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30 commenti di Mara Dolce
7/8/2006
Commento 1348 relativo all'articolo:
I veri mostri
Articolo in risposta a Terranova e ai suoi Mostri3
di Mara Dolce
 
risposta a Lenzarini

Non rispondo allottima analisi di Terranova sulla vicenda Ara Pacisma alla posizione che Terranova assume sulle demolizioni , questultimo infatti, allega un link a fine articolo che riporta alle vicende di Corviale e Laurentino sulle quali ha scritto.
Ed al Laurentino che viene paragonato, con elegante similitudine, il malfermo ponte odontoiatrico nella bocca del sig. Terranova e non ai presunti problemi urbanistici generati dall'edificio di Meier.
Trita, populista e vanziniana la difesa di unarchitettura di qualit (per Souto de Moura e Las Casas neppure un esclamativo) ; raffinata e alta loperazione di sensibilizzazione culturale degli 'Amici del Mostro'quelli che difendono le case, gli architetti e la storia mica le persone che ci abitano: vorrebbero sensibilizzare gli abitanti di Corviale che questultimo deve esistere e loro ci devono vivere perch testimonianza dellopera del suo autore o forse perch , come direbbe Lenzarini un esempio di forma d'arte espressiva e comunicativa ?
Sono daccordo con Lei invece, a chiamare in causa Alberto Sordi, quando scrive del ruolo dellarchitetto: Tutti gli artisti praticanti altre discipline sono tanto pi bravi quanto pi hanno un messaggio profondo da comunicare, quanto pi esprimono una personale visione della realt, un'originale analisi della societ, quanto pi stimolano il pubblico a pensare, quanto pi dicono le cose che nessuno vuole sentire(...)
Il provincialismo dellaffermazione (la nostra fortunatamente, la generazione che ha scelto larchitettura costruita negli studi di architettura allestero e non quella chiacchierata e scritta delle pubblicazione dei dipartimenti italiani)- pari solo alla comicit suscitata dalla sospetta e accorata difesa di Terranova.



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Articolo in risposta a Terranova e ai suoi Mostri3

22/7/2006
Commento 1317 relativo all'articolo:
Vaccarini ad Ortona: addizione del paesaggio di Paolo G.L. Ferrara
 
Damiani scrive gratis per Arch'IT, che volete?
lui un critico a contratto, come uno dei tanti professori a contratto che tengono in piedi le universit pagati meno della bidella della scuola media.
uno dei motori che fa funzionare la cultura italiana oggi. gratis.
nelle universit giovani professori a contratto non pigliano un euro e nelle riviste digitali giovani critici a contratto scrivono gratis.
se Damiani con questa canicola ha deciso di scrivere una cosa di architettura in ciabatte e con la camicia fuori dai pantaloni, lasciatelo stare: non stato pagato.



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18/5/2005
Commento 901 relativo all'articolo:
Intervista a Attilio Terragni di Paolo G.L. Ferrara
 
Personalmente ritengo che il lavoro che svolge Attilio Terragni con la sua fondazione per ricordare il suo illustro parente, sia addirittura imbarazzante per almeno due motivi:

Il primo che lui stesso non ha capito lapporto e linfluenza che Giuseppe Terragni ha avuto per larchitettura internazionale e che non si riduce ad un'apporto sociologico come lui in pi occasioni sostiene, (si legga : ...abbiamo appena riniziato a ripensare a Terragni per fare tornare lidea che larchitettura pu raccontare la storia dellanimo umano... non riuscendo evidentemente a spiegarne i meriti (che sono altri) con competenze architettoniche.

Il secondo motivo che con il nome di Atilio Terragni non si fanno altro che vedere, da un p di tempo a questa parte, discutibili e superficiali publicazioni, che con la scusa di attualizzare la figura di Terragni, ripropongono le opere dellarchitetto ri-fotografate alla moda; vale a dire con questaurea digitale che fa capire solo che lunico che poco o niente ha capito della modernit di Giuseppe Terragni lautore stesso del libro.

Lasciare che attilio Terragni gestisca simile eredit un autentico spreco, perch si ha la sensazione che tutta loperazione sia meno culturale di quanto si voglia far credere. Ma in fondo un p la legge della regressione verso la media, che vede i grandi finire tra le mani di eredi medriocri che non posseggono neppure se non il talento, almeno il coraggio - di farsi da parte per lasciare a gente pi competente e di livello ,il gravoso compito di gestire tali eredit.



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11/5/2005
Commento 897 relativo all'articolo:
Riso amaro di Ugo Rosa
 
Casabella dimostra che la banalit come lintelligenza non ha sesso, che la buona come la cattiva architettura non appannaggio maschile piuttosto che femminile. Fatto cos questo numero era meglio non farlo, non serve a niente e a nessuno. Di fatto, un problema delle donne nella professione e in questo caso nellarchitettura, esiste, ma un problema generale: gli uomini fanno carriera, le donne lavorano.
La differenza tra una architetta che lavora e una architetta di successo, che questultima un bel giorno ha deciso di far carriera piuttosto che di sbarcare il lunario. Le donne, (e questo non lo dico io, ci sono tonnellate di pubblicazioni in proposito,) non sono educate allassunzione del rischio e mal sopportano gli errori che commettono. Gli uomini sbagliano e si rimettono in gioco con pi coraggio.
Sono questi, e non la solita lagna del maschilismo ( che esiste in parte ) alcuni dei motivi che impediscono alle donne di occupare posti di potere.
Casabella avrebbe forse dovuto sottolineare questo punto di eccellenza delle architette intervistate: sono donne che, al di l delle cose pi o meno sensate che hanno dichiarato, sono riuscite a superare condizionamenti e difficolt oggettivamente maggiori per una donna che decida di fare questo lavoro esponendosi in prima persona.

