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Ci sono 5 commenti relativi a questo articolo

Commento 58 di Antonino Saggio del 20/02/2002


Caro Sandro,
questa mattina qui c' il sole. E francamente mi ero ripromesso di rimettermi subito a lavorare come dire "seriamente" e disciplinatamente. Ma il tuo scritto "L'artista non vede, guarda" mi ha come pizzicato. Ho pensato: bene se una sola persona andr a vedere questa mostra allora tutto assume un senso.
www.vangoghgauguin.nl

Antefatto: a Washington c' stata una mostra sulle nature morte degli impressionisti. Bella intuizione no? Perch gli impressionisti in fondo non ne hanno fatte molte. Ma scavare nei limiti sempre fecondo. E guardando questa mostra si scoprono moltissime cose.
Quali? Non le voglio enumerare, perch le cose belle hanno bisogno di un linguaggio appropriato se vanno trasmesse agli altri, altrimenti molto molto meglio scoprirle da soli.
La mostra che segnalo quella di Van Gogh-Gauguin ad Amestardam che star l fino a giugno.
Ecco, se una sola persona andr a vedere quella mostra dopo aver letto questa segnalazione, ne sar contento.
Credo veramente che sia assolutamente straordinaria (e non ha confronti per qualit con quella del centanario): consente allo sguardo di aprirsi e di interrogarsi con grande intensit.
Un caro saluto

Nino

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Commento 211 di Guidu Antonietti del 08/10/2002


VERS LECRITURE DE BATIMENTS SENSIBLES
Architettura : cosa mentale
LArchitecture nest rien sans ambitions ! Vouloir bien construire, des difices et des ides, en toute libert, et ne vouloir que cela, c'est lessence de la pratique de lArchitecte. Evacuer cet axiome quivaut lerrance en un champ de ruines. Tel Sisyphe nous faisons cet aveu rflchi comme raison dexister, sans faux-semblants. Pour difier mieux encore, pour tendre notre culture individuellement et la partager, il nous faut frquenter les ides, les tres, lart et la matire. Si notre mtier est activit raisonne, notre discipline est passion draisonnable. Notre devoir : laffirmer haut. Notre rsistance : ne pas accepter les conditions mdiocres dune plausible pratique, lutter, hurler dans le dsert, et se souvenir quun miracle peut toujours sy produire ! A limpossible tre tenu. Savoir que de la difficult dimaginer et du plaisir de raliser des lieux vrais, sincrement, peut advenir la rencontre du sensible, de lautre...
Pour lArchitecte, humble disciple des philosophes et des mathmaticiens, la gomtrie est une pratique quotidienne. Dilemme prilleux que de tenter de figer trois dimensions en un espace, avec comme seuls outils, deux dimensions seulement : le plan, llvation. Le btiment, une fois construit ne rvlera plus rien de sa lente et laborieuse laboration. Plans, coupes, faades, plus rien de ce qui tait trac sur la planche dessins ne peut tre vu par lil humain. Seul Dieu peut voir le plan, seul un passe muraille peut voir la coupe, seul un observateur situ linfini peut voir llvation. Tout ce travail de dessinateur finit par se perdre dans lespace quil arpente enfin, accompagn de son commanditaire comme en un lieu qui nest plus tout fait le sien... Ce ntait quesquisse imparfaite, avec des lignes rgulires, des volumes simples : cubes, cylindres, pyramides, solides platoniciens, scands en une ordonnance. Comme les mathmatiques, elle sest labore sur des hsitations, des impasses, des modles rcurrents, des intuitions contradictoires, une tentative pour rapprocher des ralits htrognes, sans rapports logiques entre elles : le programme, la structure, les rseaux, les formes urbaines supposes, la rglementation, les cots, les couleurs, les matriaux, les textures, la lumire...
Il sagira de dcouvrir et peut-tre de rvler les rapports entre ces ralits parses. En un sens, entreprendre une qute modeste qui sapparente celle des mathmaticiens : construire des systmes cohrents, donner du sens... En dautres termes, on tentera de dconstruire les ralits apparemment ordonnances, pour proclamer leur motion, leur tangibilit, leur harmonie, leur pertinence Cette dmarche projectuelle, un peu comme larithmtique, est une construction mentale, qui vise moins une explication quau dsir de raliser un jour des btiments sensibles. Pour, le moment venu peut-tre, (et il peut ne jamais arriver), crire lespace habitable fonctionnellement (la politesse de lArchitecte) et symboliquement (le devoir de lArchitecte), lexact contraire dun geste arbitraire.
Car tre Architecte, cest tre aussi un intellectuel. Nous laffirmons, nous le vivons. Le temps maintenant est venu de vouloir le partager

