Tutti i commenti all'articolo Don Camillo e l'architettura moderna

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commenti all'articolo: Don Camillo e l'architettura moderna di Ugo Rosa
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Commento 789 di >>Isabel Archer
27/9/2004


Ragazzi siamo pronti ad una nuova resistenza per larchitettura contemporanea?
Parole sempreverdi:
In questa miscela di compromessi e di superficialit, di rimpianti e di rinunce, di adulazioni e di opportunismi, la falsa cultura si fa complice dellaffarismo e delle vanit pi pacchiane, lambizione si ammanta di inesistenti competenze, la burocrazia e lignoranza si associano automaticamente contro ogni idea viva, contro ogni libera discussione, contro ogni prova dei pi meritevoli e meno compromessi architetti italiani. (G. Pagano, 1941)
Parole che tornano:
Lartista nuovo ha perduto la fede in una tradizione italiana, e di contro alle pretese di questa si costituito un nucleo di formule, forse non chiare n definitive, ma che hanno unefficienza reale ed una reale consistenza: oscura e sotterranea intuizione della verit. Fa nulla che il contatto con larte europea sia, nellartista nostro, quasi unimposizione dallesterno; egli conquista il suo valore non perch crede in un gusto che sente, forse, irrazionalmente, ma perch ha bisogno di neutralizzare il peso di una costante tradizione, di sentirsi pi libero che sia possibile. In questo modo egli compiutamente un europeo. Il superamento di questa posizione non consister mai nellopposizione a una tesi cos illuminata e chiaroveggente, ma nel risolvere il problema di unarte italiana creando la razionalit, cio lintima esigenza di un gusto moderno. (E. Persico, 1934)
Profezie:
Il problema dellarchitettura nuova in Italia diventa quello stesso dellarte in generale. Gli artisti debbono affrontare, oggi, il problema pi spinoso della vita italiana: la capacit di credere a ideologie precise, e la volont di condurre fino in fondo la lotta contro le pretese di una maggioranza antimoderna. Queste esigenze rinnegate dalla refrattariet ideale dei nostri polemisti costituiscono leredit che noi lasceremo alle nuove generazioni, dopo aver sentito inaridire la nostra vita in un problema di stile; il pi alto ed inevitabile della cultura in questo oscuro periodo della storia del mondo. (E. Persico, 1934)


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Commento 787 di >>Irma Cipriano
24/9/2004


A parte che il fare un paragone tra architettura moderna e nouvelle cuisine - e gi, si scrive cos - fa un po' ridere, mi pare che Lei abbia fatto di tutto un minestrone (per rimanere sulla cucina tradizionale, cos Lei pi contento).
Comunque il ritratto finale da Lei tracciato sostanzialmente questo: architettura moderna uguale fallimento, architettura tradizionale (vorrei da Lei una definizione di architettura tradizionale, per cortesia, l'ho cercata sul Pevsner-FLeming e non l'ho trovata!) uguale vittoria totale sul campo sempre vincente dell'uomo comune che vive, si sa, di ideali peggio di quelli del Mulino Bianco. ( ! )
Fino a quando continueremo a raccontare la favola che la gente vuole le case con le colonne e gli archi e magari il mattone a vista finto rovinato? Diciamo che la gente vuole questo perch architetti ignoranti e privi di inventiva l'unica cosa che san loro proporre. Che la gente voglia determinate cose, e che quindi il nuovo fallisce sempre, ci che dicono di solito i dittatori o i conservatori della peggior specie, che temono sempre l'arrivo di qualcuno pronto a togliere loro il pezzetto di potere che hanno ottenuto lisciando il pelo a chi di dovere.
Anche se poi fosse davvero cos, ha senso scusi continuare a costruire schifezze? Siccome la gente vuole Veline e Grande Fratello diamo loro solo ed esclusivamente Veline e Grande Fratello? E gli altri? Gli altri snob che non se li vogliono cibare ( ! ), si arrangino. La sera invece che guardare la tiv, se ne vadano in quei covi da carbonari che sono i ristoranti di cucina "destrutturata". E che ci si strozzino.


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Commento 785 di >>Andrea Pacciani
22/9/2004


