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Ci sono 27 commenti relativi a questo articolo

Commento 9252 di giacomo airaldi del 31/01/2011


ben detto, ottimo! erano anni che non leggevo qualcosa di cosi pacato e pregnante nello stesso tempo come il tuo scritto. Sarebbe da mandare a tutti i membri di commissioni edilizie. Io condivido tutto
saluti Giacomo

Tutti i commenti di giacomo airaldi

31/1/2011 - Sandro Lazier risponde a giacomo airaldi

Grazie Giacomo.
Il testo a disposizione di tutti quelli che condividono quanto ho scritto.
Sarebbe molto importante che, lettori con qualche influenza sulla stampa locale, lo proponessero per la pubblicazione. Forse si riuscirebbe a fare un po di chiarezza e a parlare pubblicamente e diffusamente di un argomento che a molti interessa mantenere nella massima omert.
Da parte mia do fin d'ora il consenso alla pubblicazione.

 

Commento 9253 di alberto scarzella del 31/01/2011


Quanto scrive Sandro Lazier addirittura lapalissiano e forse proprio per questo suo aspetto poco condiviso dai burocrati e dagli ipocriti.
Da quando la responsabilit della concessione ad edificare non ricade pi sul Sindaco (cittadino che pu non avere conoscenze tecniche sufficienti all'esercizio di un corretto controllo delle conformit del progetto alle precrizioni di legge e dei regolamenti) ma sull'ingegnere capo, dagli Statuti di alcuni Consigli Comunali la Commissione Edilizia stato stralciato l'articolato che istituiva e regolamentava la Commissione Edilizia. Purtroppo le amministrazioni Comunali che hanno aggiornato il loro Statuto sono pochissime. Quelle poi che hanno mantenuto le Commissioni Edilizie non hanno ritenuto di dover pretendere che i giudizi negativi debbano essere supportati da motivazioni che consentano di essere contestate e discusse.
Noto il fumosissimo giudizio: non si inserisce nel contesto ambientale. Naturalmente senza la precisazione di quali siano gli elementi che impediscono questo naturale inserimento.
Cosa possiamo fare per contrastare questa ignobile prassi?
Gli Ordini sono sordi su questo tema. Recentemente ho cercato di responsabilizzare quello della provincia di Milano. Sono passati mesi nel silenzio pi assordante.
Se qualcuno ha qualche concreta proposta per attivare azioni a difesa di quanto Lazier ha denunciato sono disponibile e con me, sono certo, diversi colleghi. Parliamone.

Tutti i commenti di alberto scarzella

 

Commento 9254 di stefano lettini del 31/01/2011


Complimenti! cosa possiamo fare per estirpare la dittatura della commissione edilizia? sono pronto a collaborare.

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Commento 9255 di angelo errico del 31/01/2011


Perch imporre a Matera l'uso di certi materiali per costruire nella zona dei sassi? Perch ad Alberobello non si pu usare una persina a lamelle in ingresso di un trullo, oppure una porta in anticorodal? Perch a San Giminiano o a Castiglion della Pescaia non si pu inserire nell'abitato anche storico, un box auto per la propria vettura con tutte le tecniche costruttive della contemporaneit anzich camuffarlo con rivestimenti di pietra antica? Per non parlare poi di quei regolamenti che vogliono nei cimiteri, le lapidi tutte di marmo con scritte di un certo colore e calibro. Concordo s. Sacrosanto il diritto del buon gusto proprio sul proprio territorio. E poi c' tutto quel discorso pure! di decoro della facciata. Ma qui si sposta il mirino della questione. Per in certi casi non possibile anche quando i proprietari tutti concordano magari sul modificare un ingresso, un balcone, per un buon gusto contrario della Sorpintendenza. Ma c' chi come Sgarbi, sulla difesa della bellezza ( la sua, a parer suo! ) ha scritto libri su libri. E quindi, con Lazier, la partita finisce 1-1.

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31/1/2011 - Sandro Lazier risponde a angelo errico

Una partita alla pari con Sgarbi improbabile: pesi troppo diversi. Lui brucerebbe dieci persone per salvare un Raffaello; io dieci Raffaello per salvarne una. Purch questa non sia lo stesso Sgarbi.

 

Commento 9270 di Gaetano manganello del 09/02/2011


Penso che le Commissioni edilizie non debbano essere abolite, molto semplicemente dovrebbero essere formate da componenti qualificati anzi da Architetti Progettisti con all'attivo una grande esperienza e diverse architetture costruite e riconosciute di qualit'. Essi dovrebbero utilizzare questa esperienza per dare giudizi sulla qualita' degli edifici proposti dalla maggioranza di geometri e ingegneri e purtroppo anche di architetti che non hanno la minima idea di cosa significhi architettura contemporanea di qualita'.
E, naturalmente di bocciare quella maggioranza di progetti presentati in modo da togliere a chi fa scempio del paesaggio con la miriade di anonima casupole costruite, la possibilita' appunto di costruire.
La qualita' del progetto e non la becera osservanza delle quantita' urbanistiche.
Da progettista rivendico la possibilita' di essere giudicato da altri progettisti, e non da "tecnici" nominati dai soliti politici per favorire i soliti clientelismi.
Le stesse considerazioni sono valide anche per le Soprintendenze, per fortuna non tutte, molto spesso composte da tecnici che comprendono soltanto il cosiddetto stile soprintendenza nazional-tradizional-popolare.

Tutti i commenti di Gaetano manganello

 

Commento 9271 di Zennaro del 09/02/2011


La professione di architetto, e mi limito solo a questa, ormai per buona parte misconosciuta. Non possibile che un architetto, il giorno dopo che ha terminato gli studi, cancelli tutto ci che ha imparato all'Universit e si inventi una nuova professione tentando di mimare gli ingegneri, che notoriamente nulla sanno di qualit formale poich non il loro mestiere, e i geometri, che anch'essi occupano uno spazio professionale improprio. Nel suo sforzo di soddisfare il mercato delle costruzioni, non sapendo fare il suo mestiere, trova nella commissione edilizia la prima causa dei suoi problemi ed il primo a plaudire alla sua eliminazione. Tutto si vorrebbe abolire, soprattutto la commissione edilizia formata dal macellaio e dal droghiere (o da tutti quelli menzionati), e credo che su questo punto non vi nulla da eccepire. Quando, per, i primi ad abolire la conoscenza del mestire sono i mestieranti stessi non si capisce pi di cosa si sta parlando. Chiedo venia se sono lievemente drastico, ma dovendo esaminare, da esperto (individuato senza collocazioni politiche), i progetti dei miei colleghi, ogni volta che lo faccio ne esco assai depresso (faccio parte di una commissione ambientale di esperti nata sulle ceneri della commissione edilizia). Tranne rarissimi casi sono proprio i professionisti stessi che, accampando giustificazioni improbabili (la pi frequente si nasconde dietro la considerazione che bisogna pur mangiare, o che il committente vuole quella soluzione), producono edilizia faticosamente qualidficabile. Quando arrivano progetti, anche a volte azzardati, ma contemporanei, ci si apre il cuore. Non ammissibile che nella maggior parte dei casi i geometri presentino progetti migliori di un architetto, che nascondendosi dietro la scusa di essere originale ad ogni costo propone banalit inqualificabili. Pertanto aboliamo pure tutto, ma in primo luogo proporrei di abolire il titolo di architetto, o conferiamolo ai soli che sono capaci di dare dimostrazione pratica di saperlo fare.
Credo che non siano le commissioni edilizie ad essere sottoposte a cancellazione, semmai la loro composizione, che sarebbe utile fossero composte da soggetti competenti. Andrebbe invece cancellata la incapacit di pensare l'architettura. In una democrazia che non ha valori da celebrare l'architettura non ha pi senso (o ha senso solo se opera d'arte che rappresenta il contemporaneo), e quindi per fare dell'edilizia basta un capomastro qualunque. Le lagnanze sono spesso frutto di incapacit di porsi e di trovare una soluzione.

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9/2/2011 - Sandro Lazier risponde a Zennaro

Se me lo concede vorrei essere chiaro e diretto. Il suo commento, a mio avviso, denuncia un evidente peccato originale: Vittorio Gregotti. Ovvero una irrisolta questione ontologica che riguarda larchitettura. Se postuliamo, quindi diamo per scontato, larchitettura essere qualcosa con dei confini definiti, siano essi funzionali, formali, sociali, ecc, lasciando alla sua vocazione creativa e spaziale lesigua parte restante, la poniamo sicuramente nella condizione dessere trasmessa al prossimo con lesempio e linsegnamento, come un mestiere, come giustamente, dal suo punto di vista, lei la intende. Un mestiere a cui si richiede anche, finalmente quando si parla di qualit, un minimo di fantasia creativa.
Se invece, come io credo larchitettura essere sostanzialmente larchitettura, ovvero una semplice tautologia, quel luogo della creativit che ha per oggetto lo spazio, ovviamente abitato delle persone, ma principalmente rivolto a s stesso, allora le cose cambiano. Cambiano perch non c pi nulla da insegnare e, dagli insegnamenti, trarre una qualche misura qualitativa universalmente condivisa. Si pu insegnare la tecnica dellarchitettura, come la grammatica e le tecniche pittoriche. Una buona scuola serve a questo. Ma non si pu insegnare a esser poeti, artisti e nemmeno architetti.
Per cui, oltre ad abolire il titolo architetto, in fondo, colui che autore di opere di architettura, ingegnere, geometra, macellaio non importa, anche se non possiede il titolo specifico occorrerebbe rifondare luniversit, istituendo magari una laurea in tecnica dellarchitettura, lasciando libert dinsegnamento (nessuna laurea, nessun valore legale) alle varie anime e correnti culturali che, onestamente, non possono pi stare dentro la stessa chiesa sopportando gli uni le eresie degli altri. Smettendo di gabellare la societ con lipocrisia che tutti gli iscritti allordine sarebbero garanti di una competenza equivalente e certificata, faremmo un grande salto verso quella tanto ambita qualit dellarchitettura di cui sentiamo parlare da anni. Ma in modi, ovviamente, del tutto diversi. E soprattutto potremmo fare a meno di commissioni e commissari che tutti, a loro modo, si sentono istituzionalmente competenti.

Per finire, e qui rispondo anche al commento di G. Manganello, voglio ricordare che la qualit non si raggiunge per induzione, ma per competizione, che non una cosa bella. Vuol dire concorrenza didee, da difendere spesso con lo scontro, che a volte vuol dire ripudio di ci che si pensava prima. Grado zero, direbbe Zevi. Ma quanti Zevi occorrerebbero in Italia nelle commissioni edilizie di 8.000 comuni?

 

Commento 9272 di alessio lenzarini del 10/02/2011


Ovviamente d'accordo con tutto l'articolo di Lazier, che sviscera 'il problema dei problemi' dell'architettura italiana, mi permetto di discordare solo su un aspetto: l'annosa questione della commissione edilizia talmente squallida e banale che non merita nemmeno una disamina cos lunga e articolata e intelligente, perch alla fin fine si risolve in una pura e semplice questione di censura vs libert d'espressione. Temo che ci sia poco altro da sviscerare. La commissione edilizia non pu essere identificata in nessun altro modo se non come un organismo di censura linguistica che mina la libert d'espressione del cittadino. Nasce dichiaratamente per fare quello e non fa altro che quello. Nessuna oggettiva analisi di natura tecnica viene demandata alla commissione edilizia, che si occupa unicamente di soggettive valutazione estetiche. Se un tale organismo repressivo fosse applicato, per legge e sistematicamente, a qualunque altra disciplina artistica o culturale, vedremmo quotidianamente decine di emeriti intellettuali incatenarsi in tutte le piazze d'Italia per protestare contro lo scandalo: applicata alla disciplina architettonica, sembra invece all'opinione pubblica normale e necessaria, compresa tragicamente anche l'opinione di moltissimi addetti ai lavori. Le ragioni di questo fatto possono essere tante e Lazier le analizza puntualmente: ma alla radice c' il solito male dell'architettura italiana che versa nella condizione di disciplina artistica alienata ovverosia non percepita come tale nell'immaginario collettivo. Per l'architettura non valgono, evidentemente, i pi elementari principi di libert d'espressione che nessun cervello liberale e democratico si sognerebbe di negare alla letteratura o alle arti visive. Impedire la costruzione di un edificio perch "non si integra nel contesto" o pi tautologicamente perch "non ha sufficiente qualit" o magari ce l'ha "sul prospetto nord ma non abbastanza su quello est" equivale ad impedire la pubblicazione di un libro perch offende il comune senso del pudore o perch disturba la sensibilit religiosa della maggioranza o, al limite del paradosso, perch non corrisponde ai parametri estetici di chi deputato a porre il veto. La risposta scontata che mi sono sempre sentito dare, dai profani ma anche da molti colleghi, naturalmente che un libro puoi scegliere se leggerlo mentre un edificio costruito sei obbligato a vederlo tutti i giorni. Come a dire che l'arte pu essere davvero libera solo quando comunque rimane ghettizzata nel museo, nella biblioteca, nel ristretto e innocuo circolo di appassionati addetti ai lavori: mentre se esce in strada, se si mostra in pubblico, se aggredisce il fruitore-spettatore obbligandolo in qualche misura a considerarla, allora deve essere calmierata e regolamentata col saggio giudizio di pacati esperti che sappiano edulcorarne gli eccessi, per mandare tutti a letto tranquilli. Perch, ovviamente, l'unico risultato concreto e plausibile che la commissione edilizia pu ottenere quello di mitigare gli eccessi linguistici, per una sedativa concordia sociale, e non certo di innalzare il livello linguistico dei progetti pi banali. Se non sai progettare, la commissione edilizia non pu certo insegnartelo, e poi un progetto banale non fa male a nessuno, mentre se costruisci qualcosa di "strano" potresti allarmare qualche raffinato buongustaio del portichetto.