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Commento 212 di Carlo Sarno del 09/10/2002


Ciao Guidu, l'architecture n'est pas ambitions, elle n'est pas seulement construire et de-construire... la vrai architecture est amour!!!
"... Wassily Kandinsky ... oltrepassa i limiti del riconoscibile alla ricerca del significato pi profondo della realt intima delle cose. Una realt che non ha necessit di forme verificabili in quanto elaborata in sintesi unitaria che sola d significato allesperienza. Vivere esperienza complessiva, organica, impossibile da ridurre in parti riconoscibili da smontare e rimontare a piacimento. Le stesse parti, in momenti diversi, hanno significati diversi e il senso del loro coesistere rappresentabile con un segno che non somma di pezzi ma sempre sintesi unitaria... Larchitettura ha vissuto poco e malamente il confronto con lespressionismo. La necessit accademica di poter disporre di elementi sciolti da poter assemblare a piacimento ha posto ostacolo alla visione unitaria del segno personale, sempre mortificato in virt di una pretesa egemonia del carattere sociale della materia ... la sensibilit per una visione organica dellesperienza, del vivere espressivo, hanno ora vinto una battaglia secolare contro la disciplina della forma e quindi della sostanza, contro lintransigenza della semplificazione e della coerenza storica...".
Si Sandro, l'espressionismo richiama l'architettura ad i suoi valori pi profondi, ad una visione unitaria ed organica del processo di progettazione in funzione di una reale libert individuale e sociale. L'espressionismo apre gli occhi dell'architettura alla realt dell'uomo, rende lo spazio umano ed esistenziale. Frank Lloyd Wright ha sempre predicato di aprire l'architettura alla vita e di farne una realt organica intensamente umana.
Cordialmente, Carlo

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Commento 214 di Paolo Marzano del 10/12/2002