E poi penso allassociazione donne architette dellOrdine di Roma, esiste qualcosa di pi patetico? A parte incontrarsi per partorire collettivamente superflue e oziose riflessioni , lunico apporto utile che potrebbero dare politico: si sono per caso accorte che dai dati nazionali dellInarcassa, nel nord come nel sud le architette italiane guadagnano esattamente la met degli uomini? Come mai?



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20/2/2005
Commento 874 relativo all'articolo:
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid di Paolo G.L. Ferrara
 
IL TOP DEI TOP
Molti avranno visto l'inserto del Sole24ore che dedica ogni luned al tema architettura e territorio.
Il critico di turno si piglia a cuore un architetto da spintonare e dichiara, con toni pi o meno accesi che proprio quello l'uomo (quasi mai una donna), che far uscire l'Italia dal baratro del nulla architettonico. Ce lo promettono e ce lo giurano da almeno 6 anni, ognuno stila la sua classifica del top dei top: i primi dieci, i secondi venti, i prossimi cinque, il futuro numero uno.
Nel Sole 24ore della scorsa settimana il top-one del futuro prossimo per Prestinenza Puglisi -autore dell'articolo e di una delirante classifica che lo segue- si chiama Michele Mol.
Non vogliamo entrare nel merito dei meriti dell'architetto spintonato dal critico. Ci limitiamo esclusivamente a delle considerazioni elementari:
operazioni di promozione di tal fatta e con questi toni si addicono a quelli della propaganda elettorale che nulla hanno a che vedere con la promozione culturale; ricordano piuttosto le gag di tg satirici "...bisogna promuovere e esportare il prodotto Italia", dice il finto Luca di Montezemolo.
Operazioni di mutuo appoggio a coppia: critico-emergente-architetto-emergente, sono sicuramente un genuino prodotto prettamente italiano, nel senso che la sagra paesana travestita da promozione culturale un fenomeno sconosciuto al resto d'Europa, bisogner solo vedere se sar un prodotto esportabile.



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14/11/2004
Commento 830 relativo all'articolo:
Chiudere l'appello a favore del museo ARA PACIS di Meier di Giannino Cusano
 
E no caro Cusano, non basta far vedere due foto di un progetto e liquidare la cosa con uno slogan:
(..) *E certo, come si pu vedere, aveva ragione da vendere Meier a non voler troncare il muro.*
Le ragioni da vendere ce le deve spiegare, altrimenti la stessa operazione pu essere fatta da quelli che lei chiama castratori con una modifica del commento:
*E certo, come si pu vedere, avevamo ragione da vendere a voler troncare il muro.*

E’ la difesa argomentata dei valori che l’architetto crede di aver individuato in una architettura, che fa la differenza, e non mostrare un prima e un dopo come nelle diete miracolose delle televendite.

Sono convinta che se negli ultimi trent’anni si fosse applicato questo criterio con seriet e rigore, oggi non si registrerebbe la netta vittoria dello storico sull’architetto.
Nell’attesa che Cusano argomenti..
Mara Dolce



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29/4/2004
Commento 730 relativo all'articolo:
Stroncare la 'lobby del culo e camicia'. di Paolo G.L. Ferrara
 
il commento di Beniamino Rocca la dice lunga su come siamo messi a critica in Italia. Un normalissimo intervento che non sia di promozione viene considerato "coraggioso e bello" . Quanto all'impegno generoso di Prestinenza in rete, Rocca potr facilmente vedere che spessissimo sono interventi gi pubblicati precedentemente su riviste.
Niente di personale contro Prestinenza, per il quale una passeggiata in questo momento essere "critico affermato" con quello che gira . Ma non ci venga a vendere la storia della stroncatura dopo che lui per anni ha promosso chiunque. Se arrivato il momento di stroncare che almeno ci spieghi perch proprio adesso, cosa cambiato? Un critico serio fa anche questo: spiega le sue improvvise virate, i salti carpiati di pensiero, gli atteggiamenti ribaltati.
Quanto alla mia credibilit invito Rocca al seguente link:
http://www.b-e-t-a.net/~channelb/corrispondenti/027roma/
purtroppo vedr che tra la critica dell'affermatissimo critico a Moneo, e quella della sconosciutissima osservatrice a Meier, non c'e' poi una gran differenza.


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27/4/2004
Commento 728 relativo all'articolo:
Stroncare la 'lobby del culo e camicia'. di Paolo G.L. Ferrara
 