Tutti i commenti di alessio lenzarini

 

Commento 9273 di Gaetano manganello del 10/02/2011


Ringrazio Sandro Lazier per avere sviluppato e proposto il tema o meglio il problema delle Commissioni Edilizie. Io sono stato anni fa componente di commissione edilizia, la mia esperienza personale da componente e anche quella da progettista mi porta a fare queste considerazioni:
-Le commissioni sono centri di interessi economici
-L'interesse economico non collima con l'architettura
-I progettisti che sanno fare buona architettura sono una percentuale risibile della massa di tecnici che presentano progetti banalmente anonimi
-I funzionari comunali sono attentissimi ai parametri quantitativi, ma insensibili alla qualita' del progetto
-le leggi e i regolamenti edilizi sono assolutamente insufficienti a garantire costruzioni di qualita'
Che fare dunque?
Ritorno sull'argomento per fare chiarezza, penso che solo un buon medico abbia il diritto/dovere di esercitare la propria professione, e' in gioco la salute delle persone;
Penso che solo un buon architetto abbia il diritto/dovere di costruire, e' in gioco la vivibilita' e bellezza delle nostre citta' e del nostro paesaggio ( nostro=di tutti)
Bisogna allora stabilire chi ha le competenze e capacita' professionali di costruire architettura civile, e non basta una laurea.....non bastano nemmeno le varie commissioni edilizie.....
Proponiamo allora commissioni formate da esperti progettisti, critici di architettura, storici, ma anche artisti.....non si puo' pensare di abolire le commissioni rivendicando la liberta' di pensiero.....sarebbe come dare campo libero a orde di tecnici incompetenti.
Formiamo un movimento per la qualita' dell'architettura, rivendichiamo la bellezza del nostro paesaggio...cominciamo a educare le giovani generazioni.....riformiamo l'universita'
Uniamo i pensieri di tutti coloro che hanno a cuore la buona architettura....

Tutti i commenti di Gaetano manganello

 

Commento 9284 di Flavio Casgnola del 23/02/2011


Carissimo Sandro, non posso far altro che condividere totalmente quanto sostieni...sia nell'analisi sia nelle conclusioni e, per una volta, devo dire che Palermo... all'avanguardia, lo ha fatto da molto tempo...

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Commento 10820 di Bela lugosi del 17/11/2011


Io pratico in svizzera e mi sono imbattuto in una vostra commissione in un caso di consulenza ad un conoscente.

Noto un paio di cose:

1. Le decisioni prese e le relative spiegazioni non sono neanche lontanamente razionali ma completamente soggettive, ridicole. Smontare le loro controtesi un esercizio elementare e divertente, la tentazione di infierire anche pesantemente contro chi le ha esposte irrefrenabile, ma vista la loro insindacabile onnipotenza consigliabile valutare bene le strategie per non
compromettere definitivamente ogni futura possibilit.

2. Le commissioni suppliscono un carente sistema di diritto edile e tutelerebbero, di fatto, da una carenza professionale di chi progetta. Il problema che se il progettista scarso, le commissioni sono a loro volta formate e supervisionate dalla medesima scadente figura professionale: il geometra.

3. Nel mio paese il geometra un ingegnere laureato in topografia, che si occupa esclusivamente di misurazioni geomatiche. Quando mi hanno spiegato quale mestiere svolge il geometra in italia, ebbene non capivo. Tra le sue competenze, per cui formato, nessuna pertinente alla progettazione, ne alla costruzione, ne alla gestione di un progetto. Quindi il geometra , in architettura, una figura aliena, che in italia comunque abilitato a progettare e anche a legiferare su questioni di teoria. Anzi, in Italia detiene il controllo dell'edilizia assieme ai costruttori e i promotori immobiliari.

4. Alcuni geometra italiani operano anche nel mio paese, ma sono attivi quasi esclusivamente nelle imprese di costruzione, con mansioni molto variate e spesso imprecisate: fanno un po di tutto e non lo fanno tanto bene.

Per concludere il mio punto di vista, io penso che le commissioni siano un inaccettabile abuso di potere, dal momento che limitano i diritti di certi (!!!) cittadini senza averne competenza e senza che ve ne sia un tangibile risultato qualitativo per la collettivit. Il loro scopo pu solo essere quello di esercitare potere economico e politico, di tutelare e perpetuare la loro casta professionale di geometra altrimenti destinata a morire.

Tutti i commenti di Bela lugosi

 

Commento 10821 di vilma torselli del 18/11/2011


C una sentenza del TAR del Piemonte (n. 657/2005) circa la legittimit di un permesso di costruire che recita: "Seppure la Commissione Edilizia abbia perso, a seguito delle innovazioni introdotte dal D.P.R. 380/2001, il suo carattere di organo necessario ex-lege potendo oggi scegliere gli enti locali se conservarla o sopprimerla , laddove si sia optato per la persistenza di tale organo, leffettiva espressione di un parere da parte di una commissione illegittimamente composta da soggetti politici, in violazione del generale principio di separazione delle funzioni politiche da quelle amministrativo-gestionali (principio che ha portata generale ed per ci stesso in suscettibile di eccezioni che non siano espressamente previste dalla legge), inficia di conseguenza gli atti successivi del procedimento e travolge la legittimit del provvedimento finale".
Il che oltre a sancire il principio di separazione fra competenze politiche e competenze amministrative, in un certo senso sancisce anche la sostanziale libert di giudizio, ma anche l'inutilit, della C.E.
Della quale peraltro, da sempre il parere consultivo e non costituisce presunzione della emissione di concessione: secondo il T.U. sullEdilizia (D.P.R. 380/2001) che ne mantiene in vita l'istituto, sulla base dell'art. 4 comma 2 la C.E. facoltativa e disciplinata in base a quanto statuito nel Regolamento Edilizio di ciascun comune che di essa intenda valersi. Ovviamente, la decisione sottost a logiche squisitamente politiche che prescindono da valutazioni estetiche o dalla originaria attribuzione della C.E. al momento della sua costituzione come Commissione di ornato (r.d. 23 ottobre 1859 n.3702).
Se la C. E. pu essere un alibi per scelte che nulla hanno a che fare con i suoi presunti compiti, c' quindi da chiedersi perch un comune scelga di dotarsi di C.E. ed un altro no. Voglio dire, il problema va spostato su un piano politico, forse non sono le C.E. che impediscono "il confronto delle idee", la strumentalizzazione che la politica ne fa, con la scusa di fermare il brutto.

Secondo me ci sarebbe da discutere sul fatto che "Cos come ci si sceglie vestito e automobile e ci si esprime liberamente con parole e gesti, allo stesso modo si ha il sacrosanto diritto di abitare a proprio gusto e piacere .. ", perch l'architettura ha peculiarit ben diverse da un abito o un'auto, beni di consumo di durabilit variabile e comunque contenuta: l'architettura resta, in particolare in Italia, dove si tende a conservare tutto indiscriminatamente, il ciclo vitale di un edificio pu durare secoli, dopo di che difficilmente esprimer il "modo molto intimo e personale di stare al mondo" di chi lo ha pensato, ma pur perdendo la sua giustificazione estemporanea rester comunque e per lungo tempo un elemento connotativo dell'ambiente e del paesaggio (beni indiscutibilmente collettivi), anche se magari non era questa l'intenzione n del committente n del progettista. Mi sembra un nodo importante, ancorch di difficile soluzione.
Cos come mi pare difficile scegliere tra la presenza di C.E. che censurino la libert progettuale dellarchitetto esprimendo poco deontologici giudizi di merito, e, in assenza di esse, sindaci o assessori che si inventino chiss quali strumenti giuridici per fermare il brutto. E magari sono pure geometri!

Il parallelo tra arte e architettura moderne, a mio parere uno dei temi portanti della cultura contemporanea, cozza da sempre ed inevitabilmente contro un discrimine irremovibile: larte libera perch inutile, larchitettura no, quantomeno non inutile, quantomeno nella maggior parte dei casi.

Ma questa unaltra storia.

Saluti


Tutti i commenti di vilma torselli

 

Commento 10928 di pietro pagliardini del 18/12/2011


Tema di straordinario interesse la commissione edilizia perch condensa quasi tutte le problematiche legate allarchitettura moderna e al suo rapporto con il passato e con il presente, allidea stessa di architettura e a quella di architetto e, come ribadito pi volte dallautore, al tema della libert e dei diritti del cittadino.
La commissione edilizia - trascurando ovviamente le contingenti anche se non infrequenti storture quali lessere spesso luogo di potere, favoritismi o prepotenze professionali, o di incapacit dei suoi componenti o di opacit delle decisioni prese, ma considerandone solo lessenza teorica - rappresenta lanello di congiunzione tra passato e presente, in quanto permanenza di una istituzione antica, erede delle decisioni collettive sulla citt, entro una societ atomizzata il cui protagonista lindividuo. E il caso esemplare delle pratiche pre-moderne dellurbanistica moderna di cui ha scritto Francesco Finotto. Ho diviso questo lungo commento in titoli, pi ad uso mio che degli altri.