Riflessioni d'architettura.
L' architettura intesa come serbatoio permanente delle metafore del linguaggio filosofico, ma anche intesa come pura relazione delluomo con il mondo che lo circonda (seconda pelle) con tutte le implicazioni che questo innesca. Allora probabile che sia un problema di approfondimento concettuale, magari destrutturando o semplicemente, mettendo in discussione la realt contemporanea (realt architettonica).
Per cui mi sono chiesto, tentando di "vedere" nelle pieghe di questa realt e dietro i grandi paroloni che stanno maliziosamente agevolando un paradosso percettivo innescato logicamente dalla facile quanto allucinante mediazione culturale che, secondo me, si sta trasformando in qualcosa di pi preoccupante; nella pericolosissima mediazione percettiva. Un commento fatto di domande, tanto per riflettere su quanto st succedendo potrebbe aiutare a guardare per vedere o vedere per guardare,meglio una realt in continua mutazione!
Un'architettura fatta di messaggi e informazioni, ma com' fatta?
Cosa mettiamo sul vetrino del nostro microscopio d'analisi architettonica?
Qualcosa ci deve pur essere da scandagliare per sentirne l'odore, o da toccare sentendone la materia, da ascoltare per recepirne le leggerissime vibrazioni, insomma, per viverla!?
Mi chiedo allora, possibile che una continua esposizione ai nuovi messaggi, o comunicazione pervasiva a tutti i livelli ci porti ad una possibile condizione di sparizione-allontanamento, ossia a vivere una situazione che, parafrasando Philip K. Dick, nel racconto che molti architetti dovrebbero leggere "Vedere un altro orizzonte",ci renda sospesi, in balia di correnti di ragionamento anche fuori dalla realt, e ci abitui in questo messaggio subliminale continuo fatto di virtualit de-materializzata?
Ma nessuno ha mai pensato che, la realt contemporanea cos carica di informazioni di esposizioni di ipervisibilit di straevidenza dinamica, ci stia solo distarendo dal "guardare" la nostra vera dimensione con le nostre sperimentali coordinate senza "mediazioni" di sorta, aggiunte?
La velocit alla quale siamo es-posti (trasformazioni culturali e tecnologiche ) pu de-realizzare la nostra dimensione al punto che chi controlla i mezzi di comunicazione ha, s, un potere, ma anch'esso instabile e frammentario come la realt che ha creato per definirsi?
La iper-esposizione alla ricchezza-informativa obbligata, o resa preziosa da circuiti perversi commerciali e strategie di marketing, pu allora dinamizzarsi fino al punto di condizionare la nostra persistenza retinica e non sollecitare null'altro?
Listante, inteso come istante dellesperienza, sta forse prevalendo sulla contemplazione possibile?
Se loggetto (architettura o mondo possibile) abbandonato per una sua immagine virtuale, allora losservazione mediata e contribuisce ad una pericolosissima pigrizia percettiva che privata del contatto materiale?
Ma allora il viaggio, come tempo della conoscenza, il travaglio tanto declamato da Zevi per i suoi saggi critici di personalit importanti dell'architettura che hanno maturato nel tempo la loro architettura, per farla divenire ricchezza ed esperienza, proponendo lo spazio come unico elemento fondamento dell'architettura cosa diventer contraendosi come ci indica, la velocit di visione mediata e comunque sintetizzata e non vissuta?
Con queste premesse derivate da uno stato di cose che nell'ambiente architettonico, non vengono tutt'ora guardate anche se evidenti, ho timore che il tanto declamato nomadismo inteso come fonte di ricchezza e confronto di civilt, flusso, viaggio, si risolver forse in un incontro indifferente tra individui dallaspetto simile alle figure umane dipinte da Munch: sagome esili, scure, dalla faccia pallida o verdastra, con occhi a spillo inespressivi e profili immobili.
Il flusso di gente che scorreva oltre la vetrina del caff, nel racconto di Edgar Allan Poe - in luomo della folla - non aveva forse gi in s lembrione di quanto la velocit (l'uomo vettore) d'informazione mediale, nega lo spazio e l'architettura, nellurto indifferente che nasconde al proprio interno il limite o la stessa fine delle relazioni sociali in una citt, ricaricandosi poi con una virtualit equivoca e perversa?

Gli shock descritti da Walter Benjamin in Baudelaire e Parigi, possono allora essere intesi come preludio allindifferenza e ad una sorta di pigrizia nell'appropriarsi della realt (pecettivamente), ovvero un rifiuto della dimensione che si vive proprio nelle nostre brulicanti citt, tanto conformi quanto manifestatamente mute?

Tutti i commenti di Paolo Marzano

10/12/2002 - Sandro Lazier risponde a Paolo Marzano

Io credo che in questo momento le riflessioni filosofiche sull’architettura non portino a nulla di veramente convincente.
Se lo stato di fertile disagio in cui versa la creatività deve portare a qualche sbocco significativo, questo avverrà abbondantemente sopra le (o a lato delle) riflessioni della ragione pura. Il segno espressivo non ha necessità di misura e di forma, non richiede permessi alla ragione e, soprattutto, vive di sintesi ed autonomia.
Stabilire cosa sia “architettura” e cosa no è un problema che riguarda le categorie e la loro definizione; certamente non riguarda i progetti e il cammino che hanno intrapreso dentro o fuori la possibilità di concretizzarsi materialmente.
Per quanto riguarda la dimensione critica del problema, mi sento di affermare che l’unica strada conveniente sia quella relativa al rilievo etico del progetto, prima di quello estetico o più comodamente razionale.
Questo è il senso dell'articolo.

 

Commento 215 di Paolo Marzano del 14/10/2002


...continuando riflessioni d'architettura

La ringrazio della risposta, decisa e pi o meno convincente.
Sono contento di sapere e, osservare la conferma, dell'idea, personalmente sostenuta, di un'architettura in trasformazione continua che si rivela in luoghi sempre pi lontani dai simposi dichiarati e dalle cattedre accademiche! Su questo siamo d'accordo.

In quanto all'implicazione filosofica ci sarebbe qualcosa da chiosare. Sappiamo bene che dal testo "La fine del classico" di Peter Eisenman, (Cluva editrice) specialmente nell'introduzione di Franco Rella, che chiara la posizione di una "filosofia" architettonica esistente, (si voglia o no) definita in un luogo di attraversamento o luogo "altro" o non-luogo o zona interstiziale o evenemenziale o eterotopica (termini di riconisciuto spessore filosofico-architettonico), comunque un luogo attivo, carico di energia dinamicamente confluente e capace di stimolare diverse e sempre pi affascinanti visioni architettoniche futuribili.

