa come esempio classico) sia condizione molto pi appagante e gratificante per chiunque: operaio, intellettuale e, soprattutto, architetto.
2) C poi un altro aspetto da considerare: poich in questo mondo dichiaratamente tollerante e relativista dove sono accolte tutte le espressioni umane e tutte le diversit possibili, guarda caso non hanno diritto di asilo idee e progetti come quelli di Lon Krier (sempre per esempio) che deve trovare un Principe (ironia della sorte) per poter vedere realizzati, con discreto successo, gli esiti di quelle idee e di quei progetti.E impossibile che progetti di quel tipo possano vincere un concorso aperto, a meno che tutto non parta da unorganizzazione che ab origine imposti tutto in quella direzione; a meno che, cio, non si riesca ad opporre una conventicola ad unaltra conventicola. Il che per altrettanto impossibile. In fondo non si chiede che diritto dasilo e, nella logica contemporanea, pari opportunit, che invece vengono negate persino laddove si interviene sul tessuto storico.
3) C inoltre chi crede che si possa rispondere a quella condizione ideologicamente debole con un pensiero che non ne assecondi la debolezza, che non aumenti langoscia, che proponga un modello forte, o ritenuto tale, che ha retto migliaia di anni. Vi sono inoltre gruppi di cittadini e interi popoli che, nonostante tutto, conservano un pensiero e unideologia forte, che hanno forti legami di appartenenza e di identit, etnica, religiosa, politica, territoriale e che, magari, gradirebbero conservarla. E invece viene loro negato da un relativismo che, contraddizione di termini, diventa arrogante perch vuole relativizzare tutti. Io credo che al fondo vi sia questo: non luomo, cio tutta lumanit contemporanea, ad essere debole ideologicamente ma una parte, quella potente, quella ricca, che vuole imporre il proprio modello di vita relativista agli altri popoli e alle minoranze, e che accetta le diversit solo allinterno di quel modello.


Vengo adesso alla questione Ordini. Intanto dico che quellidea che le ho espresso del tutto estemporanea e, mi creda, mi venuta in mente mentre scrivevo il commento. Poi invece ci ho ripensato e mi sembra abbia una sua validit, pur conoscendo le difficolt di mettere daccordo gli architetti.
Intanto le dico subito che non vorrei stare in nessuna chiesa, n con lei n con altri. Per quanto mi riguarda per me esiste una Chiesa, cui porto molto rispetto, n ho frequentata, in anni remoti unaltra di chiese e mi bastato.
Diciamo che occorre trovare un minimo denominatore che, in questo caso, mi sembra relativamente facile, cio il fatto che gli Ordini hanno perduto ormai la loro funzione storica, che in passato hanno avuto quale espressione di professioni liberali in un mondo non caratterizzato dai grandi numeri. Allo stato attuale lordine solo un organo burocratico che, qualunque riforma venga fatta, diventerebbe ancor pi burocratico, visto che verrebbe ad esso demandato il compito (e i relativi finanziamenti) di fare aggiornamento. Io credo che laggiornamento debba essere frutto di libera scelta e comunque non demandato ad un organo cui si debba essere coattivamente iscritti per legge, cio fondamentalmente unappendice dello stato.
Io credo nel principio della libera concorrenza e nelle libere dinamiche della societ.
Diffido personalmente dei sondaggi via Internet, credo per nella capacit di diffusione delle idee che la rete pu svolgere. Se qualcuno inventa un marchio, un logo, con una brevissima motivazione capace di trovare elementi di unit e non di divisione intorno allidea dellabolizione dellordine, se pi blog e pi siti lo mettono in prima pagina (questa la difficolt vera perch o siamo un numero sufficiente o non serve a niente) sono certo che arriveranno commenti e, comunque vada, un dibattito si susciter, tanto pi interessante e vivo proprio perch avverr in blog e siti tanto diversi ideologicamente e culturalmente.
Ne riconosco le difficolt di avvio che possono anche tradursi in un clamoroso flop ma, se loperazione riuscisse a partire con un certo numero di adesioni, sono sicuro su un esito positivo in termini di acquisizione di opinioni, di dibattito, senza pensare al risultato finale.
Il risultato consiste nel fatto stesso che se ne parli.

Non c fretta, possiamo riflettere, possiamo, ognuno di noi, interpellare chi conosciamo o con cui abbiamo contatti. Non deve esserci nessuna organizzazione strutturata, nessuna primogenitura, nessun presidente o segretario. Solo la manifestazione individuale di unopinione comune.

Se mi consente un po dironia dovr essere come la citt storica: la somma di tanti gesti individuali che hanno dato origine ad un gesto collettivo.
Mi scusi per la mia prolissit.
Cordiali saluti
Pietro Pagliardini


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Commento 6775 di giannino cusano del 26/01/2009


Scrive Pagliardini"... luomo di oggi non biologicamente diverso da quello di ieri e anche dal punto di vista antropologico non credo si possa parlare di una mutazione improvvisa; per questo il costringere lo stesso uomo di sempre in ambienti e spazi che creano disagio psicologico sar anche in linea con la moda e la cultura dellimmagine del tempo (occidentale)ma non con la sua immutata condizione di uomo."
Dunque saremmo fatti di impulsi biologici ... Peccato che, per esempio, negli animali l'istinto materno dura il tempo dello svezzamento del cucciolo, negli esseri umani no. Strano, vero? Ovvio: gli "istinti" e la biologia (o, come usa oggi, la "psicobiologia") non bastano a spiegare il comportamento umano e la vita sociale, a diferenza degli animali. Certo, ci sono predisposizioni e condizionamenti biologici: ma da qui al comportamento reale il passo non breve n scontato.
Tanto che lo stesso Freud abbandon presto l'ambiguo termine "Istinkt" per introdurre quello pi articolato e complesso di "pulsione" ("Trieb"). La differenza fondamentale: la pulsione una forza propulsiva che non implica risposte predeterminate alle sollecitazioni dell'ambiente ma risposte flessibili, relativamente poco scontate, elaborate con l'inventiva e la cultura. Perch nella risposta pulsionale entrano in gioco proprio fattori culturali e storici.

