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commenti all'articolo: Chiudere l'appello a favore del museo ARA PACIS di Meier di Giannino Cusano
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Commento 964 di >>Pietro mangiacane
26/9/2005


Io non sono architetto, sono solo un cittadino. Ma da quello che so, l'architettura deve essere anche al servizio della citt. Altrimenti si rischia di avere strutture completamente avulse dalla realt, dal contesto e dall'amore dei cittadini. A me la struttura di Meier non piace affatto. E ho tutto il diritto di dichiararlo ad alta voce, visto che qui ci abito da quando sono nato. Sar che sono un "italianetto" di questa "italietta" scadente e tradizionalista, sorda alle risonanze dei grandi architetti statunitensi, che si chiude a riccio sulle proprie antichit, sui propri preziosi beni architettonici (anche se cos non stato, in realt, per la struttura di Renzo Piano, il Parco della Musica). Ma francamente penso che si tratti solo di piacere estetico, perch generalizzare addirittura all'interno di una citt di 4 milioni di abitanti davvero ridicolo ed arrogante. A me, e a molti romani, non piace la struttura di Meier per un motivo molto pi semplice: perch la troviamo brutta. E come sapevano i romani, gli antichi romani, de gustibus non dispuntandum est.
Saluti


...

26/9/2005 - Giannino Cusano risponde a Pietro mangiacane:
Indubbiamente ha ragione Pietro Mangiacane quando afferma che se un edificio non piace (o piace) si ha tutto il diritto di dirlo ad alta voce: che si sia addetti o no ai lavori. Non ci piove proprio, a maggior ragione se si 'comuni cittadini' e per giunta che abitano sul posto.
Vorrei osservare, parallelamente, che nessuno si mette a leggere Shakespeare o ad ascoltare Boulez o Beethoven di punto in bianco, senza un minimo di letture critiche sull'argomento. Invece con l'architettura accade eccome: specie in Italia.
Alla base dell'operazione Meier credo ci sia un difetto di informazione: non c' stato un concorso n, di conseguenza, i cittadini sono stati coinvolti. E, a cose fatte, non c' che qualche barlume di discussione sulla questione: discussione che serve a tutti a capire meglio e magari anche a motivare e rafforzare le stroncature.
Ci sono due riflessioni del tutto generali che mi paiono d'obbligo:
1. il linguaggio sempre scivoloso, come magistralmente ha insegnato Lacan. Io credo che occorra seriamente interrogarsi sul senso di espressioni, divenute semiautomatiche, come 'inserimento nel contesto', 'rispeto del contesto' e simili. Intanto per una semplice ragione: se, per esempio, il contesto fosse stato quello della civilt Villanoviana, ancora oggi vivremmo nelle palafitte. Tecnologicamente ed igienicamente riviste e corrette, magari, ma pur sempre palafitte. E poi: quando il contesto, a non 'servire' pi adeguatamente la citt, che si fa?
2. in Italia abbiamo qualcosa come il 50% del patrimonio storico-archeologico-architettonico mondiale (escludo opere di pittura e scultura, altrimenti la percentuale aumenta notevolmente). E' mai pensabile, in termini economici, di mantenere tutto com'era? Nessuno, di fronte a una persona, direbbe -Ha 99 anni, ormai non muore pi!- . Ma di fronte a un edificio, pi o meno palesemente, il ragionamento proprio questo :- Sta in piedi da 800 o da 2000anni, ormai non cade pi- E non affatto cos, mi creda: gli edifici nascono, invecchiano e muoiono esattamente come le persone. La differenza solo questione di tempo, ma lo stato di degrado che il tempo inevitabilmente comporta sommata alla necessit che ogni epoca ha di adeguare i vecchi edifici alle nuove esiganze spesso e volentieri accorcia la vita degli edifici (il caso Esquilino esemplare: e parliamo di edifici che hanno appena un secolo). Della civilt romana ci sono parvenute (quasi) integre non molte cose: il Pantheon, alcuni ponti ed acquedotti ecc. E Roma fu civilt di grandi costruttori. Ovvio che bisogna lavorare per dare lunga vita a queste opere e che questo costa cifre. Ovvio che bisogna manutenere e restaurare il patrimonio di ogni epoca. Ma proprio per questo bisogna fare delle scelte chiare e programmaticamente chiare: non potremmo conservare tutto nemmeno se l'intero bilancio U.S.A. e dei Paesi Arabi venisse impiegato allo scopo. Invece si pretende o ci s'illude che il contrario sia possibile e si lascia, di fatto, al caso decidere cosa, come e quando falcidiare impietosamente. Credo che non vada affatto bene.
Caso Meier: una scelta si fatta. Pu piacere o no, ma questo un merito indubbio: si demolita una teca anonima e microclimatiocamente inadeguata con un edificio completamente nuovo. Pu non piacere, certo, ma chi, un domani, ci impedirebbe di sosituire l'edificio di Meier con un intervento pi brillante, critico, coraggioso? Nessuno, tranne una cosa: la logica del conservare indiscriminatamente e ad ogni costo.
Cordialmente,


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Commento 845 di >>Francesco Pietrella
29/11/2004


il muro e' sempre una presenza che inquieta.
il muro su un tessuto storico e a roma inquieta.
un muro su un tessuto storico accademico su un tessuto di italietta di architetti inquieta.
un muro su un tessuto di commenti opinionismi inquieta.
un muro su un sovrastrutturamento linguistico di un lontanissimo architetto americano che disegna sulla citta' inquieta.
un muro su un tessuto sociale di persone comuni che passano in autobus inquieta.
un muro che separa il pittoresco centro citta'..che trasalisce da gerusalemme alle murate regioni palestinesi e nel petto del leader che muore e si seppellisce con 3 sudari fa' inquietare.
un muro se filtrasse bene se non impalli le chiese ...se e' attrezzato e la gente ci mette le mani per prendere cose e funzione non inquieta...un muro che sia pieno di vita e di speranze non inquieta, un muro che connetta e riattivi significati perduti e li renda utili attuali e' pieno di simbolismo di fascino di utilita'...e' pieno di fede nel futuro ..
un muro che non significhi murare ci rende felici... magari "un po'" piu' calibrato meno da americanata..non pensate?