In risposta ad Irma Cipriano.
Condivido il tutto, solo che se vado in un ristorante di nouvelle cousine,con poca competenza, probabilmente non mi piace niente e non ci torno pi, e se lo scrivo su un quotidiano (non sulla Treccani) non si inalbera nessuno.
Esistono invece ancora ristoranti che praticano gastronomia tradizionale di alto livello di cui posso apprezzare l'alta qualit anche con poca competenza gastronomica.
E' questo il germe che ha portato al continuo fallimento dell'architettura e dell'arte moderna nel rapporto con il pubblico: non si pu apprezzare con poca competenza.
Inoltre in architettura moderna si vuole convincere la gente ad abbandonare la cucina tradizionale per la nouvelle cousine in maniera definitiva perch espressione della cultura proprio tempo supponendo una competenza e un gradimento unilaterale del pubblico.
La mia impressione che, metaforicamente ma forse anche architettonicamente (quanti sono i ristoranti di alta cucina high tech, post-razionalisti o destrutturati che funzionano?) , i ristoranti dell'architettura moderna siano sempre pi vuoti, in cui la gente non vuole andare affollando le pizzerie con antipasti di pesce e gli agriturismi.
Purtroppo per tutti coloro che hanno coltivato il sogno moderno, dai futuristi in poi, bisogna che si rassegnino al fatto che ci che il tempo ha decretato valido non diventa mai obsoleto ed sempre ricercato dalla gente perche ci si identifica con facilit; questo credo sia sufficiente per continuare a diffonderlo con qualit a partire dall'architettura, con la stessa dignit di qualsiasi sperimentalismo dagli incerti risultati.

Pertanto continuo a non capire perch sia vietato in architettura coltivare cultura regionale e tradizionale di alta qualit in continuit con le certezze del passato, con le risorse e le necessit di oggi come concesso in ogni ambito di cultura materiale.


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Commento 783 di >>Irma Cipriano
22/9/2004


In risposta a Pacciani e Buora.
Si dice che tutti abitano e vivono le citt e le architetture. E che quindi, usufruendone, hanno diritto a parlarne. Vero e giusto. Come si ha diritto allora di parlare di gastronomia, di moda, di arte, di letteratura. Perch tutti, fino a prova contraria, mangiano, si vestono, leggono e hanno gli occhi per vedere. Certo , che se io non ho alcuna competenza in arte o in gastronomia, cerco di evitare di scriverne un articolo su un giornale. E' questione di saper capire i propri limiti e, quindi, di buon senso. Tra amici, ad esempio, capita spesso di parlare di cose di cui un po' si capisce, anche se non sono pane quotidiano, ma mai si avrebbe la presunzione di scrivere un'articolo su Bobbio sulla " Rivista di filosofia ". O di insegnare ad un grande chef come si cucina un piatto anche se a mala pena si sa fare un uovo in padella. Il diritto di critica sacrosanto, ma o viene accompagnato da conoscenze e competenze oppure da molta umilt e percezione dei propri limiti. Purtroppo la presunzione e la saccenza non sono amiche del buon senso. Che dovrebbe far anche capire quando da una discussione meglio ritirarsi.


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Commento 782 di >>Andrea Pacciani
22/9/2004


Solo la competenza fa apprezzare la qualit. E' un assioma che vale per tutta la cutura materiale che circonda: dalla gastronomia, all'arte, alla lettura, alla moda, ai motori, allo sport.
Il dibattito architettonico contemporaneo nega ogni competenza a chi architetto preparato non che tra l'altro colui che deve vivere quotidianamente quegli spazi su cui non pu proferir giudizio.
Purtroppo l'arte e l'archiettura moderna contano su un apprezzamento che non fondato solo sull'esperienza diretta ma sulla conoscenza di tutto ci che vi sta dietro disciplinarmente o sull'emozionalit dell'evento.
Ma l'architettura e la citt sono oggetti d'uso quotidiano, prolungato nel tempo per generazioni dall'intera collettivit e non oggetti di consumo destinati ad addetti specialistici nel tempo breve.
Da qui la competenza di base nella nostra disciplina appartiene a tutti per il semplice motivo che tutti vivono, abitano, lavorano, frequentano, viaggiano.... Anzi questa competenza si affina col tempo senza essere architetti o aver studiato scegliendo luoghi da visitare, personalizzando i propri ambienti.
Facciamo tesoro degli interventi dei pochi non addetti ai lavori che si avvicinano a questo mondo cercando di capire perch sono costretti a vivere in posti che non piacciono, in cui non si identificano e non si capacitano dell'incomunicabilit dell'architettura contemporanea con la loro vita civile


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Commento 781 di >>Ugo Rosa
21/9/2004