Impeccabile lintervento di Paolo Ferrara stroncare la lobby del culo
e camicia. Impeccabile perch tiene conto di tutti gli aspetti che implicano le lobby professionali, perch solleva dei giusti interrogativi sulleventuale capacit dei critici di essere in possesso di quel coraggio e capacit critica che permette di stroncare; fino allinvito a Prestinenza -che ha audacemente (e incoscientemente) istituito una specie di rubrica anti-buonista in favore della stroncatura -a partire, per esercitare la stessa, dai suoi amici critici.
Il mio bravo a Paolo Ferrara va soprattutto perch con il suo scritto
mette in evidenza due cose:
1) per un critico pi facile promuovere piuttosto che mettere in evidenza le debolezze di unopera. Con la prima ci si guadagnano amici, con la seconda si rischia di scoprirsi: impreparati, incapaci, inconsistenti. Negli ultimi 6 anni, mascherata da critica costruttiva ci siamo dovuti sorbire lo sproloquio di qualsiasi leccaculo che ha pensato bene di farsi un po`di amici e di far girare il suo nome fatto precedere arbitrariamente dalla parola critico, facendo una inconsistente promozione della nuova architettura.
2) Prestinenza stato uno di questi critici buonisti che ha proposto e appoggiato la qualsiasi cosa e che ora, con il suo consueto salto triplo da poltico trasformista, ci si propone in veste di anti-buonista invocando la stroncatura. Evidentemente si sente pronto per la critica seria, quella che non ha come obbiettivo principe il consenso. Con la promozione che ha esercitato negli ultimi anni si fatto un discreto gruppetto di amici che lo segue, si sente forte abbastanza per non dover dire ancora troppi grazie. E cosciente, che inaugurando la stagione della critica anti-buonista, pochi lo seguiranno: ci sar una scrematura dei sedicenti critici: spariranno i Barzon, le Palumbo, gli Unali e quantaltri si sono inventati critici per una stagione, permettengli un confronto pi diretto e stretto con gente di maggior livello, facendo in questo modo un salto di qualit nellopaco panorama della critica italiana.
Io non posso che applaudire alliniziativa della stroncatura promossa da Prestinenza, perch circa due anni fa, proprio sulle pagine di antiTHeSi sollevai il problema della critica buonista e dei sedicenti critici che nulla apportano allarchitettura se non a loro stessi. E stroncatura per stroncatura, inviterei Prestinenza a partire non solo dai suoi amici critici - come gli suggerisce Ferrara - ma da se stesso: dal suo pezzo su Moneo, che debole e che rivela una formazione di storico piuttosto che di architetto, che non centra le vere e tante debolezze dellarchitettura di Moneo; che mette dentro tutto per paura di non aver lasciato niente intentato. Una critica dei grandi numeri la definisco io, che gioca sullle statistiche: ficcandoci dentro parecchia roba, almeno una delle tante si approssimer per difetto o per eccesso alla realt.


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23/3/2004
Commento 703 relativo all'articolo:
Introduzione ad Eisenman di Antonino Saggio
 
Poco tempo fa la facolt di Valle Giulia di Roma, ha dato la laurea Honoris causa allarchitetto argentino Clorindo Testa. Le celebrazioni per il decennale dellUniversit degli Studi di Ferrara , si sono concluse con la Laurea Honoris Causa allo svizzero Peter Zumthor. Ieri, la facolt Ludcovico Quaroni, ha dato la laurea Honoris causa allamericano Peter Eisenman: Carla Ricci nel suo commento ci assicura che stata la conferenza pi interessante degli ultimi 5 anni, se solo ne avesse captato l'altra met .
Che cosa significano queste lauree Honoris Causa?
Che ci vogliono dire i presidi delle facolt con queste operazioni culturali?
Si tratta per caso di un vuoto della linea di facolt che si cerca di riempire -in assenza di un pensiero proprio- con quello di personaggi pi o meno autorevoli?
O forse lennesima operazione poltica di presidi di facolt, ormai ridotti a burocrati che, obbligati allautonomia, sono in cerca di consensi che poi si trasformino in matricole?
Lucio Barbera e` il nuovo preside della facolt Ludovico Quaroni, si appena installato.
La prima operazione che ha fatto da preside stata quella di investire a Honoris il noto architetto americano: che dobbiamo pensare? Che quella sar la nuova linea della Ludovico Quaroni?
O che altro? Lavr spiegato il professor Barbera perch fosse cos urgente questa Laurea honoris causa?



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27/11/2003
Commento 524 relativo all'articolo:
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt e nei territori europei di Massimo Pica Ciamarra
 
Delle cose lette e fin qui scritte da Remo Gheradi mi auguro le seguenti cose:

a) che Remo Gherardi sia uno studente;
b) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno;
c) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno della facolt di farmacia e non di quella di architettura;
d) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno della facolt di farmacia dell'universit di Praga e da solo pochissime settimane in Italia in viaggio di piacere o studio, con chiare difficolt di lettura della lingua italiana e che pura casualit si sia imbattuto, in un momento di noia o di stanchezza, girellando su Internet, in una rivista digitale di architettura. E che volendo lasciare poi un segno del suo passaggio del (mi auguro) piacevole soggiorno italiano , abbia scritto qualcosa tanto per esistere, cosi' come fanno di solito i vandali che incidono i l proprio nome sui ruderi.
Se per Remo Gherardi non valida alcuna delle ipotesi (a,b,c,d), vuol dire che e' pronto per iscriversi ad un master digitale (se gi non lo frequenta), io potrei consigliarlo in proposito, affinch potenzi le sue "sconosciute e neglette" possibilit. ma preferirei consigliarlo in privato, in primo luogo perch ci siamo allontanati molto dalla pertinenza dei commenti allo scritto di Pica Ciamarra qui proposto, e in secondo luogo per evitare ai lettori di perdere tempo e a me di trattenermi dall'insulto che avrei tanto piacere di riferirle.


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27/11/2003
Commento 522 relativo all'articolo:
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt e nei territori europei di Massimo Pica Ciamarra
 
Risposta a Remo Gherardi riferimento commento n.520
Egregio Remo Gherardi,
non sia modesto, Lei non solo non capisce lacrimonia di certi commenti (non so cosa voglia dire in italiano "che si fanno bella bocca di dare") ma molto, molto di pi: per esempio, che cosa significhi per un architetto saper gestire un progetto. Che poi Lei sia a distanze siderali dalla pratica dellarchitettura, ma vicinissimo al provincialismo architettese italiano, emerge in maniera inequivocabile dallimpostazione ridicola di argomenti del tenore "...colleghi esteri che fanno razzia di incarichi" e dal pensare che larchitettura italiana sia Piano, Aulenti e Fuksas. Sorvolando sul delirio incomprensibile del garage laggi di Meier e sul tutto il resto dei sogni delle Hadid ecco direi che i problemi si risolvono in primo luogo con lintelligenza. Non so se lei e daccordo.