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Commento 838 di >>Giannino Cusano
19/11/2004


Caro Fausto,
il mio amico di vecchia data, Cesare De Sessa, con l'espressione 'cadaveri eccellenti' si riferiva ai progetti non realizzati o monchi.
Che Meier abbia disconosciuto il nascituro, a mio parere, non deve significare che si pu tormentarne e mutilarne a piacere il feto: si abbia, invece, il coraggio di farlo come andava fatto e di richiamare Meier al suo (ingrato) compito.
Possibile che, in Italia, per far male, energie e soldi si trovino sempre?
Ciao


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Commento 833 di >>Fausto Capitano
17/11/2004


Buona Mattina a tutti! A rischio di sembrarVi un rompiscatole... Posso permettermi di ricordare a Giannino Cusano, a Isabel Archer , a Mara Dolce e a tutti i 66 sensibili professionisti che hanno firmato la petizione, che Meier (arrabbiato e rassegnato!) se n' gi lavato le mani da un pezzo (da prima dell'inizio!) di questo progetto? E posso permettermi di chiederVi qual' la cosa pi antimoderna, indemocratica, raccapricciante e vergognosa tra lo sdegno di un Maestro che " costretto ad abbandonare" la sua creatura lungo un fiume dominato dai topi e dallo smog, e questo gettarsi forsennato sulla preda semimorta della solita italianit, carcassa di quella che era in origine un'architettura!? Rinnegata dal suo stesso creatore, anche terminata "completamente", questa fabbrica sar comunque (riprendendo le parole di Cesare De Sessa) un cadavere urbano eccellente. Cordialmente, Fausto.

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Commento 832 di >>Giannino Cusano
16/11/2004


Per Mara Dolce:
ho scritto:
"il coro della Parrocchietta ha ottenuto l'ennesima vergogna italiana: la deturpazione del progetto Meier, monco del suo pi forte raccordo allintorno"

Mi pare che, nella sintetica economia dell'articolo, ce ne sia abbastanza, per chi ha occhi per vedere: il muro dell'ala d'accesso era una quinta che filtrava, lasciandoli intravvedere, gli edifici retrostanti, ma al contempo distendeva il Museo LUNGO il Tevere, impedendogli di ridursi a un oggetto posato l. Cos'altro c' da argomentare?
Infine: se, per una volta, la televendita non confronta le brutture del prima con le meraviglie del dopo_la_cura, ma caso mai documenta il contrario. E dunque le mie probabilit di tele-vendere sono davvero esigue, non crede?
G.C.


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Commento 831 di >>Isabel Archer
14/11/2004


Larchitettura italiana sta davvero prendendo una piega raccapricciante. Io rimango attonita, anzi sgomenta anche davanti a queste affermazioni sul Colosseo di Carlo Aymonino (da Al via i lavori per il Grande Campidoglio. Intervista a Carlo Aymonino):
http://www.architettiroma.it/archweb/dettagli.asp?id=5161

Giusto il Colosseo. Si dice che lei, architetto, abbia delle idee ardite in proposito. Quali sono?
Met dellanfiteatro manca del perimetro esterno. Crollato per il tempo, i terremoti. Sistemata larea dei Fori, il Colosseo non pu restare cos com. Va superato lo "scalino" del Valadier, bisognerebbe completare lellisse esterna in semplici mattoni. Per capire veramente come si presentava duemila anni fa.
Ma lei ne ha parlato con Adriano La Regina, il sovrintendente archeologico?
S. Ne rimasto piuttosto colpito. Ma non ha escluso che sui Fori si possa lavorare in maniera positiva.

Tra la riesumazione del porto di Ripetta e la ricostruzione del Colosseo come si presentava duemila anni fa, rischiamo di diventare il paese delle mummie.
Jean Nouvel aiutaci tu: http://www.architettiroma.it/dettagli.asp?id=5593


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Commento 830 di >>mara dolce
14/11/2004


E no caro Cusano, non basta far vedere due foto di un progetto e liquidare la cosa con uno slogan:
(..) *E certo, come si pu vedere, aveva ragione da vendere Meier a non voler troncare il muro.*
Le ragioni da vendere ce le deve spiegare, altrimenti la stessa operazione pu essere fatta da quelli che lei chiama castratori con una modifica del commento:
*E certo, come si pu vedere, avevamo ragione da vendere a voler troncare il muro.*

E’ la difesa argomentata dei valori che l’architetto crede di aver individuato in una architettura, che fa la differenza, e non mostrare un prima e un dopo come nelle diete miracolose delle televendite.

Sono convinta che se negli ultimi trent’anni si fosse applicato questo criterio con seriet e rigore, oggi non si registrerebbe la netta vittoria dello storico sull’architetto.
Nell’attesa che Cusano argomenti..
Mara Dolce


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