Risposta al commento n. 780
Lei, gentile signor Buora, mi simpatico per tre motivi che prover a descriverle.
Mi simpatico, in primo luogo, perch, dall'isola che non c', mi fa sapere che avrei dovuto rispondere a Langone non su Antithesi, bens direttamente sul Foglio.
Magari, che dice, con un bel paginone a sei colonne, giusto per pareggiare il conto e lavorare ad armi pari?
Bastava chiederlo a quel sant'uomo di Giuliano Ferrara:
"Egregio signor Ferrara, mi favorirebbe un bel paginone sul Foglio ch avrei da sfotticchiare un po' l'amico suo Langone?
Certo si accomodi, vuole l'edizione del sabato oppure quella del marted?
Facciamo cos, mettiamolo gi a puntate e lo alleghiamo come gadget insieme ai pensieri di babbo natale e alla pipa di braccio di ferro".
Mi rendo conto che, nel paese dei campanelli, le cose funzionano effettivamente cos. In questo, purtroppo, no.
Perci (mi auguro che Sandro e Paolo non se la prendano e non si sentano, da questo, sminuiti) ho dovuto accontentarmi di Antithesi.
Lei mi simpatico, inoltre, per via della sua efficienza nel trattare le virgolette. Possiede il segreto del virgolettato esaustivo: ha stabilito che le tredici
parole da lei selezionate sono "il nucleo del mio articolo" e non c' verso di farle cambiare idea. Con lievi modifiche al suo metodo astringente potrei, se d'accordo, mettere su una distilleria letteraria ed estrarre il sugo, mettiamo, della Divina Commedia, in ventiquattro parole: "Scrittore di mezza et incontra anziano poeta ormai defunto che lo accompagna in curioso itinerario ultraterreno: episodi divertenti e situazioni insolite. Finale a sorpresa."
Non credo che Dante potrebbe lamentarsi del trattamento: abbiamo infatti isolato il nucleo.
Lei mi simpatico, in ultimo, perch mi ribadisce che se io non sono cattolico non c' problema. Grazie di cuore per la sua bont d'animo.
Detto questo, per, pare che le chiese siano affar suo e che io farei meglio a togliermi dalle scatole. Ecco una concezione della convivenza civile che mi sfugge. Davanti a casa mia c' una chiesa, mio figlio esce a giocare in uno spazio urbano che configurato dalla chiesa, eppure se mio figlio non cattolico deve, semplicemente, tacere, togliersi di mezzo e lasciare decidere al cattolico come deve essere la chiesa che configurer poi gli spazi di tutti noi che viviamo in citt: cattolici, islamici, atei, buddisti e ind. Con la medesima, ineffabile, logica, gli insegnanti di religione cattolica vengono stipendiati dallo stato e dunque anche da me che cattolico non sono.
Bene: l'Italia non sar il paese dei campanelli ma ci si avvicina moltissimo. E vede, caro e gentile signor Buora, io, per la verit, avevo parlato di "sinistri cigolii" e non di "sinistri scricchiolii" ma devo ammettere ancora una volta che lei un virtuoso della virgoletta: ha perfettamente ragione, adesso i cigolii sono diventati scricchiolii e temo che se continuasse a scrivere si trasformerebbero in qualcosa di ancora peggio. Perci mi faccio definitivamente da parte: non vorrei trovarmi in mezzo alle rovine. Mi permetta per di citarle un autore che, date le sue frequentazioni teologiche, lei dovrebbe conoscere a menadito, Angelus Silesius (Il pellegrino cherubico, I, 267):
"Amico, se sempre una sola cosa dobbiam cantare insieme,
Che canzone e che coro saranno mai questi?"

Adieu


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Commento 780 di >>martino buora
20/9/2004


Le faccio presente che il virgolettato suo. Questa il nucleo del suo articolo. Se invece fosse stata la spocchia di Langone allora doveva rispodergli sul Foglio.
In merito ai "sinistri scricchiolii", riferimento tanto antipatico quanto fuori luogo, le ribadisco che le chiese sono edifici di culto. Se lei non cattolico non c' problema, ma non venga a dire a me, che lo sono, come voglio e come deve essere una chiesa.
Au revoir.


...

20/9/2004 - la Redazione di antiTHeSi risponde a martino buora:
Non entriamo nella questione (Ugo Rosa sa bene come risponderLe), ma è il caso di ricordarLe che, a prescindere dall'essere o meno cattolico, chiunque può esprimere le personalissime opinioni su come dovrebbe essere una chiesa, un'abitazione, uno stadio, una fabbrica, un palazzo, etc. Dunque, tutti possono esprimere opinioni sullo spazio dell'architettura. Lei ha la libertà di esprimere pubblicamente ciò che pensa; altrettanto vale per chiunque.



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Commento 776 di >>Martino Buora
15/9/2004


Per, mi perdoni, non ha risposto alla mie 2 principali obiezioni di merito ma solo alla domanda provocataria su chi meglio di un cattolico debba giudicare una chiesa cattolica.
Riguardo alla sua risposta, mi perdoni ma versa in errore (teologico) infatti, o la fede di un uomo c'entra con tutto quello che quell'uomo fa (anche lavare i piatti e pulire il sedere ai figli e a maggior ragione il lavoro) o se no non fede. in proposito Le ricordo, e da cattolico per me molto importante, quanto Giovanni Paolo II ebbe a dire nel discorso al MEIC del 1982: "Una fede che non diviene cultura una fede non pienamente accolta, non interamente meditata, non fedelmente vissuta". Vale per chi fa l'avvocato, il medico e naturalmente anche per chi fa il critico dell'archittetura moderna o contemporanea.
Anche perch se no, a partire da che cosa critica?
Nel concludere questo piacevole scambio di visioni mi rallegro nel vedere e nel leggere questo sito che ha veramente delle posizioni in cui mi riconosco (e non il solo). Siete infatti tra le poche voci (sebbene appartenente al settore) che abbia il coraggio di dire ci che tutti i comuni cittadini di Milano, anche quelli che si sono fermati alle medie ma vedono la realt senza la lente deformante dell'ideologia, pensano riguardo a p.zza Cadorna, arredo urbano, restringimento delle carreggiate etc. etc.