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25/11/2003
Commento 518 relativo all'articolo:
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt e nei territori europei di Massimo Pica Ciamarra
 
(...)Ne prova evidente l'invasione di progettisti di altri paesi, sempre pi vistosa in questi ultimi anni, alla quale non corrisponde analoga presenza dei progettisti italiani al di fuori della penisola(...)
Gentile Pica Ciamarra, linvasione? se la presenza dei progettisti italiani al di fuori della penisola zero, perch, diciamocelo una volte per tutte, sono delle schiappe strepitose rispetto ai colleghi che ci invadono. E perch non sanno gestire un progetto, e nessuno rischia i propri soldi per architetti che non sanno fare gli architetti.
S lo so, brutto scrivere queste cose sopratutto perche da almeno quattro anni alcuni suoi colleghi dellIn/Arch battono una lagnosa grancassa sulla mancata visibilita`della Giovane architettura italiana, brava ma sfortunata, poverina . E la scorciatoia ai problemi reali, converr con me che in tre anni di promozione di giovane architettura italiana tutti ricordano i nomi dei critici promotori ma non quelli dei promossi. Quanto allIn/Arch, se uno legge I suoi comunicati , questultimo stesso, quello sul condono, quello di Guzzini, trova che siano delle cose condivisibili nel complesso, niente di che per carit, ma apparentemente equilibrate. Poi cercando un riscrontro ai condizionali delle vostre dichiarazioni: si dovrebbe fare, si dovrebbe dire, noi faremo noi diremo entrando nel sito www.inarch.it, ci si sloga la mandibola dallo sgomento . Che fa lInarch per i giovani architetti?
Chiede soldi. Vediamo come:
Lin/arch, nel suo costante impegno rivolto alla promozione dellarchitettura, si fa fautore di uniniziativa che intende sfruttare i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie informatiche a favore di una visibilit che solo con difficolt si riesce a conseguire. Ha per esempio realizzato un sito web, con lo scopo di trasferire in rete tutte le proposte, le idee, le battaglie che da oltre trentanni porta avanti, scontrandosi con una realt italiana sempre ostile alle novita www.inarch.it/../progetti_in_rete lin/arch per il suo costante impegno rivolto alla promozione dellarchitettura chiede ad ogni partecipante un contributo di Euro 75 + IVA ogni due mesi di permanenza in rete .
per le iniziative in corso invece abbiamo il discusso e discutibilissimo Master digitale, costo: 3.950 Euro pi IVA, non ha un marchio di qualit ISO e ancora non si capisce da chi riconosciuto. Borse di studio: una (grazie ad antithesi e a me che lo scorso anno abbiamo fatto il putiferio) questanno il master e partito mettendo la sordina sperando che non ce ne accorgessimo.
I corsi di informatica invece, sono a pagamento, i docenti e i costi delle lezioni ad ora, sono pi o meno gli stessi di quelli del master, solo che si chiamano in modo diverso, (basta vedere i risultati del master dello scorso anno per capire di cosa parlo)
A parte Tavole rotonde, qualche mostra, unincomprensibile Campagna di pubblicit sociale dellInarch paesaggio: il nuovo creato, (???)
gentile Pica Ciamarra, non ce altro, NON ce altro.
Davvero uno non capisce perch . In questo contesto, l'INARCH andrebbe sostenuto nel suo impegno apparentemente marginale, (diciamo assolutamente marginale ndr) ma nella realt profondo: l'incentivazione del dialogo fra esponenti di ogni forma di espressione culturale, committenti, progettisti, realizzatori.
Si ha la sensazione che allinarch si dialoghi troppo, e che a parte fare i riassunti di cose che girano per confezionare manifesti, non si faccia altro. Perch invece non cerca di capire le ragioni del perch i progettisti italiani contano zero nel panorama europeo? Perch bisognerebbe cominciare dalluniversit a fare un po`di pulizia, ecco perch , troppo scomoda la faccenda.



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24/11/2003
Commento 515 relativo all'articolo:
Don Camillo e l'architettura moderna di Ugo Rosa
 
Volevo invitare Pepito Sbazzeguti, alias Pierpaolo Fadda, ad un commento sulla chiesa di Meier.
Perch mai Sbazzeguti dovrebbe essere Fadda?
Eh... perch c'ha quel vizietto, al quale non sa resistere, di parlare di nani e giganti che si arrampicano su specchi e spalle altrui.
saluti cari


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20/11/2003
Commento 511 relativo all'articolo:
Design inerba di Gianni Marcarino
 
Gianni Marcarino domanda
RISPOSTA 1.
Gianni Marcarino dice: VORREI AVERE da Lei degli esempi di prodotti di qualit(..) al di fuori delle bagarre parolaie descritte dal suo commento.
1-Gli elenchi, le liste, lasciano il tempo che trovano,ne abbiamo avuto recentissime conferme con le discusse liste under40. mettere in colonna
nomi di opere di architettura e design, quando non se ne giustificano i criteri , un operazione da auproclamati critici di architettura italiani, di quelli che un giorno si definiscono critici e quello dopo teorici dellarchitettura se non addirittura comunicatori.. Questo semmai potrebbe il tema di un prossimo articolo.
2- per il VORREI AVERE la rimando alla risposta n.3