La Libert
Lazier affronta largomento sotto il profilo della libert del progettista, estendendone per il campo alla libert dellindividuo. Non c dubbio che il nodo centrale del dibattito tra gli architetti sia questo, ma la soluzione che egli propone, e che sembra dare per scontata, che invece tutta da discutere e secondo me da confutare alla radice perch la progettazione architettonica non attiene al campo della libert despressione artistica. Daltronde cosa c da aspettarsi da un intellettuale della domenica alla cui categoria probabilmente appartengo?
Intanto non vorrei parlare di libert del progetto perch la Libert una condizione di grado ben superiore, e direi una e indivisibile: o c o non c, non pu essercene abbastanza per quella situazione o poca per quellaltra. Se c, ci deve essere piena per tutte quelle che sono le espressioni del pensiero umano, altrimenti non c. Poi c la legge che garantisce al cittadino, elencandole, determinate libert ma sono specificazioni di azioni che siamo liberi di compiere o, al contrario, che ci sono negate, come quelle libert che arrecano danni ad altri. Non certamente ammessa la libert di prendere a schiaffi una persona che ci ha causato un danno. E s che talvolta il desiderio sarebbe forte, ed pure un desiderio umano che per deve essere controllato e riportato nellalveo della legge. Si pu parlare in casi come questi, di violazione della nostra libert? Direi proprio di no.
Dunque limitare alcune azioni, anche se scaturite dal pensiero umano, rientra nelle regole del contratto sociale che sta alla base dellesistenza stessa di una societ. Non si pu gridare alla fine della libert se determinate azioni sono impedite (dopo sappiamo che esistono legittimi ed autorevolissimi filoni di pensiero, soprattutto negli USA, che negano lesistenza stessa dello stato, ma questo un altro discorso), si tratta di determinare il giusto equilibrio tra chi privilegia il diritto naturale e chi invece il diritto positivo soggetto al mutare dei tempi e dei costumi e che si adegua diventando specchio di una determinata fase evolutiva della societ. Si tratta dunque di determinare quali siano le azioni che appartengano esclusivamente alla sfera della libert individuale e quali invece siano soggette a limitazioni affinch la libert di ciascuno non vada a configgere con quella degli altri fino a disgregare le fondamenta del contratto sociale.
Non c dubbio che lespressione artistica non debba essere limitata o censurabile. Prendiamo il caso della scultura. Lartista deve essere libero di fare ci che vuole e se non ha mercato vuol dire che non piace. Per, anche in questo caso, c un problema. Fino a che lopera rimane nel campo del mercato o della pura passione individuale la libert assoluta, ma se lopera dovesse diventare patrimonio pubblico, cio essere collocata in una piazza, chi autorizzato a prendere la decisione? Chi ha titolo per scegliere lo scultore Tizio o lo scultore Caio? In questo caso, infatti, si tratta di denaro e interesse pubblico e qualcuno deve assumersi la responsabilit di scegliere. Non credo possa essere un Responsabile del procedimento, un funzionario. Immagino che debba essere un amministratore eletto oppure un suo esperto di fiducia, che altro non che una emanazione dellamministratore. Dunque dovr essere la politica a decidere. Mi sembrato di capire che anche Lazier sia daccordo su questo punto, con la precisazione che le minoranze debbano essere tuttavia tutelate, qualunque esse siano. Mi sembrato di capire anche, in via deduttiva, che il politico non dovrebbe scegliere in base ad un principio estetico stabilito, perch dice, ed io sono assolutamente daccordo, che lo stato non deve avere una cultura ufficiale, una cultura di stato.
Il principio giusto ma la sua applicazione pratica lo un po meno. Se ad esempio ci fosse da scegliere tra salvare Pompei e fare un nuovo museo di arte contemporanea, qualunque scelta si effettui non forse la scelta di un genere piuttosto che di un altro? Dunque dalle dichiarazioni di principio alla realt dei fatti qualcosa si perde. Ma non divaghiamo e veniamo allarchitettura.

Architettura = Arte?
Inutile che io ripeta ci che ha gi scritto Vilma Torselli che ha inquadrato perfettamente il problema.
Aggiungo alcune cose. La Costituzione italiana, allart. 9, quindi allinizio e allinterno di quelli che sono chiamati i Principi Fondamentali che la ispirano, c scritto: [La Repubblica] Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Ora, non voglio nascondermi dietro la Costituzione, che come tutte le Carte suscettibile di invecchiamento e quindi di revisioni e aggiornamenti, ma questo principio non stato inserito a caso e non pu banalmente essere considerato tradizionalista. Questo principio stato inserito perch - a Lazier potr non piacere - questo paese ha una storia, un passato, una tradizione, un patrimonio, un paesaggio da tutelare e valorizzare. Nemmeno a me piacciono alcune parti della Costituzione, per esempio lart. 1, cio la Repubblica fondata sul lavoro - personalmente apprezzo di pi lo spirito del Preambolo della Costituzione Americana, cio We, the People - ma questa , e anche questo articolo figlio di una storia, magari meno esaltante di quella del nostro patrimonio artistico e paesaggistico, ma pur sempre la nostra storia, se ha un senso considerarci Nazione con radici comuni. La tutela del paesaggio, per entrare nel merito dellarticolo di Lazier che parla di contesto agreste, ci che ci distingue da tutti gli altri popoli, ci che ci rende diversi, la nostra carta di identit. Perch apprezzare solo le differenze degli individui e trascurare invece quelle delle Nazioni? Perch omogeneizzarsi come insieme, come nazione, annullarsi nella globalizzazione culturale e volersi invece distinguere come architetti creativi?
Ma il vero nodo della discussione sta nella totale assimilazione, che per me un equivoco colossale, tra architettura e arte che Lazier non solo accetta ma esalta. Questa assimilazione figlia dei libri di storia dellarte (ma anche delle avanguardie del 900) ed in buona parte utile a comprendere e far comprendere certi caratteri di unit o di diversit di determinati periodi storici, ma non corrisponde affatto allessenza delle diverse discipline. Tutte le arti mancano di utilitas, in senso oggettivo ovviamente e non soggettivo. Larchitettura non pu essere ridotta, e aggiungo sminuita, a pura manifestazione artistica; larchitettura fatta di tecnica, di lavoro collettivo di molti soggetti contemporaneamente e in tempi diversi, di manualit e di esperienze di individui diversi, di architetti e manovali, di committenti, di produttori e fornitori di materiali, di statica, di fisica, di impresari, di enti pubblici e di mille altre figure e situazioni. Larchitettura non solo un disegno e un disegno di architettura architettura solo in potenza, ma dalla potenza allatto c di mezzo un processo tecnico-produttivo complesso e ricco di incognite, solo terminato il quale si potr decretare la sua appartenenza al mondo dellarchitettura e la sua vera, autentica qualit. Ogni architettura un prototipo, anche ledilizia pi industrializzata, perch le variabili in gioco sono moltissime, la pi importante delle quali il luogo, in ogni senso, sia nei suoi caratteri pi immateriali, lo spirito del luogo, che in quelli pi legati allorografia, alla geografia, alla morfologia del terreno. Separare un edificio dal luogo operazione di puro design e non appartiene al mondo dellarchitettura e, e brutalmente, non da architetti. Poi si pu discutere se il progetto debba essere sempre e comunque consonante o se invece possa essere dissonante dal luogo: di entrambe i casi vi sono esempi pessimi o splendidi. Quello che certo che lespressione dellarchitetto, nella scala gerarchica dei valori, non lunico e non sempre il principale agente di quel processo creativo e produttivo, di lavoro intellettuale e manuale che porta alla realizzazione di un qualsiasi edificio, il pi umile e il pi importante. E la distinzione rigida e molto elitaria che Lazier fa tra architettura ed edilizia, quasi fossero a priori mondi separati, sbagliata nella sostanza.
Direi che la totale coincidenza tra architettura e arte,che il presupposto che giustificherebbe la libera espressione del progettista, ci restituisce paradossalmente una figura di architetto classico e direi nostalgico e antichista perch lassimila a quella del Rinascimento quando pittura, scultura, architettura, letteratura erano tante sfaccettature della medesima personalit artistica, quando cera unit dellarte e la discussione verteva su quale delle arti dovesse avere il primato. Michelangelo ne il simbolo migliore.

Tutti i commenti di pietro pagliardini

18/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Cercher dessere conciso. Pagliardini mi perdoner la sintesi.
A proposito di libert dice:
Poi c la legge che garantisce al cittadino, elencandole, determinate libert ma sono specificazioni di azioni che siamo liberi di compiere o, al contrario, che ci sono negate, come quelle libert che arrecano danni ad altri. []
Dunque limitare alcune azioni, anche se scaturite dal pensiero umano, rientra nelle regole del contratto sociale che sta alla base dellesistenza stessa di una societ.

Imporre al prossimo cosa deve o non deve fare non centra nulla col contratto sociale ed una grave limitazione della libert personale. Dire cosa non si pu fare una cosa; dire cosa si deve fare tutta unaltra. R. Barthes, una volta, parlando di linguaggio e della sua inclinazione al conformismo, afferm che questo non per sua natura n conservatore n progressista; esso semplicemente fascista, perch fascismo non impedire di dire, ma obbligare a dire.
Obbligare il prossimo a rifare la casetta della nonna facendo leva sulla retorica del consenso (re)azione storicamente nota.
A proposito di architettura e arte lei dice:
Perch apprezzare solo le differenze degli individui e trascurare invece quelle delle Nazioni? Perch omogeneizzarsi come insieme, come nazione, annullarsi nella globalizzazione culturale e volersi invece distinguere come architetti creativi?
Bruno Zevi, maestro sempre attuale, parlava di consorzio umano. Non a caso. Gli individui sono, per loro natura, degli elementi universali finiti, che non puoi sciogliere in aggregazioni maggiori quali nazioni, stati, collettivi o altri termini statistici privi di una volont univoca. Io non credo che i popoli, le nazioni, le societ in genere abbiano una loro volont. Gli individui hanno volont ed esprimono desideri, i popoli no. I popoli, le nazioni, esistono perch esistono glindividui, unici degni di superiore tutela. Esiste la dichiarazione dei diritti delluomo, non quella dei diritti delle nazioni, delle associazioni, delle leghe o altre bislacche aggregazioni. Le nazioni sono solo realt statistiche, matematica ad uso dellamministrazione pubblica per fornire servizi ai cittadini (che sono individui). Litalianit, lo spirito dei luoghi, lidentit sono solo retorica ad uso dei robivecchi incapaci di riformare minimamente un linguaggio, che li opprime al punto da far loro confondere qualsiasi idea polverosa con la storia. La storia cosa seria, tanto che ogni generazione deve scrivere la sua, proprio per non copiare e rifare gli errori di quelle che lhanno preceduta.

Tutte le arti mancano di utilitas, in senso oggettivo ovviamente e non soggettivo. Larchitettura non pu essere ridotta, e aggiungo sminuita, a pura manifestazione artistica.
Io credo che palazzo Carignano del Guarini a Torino sia unopera darte e darchitettura. Non cera nessuna utilitas nellinserire in facciata una semicupola svuotata. Una geniale e totalmente superflua forzatura, puramente linguistica.
Eppure, come dice lei, anche questa architettura fatta di tecnica, di lavoro collettivo di molti soggetti contemporaneamente e in tempi diversi, di manualit e di esperienze di individui diversi, di architetti e manovali, di committenti, di produttori e fornitori di materiali, di statica, di fisica, di impresari, di enti pubblici e di mille altre figure e situazioni. Non vedo quindi nessuna preclusione affinch larchitettura, seppure descritta come lei fa, non possa essere una massima forma darte, capace di riformare il linguaggio. E non vedo proprio la ragione per cui larchitettura, come altra qualsiasi forma espressiva, non possa concorrere alla ricerca del rinnovamento linguistico. Larchitettura di un paese ci d la misura della sua civilt dando forma alle sue speranze di rinnovamento. Dovremmo rinunciare alla civilt per il fastidio di qualche reazionario intollerante? Che si costruisca le sue casupole, noi le tolleriamo, ma non si permetta di proibire agli altri di volare un po pi in alto.

Il resto del commento cita il bene comune, il paesaggio, il patrimonio artistico (ma, se larchitettura per Pagliardini non arte, non vedo cosa centri), la costituzione che dovrebbe tutelare questi beni. Ma la costituzione, non dovrebbe tutelare, in modo simmetrico, innanzitutto i cittadini e la loro libert personale? Se a me non piacciono le caricature della storia e il loro proliferare - che questo s, secondo me, devasta il paesaggio - la Costituzione mi difende?

 

Commento 10930 di vilma torselli del 20/12/2011


Mi incuneo brevemente e sinteticamente nel dibattito su un punto per me di particolare interesse.
Sul rapporto arte-architettura, sulla possibile ma non necessaria inutilit delluna e la necessaria e sempre possibile utilit dellaltra, mi sembra illuminate ci che Gramsci scrive nella sua Letteratura funzionale sul fatto che larchitettura sola, tra le varie attivit creative svolte dalluomo (per esempio la letteratura) debba/possa essere funzionale secondo un indirizzo sociale prestabilito: forse perch larchitettura risponde a necessit mentre le altre arti sono necessarie solo per gli intellettuali, per gli uomini di cultura?
Larchitettura, sulla scia di Persico e prima di lui di SantElia, per Gramsci linguaggio pratico di dimensione sociale attraverso il quale essa si incunea nella societ reale, perch proprio i pratici si propongono di rendere necessarie tutte le arti per tutti gli uomini, di rendere tutti artisti .
In questa filosofia (o estetica) della prassi, dove larchitettura si qualifica come tramite per soddisfare i bisogni umani e delineare le relazioni tra organizzazione sociale e ambiente, sembra concludersi una conciliazione accettabile tra arte e architettura per la realizzazione di un mondo socio-umano.


