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Commento 62 di enricogbotta del 01/03/2002


Ho avuto modo di seguire la presentazione di IaN+ a Firenze, e anche di apprezzare le osservazioni e le questioni poste da Paolo Ferrara. In un contesto dove l'entusiamo, per altro comprensibile, di presentare un gruppo "giovane" nell'occasione di una mostra aveva un po' accentuato i toni positivi, Ferrara ha avuto la fermezza, per cosi' dire, di sollevare comunque delle critiche utili a fare si che la discussione non si riducesse ad una semplice pacca sulla spalla anche un po' imbarazzante.
Condivido il giudizio complessivamente positivo, se non altro in qualita' di cartina al torna sole, del lavoro presentato. E' vero che manifesta un atteggiamento nuovo, anche se e' innegabile che i progetti fornivano suggestioni piuttosto che formulazioni concrete, non ancora se non altro.
Purtroppo, per motivi di tempo, non mi fu possibile allora, e sono lieto che se ne presenti l'occasione ora, di porre una domanda.
Se prendiamo il lavoro visto -ma allargherei il discorso all'atteggiamento generale alle dichiarazioni di intenti, come espressioni di un nuovo approccio alla progettazione- quali sono i veri punti di innovazione, non solo rispetto alle realizzazioni precedenti, ma anche rispetto alle formulazioni teoriche? Cioe' dove risiede il vero segno della novita'?
Nel computer, come hanno detto Galofaro e Saggio, no. Il computer in se' non e' un aspetto significativo, anche perche le applicazioni a cui il computer in qualita' di strumento si presta sono numerose e di varia natura, anche ontologica.
La novita' non e' riducibile ad un fatto meramente generazionale, e anche questo viene ribadito dai panellisti.
Bene, sappiamo dove "non" sta la novita', ma ancora non abbiamo individuato un elemento, un tema, una visione che siano "di rottura".
La tematica edificio/paesaggio e' una tematica lecorbusieriana, cosi come il tetto giardino usato da IaN+ nel progetto per la piazza che hanno esposto, o wrightiana. La tematica dello spazio libero da vincoli (cosi come, ancora, il rapporto tra lo spazio architettonico e il paesaggio) e' una tematica miesiana... la descrizione che Luca Galofaro ha fatto degli edifici compresi nel progetto gia' citato mi ha fatto piu' volte pensare alla Casa Tugendhat di Mies.
Questo mi fa dedurre che il lavoro di IaN+ sia in continuita' col modernismo. Le influenze sono anche altre, alcuni hanno nominato le avanguardie Archigram, Superstudio, ma forse il vero ponte e' il Gruppo X, anche per il linguaggio visivo. Beh insomma, ma allora la novita' dove sta?
Faccio un tentativo...
Credo che sia il computer sia "l'eta' " siano fattori importanti di differenziazione, e siano le due cose che, forse piu' di altre, contraddistinguono o sono utili a distinguere gli architetti da un certo punto in poi rispetto ai loro predecesori. Perche una svolta generazionale c'e' stata ed e' stata determinata dal computer. In termini assolutamente generali, sino a un certo punto il computer non aveva nessun ruolo, da un certo punto in avanti lo si e' dato per scontato. Gli studenti che si immatricolano ora credo che difficilmente presenteranno il loro progetto per composizione 1 disegnando con stecca e squadra, e se lo fanno pianificano di imparare ad usare un software piuttosco che comprare il tecnigrafo. Quindi computer ed "et" sono elementi fondamentali per capire i cambiamenti su larga scala nell'ambito dell'architettura, dalla formazione alla professione.
Poi, entrando nel dettaglio, non e' piu' una questione di computer in quanto tale. Pero' e' innegabile che un "certo" uso del computer invece rimane come fattore di novita'. Il cad che riproduce il disegno manuale non aggiunge niente al significato dei segni tracciati. Un uso "creativo" del computer invece si. Fermo restando che questo possa non essere il caso di IaN+, e' un fatto che l'utilizzo di programmi non prettamente "architettonici" abbiamo prodotto cambiamenti radicali nel modo di pensare l'architettura. Ed e' qui l'importante, non certo la stravaganza delle forme che si possono ottenere da un calcolatore.

Un vero cambiamento nel modo di pensare l'architettura, e per nuovo intendo qualcosa che si differenzi non solo dalle opere costruite sino a ieri ma anche dalle idee pensate fino ieri, e' veramente auspicabile, forse siamo solo all'inizio, forse ci vorra' la prossima "IT revolution" perche il cambiamento arrivi davvero. Chissa'.

un saluto,
enrico g.botta

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1/3/2002 - Paolo G.L. Ferrara risponde a enricogbotta

Il pericolo è sempre lo stesso e poco, a mio parere, dipende dal mezzo usato: formalisti e scopiazzatori con la matita o con il computer non fa differenza. Ora, per non copiare o fare i formalisti si deve avere una base forte, imprescindibile: la preparazione culturale. Non necessariamente una laurea in architettura. L'uso creativo del computer non è altro che l'accellerazione del processo di rappresentazione di quello che il progettista ha già creato nella sua mente, e che solo egli può vedere finchè non lo rende esplicito attraverso i disegni.
Caro Botta, non posso negare il fondo di verità che c’è nelle Sue affermazioni: novelli progettisti al cad spuntano come funghi, e se non si ha capacità di riconoscere quelli non nocivi si rischia grosso.
Personalmente, credo che il vero cambiamento dei modi di pensare l’architettura sia conseguente ai nuovi modi di pensare la società. Estremizzo: il modo di pensare l'architettura cambia pari passo al modo di pensare la (e della) società. Il computer c'entra poco. Nessun romanticismo o enfasi della grafite: solo la consapevolezza che le potenzialità del mezzo sono enormi, ma per sfruttarle a dovere bisogna in primo luogo capirne i limiti. Quel che conta, ripeto, è la testa. Trenta anni fa anche Purini si esprimeva attraverso i disegni e ne ha fatto un momento basilare della sua visione dell’architettura. A prescindere se essa fosse condivisibile o meno, aveva dei concetti da esprimere. Ecco, dai giovani ci si aspetta che diano nuova propulsione al pensiero di architettura, tenendo presente che qualcosa di nuovo lo si può dire anche rendendo il passato “contemporaneo”.

 

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