RISPOSTA 2
Gianni Marcarino dice: preso atto del kitch italico in cui ci siamo immersi, come propone di uscirne ()
Pi che di Kitch parlei di trash, inteso come emulazione fallita. Basta farsi un giro nelle universit il giorno delle tesi , per vedere un ricco campionario di emulazioni fallite di Ghery, Hadid, Eisemman, Fuksas ecc. insomma una specie di ciaocrem , dellarchitettura , un succedaneo della ben pi nota e buona nutella. La colpa ovviamente dei docenti che vertono in uno stato di semincoscienza dellarchitettura e che appoggiano da pari a pari, lallegro entusiasmo adolescenziale degli studenti.
Come uscirne?
Credo che si debba ripartire dalluniversit. Oggi i presidi di facolt si limitano a fare i gestori e i burocrati di un organismo pubblico. Non hanno una linea culturale chiara, (praticamente non la hanno), accettano indiscriminatamente tutto. Una linea riconoscibile sottintende una scelta cosciente di un tipo di architettura e la difesa critica della stessa, significa aver chiaro come dovranno essere gli architetti di domani. La recente riforma dellautonomia degli atenei, che prevedeva una sana competizione che si sarebbe dovuta misurare sullofferta culturale e poteva essere uno stimolante rilancio dellarchitettura; stata invece
immediatamente polverizzata dallinterpretazione provinciale dei loro presidi che ne hanno fatto uno strumento politico ridotto a competizione del proprio prestigio e alla corsa (patetica) allaccaparramento delle matricole con gadget e promozioni. Un ottimo esempio in questo senso, la facolt di architettura di Roma la Sapienza che divisa recentemente in tre sedi ,ha messo a nudo tutti gli aspetti di potere, burocrazia e di povert culturale che per almeno ventanni la hanno corrosa, facendola precipitare nelle classifiche delle peggiori facolt italiane. A partire dagli anni ottanta le facolt di architettura hanno avuto come unica linea culturale il potere; lo strumento per gestirlo e mantenerlo stato quello della poltrona incollata eternamente al culo per s e per pochi intimi. Ancora oggi, la cattedra un titolo nobiliare che si passa di padre in figlio; infatti, recenti studi scientifici nei dipartimenti di facolt, hanno dimostrato che il gene dellarchitettura, della cattedra e del merito scientifico, nel DNA del padre che non pu non trasmetterlo allaltrettanto meritevole figlio o nipote. I dottorati pagati, guarda caso, li hanno tutti i figli dei docenti, ce ne fosse uno che non se lo meriti. Le borse di studio praticamente non esistono, i soldi sono a beneficio dei dipartimenti per comprare gli schermi al plasma per la gioia di docenti- adolescenti senili le cui ricerche finanziate con denaro pubblico, al 90% sono carta straccia che non serve a niente e a nessuno, se non a loro stessi per fabbricarsi titoli.Le facolt di architettura sono un luogo dove piove sul bagnato: per chi ha soldi: borse di studio, (quelle poche che ci sono),per chi ha il padre professore: il dottorato pagato, per quelli che non hanno niente da dare in cambio: meno di niente. Il merito, si sa, nell italietta dalle mezze maniche, non paga. Le raccomandazioni ci sono in tutte istituzioni del mondo, ma semplicemente scandaloso vedere come in Italia il merito proprio non trova posto, o che questo venga riconosciuto, difeso e anteposto ad altri interessi solo da rarissimi integri docenti che nella corruzione generale fanno quasi la figura degli eroi. E s, perch docenti di questa fatta ovviamente di amici ne hanno pochissimi. E solo di pochi giorni fa la notizia di centinaia di ricercatori che facevano fagotto e se ne andavano allestero; e non perch non ci siano i soldi, ma perch vengono distribuiti arbitrariamente: chi nelluniversit non sa fare politica rimane a bocca asciutta.
In questo clima di profonda ingiustizia sociale e disonest intellettuale, non c posto per una linea culturale: non ci pu essere quindi lArchitettura.

RISPOSTA 3
Gianni Marcarino dice: Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo lei tanto male, ma non la convincono i commenti sociologici culturali ATTENDO Suo punto di vista()
Gentile Marcarino, una breve ma indispensabile premessa:
VORREI AVERE e ATTENDO : pu sollecitare una risposta ma non esigerla. Inutile scrivere Lei con la lettera maiuscola in segno di un superfluo rispettoso formalismo quando si poi , nella sostanza, maleducati. Tornando alla sua richiesta: Il tavolino di Toppino un oggetto gradevole che si inserisce in un ambito di ricerca che negli ultimi ha visto sempre pi spesso linterazione di oggetti quotidiani con paesaggio e natura (e mi riferisco ad es. alle poltrone e sof-prato). Questo dato, non toglie nulla al tovolinerba, nel senso che non vedo nelloriginalit il merito assoluto e unico, un oggetto che basta per s, non c bisogno di nobilitarlo. Pretendere di innalzarlo a ragioni superiori di quelle che ha, appiccicandogli commenti di improbabili piccole rivoluzioni del costume, lasciano il tempo che trovano, e, oltre ad essere inutile, francamente controproducente, perch gli oggetti di design o nascono con una vocazione e una funzione sociale, oppure a volergliela appiccicare a posteriori e a tutti i costi, si fa la figura degli ingenui. Ed entrando nel merito della sua definizione, quella storia delle pattine e delle casalinghe..guardi francamente troppo domestica per non dire ridicola.




20/11/2003 . Gianni marcarino risponde a Mara Dolce:
Domanda 1
"Le liste, gli elenchi non servono". Quando si parla di dicotomie, di fronti contrapposti, di palesi scemenze (vedi il commento 486) significa avere le idee chiare. In questo senso gli esempi sono utili, aiutano a capire ed a dialogare su elementi concreti. Mi auguro che questo possa essere un tema futuro. Un esempio: il programma di Daverio, condotto dallo stesso critico d'arte la domenica su Rai 3. Ha affrontato il tema del restauro filologico, prendendo una posizione, con tanto di nomi, cognomi, e documenti filmati. La posizione ovviamente tutta da discutere; il miracolo che cio' accada.