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Commento 10938 di pietro pagliardini del 20/12/2011


Difficile incontrarsi con lei Lazier che nega legittimit addirittura all'esistenza dei popoli. Le confesso che quello che dice Zevi per me vale quanto quello che dice chiunque altro perch in genere mi interessa il contenuto e non il contenitore. Ho abbandonato lidolatria da molto tempo e mi trovo veramente bene. Posso cambiare idea senza rinnegare nessuno.
Io non esalto il nazionalismo, figuriamoci, come so che l'uomo prova gli stessi sentimenti ovunque, che gioie e dolori sono condivisi da culture diverse, pur con reazioni espresse diversamente (ed anche per questo che la gente prova nei confronti dell'abitare un sentimento orientato pi alla "casa della nonna" che non alle pi bislacche architetture moderne), ma negare la ricchezza dell'esistenza di culture diverse mi sembra non solo di un'astrattezza senza limiti, ma anche di un pericolo senza limiti. Il caso europeo ne un esempio lampante: mettere insieme a forza ,con unoperazione elitaria e dallalto, popoli diversi, anche se con moltissima storia e cultura comune, privarli della loro moneta imponendone un'altra e addirittura senza uno stato dietro azione di cui oggi constatiamo drammaticamente il fallimento, oltre che essere atto di una violenza inusitata.
La costituzione europea, quando stata messa a referendum, di massima non passata: ci sar un motivo! Forse sono ignoranti i popoli?
La coabitazione forzata di culture diverse fonte di tensioni pericolose. Questo ideale mondialista e universalista che nega e reprime le diversit non solo non lo condivido affatto ma, nei limiti del possibile, lo combatto politicamente e culturalmente. Sono le grandi dittature che vogliono creare l'uomo nuovo: questi sono davvero i grandi fascismi.
Stalin ha tentato di annientare le diversit, sempre per creare luomo e il mondo nuovo, deportando da una parte all'altra dell'impero i popoli dominati, con il risultato di avere spinto ad esaltare le differenze e fatto rinascere pi feroci di prima i nazionalismi. Le varie pulizie etniche nella ex Jugoslavia sono anche figlie della violenza con cui Tito volle tenere insieme popoli diversi. E lei dice che i popoli non esistono e non dovrebbero esistere! Libero di pensarlo, ma rifletta sul passato (che non una parolaccia) per capirne le conseguenze su quegli individui che dice di esaltare. Si faccia un giro in Lituania e chieda cosa pensano dei russi che lhanno desertificata abbattendone i boschi non solo per appropriarsi del loro legname ma per umiliarne lidentit.
Sul rapporto arte-architettura, lesempio della bellezza dei prospetti , come dire, scontato. Certo che c un aspetto di formalismo nellarchitettura (ma Zevi non sarebbe propriamente daccordo)! Quanti edifici hanno sul Canal Grande facciate bellissime mentre dietro e lateralmente sono non finiti! Ma questo dimostra sia il desiderio di rappresentarsi del committente (in armonia con il carattere della citt, potremmo dire con la bella casa della nonna) ma anche di piacere al popolo. La componente artistica pu essere presente in architettura, ed auspicabile che ve ne sia, ma di qui ad assimilare larchitettura allarte ne corre. E poi se c arte ci deve essere anche lartista, e chi lo dice che gli artisti siano cos numerosi! Se c davvero, stia tranquillo che esce fuori, senza fare tanto chiasso. La migliore architettura in genere nasce laddove maggiori sono i vincoli e i limiti (non i vincoli inventati dalle norme); se non c, esiste la statistica certezza che ci sar solo chiasso.
Concludo con un esempio personale immagino analogo e contrario a quello che deve essere accaduto a lei.
Primi anni 90. Comune di San Giovanni Valdarno, una piccola Siberia. Cooperativa di 12 alloggi in un PEEP ipermodernista che vieta le coperture a tetto. Obbligo di copertura piana. Proviamo a forzare la noma e ci facciamo il tetto. Viene bocciato. Ci adeguiamo, ovviamente. Il piano oggi tutto realizzato: una Siberiasenza tetto.
Oggi anche a San Giovanni Valdarno si costruisce con il tetto, ma non c una norma che costringe a farlo.
Forse cambiato il vento. Era lora. Forse ad un conformismo se ne sostituisce un altro. E possibile.
Mi auguro che lei abbia protestato anche per casi analoghi al mio.

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20/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Zevi maestro vero. Citarlo non fa mai male e rileggerlo d una bella carica. A lei non servono i ricostituenti? Se no, beato lei.

Si metta il cuore in pace, Pietro, lEuropa non fallir. Se fallito qualcosa proprio quel concetto incerto e francamente anche un po ipocrita di Europa dei popoli.
Ma lEuropa dei cittadini non fallir. Meno popoli e pi cittadini, questo il nostro destino, malgrado le brusche frenate e le reazioni che inevitabilmente le crisi procurano da sempre. Crisi che costringeranno la boria patriottica a fare i conti con la necessit di un sereno futuro europeo per i nostri figli e nipoti.
Lei si chiede retoricamente se son ignoranti i popoli. Ma i popoli non possono esserlo. Nessun numero pu essere dotto o ignorante. Solo gli individui, che sono soggetti pensanti, possono avere queste propriet. Chi parla in nome del popolo assumendone per intero lidentit scivola inesorabilmente nella demagogia.
Infine, ecco il solito paradosso dellidentit.
Ci sono gruppi che, per affermare la loro diversit rispetto al resto del mondo devono pretendere allinterno del gruppo una severa omologazione, rifiutando in tal modo tutte le diversit individuali di chi il gruppo compone. Per realizzare lidentit del gruppo, al suo interno tutti si devono comportare allo stesso modo, contraddicendone in tal modo il fine: la diversit. La verit che sono solo le persone ad avere unidentit, non i gruppi. Ed la diversit dei soggetti che va tutelata, non quella dei popoli che non esiste se non in mondo esclusivamente retorico.
Per questo motivo trovo inopportuno il riferimento alle dittature che spazzerebbero le diversit a favore di unomologazione diffusa. La quale non avviene certo a favore dei singoli che, nei regimi assoluti, sono i primi ad essere annientati. Lomologazione avviene verso un pensiero unico che, sempre, guarda caso, si veste architettonicamente con abiti classici, spesso tronfi e indigesti, ma confezionati secondo rigorosa tradizione, mai con architetture sinceramente moderne. (Il fascismo si serv della modernit per semplice propaganda; una volta al vertice si affid al monumentalismo celebrativo di Piacentini.)
Unultima domanda: ma secondo lei, uno scialbo scatolone di periferia, col tetto o senza, fa differenza?

 

Commento 10939 di pietro pagliardini del 21/12/2011


Decisamente la pensiamo in maniera opposta: l'Europa fallita perch non l'Europa dei popoli. Non giusto dire "non fallir" gi fallita. Almeno in questa forma, l'unica, come oggi effettivamente .
L'Europa dei cittadini, che non contraddice affatto quella dei popoli, dato che i popoli sono costituiti dai cittadini e non da zombi, avrebbe potuto esistere, convivere e svilupparsi serenamente e in pace, come stato per 50 anni, attraverso la libera circolazione delle persone e delle merci. Con questi presupposti (che gi c'erano) le persone si spostano da un luogo all'altro, si incontrano, si riconoscono in ci che li rende uguali, la libert e la dignit umana, e in ci che li rende diversi (fortunatamente), la loro cultura individuale e quella del territorio di loro provenienza.
Questo avrebbe dovuto essere il processo naturale, che richiede tempo per, quanto nessuno lo sa, non l'accelerazione folle, scriteriata e forzata di un gruppo di ottimati spinti da ideali illuministici, ottimi per il settecento, e aggiungerei anche di ideali massonici ( una pura constatazione e non un pregiudizio).
I popoli esistono, fortunatamente, se lo metta lei il cuore in pace. E le dir anche che proprio in un vero stato sovrannazionale che le diversit e le specificit dei territori si esaltano, senza mediazioni intermedie quali lo stato nazionale. Ma non un processo da qualche anno, un processo storico, in cui il fattore tempo insondabile, che non pu subire forzature per diventare naturale e condiviso. Non siamo gli USA, nati da un guerra d'indipendenza, di liberazione direi.
Questa bruttissima Europa che con le sue leggi tutto omologa, dai cibi ai culi (l'esempio classico delle misure dei seggiolini del bus cui la perfida Albione giustamente si oppose, constatando che esistono culi diversi), l'Europa delle norme, della burocrazia iperpagata, questa s vera casta fuori di ogni controllo, lEuropa delle regole impositive e astratte, proprio quelle che lei contesta alla commissione edilizia, non pu che fallire. E poi questa unEuropa tedesca.
Ci stato imposto un modello economico che non ci appartiene. Non appartiene al nostro popolo perch non appartiene agli individui che lo compongono. Ci hanno distrutto il tessuto economico connettivo che fatto di piccole aziende, imponendoci un modello da grande industria. Gi, ma secondo lei dobbiamo diventare tedeschi, evidentemente il modello di individuo ideale. Per fortuna che gli stessi tedeschi si stanno rendendo conto che stanno rinascendo vecchi fantasmi del passato contro di loro e si domandano se non stiano sbagliando qualcosa!
Voler imporre queste regole, senza alcuna democrazia, dato che l'Europa governata da scelti, cooptati non da eletti, una forma gentile di fascismo. E' un incubo orwelliano (cui sta dando una mano il nostro governo di migliori, la nostra piccola Repubblica dei filosofi platonica, guarda caso).
Alla sua ultima domanda rispondo cos:
S, uno scatolone con il tetto migliore di quello senza perch non ci piove (la tecnica) e perch si conclude in alto (il linguaggio). Invece gli edifici modernisti, quando hanno i pilotis, non hanno inizio e non hanno neppure fine: sono pura astrazione geometrica che in basso nega la strada e quindi la citt, e quindi la comunit, e in alto appaiono non finiti e pronti ad una sopraelevazione, come nelle case abusive con i ferri pronti.
Molto meglio sarebbe, ne convengo di buon grado, un edificio non banale con il tetto.
Per, almeno su un punto, potrebbe riconoscere che ho avuto ragione: il tema commissione edilizia davvero sconfinato, un vero condensatore di molti temi apparentemente diversi.
Cordiali saluti

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21/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Non mi ha risposto sul paradosso dell'identit.
Ma non fa nulla. E' sempre interessante dibattere con lei.
Un sincero augurio di buone feste.

 