Il fatto che gli argomenti filosofici sull'architettura non siano convincenti, chiaro, non lo potranno mai essere visto che la filosofia nasce per curare "il male del reale" di cui l'architettura posside lo stesso cromosoma; infatti, cerca di curare la difficolt, di ognuno di noi, d'inserirsi in un "suo particolare spazio " di questa realt. Niente di pi eticamente valido.

Non si vuole banalmente chiarire ci che architettura da ci che non lo , ma pensare alla pericolosit di alcune flessioni negative che, guarda caso, dimostrano sempre le stesse caratteristiche nel presentarsi (da ricordare il post-moderno che dietro teorie stimolanti di indagini formali e segniche, fin per riprodurre pedissequamente, quelle io chiamo "forme vendibili" e che il mercato raccolse con fiducia facendole diventare vettori di messaggi propri.

Ora si ripropone il rendering "blob", cio l'effetto che trasforma una goccia di rugiada su una foglia, in un grande centro polivalente. Tecnica ormai abusata dai giovani fino ai pi grandi architetti. E' chiaro che non pu funzionare, una forma vendibile "di maniera" direbbero certi storici, ci si pu immaginare veramente di tutto!).

Se i "nastri" di Zaha per Roma, come si vedono gi dalle mille pubblicazioni, somigliano ai segni realizzati da Alvar Aalto per l'interno del Teatro dell'Opera di Essen, va bene! Ancora, infatti, non gli avevamo visti realizzati al computer di Hadid, ma intanto questa una ricerca "d'ambito variabile", quella delle "gocciolone" che ormai stanno in ogni rivista, no!
Si pu affermare che i rendering sono visioni fascinose di realt virtuali, ma sono una "rappresentazione" della realt-verit, e non sono architettura, per la quale esistono altri valori di pratica e giudizio?

Altrimenti di tutto l'insegnamento di Bruno Zevi, le sue invarianti e il suo insistere nel non creare una regola formale, ma avere il coraggio di azzardare e cambiare la propria visione senza classificazioni o compromessi, andrebbe di colpo a farsi benedire! Per i progetti di "blob" varrebbe, secondo me, il discorso che Lui faceva per le case di Wright, cio non copiarle pedissequamente, ma capirne la metodologia, cambiando volta per volta i riferimenti e adeguandole al luogo, rinnovandosi continuamente.

Oppure ci toccher osservare "la fase blob" di tutti gli architetti, giustificandola con l'interpretazione liquida, quindi fluttuante, quindi aderente al tema del flusso d'informazioni e alla loro velocit, un vero "virus letale" per lo spazio architettonico. Se, per, si approfondiscono alcune sue implicazioni filosofiche inerenti all'informazione nel contesto architettonico, le modifiche e le sue varianti interpretative.

A volte penso che, a livello concettuale, per capire il mondo dell'informazione e le modifiche che esso induce nell'architettura, si dovrebbe pensare metaforicamente, al salto di definizione che c' stato dal passare dalla videoregistrazione analogica con quella digitale. Se digitale vuol dire "frammentare misurando", segmenti sempre pi piccoli di spazi registrabili per cui si aggiungono pi dati, da cui la quasi perfetta visione, cos si dovrebbe fare con l'informazione; una volta osservata nelle sue intime caratteristiche come materia d'analisi (anche con il filtro della filosofia architettonica) allora si potrebbe capire a fondo qual' quella parte di essa capace di inoltrarsi in simbiosi con l'architettura e quale parte dovrebbe evitare, con essa, il contatto!

Ammassando qualunque genere d'informazione e pretendendo che viaggi sicura con ogni architettura possibile, un discorso secondo me, pericolosissimo!

Poi ognuno pur libero di crearsi una sua strada, ma mi dispiace di una cosa; che molte di queste strade di ricerca architettonica, stiano coincidendo, nello stesso tempo e negli stessi luoghi geografici. Bha! Sar una mia impressione, comunque sia, la ringrazio dell'attenzione per queste mie (appassionate, mi creda) osservazioni.

cordiali saluti

Paolo


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