Domanda numero 3
A parte la filippica sulla buona educazione, (mi ricorda la scuola e le compagne/bene, accompagnate dallo sguardo benevolo degli insegnanti tanto amici di pap e mamm: i loro "cazzo cio", erano politicamenre correttissimi) segnalo che a parlare dei pattini e della massaia , ovviamente in modo del tutto lecito, l'autore del tavolino il quale ha introdotto il proprio lavoro con un piccolo commento segnalato tra le immagini dell'oggetto. Commento peraltro richiesto da Antithesi per dialogare sul tema senza alcuna pretesa aulica, ma con la convinzione che un progetto possa anche essere "raccontato" e discusso.
- Gianni marcarino

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16/11/2003
Commento 503 relativo all'articolo:
Design inerba di Gianni Marcarino
 
Scusi Marcarino, non ho capito qual'e' la domanda, me la puo' ripetere?
Sara` forse per colpa di quel ritorno al Barocco che lei tanto auspica.
cordialit
Mara Dolce




16/11/2003 . Gianni Marcarino risponde a Mara Dolce:
Gentile Mara,
sar sintetico, razional(ista) al meglio delle mie possiiblit.
Domanda numero 1:
Vorrei avere da Lei esempi di prodotti di qualit (design, architettura), compresi da pochissime persone, prodotti al di fuori della bagarre parolaia descritta nel suo commento.
Domanda numero 2:
Preso atto del Kitch italico in cui siamo immersi, come propone di uscirne, anche e soprattutto, visto il sito che ci ospita, sul piano culturale ed estetico ?
Domanda numero 3:
Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo Lei, tanto male, ma non la convincono i commenti " sociologico-culturali", attendo un suo punto di vista specifico sull'oggetto.
Cordialit
Gianni Marcarino

- Gianni Marcarino

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14/11/2003
Commento 495 relativo all'articolo:
Don Camillo e l'architettura moderna di Ugo Rosa
 
Ugo Rosa non delude mai, come non condividere l'irresistibile sberleffo al Don Camillo della critica dell'architettura? Ma l'altra ragione per la quale Rosa ci manda questa appassionata e divertente pernacchia perch lui un lettore affezionatissimo de "Il Foglio" di Ferrara o meglio, de "Il Foglio di Fico" come lui stessa lo ribattezza sulle pagine di satira digitale di www.pippol.it. Lo scritto di Rosa non pu non rimandarci ai recentissimi eventi inaugurali della misericordiosissima chiesa di Meier e all'ormai consueto e sospettoso silenzio da parte della critica "accreditata" che accompagna questi eventi. Tanto spettinarsi tutto l'anno a parlare e scrivere della mancata modernizzazione delle citt italiane, del futuro possibile e probabile, dell'iperfuturo, delle inevitabili e indispensabili ipersuperfici;e poi finalmente quando si realizza qualcosa come la chiesa di Meier che solo qualche anno fa a detta di tutti gli esperti era ritenuta un'opera alla quale Roma non poteva rinunciare, non poteva non farsi, tale era l'apporto all'architetturacontemporanea di quest'opera; nessuno o quasi nessuno dei nostri "critici" ha scritto una nota piu' lunga di una velina di agenzia. A questo proposito c'e' da segnalare: Pippo Ciorra sul Manifesto, Antonino Saggio con un commento critico sul suo sito, Ugo Rosa su pippol.it e Antithesi.info, Archimagazine.it. Come sempre Arch'it di Marco Brizzi che pare essere la rivista digitale numero 1 di archiettura italiana, sceglie la linea critica del silenzio. Come Brizzi,molti degli "accreditati" che non mancano ad una sola tavola rotonda, dibattito o quello che e', che sono sempre molto attenti a che, sulle locandine, davanti al loro nome compaia sempre la qualifica di critico, esperto, teorico, comunicatore, si sono guardati bene dal farsi scappare una vocale sull'argomento. E' curioso che proprio questi signori , che per professione parlano e addirittura scrivono sui vantaggi indiscutibili della velocit dell'informazione,poi non sappiano approfittare dello straordinario potenziale di internet, per scrivere da critici, un commento su un evento tanto atteso e discusso come la realizzazione della chiesa di Meier , con tempi che non siano quelli della carta stampata . si insomma,e' curioso che impieghino molto,ma molto di pi dei giornali...praticamente non scrivono.


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10/11/2003
Commento 486 relativo all'articolo:
Design inerba di Gianni Marcarino
 
Il commento di Gianni Marcarino la dimostrazione di come larchitettura e il disegn oggi si giochino dicotomicamente su due livelli : il primo su quello della pura teoria e dellastrazione che rappresensenta la parte pi consistente della stragrande produzione di parole, riflessioni, consideracini e dibattiti, e laltro , della pratica, che interessa pochissimi (che non partecipano ai dibattiti), e che si traduce a volte in prodotti di qualit . Vedere allora nelle parole del critico Bonito Oliva: " L'arte invita l'umanit ad un pranzo gratis" a bordo delle sue opere, un nutrimento spirituale introdotto fuori dalla logica della pura sopravvivenza" la giustificazione a qualsiasi scemenza architettonica o design partorita nel nome della creativit, la posizione acritica e propria di chi vive nelle proiezioni dei desideri e non in un paese che si chiama Italia. In questa nazione, un qualsiasi riconosciuto zuccone che ha avuto la faccia tosta di definirsi critico di architettura, non solo non smentito, ma leggittimato e invitato ad una tavola rotonda a dire la sua. In Italia, le veline e una qualsiasi scema di valore che mostra cosce e silicone, si autodefiniscono artiste , persone di spettacolo, senza che nessuno gli faccia una pernacchia. Un TizioCaio Qualunque che dice banalit come tutti, di autoproclama comunicatore di professione e lo scrive pure sui manifesti senza nemmeno una risata degli astanti. Un cantante di canzoni napolatane da crociera, traffichino e arrogante Presidente del Consiglio da pi di seicento giorni. Ecco, nel paese del Lei non sa chi sono io dove piu importante la pubblicit delletichetta/titolo che la qualit del prodotto, pericoloso parlare di arte e creativit; perch sono termini usati per giustificare qualsiasi fesseria con lappoggio omertoso di chi avrebbe gli strumenti (e il dovere ) per smentirli. Denunciare questo non significa essere n paternalisti n moralisti, ma possedere un minimo di senso dello stato delle cose. Dire che il design si occupa quasi eclusivamente delle non necessit di chi pu comprare il superflo e che di conseguenza si incrementato un ricco e svariato mercato della scemenza carssima e un dato di fatto; asserire che il design e all'esclusivo servizio di questa richiesta, una realt; e voler spacciare tutto questo per arte e unoperazione da televendita registrata dell'arte e mandata in onda alle tre del mattino . E tornando al tavoloinerba di Toppino, (che solo un pretesto), ripeto, non affatto male come oggetto in s, trovo sia peggiore la pretesa operazione sociologico-culturale che lo commenta: negazione del concetto della massaia/o con il pallino dellordine e della pulizia es. pattine per non rigare il pavimento da 150 euro al mq.); e che Toppino si definisca uno che lavora sul versante artistico. E per concludere, a conferma del felice mondo in cui vive Marcarino: auspicando che la vita possa tornare ad essere quella barocca, incasinata dei mercati rionali, delle case di barriera, degli oggetti da "esistenza massima" come l'informe Sacco di Gatti, Paolini, Teodori (vedi Fantozzi), in cui ognuno decide la postura che desidera(...)
Ma questo paese e gi cos, dove vive Marcarino, in Svizzera?