Commento 10949 di ettore maria mazzola del 28/12/2011


Penso che lapertura del post di Lazier: Tra i diritti fondamentali di una persona c anche quello di potersi costruire la casa con unarchitettura rappresentativa della propria cultura e sensibilit, bench vera, sia totalmente priva fondamento.
Infatti, sarebbe vera se a progettare e costruire gli edifici fossero i cittadini. Purtroppo per, visto che a farlo sono gli architetti che tendono a fare solo ed esclusivamente ci che la loro mente ideologizzata gli suggerisce, e mai ci che i loro clienti gradirebbero non ha alcun senso dire che non si dia la possibilit alla gente di vivere negli edifici che vorrebbe.
Ci vuol dire che il lamento di Lazier relativo alla agli architetti di fare ci che vogliono magari fosse vero!
Che mi risulti, l'unica cosa che non si pu fare in Italia un edificio tradizionale, e, se per miracolo lo si realizza, non c rivista che lo pubblichi. Ergo, lunica cosa che si dovrebbe condannare sarebbe lostracismo nei confronti di chi fa architettura, da parte di chi sa solo fare edilizia Hai visto mai che, per ragioni di coerenza, sia stata chiamata commissione edilizia e non architettonica.
In questa vergognosa diatriba, chi ne paga le conseguenze proprio il cittadino che, a digiuno delle polemiche ideologiche degli architetti, gradirebbe semplicemente vivere in un ambiente rappresentativo della propria cultura e sensibilit.
Per onest espositiva quindi, lautore dellarticolo avrebbe potuto evitare i patetici commenti infarciti di ideologia modernista, e avrebbe fatto bene a riflettere sul fatto che architetti lobotomizzati a parte alla gente comune non frega un bel niente del presunto falso storico e delle fantomatiche case di Nonna Papera!
Forse, anzi ne sono certo, per questa ragione che oggi c chi sostiene che la gente andrebbe educata allarchitettura contemporanea. Ma la realt dei fatti che, non la gente a dover imparare come vivere nelle architetture assurde, ma gli architetti a dover imparare a progettare in maniera umana e rispettosa degli altri!
Lautore s poi spinto in questa affermazione: Non si pu imporre a tutti, per diritto, una tendenza culturale per sua natura reazionaria, generalmente avversa ad ogni forma di novit formale, fondamentalmente conservatrice e tradizionalista, in cui si sostiene il falso storico e si rimpiazzano le poche cose originali rimaste in piedi con la loro caricatura. Non si pu imporre uno stile, una tipologia, nemmeno con lalibi filologico, spacciando il nulla per linguaggio architettonico, a chi non ne vuole sentir parlare perch giudica insensata la mistificazione affermazione del tutto priva di fondamento perch in Italia ci troviamo esattamente in una situazione opposta a quella qui esposta, tant che, sin dal 1938, i nostri soprintendenti seguono alla lettera le istruzioni per il restauro dei monumenti emanate dal Ministero della Pubblica Istruzione che, al punto 8 recitavano: per ovvie ragioni di dignit storica e per la necessaria chiarezza della coscienza artistica attuale, assolutamente proibita, anche in zone non aventi interesse monumentale o paesistico, la costruzione di edifici in stili antichi, rappresentando essi una doppia falsificazione, nei riguardi dellantica e della recente storia dellarte, istruzioni che non sono mai state abrogate e, semmai, peggiorate dalla Carta di Venezia e dal Memorandum di Vienna.
Penso che sia davvero inaccettabile quindi che si possa manipolare la realt facendo credere a chi non conosca i fatti che le cose siano come Lazier le ha raccontate. Per dirla tutta, voglio far notare allautore che gli edifici storici, e non la gente, gradirebbero essere restaurati in maniera filologica, e non con materiali e forme alieni. E non per ragioni nostalgiche e/o estetiche, ma per motivi prettamente strutturali che, a chi non ha cultura, o conosce solo la cultura consumista del mordi e fuggi non interessano affatto, perch la cosa richiederebbe uno studio filologico approfondito che, come tale, non ben visto dagli architetti demiurghi che pensano di poter far derivare le proprie conoscenze sono da s stessi!
E allora, indipendentemente dalla necessit di dover rivedere non solo le Commissioni Edilizie (ma non per le ragioni di Lazier), ma tutta la disciplina urbanistica a partire dalla 1150 del 1942, perch figlia di unideologia che il tempo ha dimostrato fallace, voglio ricordare a Lazier e a chi possa pensarla come lui, un paio di illuminanti norme che, in nome del rispetto per gli altri, dovrebbero essere riconsiderate nel caso si riuscisse a cambiare le cose:
[] Tra le attribuzioni del Comune e della Commissione, dovr essere quella che fa capo al Diritto Architettonico, in quanto lopera esterna non tanto appartiene al proprietario quanto alla citt (estratto dalla Relazione al Piano di Bari Vecchia del 1930)
In armonia con la norma precedente, ma non si tratta di una norma comunale, quanto di un tentativo di garantire la qualit estetica di un quartiere da parte dellazionista di maggioranza di unoperazione immobiliare, torna utile ricordare come la Societ Generale Immobiliare, al fine di valorizzare lintera area residenziale dellex Villa dHeritz di Roma, negli atti per la promessa di vendita di alcuni appezzamenti di terreno edificabile, obbligava gli acquirenti ad ottenere lapprovazione della Societ per il progetto esterno delledificio da costruire, a tutela dellestetica e della euritmia dellerigendo quartiere (Archivio Centrale dello Stato, Sogene, Documentazione provenienza propriet e Atti diversi. Promessa di vendita della Societ Generale Immobiliare agli ingegneri Riccardo Esdra e Renato Di Nola, 1 febbraio 1928, art. 5).

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28/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola

Tirato per i capelli, rispondo.
Conosco la posizione sua, che quella di Salingaros e discepoli.
Posso capire, ma non condividere, le argomentazioni emozionali che cercano di tradurre in teoria uno stato danimo avverso, secondo me per pregiudizio, a qualsiasi ricerca e novit formale.
La deriva demagogica che ne consegue non aiuta certo la comprensione di opere e architetti che, molto seriamente e spesso faticosamente, hanno riflettuto e lavorato ben al di l della propria vanagloria.
Gli appelli a presunte volont popolari, al desiderio della gente e dei cittadini ripeto che per me sono solo entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca sono, questi s, materia ideologica da maneggiare con cura. La storia, quella autentica, ce lo insegna.
Tema, quello dellautenticit, che converrebbe approfondire con un confronto anche serrato, a condizione di metter da parte battute inopportune sullonest culturale di chicchessia, la facile propaganda dei luoghi comuni sul bello e la bellezza e altre amenit collegate come leuritmia compositiva.

 

Commento 10950 di ettore maria mazzola del 28/12/2011


Nelle mie parole non c' nessuna "argomentazione emozionale che cerca di tradurre in teoria uno stato danimo avverso, per pregiudizio, a qualsiasi ricerca e novit formale". Tant' che, per esempio, mi sono pi volte espresso contro il sistema Beaux Arts, e il New Urbanism, ed ho apertamente criticato il progetto di Lon Krier & co. (pi & co. che Lon per Tor Bella Monaca).
Io faccio l'architetto e l'urbanista, e sono anche uno storico, cosa ben diversa dallo "storicista", quindi sarei davvero curioso di sentir dire da lei quale sarebbe "La storia, quella autentica". A tal proposito, proprio perch ritengo che da Zevi in poi la Storia si sia insegnata in maniera fuorviate e ideologica, nel 2004 ho pubblicato un libro che si intitolava "Controstoria dell'Architettura Moderna in Italia", e poi ho pubblicato "Architettura e Urbanistica - Istruzioni per l'Uso", fino all'ultimo "La Citt Sostenibile Possibile", dove la Storia, quella vera e documentata, stata riportata con tanto di fonti, proprio per dimostrare i pregiudizi e le menzogne che ci sono stati impartiti. Quanto al "Falso Storico", ho scritto diversi articoli, e un capitolo del libro "Como, La Modernit della Tradizione", nel quale dimostravo, dati storici inconfutabili alla mano, quanto falso sia il problema della falsit.
Nella mia professione, pur essendo un sostenitore della "continuit nella tradizione" (che non vuol dire fossilizzarsi, ma semplicemente rispettare sempre il contesto e non ripetersi "stilisticamente"), non ho mai avuto pregiudizi nei confronti della ricerca, tant' che sono stato il primo ad utilizzare a Roma il sistema dell'elettroosmosi attiva per il risanamento dall'umidit del Convento di Sant'Alessio all'Aventino (pubblicato su Costruire nel lontano 1997). Come vede, lei ad avere troppi pregiudizi nei confronti di "Salngaros e i suoi discepoli", che dice di conoscere, ma forse solo per sentito dire.
Sarei curioso anche di sapere quali sarebbero quelle "opere e quegli architetti che, molto seriamente e spesso faticosamente, hanno riflettuto e lavorato ben al di l della propria vanagloria", magari potremmo divertirci a discuterne a fondo per vedere quanto la cosa corrisponda a verit.
Non ho assolutamente dubbi sulla sua affermazione: "Gli appelli a presunte volont popolari, al desiderio della gente e dei cittadini ripeto che per me sono solo entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca sono, questi s, materia ideologica da maneggiare con cura. La storia, quella autentica, ce lo insegna", poich si tratta di cose che agli architetti antitradizionali, che non intendono confrontarsi con gli altri esseri umani, non interessano affatto. A tal proposito, relativamente alle "entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca", dalla conoscenza della "controstoria" a me risulta esattamente l'opposto di ci che lei va dando per certo ... come la mettiamo?
cordialmente
Ettore Maria Mazzola

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28/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola

Scusi Mazzola, ma definire Zevi uno storico ideologico mi sembra veramente uno strafalcione che non pu passare indenne. Ma quando mai? Con quali argomenti sostiene una cosa del genere? Accusa sommariamente Zevi dideologismo mentre lei stesso afferma dati storici inconfutabili alla mano, quanto falso sia il problema della falsit? Ma si rende conto di cosa sta dicendo? Dinconfutabile, per Zevi e chi la pensa come lui, non c proprio nulla! Zevi ha una concezione della storia sostanzialmente critica, sempre discutibile e, soprattutto, intenda bene, popperianamente falsificabile. Altro che il falso problema della falsit che lei cita inciampando in un paradosso grottesco.
I nostri storicisti neoclassici, neobarocchi, neoislamici, neo-post-moderni dovrebbero arrossire dalla vergogna; anzi, peggio. "Come il fanatismo cattolico ieri, lo storicismo moderno una fede che ha sulla coscienza milioni di morti. Il perch presto detto. lo storicismo il punto di vista secondo cui esiste una legge di evoluzione della societ e della storia, una legge che gli uomini non fanno ma subiscono e a cui, collaborano. Ma se c' una legge che governa la storia "malgrado gli individui", come diceva Croce, o che regola il movimento della societ, come diceva Marx, o ancora che presiede allo svolgimento dello Spirito, come affermava Hegel, allora la conoscenza di questa legge - la conoscenza del futuro della storia - non d scampo: poich il futuro necessario, chi vi si oppone semplicemente si pone fuori dalla storia e pertanto pu e deve essere abbattuto come un ostacolo da chi invece l'asseconda, facendosi portatore del progresso e levatrice dell'inevitabile. E' cos che , sentendosi chiamata dalla voce del destino, la razza eletta o la classe eletta va in battaglia al grido "Dio con noi" o a quello equipollente " la Storia con noi"". Infatti, "lo storicismo e le teorie che ad esso si richiamano sono una mistificazione; esse non prendono la via corretta delle scienze sociali, ma quella della teologia della storia". (da Procedimenti induttivi e scientificit inventiva - Leggere, scrivere, parlare architettura di Bruno Zevi- Marsilio)
Ma come si fa ad accusare la teoria popperiana della falsificabilit, il massimo del pensiero anti-ideologico, dideologismo? Che senso pu avere?

 

Commento 10951 di ettore maria mazzola del 29/12/2011


Caro Lazier,
che lei sia un discepolo di Zevi lo abbiamo capito gi in precedenza, che lei non sia in grado di mettere in discussione le cose che ha detto e fatto il suo maestro, altrettanto.
Tuttavia Zevi, bench abbia scritto libri di storia dell'architettura (moderna e contemporanea) colui il quale, emulo di Gropius, tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto.
Zevi quel personaggio che, come ha ricordato un paio di anni fa Marconi, al suo ritorno in Italia dolpo l'esilio negli USA per scampare alle persecuzioni razziali, nel '61-'62, una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale". Zevi quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino. Zevi quello che chiam ad insegnare a Roma personaggi che, a parte l'ideologia politica (e architettonica) non avevano titoli, alimentando il clima di odio nei confronti di personaggi come i Fasolo che erano visti come "fascisti". Lei potr continuare ad accusare di fare tutti gli strafalcioni che crede, ma la realt che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro. Ma, come diceva Edmund Burke: Una civilt sana quella che mantiene intatti i rapporti col presente, col futuro e col passato. Quando il passato alimenta e sostiene il presente e il futuro, si ha una societ evoluta.
Quanto al discorso sulla "falsificazione", ferma restando la citazione della norma contenuta nelle "Istruzioni per il Restauro dei Monumenti" del 1938 che ho riportato nel commento precedente, basterebbe che lei conoscesse le ragioni reali che muovevano Brandi e Pane per capire quale fosse il motivo, tutto italiano, di sostenere certe idiozie che, mai in passato, erano state sostenute. Chi sarebbe stato mai Winkelman se i romani non avessero fatto copie della statuaria greca? Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Penso che una lettura di Carlo Ceschi potrebbe aiutarla a liberaarsi da qualche luogo comune e da tanti pregiudizi figli dell'educazione che le stata impartita nell'universit. In ogni modo, lei nel suo ultimo commento ha rigirato la frittata, e non ha risposto alle mie domande.

