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Ci sono 4 commenti relativi a questo articolo

Commento 746 di Guidu Antonietti del 15/06/2004


Grazie a te dAmbrosio !!! Veramente
Ciao caro Sandro !
Et scusa dAmbrosio , per il francese
__________________________________
Je viens de lire le dernier article de dAmbrosio .
Waououu ! Jadore !
Je souhaite te formuler une requte : Peux tu te faire mon interprt auprs de lui pour lui dire toute la jubilation que ma procur sa lecture et aussi lui demander de bien vouloir accepter quon en publie une traduction dans aROOTS .
Et l de toi jai besoin car, faire la traduction moi-mme risque de donner un rsultat bien imparfait donc si tu le veux bien ( quand tu auras le temps videment ) pourrais-tu avancer cette traduction puis jen ferais alors une relecture adaptation pour mon webzine
Merci en tout cas pour cette cet article salutaire
Vraiment vous les italiens, enfin ceux qui vous exprimez dans antiTheSi vous conservez intacte votre esprit critique vous etes rellement les hritiers de Brunelleschi, Michelucci, Terragni, Zevi ect
Avec toute mon amiti.
Guidu Antonietti aROOTS-
Ps : je comprendrai parfaitement
que tu ne puisse pas honorer compltement ma demande, car tu dois tre bien occup par tes propres travaux.
Nous pourrions peut tre demander la charmante et pertinente Arianna Sdei de contribuer aussi, elle sait le franais aussi .

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Commento 747 di Paolo Marzano del 16/06/2004


Non c da preoccuparsi, il ritorno dello zero architettonico.
Caro Giovanni D'Ambrosio, non nego che la sua riflessione concordi con quella di molti architetti e futuri-architetti con cui per motivi professionali giornalmente mi confronto. Ritengo necessaria la pratica da laboratorio digitale-informatica; quella per capirci, prettamente diretta all'uso di programmi di effetti speciali e rendering strepitosi o textures sofisticatissime, ma ritengo ugualmente necessario che questa pratica, sia attinente solo all'ambito della ricerca di uno studio d'architettura nell'atto di creare un proprio modo di progettare. Detto questo, mi accorgo, con i miei colleghi, del fisiologico disinteresse (anche il tuo suppongo) per le riviste che 'sovra-espongono' la realt o la falsificano come (hai detto tu) anche le belle donne dei calendari (aggiungo io) oltre alle savariate architetture dei concorsi. Vengono invece, guardate con attenzione, riviste che riportano sezioni, piante, particolari costruttivi per luso di nuovi materiali ed immagini di opere realizzate. E' solo un piccolo anzi piccolissimo equivoco della realt delle immagini che stiamo vivendo, l'architetto lo sa bene. L'architetto un interprete o forse un 'narratore' ed anche un 'traduttore' di significati reconditi imponderabili. Vedi W.Benjamin quando introduce ne 'il narratore' il racconto di Nikolaj Leskov, oppure nei suoi scritti di Angelus Novus nello scritto 'il compito del traduttore' . Ma secondo me, dovremmo recuperare e rivisitare concetti che Bruno Zevi decifr nellarchitettura dellespressionismo catalano di Domenique Montaner quando usando diversi schemi e proporzioni costruttive, stilemi ed fraseggi scultorei sovrapposti, dichiar lo ZERO architettonico.
Ecco limponderabilit di paesaggi e dei significati nuovi.
Ritengo quindi le nuvole in gabbia i bloboidi invasori (solo di riviste patinate), le eruzioni standardizzate di titanio, le strutture metafisiche nella nebbia della campagna bolognese, larchitettura rivestita a fasce neo-neo-rinascimentali e la nuova generazione di subdole mutazioni genetiche fotografiche, solo un piccolo ma picclissimo travaglio che ci avvicina ad un nuovo ZERO architettonico. Grazie ai suoi sacerdoti cos volenterosi di moltiplicare instancabilmente le stesse opere con gli stessi materiali per affermare poi cosa?
Ogni progetto, diceva Frank Lloyd deve avere unidentit..(continuate voi).
Largo, quindi, alle tante voci alle diverse strategie di mercato informatico, tanto chi comprende l'architettura sa quando una rivista sta dando il meglio di s e quando non stimola pi i neuroni dellosservatore.
Oggi pi che mai cos semplice!
Aggiungo che sono d'accordo con la sua premessa, non c' niente di peggio che il sabato mattina inoltrarsi in visioni ed immagini incapaci di far emozionare o sensibilizza o addirittura 'pensare'. Appena si verifica l'angoscia data dall'evidente "irreale cultura dellimmagine", bene, il momento di scegliere tra quella rivista ed altre (tantissime).
Paolo Marzano