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8/11/2003
Commento 479 relativo all'articolo:
Design inerba di Gianni Marcarino
 
Non credo che il tavolino "erba voglio" sia peggiore di tanti altri pezzi di design nati "facendo girare la matita sul foglio".
E' da parecchio ormai che nel nome della creativit non ci sia oggetto (o progetto di architettura) che sia considerato troppo cretino per non essere prodotto o solo pensato. Praticamente la quasi totalit del design contemporaneo frutto della "creativit", "non ha alcun senso"; fenomeno che rappresenta mirabilmente le scemenzerie delle necessit impellenti delle societ del benessere. A questo proposito e a proposito della reprimenda di Sandro Lazier al commento di D'Ambrosio, ricordo un editoriale di Furio Colombo apparso qualche tempo fa su " l'Architettura" (incredibile come su quella rivista le uniche cose sensate le scriva un non architetto) che si chiedeva perche' mai il design non si occupasse degli ospedali e delle necessit estetiche e funzionali di questi luoghi. Si tratterebbe di etica quindi e non di moralismo.


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31/10/2003
Commento 450 relativo all'articolo:
Cin-Cin 'Maestro' Gehry! di Mariopaolo Fadda
 
In un presente di nani e ballerine, l'unico nano che puo' permettersi di dire qualcosa sul lavoro di Gehry l'ipertrofico ego (questo si, gigante) di Mariopaolo Fadda; tutti gli altri devono accontentarsi di leggere le sue personalissime opinioni spacciate per scienza esatta che, laddove non arrivano con argomentazioni sensate sono supplite dagli insulti.
Apprezzabile l'euforico (seppure adolescenziale) entusiasmo di Fadda per il suo divo preferito, ma dovrebbe imparare a dire quello pensa da architetto, piuttosto che da critico da architettura di quelli che vanno adesso: dall'oggi al domani.


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24/10/2003
Commento 441 relativo all'articolo:
Bytes e frames d'architettura di Enzo Mastrangelo
 
Pare che Enzo Mastrangelo sia riuscito a capire il senso e ad apprezzare l'operazione Intimacy e dei suoi almeno 3 sottotitoli e 12 iniziative con relative sezioni e sottosezioni all'interno di Image, che poi sarebbe Beyond Media, che significa Oltre i Media, perch diciamolo, cercare semplicemente di spiegare il senso contemporaneo dei media fa tanto livello medio; ma cercare di andare oltre i Media significa fare un'operazione di pubblica utilit che decisamente sopra la media.
Io invece l'unica cosa che ho capito di Intimacy (che fa tanto detergente per l'igiene intima femminile), che "lo spazio abitato va in cerca di nuove definizioni, le mura domestiche non definiscono un ambito di intimit o di sicurezza, n garantiscono privacy".
A partire da questa anonima riflessione assolutamente inconsistente, pretestuosa, non supportata da alcun dato, scritto o approfondimento puntuale, a Firenze si mettono su talk-(sci) che parlano di Space Invaders, proiezioni di video (sul genio romantico), special event (su Koolhaas Rhapsodie), dibattiti, conferenze, mostre dei lavori dei corsi delle universit per almeno dieci giorni. Insomma un vero festival del tutto-niente dove non si capisce pi l'intezione prima e originaria di questo dimenarsi internazionale, mobilitare sponsor, scomodare universit mondiali, prenotare camere d'albergo, trasferimento dell "intero corpo docente del master privato In/arch romano per moderare, intervenire, sollecitare riflessioni"
. Ma non sarebbe stato pi serio dire: mandateci quello che volete?
L'unica immagine che resta di tutto questo farsi vedere per non far vedere niente, dimostrare niente, dire niente, quella di un letto sfatto, che sia questa la sintesi?