Tutti i commenti di ettore maria mazzola

29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola

- Zevi tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto
Mi dice dove ha preso una simile idiozia? totalmente falso. Zevi sosteneva esattamente il contrario.
-Zevi una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale"
In parte vero. Zevi non manipola la storia ma la rilegge. Considera luomo padrone del proprio destino e non carbone da bruciare nella locomotiva della storia (Popper). Nessuno storicismo (n fascita, n nazista, n comunista, n quantaltro) e nessuna teoria che annienta la libert dei singoli individui ha, per cos dire, una vocazione espressiva liberale. Tutti i fascismi si vestono di certezze e quindi di tradizione, mistificando con la retorica del passato soprattutto il presente, che la sola cosa che a loro interessa. Il tradizionalismo quindi un indicatore oggettivo duna tensione verso lautoritarismo politico e sociale.
-Zevi quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino
Questo vero. Difese coraggiosamente una scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. (Vedi Krier e Portoghesi ad Alessandria)
- ma la realt che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro
Questo verissimo. Per Zevi, i veri capolavori dellarchitettura contemporanea non hanno dieci anni, o cinquanta, o cento, ma trentamila!
-Da laico convinto sorvolerei su E. Burke, fondamentalmente un bigotto conservatore con il dono della profezia. Ecco cosa prediceva nel 1790 a proposito della Rivoluzione Francese: Se questa mostruosa costituzione continuer a vivere, la Francia sar interamente governata da bande di agitatori, da societ cittadine composte da manipolatori di assegnati, da fiduciari per la vendita dei beni della Chiesa, procuratori, agenti, speculatori, avventurieri tutti che comporranno una ignobile oligarchia , fondata sulla distruzione della corona, della Chiesa, della nobilt e del popolo. Qui finiscono tutti gli ingannevoli sogni e visioni di eguaglianza e di diritti dell' uomo. Nella "palude Serbonia" di questa vile oligarchia tutti saranno assorbiti, soffocati e perduti per sempre".
Non c' che applaudire!
- Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Forse sarebbero pi autentici? Meno formali e bugiardi?

Per finire il mio rapporto con Zevi.
Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui.

 

Commento 10952 di ettore maria mazzola del 29/12/2011


Caro Lazier,
prima di accusare la gente di dire idiozie, si documenti. La frase di Zevi che ho menzionato e che lei crede unidiozia invece una cosa verissima che, nel 1996 venne anche utilizzata a mo di slogan per uniniziativa dedicata a Zevi, ricordo che ne presi nota vedendo la locandina affissa nel Dipartimento di Architettura e Analisi della Citt di Valle Giulia io non dico idiozie, mi limito a raccontare i fatti in maniera asettica, diversamente da Zevi e da lei, che non sapete fare a meno di infarcire la vostra storia storicista di ideologia.
Sul secondo punto del suo commento, visto che, fortunatamente ammette che il mio testo corrisponda a verit anche se dice solo in parte non mi ripeto, perch non ne vale la pena, per vorrei farle notare, retorica o non retorica, lunica architettura che il fascismo ha imposto per legge quella del Razionalismo. Questa cosa lho raccontata in prosa e musica, riportando tutti i fatti che lo dimostrano, dal voltafaccia di Mussolini nei confronti di Brasini, dopo essersi fatto fare il lavaggio del cervello con la Tavola degli Orrori della mostra di Bardi, alla vera storia della Casa del Fascio di Como, e tutto ci che venne detto e fatto in conseguenza di quellevento, fino alla norma del 38 che ho riportato nel precedente commento.
A proposito di idiozie, la sua frase relativa al Corviale davvero di proporzioni immani: scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. La invito a leggersi il mio La Citt Sostenibile Possibile, nel quale ho potuto smontare pezzo per pezzo queste balle che ci sono state raccontate, dimostrando con i conti ufficiali attualizzati (presi presso larchivio dellIACP), quanto sia costato costruire gli edifici (organizzati per tipologie edilizie) di quartieri come Testaccio, San Saba, Garbatella, Sannio, Appio, Trionfale, Flaminio, ecc. e quanto sia costato il Corviale. Inoltre, grazie ai meticolosi documenti di cantiere custoditi presso lo stesso archivio, ho potuto dimostrare quanto tempo sia stato necessario per costruire le prime 122 case di Corviale (uninezia rispetto alla dimensione totale) e quanto ce ne sia voluto per costruire gli edifici dei quartierini che lei tanto critica parlando per luoghi comuni!
Quanto allo sperpero di territorio, con il progetto di rigenerazione di Corviale che ho sviluppato lo scorso anno, ho potuto dimostrare che, aumentando di 2000 unit i residenti e inserendo una serie di attivit oggi inesistenti, sfruttando il premio di cubatura, si pu realizzare uno dei quartierini a dimensione umana che lei detesta. La cosa interessante che, alla fine, risulta possibile restituire al territorio circa 13 ettari compromessi dallattuale Corviale, inoltre possibile non solo dare una casa a chi ne ha bisogno, creando un mix sociale e funzionale, ma anche ottenere un grande guadagno economico per la pubblica amministrazione, che si tradurrebbe in un beneficio per lintera cittadinanza talvolta i luoghi comuni possono essere smontati, semplicemente mettendosi in gioco, e provando a vedere se quello che ci stato detto corrisponda davvero a verit!
Sul credo bigotto di Burke la cosa non mi interessa, visto che anchio mi sento un laico, e le dico anche che la cosa non ha alcun senso relativamente alla frase che le ho citato. evidente che lei preferisca citare una frase che possa aiutarla a screditare Burke nel vano tentativo di avere ragione a me per questo atteggiamento mi stimola una citazione di Viollet-Le-Duc: amiamo vendicarci delle conoscenze che ci mancano con il disprezzo ... ma sdegnare non significa provare.
Se lei conoscesse bene la Teoria del Falso Storico, come lha enunciata Cesare Brandi, ovvero quando e come si configura un reato di falsificazione, probabilmente eviterebbe di dire che se lantica statuaria non fosse stata restaurata da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi i musei risulterebbero pi autentici, meno formali e bugiardi ma non c peggior sordo di chi non voglia ascoltare.
Infine lei dice: Per finire il mio rapporto con Zevi. Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui chiarendomi tante cose!!

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29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola

Mazzola, con lei, come con i pedanti pieni di sé in genere, ci vuole un sacco di pazienza.
Le ho chiesto di documentare la sua frase, che ho definito uno strafalcione, e lei, invece di citarmi uno scritto, un documento, mi risponde parlando di convegni imbattuti per caso. Io posso anche credere che, nella contingenza d’una situazione particolare, Zevi abbia sostenuto che l’insegnamento della storia dell’architettura (tra l’altro la materia che egli stesso insegnava) potesse inibire la formazione degli architetti. Se, per esempio, la storia fosse quella che propugna lei, lo affermerei anch’io, senza alcun dubbio. Lei, a sostegno del suo impianto accusatorio, se così si può dire, potrebbe anche affermare che Zevi si masturbasse in aula leggendo Il Linguaggio Classico dell’Architettura di John Summerson, ma lo dovrebbe dimostrare con documenti e prove. E, se anche riuscisse a dimostrarlo, probabilmente questo episodio non basterebbe a scalfire sensibilmente la personalità profondamente anticlassica e antiaccademica di tutta la vita di Zevi.
Ma lei pensa davvero di poter intaccare un monumento della cultura del novecento, qual è stato Bruno Zevi, semplicemente provando a rovistare nel cestino della spazzatura?

Lei dice: “…l’unica architettura che il fascismo ha imposto per legge è quella del Razionalismo”.
Lo vede perché la storia che racconta lei inibisce la formazione degli architetti? Come si può sostenere una tesi così banale e bugiarda?
Il fascismo cavalcò, per propaganda, il periodo razionalista dei migliori e più attenti architetti italiani dell’epoca. Il razionalismo non fu un’invenzione italiana. Il fascismo non poté fare propria quest’invenzione rivoluzionaria se non strumentalmente, per cavalcarne l’ideale di rivoluzione civile e sociale poi puntualmente disatteso. Una volta raggiunto il potere, prevalse l’ideale littorio e monumentale del’identità nazionale e della conservazione, il cui esito architettonico fu affidato principalmente a Marcello Piacentini. Furono gli anni della devastazione dei centri storici e delle città gotiche e romaniche, sostituite dall’urbanistica trionfale e dalla mistificazione del passato per giustificare le assurdità del presente. Ai regimi non interessa né il passato né il futuro. Interessa solo il presente. I giovani architetti razionalisti, formati su concetti internazionali e cosmopoliti, s’illusero di determinare l’esito sociopolitico che questi concetti professavano. Concetti che ben presto svanirono nella melassa del nazionalismo cafone e grottesco di capitelli, colonne, archi e italici monumenti. I migliori tra gli architetti del razionalismo non ebbero il tempo di riscattare con la maturità lo slancio intellettuale della loro gioventù che li vide ingenui complici del regime: Giuseppe Pagano morì a Mauthausen il 22 aprile 1945 all’età di 49 anni; Edoardo Persico venne trovato morto nella sua casa di Milano, nel gennaio 1936, a trentacinque anni di età; Attilio Terragni morì fulminato da una trombosi cerebrale a Como, il 19 luglio del 1943, all’età di 39 anni.
Marcello Piacentini muore, senza riscattare nulla, a Roma il 18 maggio del 1960 all’età di 79 anni ma, come architetto, come disse Zevi, anche lui morì giovane, nel 1925.

Per quel che riguarda Corviale, non credo che si possa rimediare ad un errore proponendone uno ancora più grande. Se occorre vestire gli ignudi, non è il caso di ricorrere ancora alla crinolina.
Per quanto riguarda Bardi, lascio parlare egli stesso:
Il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo.” (Brandi, Teoria del restauro, 1963:34-36)
Una volta che il materiale è stato usato nella costruzione fisica, passa alla storia come risultato di opera umana. Prendendo lo stesso tipo di marmo dalla stessa cava in due tempi differenti, uno al tempo della creazione originale e l’altro all’epoca del restauro, la materia è la stessa chimicamente, ma con una differente rilevanza storica sia nella esecuzione sia nell’aspetto. Non si può, perciò, pretendere che una ricostruzione possa avere lo stesso significato dell’originale;

 

Commento 10954 di vilma torselli del 30/12/2011


"Io sono la Via, la Verit e la Vita", Gv.14,1-6

E' bello vedere tante luminose certezze radunate in una sola persona, tante apodittiche verit trovate, scritte e avvallate (in modo asettico) da un solo individuo, tante inconfutabili dimostrazioni prodotte da un solo uomo che ha raccontato, dimostrato, pubblicato, sempre mettendosi in gioco in prima (e unica) persona nel nome della Verit assoluta.

E' bello e ci conforta, vuol dire che Dio esiste.

E si chiama E.M.M.

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Commento 10955 di ettore maria mazzola del 30/12/2011


Vilma,
non ti facevo cos!
Per cui mi costringi a dirti che so bene che mi rendo conto che la cultura altrui possa dare fastidio ma non posso farci nulla.
La cultura produce tanti nemici, ed inimicarmi persone che dicono certe cose non mi dispiace.
Non mia intenzione fare "il Dio", ed quanto meno infantile esprimersi come hai fatto nel tuo commento.
Visto che amo la ricerca, e visto che amo non fossilizzarmi su ci che ho studiato - a differenza di chi continua ad esprimersi per luoghi comuni e pregiudizi figli della pseudo cultura anni '60-'70 - quando scrivo lo faccio per il piacere di condividere, con chi ne abbia voglia, un po' di cose che la "cultura" ufficiale non ha fornito. Non lo faccio per vanagloria, ma solo perch spero che certe "cose non dette" possano aiutare tutti a riflettere sulle proprie convinzioni, e a smontare quel castello di menzogne che stato costruito nel mondo dell'architettura, dell'urbanistica e dell'arte italiana nel quale ami crogiolarti!
Se ti disturba non posso farci nulla, resta pure nel tuo mondo che finge di aggiornarsi ma rifiuta di guardarsi alle spalle per vedere se tutto ci che finora stato detto e scritto corrisponda a verit!
Quando scrivo i miei libri e articoli (non ovviamente i commenti su un blog), mi baso su fonti ufficiali che cito sempre, per evitare che qualche malpensante mi accusi di metterci dentro dell'ideologia.
A me non piace la storia "interpretata", ma quella raccontata in maniera cruda e vera. So benissimo che, scrivendo in questo modo, possa capitarmi di schiacciare i piedi a troppe persone, specie quelle autoproclamatesi esperte di storia e di critica, ma "cos se vi pare".
Se devo dirtela tutta, ne ho le scatole piene di parolai che scrivono cose incomprensibili per giustificare cose astruse. Queste persone sono dannosissime, perch alimentano quel sistema schifoso che vuole che a poter parlare di arte, architettura e urbanistica possano essere solo gli autoproclamatisi "esperti", mentre la gente comune deve limitarsi a subire le angherie degli "esperti" e fare da cavia per le loro sperimentazioni. Riflettici su

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Commento 10956 di Gianni marcarino del 30/12/2011


Infine, secondo EMM, le commissioni edilizie dovrebbero tutelare l'euritmia e la dignita' estetica degli edifici e salvaguardare le facciate esterne dalle interpretazioni individuali perche' l'edificio e' della citta' e non del proprietario, se ho ben inteso.
Per cui esisterebbe un senso comune, condiviso, che fissa le norme secondo cui costruire e comunicare col linguaggio architettonico. Di conseguenza, sono necessari i sacerdoti che stabiliscano quello che e' lecito fare o non fare e cio' che le persone devono considerare giusto o sbagliato, bello o brutto.
Rimane misterioso, almeno per me, il momento esatto in cui fissare queste norme e per quanto tempo esse abbian ragione di esistere, se non in funzione della loro attualita' culturale, altrimenti destinate a produrre inutili decorazioni dell'esistenza, come antiche parrucche posate su teste che non se ne fanno piu' nulla. Mi pare proprio forzata l'immagine dell'architetto cattivo maestro e del committente pacioso, bucolico, ingenuo, traviato da visioni invasate.