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Commento 774 di >>Martino Buora
15/9/2004


Mi sono imbattuto per caso nel Vostro sito e non posso trattenermi dal commentare.
La sintesi della vostra critica a Langone che "ritiene di potersi permettere di scrivere d'architettura moderna senza saperne nulla". Questo, dunque, il crimine di lesa maest (nei vostri confronti) di cui si sarebbe macchiato.
Io, invece, credo, in ogni anmbito e settore, che chiunque possa esprimere i propri giudizi, specie su giornale quotidiano, in un determinato ambito senza esserne un tecnico, essendo questo un corollario elementare della libert di pensiero e di stampa.
(Avete presente quante critiche a leggi e normative vigenti vengono pubblicate tutti i giorni sui quotidiani senza che accademici, professori e avvocati si inalberino perch dei non-tecnici hanno espresso il loro giudizo?)
Oltretutto chi meglio di un cattolico pu giudicare un edificio della sua Chiesa dedicato al proprio culto?
Voi, che sicuramente vi professate atei ed agnostici, potete liberamente esercitarvi sugli edifici da piano quinquennale siberiano della Bicocca.
Au revoir.

p.s.
Come che, con tutta la critica dell'archittetura esercitata nel'900, di case belle non se ne vedono pi da un pezzo? Colpa dei geometri o dell'avidit dei costruttori?


...

15/9/2004 - Ugo Rosa risponde a Martino Buora:
Gentile signor Buora

La sintesi della mia critica a Langone non è affatto quella che lei indica; che Langone abbia ritenuto di scrivere d’architettura moderna senza capirne un’ acca era soltanto una notazione o, se preferisce, un dato di fatto: non c’è però un solo punto, in tutto lo scritto, in cui metto in dubbio il suo diritto di farlo. Esattamente come nessuno, immagino, dovrebbe mettere in dubbio il mio di scrivere ciò che penso di tutti i Langone di questo mondo e di testimoniare, finchè posso, che di architettura, appunto, non ne capiscono niente.
Del resto ho letto in questi giorni una raccolta di stupidaggini sull’architettura moderna edita da Rizzoli e scritta da uno la cui incompetenza in materia non ha assolutamente nulla da invidiare a quella di Langone: Vittorio Sgarbi. Come vede, dunque, la libertà di stampa è salva.
Certo sarebbe esilarante se, per certificare che il gazzettiere può scrivere di ciò che vuole, Giuliano Ferrara si mettesse a disquisire di biologia molecolare e Vittorio Feltri ci spiegasse la meccanica quantistica. Ma faccio l’architetto e so come vanno queste cose: nel mio campo è oramai tradizione pasturare in branco ed ogni asino che staziona sul pascolo ventiquattr’ore ha, per usucapioni, diritto alla sua porzione.
Dunque non me lo sono presa con Langone perché non sa quello che scrive ma piuttosto perché quello che non sa lo scrive con una spocchia che lascia di stucco. Il non comprendere una fava di architettura è, lo capisco, una bellissima credenziale per accreditarsi come martiri della libertà di stampa e tuttavia non mi pare costituisca curriculum sufficiente per supportare un razzismo strisciante e una prosa che inzuppa ogni parola nel luogo comune confidando nel fatto che chi legge, tanto, si beve questo ed altro.
Quanto al fatto che un cattolico digiuno d’architettura possa giudicare l’architettura di una chiesa meglio di chi cattolico non è ma capisce di architettura e possiede sensibilità e talento è, a mio parere, una cosa un po’ peggio che sbagliata: ci sento dietro sinistri cigolii…ma spero che l’abbia scritta solo per non rinunciare a un mot d’esprit.
Cordiali saluti
Ugo Rosa



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Commento 515 di >>mara dolce
24/11/2003


Volevo invitare Pepito Sbazzeguti, alias Pierpaolo Fadda, ad un commento sulla chiesa di Meier.
Perch mai Sbazzeguti dovrebbe essere Fadda?
Eh... perch c'ha quel vizietto, al quale non sa resistere, di parlare di nani e giganti che si arrampicano su specchi e spalle altrui.
saluti cari


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