Non mitizziamo, per favore: tutto da dimostrare che i centri storici fossero pensati per gli esseri umani. Sono pensati per ammassare gente (plebe, non popolo) in poco spazio e spostarla quasi di peso quando faceva comodo ai nobili detentori del potere, che talvolta avevano su di loro quasi diritto di vita o di morte. Basta andare in un qualsiasi Archivio di Stato per rendersi conto, da documenti dell'epoca, delle condizioni vessatorie in cui vi erano tenuti quelli che erano non cittadini ma sudditi. E talvolta la morosit delle esose pigioni, che tenevano la gente in stato di pura sopravvivenza, veniva punita con la morte: cos nella Roma papalina del 1500, per es. E nei casi peggiori, accompagnate dall'accusa di eresia, le teste dei morosi mozzate venivano appese e messe in bella mostra su picche disposte in fila sui parapetti di Ponte Sant'Angelo. Forse le abitazioni di oggi sono bruttine, ma abbiamo degli standard ignoti nei tanto lodati centri storici. Basta andare nell'archivio storico del notariato di una citt (per la mia, Potenza, l'ho fatto, a suo tempo) per capire cos'erano i "bassi" e come viveva davvero la gente. Ne ho, del resto, ancora ricordi indiretti -per mia fortuna- che risalgono alla mia infanzia: c'erano, a un passo da casa mia, persone che vivevano non nella povert ma nella miseria. Ammassate padre, madre e 8 figli in una stanza seminterrata, umida e buia adiacente, per esempio, a quella del carbone che vendevano per vivere. Del resto, l'affollamento a Testaccio -dove la tubercolosi era endemica- poteva raggiungere non di rado 8 persone a stanza in condizioni di promiscuit davvero bestiali. Siamo ai primi del '900. E le case del Testaccio sono internamente davvero bruttine, a essere buoni.
Se si considera storicamente la questione, si vede che i tanto vituperati standard razionalisti -luce, aria, ventilazione, igiene, dimensioni minime tollerabili degli spazi ecc.- sono stati un enorme e serio avanzamento di civilt. Mille volte meglio le case popolari dell'IACP di quelle dei centri storici, spesso buie e malsane e fatte per tutto tranne che per "l'uomo". Altro che la speculazione edilizia di oggi!.

Si domanda, poi, Pagliardini come mai " in questo mondo dichiaratamente tollerante e relativista dove sono accolte tutte le espressioni umane e tutte le diversit possibili, guarda caso non hanno diritto di asilo idee e progetti come quelli di Lon Krier (sempre per esempio) che deve trovare un Principe (ironia della sorte) per poter vedere realizzati, con discreto successo, gli esiti di quelle idee e di quei progetti."
Eh gi: in questo mondo tollerante e "relativista" (cio anti-assolutista) tutte le costituzioni dei paesi democratici vietano espressamente di darsi in schiavit. Che scandalo! Quale grave limitazione alla libert!
Ricordo un giornalaio fascistissimo. Brava persona. Ogni volta che mi incontrava, mi obiettava:- Tu sei democratico e devi difendere il mio sacrosanto diritto di avversare la libert. Io, invece, che democratico non sono, ho tutto il diritto di combattere la democrazia con ogni mezzo per poter instaurare una dittatura e vietare a quelli come te di parlare- Regolarmente gli rispondevo sorridendo: - Vitto', cca' nisciun' fess': democratico si, masochista no! :) -
Il punto che le democrazie non devono e non possono sottoscrivere, in nome di una male intesa libert, il proprio suicidio. La tolleranza non una mole e vile virt: la tolleranza combattiva. E le democrazie aborrono e combattono per principio costitutivo le dittature e gli assoluti. Si liberi a partire da una serie di "no": la libert assoluta non esiste. E, anzi, questa serve solo a uccidere la libert. Ogni libert "relativa" e storicamente determinata.
Per quanto riguarda gli Aldo Rossi o i Krier, per me potevano benissimo fare a meno di nascere: non avremmo perso nulla. Anzi ... :)

Se "relativista" (altra orrenda e ambigua espressione: puzza di privilegi contro il diritto comune; di alto clero, insomma, e poco cambia se cardinalizio o da Komintern o da MinCulPop) per lei significa "senza principi", temo che si sia sbagliato di grosso :)

G.C.

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Commento 6776 di pietro pagliardini del 26/01/2009


Giannino Cusano, non intendo contestare punto per punto le sue affermazioni. Per direi che, a pura logica, il fatto che l'uomo continui ad allevare il suo cucciolo anche dopo lo svezzamento sarebbe proprio la prova di quello dico io. Se l'uomo smettesse prima allora la cultura avrebbe prevalso.

Ma qui mi fermo perch mi sembra che vi sia da parte sua una sorta di pregiudizio ideologico che fa perdere il buon senso: paragonare uno stile architettonico alla schiavit! Non le sembra un p grossa?
Lei mi conferma con le sue iperboli che ho colpito alcuni nervi scoperti.
Saluti
Pietro Pagliardini

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Commento 6777 di giannino cusano del 26/01/2009


Scrive Pagliardini:

" ... mi sembra che vi sia da parte sua una sorta di pregiudizio ideologico che fa perdere il buon senso: paragonare uno stile architettonico alla schiavit! Non le sembra un p grossa?"

No

"Lei mi conferma con le sue iperboli che ho colpito alcuni nervi scoperti."

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