La tradizone viene continuamente tradita dal mutare e dal moltiplicarsi delle informazioni che le persone si scambiano giorno per giorno. E' un processo che ha subito una accelerazione enorme ed inevitabile in questi ultimi anni. Come puo' oggi prescindere da questi cambiamenti il linguaggio architettonico?
Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?
Cosa significa inserire la tradizione nel nuovo?
Esattamente, come si fissa una norma per dire quello che e' per oggi(o per sempre?) tradizionale?
Qui vicino? A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!
Nelle polemiche dei commenti non ho intravisto risposte.

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Commento 10957 di ettore maria mazzola del 30/12/2011


Lazier,
pedante sar lei, con la sua presunzione ed arroganza, e con le sue patetiche frasi alla Zevi sull'architettura di stampo tradizionale.
Credo proprio che il suo problema sia quello della "volpe e dell'uva".
Visto che, come ha sostenuto nel precedente commento, nella sua formazione c' "pochissima accademia", piuttosto che parlare per luoghi comuni e menzogne, accusando gli altri delle proprie colpe, vada lei a riformarsi, perch lei, e non io, la dimostrazione dei limiti dell'universit italiana.
Impari a dialogare civilmente con chi non la pensa come lei ... o le d fastidio non poter continuare a fare i suoi monologhi?
Il web democratico, e tutti hanno la possibilit di replicare, specie quando si sostiene l'assurdo per tenere in piedi il suo castello di falsit e di pregiudizi.
Accusa gli altri di non rispondere alle domande, ma lei uno slalomista da far impallidire Alberto Tomba, non ha dato ancora alcuna risposta alle domande precedenti.
E si aggiorni, sembra la fotocopia mal riuscita del suo idolo Zevi.
Non ho problemi a riprendere il discorso, ma a patto che si rientri nei limiti della civilt, mi auguro quindi che pubblichi questa mia replica e rientri nei limiti della correttezza.

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30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola

Non ho problemi a pubblicare repliche. Ci mancherebbe.
Piuttosto, a parte le caricature mia, di Zevi, della volpe e dell'uva, in tanta confusione mi son perso le domande a cui dovrei dare risposta. Sicuramente sar un mio limite accademico, perch oltretutto non so neppure sciare. Ma non fa nulla, non me ne dispiaccio. Direi di salutarci qui per non annoiare oltre chi ci sta seguendo.

 

Commento 10958 di vilma torselli del 30/12/2011


Ettore, ma io sono infantile, fortunatamente e saggiamente infantile, ho dubbi, ripensamenti, crisi, esitazioni, autocritiche, incertezze . so che domani non sar pi la stessa e vedr quello che ho fatto ieri in modo nuovo, forse opposto, certamente critico, ogni giorno accade qualcosa che cambia il mondo, che ci cambia, le fonti ufficiali restano ufficiali, siamo noi che cambiamo e con noi il loro senso, la storia raccontata muta a seconda della finalit che vogliamo darle, troviamo quello che cerchiamo solo se sappiamo cosa cercare prima di trovare, non esiste la storia "raccontata in maniera cruda e vera", esiste la storia raccontata da te e quella raccontata da tanti altri che non sono te.
Neanche la storia di Dio ha una sola versione (su Ges ci sono vangeli canonici, vangeli gnostici e vangeli apocrifi) non resti che tu, EMM, quale depositario di versioni uniche, racconti asettici e storia vera e documentata.
Non ti devi risentire se te lo faccio notare, una fortuna che, sotto sotto, ti invidio un po'.


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Commento 10962 di pietro pagliardini del 30/12/2011


E' diventato abbastanza difficile se non impossibile trattare tutti gli argomenti toccati in questa discussione che sta assumendo toni forti. Segno, lo ripeto per l'ennesima volta, della centralit del tema "commissione edilizia".
Vorrei rispondere a Lazier su Fascismo e razionalismo e/o nazionalismo cafone e a Gianni Marcarino.
A me sembra che lei, Lazier, tenda a vedere dell'architettura del periodo fascista i due classici poli raccontati nei libri di storia dell'architettura e dell'arte (ovviamente): Libera-Pagano-Persino da una parte, i buoni, Piacentini dall'altra, il cattivissimo. E' troppo schematica e, lo devo dire, molto accademica e perfino un po' conformista, proprio da lei che conformista non mi sembra affatto.
Non sono uno storico ma l'estate scorsa mi sono letto un libro che le consiglio vivamente di leggere, se gi non lo avesse fatto: Fascio e martello, viaggio tra le citt del Duce, di Pennacchi. Gi il titolo la dice lunga su quanto sia equivoco l'abbinamento tra architettura e politica: un comunista "vivente", innamorato dell'architettura del Duce! Ma, a parte questo, lei trover in quel libro una ricca documentazione fotografica e descrittiva che smonta lo schema che lei invece tende a riconfermare.
Questo un brano significativo:
"I manuali parlano di lui (Petrucci) solo per dire che era uno dei fondatori del RAMI, il Raggruppamento architetti moderni italiani - ossia i razionalisti ligi all'ordine e alal disciplina del partito - che si contrapponevano al MIAR (Movimento italiano architettura razionale), ossia quello dei presunti pi arrabbiati. Non naturalmnete che questi "arrabbiati" non fossero fascisti, anzi, in senso sansepolcrista erano anche pi fascisti di quegli altri. Erano architetti punto e basta. Quella di volerne saggiare il maggiore o minore tasso di fascismo - per giudicarne l'arte- una mania codista in cui si incanalata tutta la storiografia dell'architettura, in Italia, dal dopoguerra ad oggi. Erano tutti fascisti ed erano tutti architetti. E giovani. Che mozzicavano i vecchi solo perch volevano farsi spazio. Giustamente. E volevano lavorare. Punto e basta. Da Pagano a Piccinato, da Terragni a Libera. E i vecchi - Piacentini, Giovannoni, Alberto Calza Bini, Brasini, BAzzani - si defendevano come potevano. Giustamente pure loro. E qualche volte pure a bastonate".

Vede quanto laico nel giudizio il comunista Pennacchi, quanto realistico, niente affatto incline alla retorica e soprattutto "credibile"!
E se lei guarda le foto non trover capitelli e colonne, solo qualche arco (e che sar mai) e molto razionalismo magari un po' annacquato dall'essere progettato per piccoli borghi agricoli. Ma di pomposit ce ne assai poca, salvo forse in qualche torre littoria o in qualche casa del fascio, che a me sembra anche un modo corretto di auto-rappresentarsi di un potere che, indubbiamente, c'era, piaccia o meno.
Si pu affermare che le citt di fondazione siano "nazionalismo cafone e grottesco"? A me pare proprio di no. A me, che tra l'altro ho una formazione modernista, sembrano pure dei bei progetti che difficilmente abbiamo ritrovato nell'architettura del dopoguerra. Certamente non nella rivista L'Architettura Cronache e storia, che davvero pubblicava di tutto e di pi. Sono sincero: a me metteva tristezza anche allora.
Certo che un razionalismo "italiano" (ahi, lo so che lei crede che i popoli non esistano, ma allora perch si lamenta se Piacentini ha devastato qualche nostro centro storico?), che c' un sapore di tradizione e di elementi conosciuti (ma anche Aldo Rossi ne faceva uso), ma io mi posso immaginare, anche leggendo il libro, che ai nuovi abitanti insediati nell'Agro Pontino facesse semmai l'effetto opposto, quello cio di essere del tutto stranianti e "moderni" rispetto alle realt da cui provenivano. Quindi, voglio dire, le cose vanno valutate in tutte le loro implicazioni e non in base ad un'idea precostituita, a principi immutabili e fissi cui la realt dovrebbe adeguarsi, come mi sembra che lei tenda a fare.

A Gianni Marcarino rispondo - anche se non lo ha chiesto a me ma non si arrabbier per questo - alla domanda " A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!". Bella davvero la domanda ma subdola. Non esiste una tradizione mia diversa dalla sua, se io e lei abitiamo nella stessa citt, nella stessa vallata, nello stesso colle, nello stesso bacino. Esiste la tradizione e basta i cui caratteri sono facilmente riconoscibili e definiti e un architetto la deve saper riconoscere e se non lo sa fare da solo la studia, non c' problema. E' la nostra professione, il nostro mestiere. Nessuno nasce imparato ma applicandoci possibile scoprirla. Se poi si domanda: "Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?" Sono io che le pongo la domanda: ma si riferisce alla citt o agli edifici? Se si riferisce alla citt il tema troppo lungo e non c' tempo e spazio, se si riferisce agli edifici, come immagino, sono io che le ri-domando: che cosa cambiato di cos significativo da dover cambiare i criteri spaziali dell'abitare? La moda, forse, imposta, e ripeto ancora, imposta da una elit culturale che risucita mirabilmente ad azzerare tutto ci che c'era e a far credere che fosse necessario cambiare. Non era affatto vero. Se prende un'abitazione antica lei vedr che possibile adattarla perfettamente a tutte le esigenze dell'abitare contemporaneo: impianti necessari, cablaggio, isolamento termico e climatizzazione estiva naturale, garantiti all'origine e di qualit largamente superiore a tutte le trovate di mercato attualmente propagandate come eco-bio ecc.
Cosa manca? Forse di autorappresentarsi provincialmente come un divo americano con una grande vetrata su un giardinetto di 5x10? Le case di Neutra sui libri della Hoepli hanno fatto davvero disastri, perch non tengono conto della lieve differenza che esiste tra il grande spazio naturale americano e quello antropizzato e molto ristretto delle nostre vallecole.
Comunque io insisto con la mia proposta, che diventa provocazione solo nella mente di chi la riceve come tale, dato che per me una cosa assolutamente vera e naturale: poich la citt e il territorio appartengono alla collettivit -come l'acqua, l'aria, i boschi, gli arenili, i monti, il sottosuolo, con tutte le sue risorse - perch lo spazio entro cui si svolge la vita dell'uomo civilizzato che ha fatto della citt la sua pi grande e straordinaria invenzione, entro cui esercitare la sua libert di scambio e di relazione, nel pieno rispetto della libert degli individui e della propriet privata, che le assicuro essere sacra per me - sulla forma dello spazio pubblico, comprendendo in questo anche la forma esterna degli edifici privati, deve essere la citt a decidere non il singolo da solo, tanto meno l'architetto che colui che da forma ed espressione ai desideri e ai bisogni del committente, nel rispetto delle regole del bene pubblico. Gi, perch c' un committente. Se le sue idee non piacciono si rinuncia, non si cerca di fregarlo sovrapponendo i propri desideri ai suoi, giocando sul noto rapporto asimmetrico esistente.
Con questa premessa, la commissione edilizia, sempre nella sua forma ideale s'intende, una forma semplificata e adattata ad istituzioni che sono rappresentative e non di democrazia diretta del giudizio popolare. Non ho dubbi che sugli spazi pubblici importanti, su edifici rappresentativi di tutta la citt debbano essere i cittadini a scegliere mediante referendum o votazione che sia.
Dove sta lo scandalo? Che cosa si teme? Forse che la gente scelga le case tradizionali? Dove starebbe il problema? Chi l'ha detto, dove sta scritto che debbano essere gli architetti a decidere?
Brunelleschi per fare la cupola a Firenze si sottoposto ad un massacro di giudizi, discussioni e votazioni! E cosa crediamo, di essere pi bravi e superiori di Brunelleschi forse? 150.000 architetti migliori di Brunelleschi!
Buon Anno a tutti

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30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Per quanto riguarda i giovani architetti fascisti, non eran proprio tutti arrivisti, come sostiene il fascio-comunista Pennacchi.