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Commento 748 di Luigi Moffa del 21/06/2004


Sabato 19 Giugno 2004
A DAmbrosio Giovanni
Mi chiedo se a volte non valga la pena di vivere una notte in compagnia di una donna appariscente, con cui passare una meravigliosa serata al lume di candela, restando incantato dal fascino che, trucchi a parte, riesce comunque ad emanare, per poi svegliarsi e alla luce del sole limpida del mattino constatare che forse non ne valsa la pena.
Il gioco sta nella conoscenza a priori di quello che verr dopo. Mi spiego meglio, continuando ad utilizzare la metafora di DAmbrosio: se la sera stessa si sa del tutto fumo e niente arrosto allora perch non concedersi solo per quella sera rinunciando a farla dormire con se? Perch non restare affascinati ma tenendo in ogni modo le dovute distanze? Bisogna saper farsi affascinare ma restando con i piedi per terra. Cogli lattimo, ma non farti infatuare.
Un buon architetto deve innanzi tutto essere dotato di buona critica. Ben poco di quello che passa sotto i nostri occhi rappresenta il giusto, e non tutto quello che a prima vista ci sembra appariscente ed affascinante sar quello che poi veramente condividiamo. Certo che il falso troppo spesso, e per fortuna, non degno di nota. Ma se il falso diventa una mostra di quadri come sta accadendo a Siena, patria dei pi grandi falsari di dipinti rinascimentali, allora perch non andarla a visitare? Prestinenza Puglisi riconosce alla copia pi vera del vero un certo valore, se non altro ai fini conoscitivi. Non che personalmente sia daccordo in tutto e per tutto con laffermazione di Prestinenza Puglisi, ma si parla di una copia pi vera del vero
Quello che maggiormente ha attratto la mia attenzione stato il fine conoscitivo, quel fine conoscitivo che da solo dovrebbe bastare a giustificare la riesumazione di architetture che il tempo, con il quale spesso non ci confrontiamo, ci porta via. Fino a qualche tempo fa venivano posti al di sotto della prima pietra di un edificio di una certa importanza alcuni oggetti di uso comune o carte recante la genealogia dei proprietari costruttori. Erano consci, e mi fu ribadito in una delle prime lezioni che ho seguito alla facolt di architettura, che il tempo si riappropria, prima o poi, di quella fetta di spazio ingabbiata dalluomo. Condivido il punto di vista della Cipriano, e cio che dobbiamo abituarci a rielaborare il lutto delle architetture perse.
Le attuali riviste di architettura, "sfogliate le pagine iniziali, superate le solite pubblicit", "offrono al lettore alcuni progetti che incuriosiscono per la loro forza cromatica". Ma il buon architetto, dotato di spirito critico, qualit essenziale per la disciplina che tratta, non deve soffermarsi pi del dovuto su ci che pi appare, ma deve indagare sui significati pi profondi dellarchitettura stessa. I maggiori scatti a cui sono state sottoposte le case di Wright sono stati effettuati al tramonto, con le luci dellinterno accese. O almeno gli scatti pi suggestivi sono stati fatti in quel periodo particolare della giornata. Si pensi alla Casa sulla Cascata, alla penombra generata dal bosco retrostante ed alleffetto di quelle luci che si diffondono nellambiente apparentemente incontaminato. Bhe ma la Casa sulla Cascata non si ferma al tramonto. E un architettura che vive 24 ore al giorno e che se anche fosse stata ritoccata fotograficamente per attrarre maggiormente lattenzione, deve comunque la sua importanza alla firma, tutta particolare e che ben conosciamo, del suo inventore.
Il buon architetto deve vedere oltre il ritocco, deve saper vedere quello che sta dietro al ritocco. Quando Berlage port in Olanda i primi progetti di Wright (mi riferisco all'album Wasmuth del 1910), mai tratt di petto la questione dellarchitettura organica sostenuta con forza, come capo saldo della sua stessa concezione di architettura, dal grande maestro. Perch Berlage per primo, e di seguito chi prendeva atto delle sue visioni (Wils pi di tutti), guardavano allessenza di quellarchitettura tanto moderna per quei tempi da far paura.
"L'architetto narratore di significati reconditi imponderabili" di P.Marzano mi affascina piu della donna appariscente.
Berlage e company non si sono fatti abbindolare dalle piante arrampicanti disegnate da Wright nei suoi prospetti. I progetti di Wright venivano letti oltre le sue rappresentazioni naturalistiche, nella sola loro essenza.
Un ritocco pu servire ad attrarre lattenzione, con tutti i benefici che ne conseguono per "larchitetto che, comprensibilmente, ha premura di vendere il suo progetto" e per "la carta stampata, vere e proprie chimere, che ci nutrono attraverso lirreale cultura dellimmagine", ma oltre ad attrarre lattenzione non credo che un architettura vada letta per il gioco dei "vetri specchiati o malamente colorati", o per "gli effetti di un architettura che si specchia in un laghetto o sulla ghiaia che si riflette irrealisticamente su soffitti e pareti". Oltretutto se malamente colorati allora a maggior ragione non dovrebbero trarre in inganno il buon architetto critico. Seppur ritengo larchitettura come unica arte in grado di evocare atmosfere (in quanto un atmosfera si crea in tre dimensioni, allinterno di uno spazio), e quell "irreale cultura dellimmagine" potrebbe trarre in inganno, confido sempre nel Buon Architetto Critico capace di leggere oltre le "riviste renderizzate", capace di scendere nei contenuti dellarticolo che gli viene offerto, acquistandole ai soli fini conoscitivi.
Quello che DAmbrosio accusa alle immagini irreali, renderizzate, accade da che mondo mondo, negli scritti di architettura. Solo che li lo spirito critico ancora pi restio a venir fuori. Dal numero monografico di Area su Moneo, alla stroncatura sul sito personale di Puglisi a proposito dello stesso Moneo, si passa da un estremo di lettura allaltro. Da una parte Moneo un grande architetto. Ne vengono illustrati i progetti nonch il metodo compositivo. Dallaltra si legge di facili stereotipi di Moneo. Chi ha ragione dei due? Un "Grande" o un "Facile..."? Per forza di cose bisogna mettersi dalla parte di uno o dellaltro?
L'architetto deve gestire, leggere e riflettere. Poi trarre le proprie conclusioni.
Ps: Mi chiedo se i tempi siano maturi per affrontare un discorso impegnativo come quello sull identit dellarchitettura italiana, quando ancora c troppa gente che lamenta mancanza di spirito critico.
Luigi Moffa