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5/10/2003
Commento 335 relativo all'articolo:
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare di Ugo Rosa
 
Sono assolutamente lieta dellintervento di Ugo Rosa sulla Medaglia dOro per almeno due ragioni.
La prima perch Rosa entra immediatamente nel merito del premio aprendo a nuove considerazioni.
Infatti parla della critica e lo fa dicendo delle cose importanti.
Ci dice che la critica anche potere e politica e che pu avere delle ripercussioni reali sulla cultura architettonica di un paese. La critica pu quindi giovare o danneggiare, ed forse doveroso entrarne nel merito, prendere posizione, come lui stesso fa (in un generalizzato e curioso silenzio), contestando il premio al professor Nicolin. Se Nicolin, o chi come lui, ha fatto dei danni, anche grazie al silenzio di colleghi e pubblico, (aggiungo io), quindi la responsabilit ripartita anche tra chi dovrebbe parlare e tace.
La seconda ragione squisitamente dialettica. Prendo a prestito la struttura che Rosa usa per contestare il premio a Nicolin per dimostrare la non pretestuosit di quanti hanno sollevato dubbi per la menzione a Brizzi. Infatti, mentre per il primo possiamo virgolettare alcuni passi dei suoi scritti "...una scelta plastica di vago sapore berlaghiano in cui affiorano le originarie passioni gregottiane per i pevsneriani pionieri del moderno..." e trovarci daccordo o meno con la forma e la sostanza di questi, per il secondo praticamente impossibile virgolettare alcunch. Non mi rimane che riprendere un commento del direttore di ArchIt pubblicato su questa stessa rivista sullevento Biennale di Venezia e che forse si avvicina a quella che potrebbe essere una linea critica: [...]i problemi che si sono evidenziati in occasione dell'ultima Biennale erano, nella loro complessit, troppo grandi per noi. O comunque troppo articolati per essere affrontati con una semplice invettiva, oppure con azioni-tampone operate a margine, dagli esiti incerti se non addirittura controproducenti.[...]
...meglio un prudente silenzio, allora.
Ora caro Ugo, una realt che Nicolin e Brizzi facciano divulgazione, il primo con Lotus , il secondo con Archit; ma non vedo perch si possa entrare nel merito della critica di Nicolin ma non di quella di Brizzi.
La sezione della Medaglia dOro riguardava la critica, ed di questa che parliamo: di critica. N di divulgazione, n di potere, n di generosit, n di poltrone. Nel caso di Nicolin esiste e ne possiamo discutere, nel caso di Brizzi non esiste e possiamo solo dire che simpatico, forse.



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30/9/2003
Commento 412 relativo all'articolo:
Domus cambia. Vedremo come... di Paolo G.L. Ferrara
 
Dal mio punto di vista, se con la nuova direzione, da Domus spariranno i titoli da piazzista televisivo, fenomeno che affligge in maniera pi o meno grave tutte le riviste di architettura italiana, sar gi un bel risultato; e mi riferisco, per capirci, ai titoli degli articoli del tenore:
"rovine del futuro"
"paesaggio e ossessioni"
"scavo nella memoria"
Domus maggio 03, che niente in confronto a
"Proiezioni in fuga"
"Come un cristallo"
"Ordinato dinamismo"
"Le suggestioni delle illusioni".
Dell'Arca 03.
Ma la palma d'oro alla melassa, spetta sicuramente all' "Architettura"
"sorridendo a Mies"
"il mattino del buon giorno"
"incontri in volo"
"ricercata semplicit"
"sintesi:eleganza+umanizzazione"
Architettura Cronache e Storia maggio 03,
ma la delusione peggiore vedere il progetto
corrispondente a cotanto titolo.
ecco, buon lavoro a Boeri.



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23/7/2003
Commento 383 relativo all'articolo:
Buone vacanze a... di Paolo G.L. Ferrara
 
Mi unisco all'augurio di buone vacanze a M.Bil e M.Casati.
www.newitalianblood.com
MASTERS=BIDONI


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19/7/2003
Commento 376 relativo all'articolo:
Critica da allevamento di Mara Dolce
 
Il professor Saggio difende il suo lavoro: legittimo.
Ma da qui a dire che le critiche vengono da posizioni poco informate
perch non hanno citato il suo lavoro critico ce ne corre.
Per quanto riguarda "le generalizzazioni ad effetto", forse si riferisce ai suoi colleghi e alla critica italiana che con i facili proclami ha cercato di supplire all'incompetenza. Ritengo che le osservazioni qui riportate siano tutto meno che generiche, bens puntualissime accuse.




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15/7/2003
Commento 372 relativo all'articolo:
Critica da allevamento di Mara Dolce
 
"critica da allevamento" giunge alle stesse conclusioni di Botta: la critica non serve a niente e a nessuno se non a se stessa. Ma vorrei aggiungere : "questa" critica italiana che valorizza e promuove una ricerca frivola ed elitista di originalit e novit a qualsiasi costo; e in questo momento storico .
Gli inizi della critica dell'architettura vengono fatti risalire alla meta' del VIII secolo con gli scritti dei teorici del neoclassicismo: Winckelmann, Lessing, Mengs, che si lanciarono contro il tardo barocco.
Diderot con i suoi saggi e pensieri su pittura, scultura e poesia, e Milizia con la difesa dei concetti rigoristi e classicisti in "Principi dell'architettura civile" e "arte del saper vedere..", possono considerarsi i precursori e gli iniziatori di questo spiritico critico che ebbe la sua teorizzazione nel sistema filosofico di Kant. Ed e' a partire dell'arte da avanguardia e il movimento moderno che l'attivita' critica ha il suo ruolo piu' rilevante nella difesa di una nuova architetttura (razionalista, funzionalista, sociale).
A partire dagli anni sessanta inizi il processo di discredito della critica con l'articolo di Sontag "Contro l'interpretazione". Questa rapidissima ed insufficiente escursione nella storia della critica, per dire che la critica esiste e va di pari passo con l'architettura.
Ed e' una realta' che vende libri, produce master con iscritti, siti con clicks, conferenze e un sacco di gente che apparentemente non sta a spasso...Allora visto che esiste, l'invito e', che almeno cerchi di svolgere un ruolo etico (e non morale), con una appropriata funzione sociale.



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