Tratto da: Cattivi maestri: Giuseppe Pagano
(http://www.elapsus.it/home1/index.php/arte/architettura/584-cattivi-maestri-giuseppe-pagano)

Dopo essersi concluso il cantiere per quello che forse il suo capolavoro, lUniversit Bocconi di Milano, nel 1941, Pagano accetta la conduzione della rivista Domus, ma dopo pochi mesi viene richiamato alle armi a seguito della sua richiesta volontaria. Aveva quarantacinque anni.
Il maggiore Giuseppe Pagano guida un drappello duomini in Albania, ma continua, per corrispondenza, la sua collaborazione a Casabella, e continua, soprattutto, la sua battaglia per larchitettura moderna. A seguito della pubblicazione dellarticolo Potremo salvarci dalle false tradizioni e dalle ossessioni monumentali? il direttore della stampa italiana, Gherardo Casini, richiama Pagano. Nel numero seguente della rivista Pagano, per nulla intimorito, fa pubblicare un altro articolo, ancora pi acuminato del precedente: la rivista viene sequestrata; Pagano scrive allora a Casini una lettera privata infuocata, e il direttore della stampa italiana risponde, compunto: Ho eseguito il sequestro di Casabella che conteneva il vostro articolo perch ne ho avuto lordine. Larchitetto, impavido, gli invia una cartolina: Poich siete stato soltanto un trasmettitore di ordini vi sar grato se vorrete far leggere la mia lettera a chi vi ha impartito lordine del sequestro.
Nel 42 rientra dal fronte e il rapporto, sottilmente sadico, che lo lega al fascismo, si spezza definitivamente; come ha scritto Rogers, in un testo che ricorda lamico: non ci accorgemmo subito che, per amore dellamore, rischiavamo di avere un figlio da una prostituta; Pagano lascia il partito ed entra nella Resistenza.
Il 19 luglio del 43 muore Giuseppe Terragni, quando Pagano ne ha notizia, cinque giorni pi tardi, scrive: che la mia verde maledizione secca e rabbiosa e demoniaca si scarichi come un colpo di clava sulle teste di chi sappiamo. E di Ojetti e di Piacentini e di tanti altri mezzi coglioni in gloriati si faccia un sottofondo da latrina. Non so dire. Vorrei sparare subito e spaccare teste
.

G. Pagano, Legato allarchitetto romano Amedeo Luccichenti nel comune impegno per unarchitettura svincolata dai maneggioni di Stato, vorrebbe convincere il duce dellesigenza di una radicale svolta sul terreno dellurbanistica, delledilizia popolare e pi in generale dellarchitettura razionalista come arte di Stato, ma alla richiesta di udienza gli si risponde di inviare un memoriale: Come vedi scrive a Luccichenti siamo fregati in pieno e non credo che sia il caso di insistere oltre; Pagano evoca una dignit umana che non pu essere superata e indica la via di una battaglia di testimonianza, per cercare ancora di creare una minoranza moralmente pura, vigilissima e piena di fede in modo di salvare, per la storia, il buon nome dellarchitettura italiana, senza speranze di vittoria: moriremo sulla breccia con la bandiera dellarchitettura moderna (lettera del 1 gennaio 1940).

Per quanto riguarda la propaganda: Il Fascismo fu forse il primo al mondo ad utilizzare la moderna "arma" della propaganda. Mass-media, manifesti, cinematografia: tutto rivolto a magnificare l'operato del regime. Non a caso il ministero per la Propaganda fu infatti uno dei pi attivi.
Ancora oggi la propaganda fascista oggetto di studio: negli altri paesi del mondo fortissimo fu il suo sviluppo durante la seconda guerra mondiale; il Duce stesso descrisse la cinematografia come l'arma pi efficace."
(http://www.ilduce.net/propaganda.htm)

Per quanto riguarda le nuove citt e fondazioni che citt non sono mai state ma agglomerati agricoli - questa che segue la ragione per cui le voleva il duce quando le ha concepite:
Tratto dal discorso dellascensione del 26 maggio 1927 di B. Mussolini:
Questo ancora non basta. C' un tipo di urbanesimo che distruttivo, che isterilisce il popolo, ed l'urbanesimo industriale. Prendiamo le cifre delle grandi citt, delle citt che si aggirano e superano il mezzo milione di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino, nel 1926, diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano: aumentata di 22 abitanti. Genova aumentata di 158 abitanti. Queste sono tre citt a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le citt italiane avessero di queste cifre, tra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono altri popoli. Fortunatamente non cos: Palermo ha 4177 abitanti di pi - parlo di quelli che nascono,

 

Commento 11059 di Gianni marcarino del 31/12/2011


....definire una tradizione e gli stilemi che fissano le consuetudini di un certo periodo come memoria condivisa che diventa norma per tutti.
E' certamente possibile che il secolo scorso abbia vissuto il mito del nuovo , del progresso, dell'accelerazione talvolta in modo acritico, secondo un percorso lineare a prescindere,escludendo il passato dal contributo che ha necessariamente dato al presente.
Il punto rimane quello di accettare una oggettivita' della storia che si traduce in regole sociali, nel definire i si ed i no del linguaggio, nello stabilire una sorta di fermo-immagine temporale.
Ho molti dubbi che tutto questo corrisponda ad un comune sentire popolare e non elitario.
Si tratta forse di una lite che propone soluzioni apparentemente consolatorie, percio' piu' facili da digerire al tavolo dell'arte.

Buon anno.

Tutti i commenti di Gianni marcarino

 

Commento 11060 di pietro pagliardini del 31/12/2011


Caro Lazier, ma lei sfonda una porta aperta. Pennacchi dice chiaramente che Mussolini non avrebbe voluto citt perch voleva ruralizzare, e nell'agro pontino voleva solo costruire dei presidi di carattere funzionale allo scopo della bonifica e per garantire la distribuzione di merci e materiali per le popolazioni insediate. Ma, una volta visti i primi risultati e i loro successi, si convinse, probabilmente perch ne vide l'aspetto propagandistico. Non c' dubbio che Mussolini sia stato il primo che ha capito l'importanza della propaganda attraverso i vari canali "moderni", quali radio, cinema e la cultura. Insomma, un Veltroni ante-litteram. MA questo, mi perdoni, dimostra intelligenza e basta. Non mi faccia prendere le difese di Mussolini di cui non mi frega niente e che non mi ha mai nemmeno intrigato in nessun senso. Ma negare l'evidenza sarebbe come dire che Stalin fosse un imbecille: tutto, ma non un imbecille.
Ma a noi non interessano mica le intenzioni del duce o del regime, a noi interessano i risultati. E i risultati sono straordinari per la bonifica e buoni e qualche volta ottimi per l'urbanistica e l'architettura.
Quanto a Pagano e agli altri, Pennacchi non menziona l'arrivismo, o almeno non in senso negativo; parla solo, molto realisticamente, e se lei fa il professionista come credo capir, di normale, umano, sano desiderio di affermazione professionale.
Non sar mica un atteggiamento riprovevole voler emergere e se possibile eccellere! Non di questo che si parla in quel brano n nel libro. Si parla di una storia diversa, raccontata in maniera piacevole e molto documentata, che cozza per contro la retorica ufficiale antifascista di cui ormai hanno tutti piene le scatole. Poi potr non piacere l'architettura del periodo, ma il giudizio non pu essere partigiano fino al punto di negare la realt e di dividere il mondo in maniera manichea tra i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, quando poi, alla fine, stavano tutti dalla stessa parte. Almeno fino al momento drammatico delle leggi razziali.
Allora che dire di Le Corbusier, lui s arrivista veramente, che blandisce tutte le dittature del periodo, da quella comunista a quella fascista? C' una sua lettera in cui implora un incontro con Mussolini per convincerlo alla nuova architettura (la sua, ovviamente). Questo arrivismo di bassa lega non quello di chi si riunisce in un gruppo, di pi giovani, per cercare di prevalere sul gruppo meglio piazzato, di pi vecchi! Lecito attaccare, lecito difendersi, mi sembra ovvio.
Quanto a Pagano, nel pezzo che lei riporta, scrive una cosa abbastanza "fascista": lui vuole convincere il duce a "un'arte di stato". Razionalista, ma non importa questo. Quindi chi senza peccato scagli la prima pietra. Con queste premesse, se Pagano fosse stato in una commissione edilizia, allora s che sarebbero stati cavoli amari! Altro che libera espressione dell'architetto!
Saluti

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31/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini

Vorrei ripetere per chiarezza, altrimenti si rischia di perdere il senso delle cose che stiamo dicendo:
1 ho citato criticamente il primato della propaganda fascista a conforto della tesi che il fascismo utilizzasse temporaneamente i concetti del razionalismo per fini esclusivamente promozionali. Il regime non avrebbe mai condiviso fino in fondo i concetti del razionalismo traducendoli in realt sociale; sapendo, oltretutto, che provenivano dalla democratica e disprezzatissima repubblica di Weimar. Dallideale razionalista (sostanzialmente democratico e socialista) e dallefficacia del suo messaggio, appena ne percep il pericolo, il fascismo prese immediatamente le distanze. Non tacci questarte, come invece fecero nazismo e comunismo, dessere corrotta e degenerata ma, nel nostro paese, questa fu subito messa in soggezione dal modello di romanit che il regime intendeva invece promuovere e vantare orgogliosamente come proprio.
Il risultato quello che definiamo stile littorio, dove la razionalit sta nellassenza di stilemi, decorazioni e ornati e nella banalizzazione geometrica di colonnati, arcate e altri elementi della tradizione architettonica arcaica, mantenendo intatto limpianto spaziale monumentale. Il razionalismo (e le sue varianti; gli -ismi dinizio secolo sono molteplici) svuotato della sua istanza ribelle per eccellenza, ovvero la concezione spaziale antiscatolare, antimonumentale, particolarmente critica verso la fatalit dellidealismo storicista che vorrebbe invece luomo soggiogato ad essa, diventa ornamentale e mansueto, incapace finalmente di comunicare unidea di cambiamento sostanziale delle ragioni dellesistenza e delle classi sociali che la esperiscono.
Fortunatamente, sfumate nel clamore delle pompose fanfare dellarchitettura imperiale, qualche genio, come Terragni, seppure in questo clima reazionario e con non poche difficolt, riusc a concepire opere di grandissima libert spaziale, la cui portata rivoluzionaria probabilmente non fu giudicata dalla censura con la dovuta attenzione.

2- Non stavano tutti dalla stessa parte. Pagano, come Le Corbusier, avevano ben chiara la portata rivoluzionaria e lesito profondamente democratico dellarchitettura che proponeva. Non promuoveva s stesso ma la sua architettura. Non era un farsi largo per vanit od orgoglio personale. Cera qualcosa di pi. Rompere le scatole, anche in senso architettonico, alleggerire i volumi e smembrare i piani, disallineare finestre e pilastri, liberare i vani dalla dittatura della struttura muraria, fino a giungere allequilibrio precario dei fabbricati e alla loro decostruzione, sono metafore della precariet e insieme solidit dei fragili sistemi democratici, ai quali, per sopravvivere, serve un minimo di disordine e confusione. Larchitettura dei monumenti statica, grevemente inerme, rigida e poco disposta alla trasformazione, triste e malinconica, finalmente mortifera; larchitettura degli anti-monumenti flessibile, leggera, dinamica, viva e fondamentalmente felice. Questi pensieri sono anche quelli che presiedono alla mia attivit professionale, prima della vanit, dellorgoglio e del tornaconto. Anchio, come Pagano allora, cerco oggi di convincere le amministrazioni, di destra o di sinistra, a usare larchitettura in cui credo, ma non per questo devo sentirmi minimamente fascista.

Ps: - Sono un organico, particolarmente critico verso il razionalismo, soprattutto quello di bocca buona della speculazione edilizia. Ma, in questo caso, devo difenderne le ragioni e lo faccio con forza. C, credo, un equivoco di fondo. Gregotti, Rossi, Botta e tanti che i tradizionalisti tacciano di modernismo, in effetti moderni non sono. Per chi la pensa come me stanno tra i premoderni proprio per la loro vocazione compositiva fondamentalmente solenne e monumentale.

Auguri per un 2012 felice

 

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