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Commento 751 di Francesco Pietrella del 02/07/2004


Da mani da architetto a mani da fatica.
E'altrettanto difficile convincere il muratore di Palmarola ad effettuarmi dei tagli nei muri, cosicch la luce che arriva alle stanze gira al girar di sole e traspare nelle pareti essa sia come poesia del vero architettonico, ma anche risparmio energetico e come intimo rapporto tra costo di demolizione e ambigua sensualit di stanza, tra riflessi a girar di sole e come essi testimoniano il tempo di una luce passante, tra poesia da suggestione e realt di cantiere mia scultura in divenire di luce, se tutto ci fosse "sostenibile" lei appare architettura se tutto ci anche nelle mani del muratore di Palmarola e delle sue storie di faticati muri affaticati e murate storie, tra le sue mani che faticano nelle cinque del mattino e rigirano tra mazzole battenti e un boccale di birra allora esso il mio lavoro. E anche le asole sono solo buchi al battere di mazzola esse mi confondono e mi portano nell'estatico timbro di architettura del fare in divenire, esatasiatico ma funzionale gioco di tagli nel muro che testimonia il girar di sole, ne testimonia la presenza ne celebra il passaggio con le sue asole disassate. Una sequenza di feritoie che accostano i tempi domestici di stanze attigue, sussurrando i rumori di vita che si visualizzano. Ne accompagna con romantico silenzio il giro dombra che esalta il bianco dei volumi. E non c' suggestione ne pi sentimento non altrettanto effetto di luce riflessa di questo rincorrersi di vetri-mattone d'ambra e miele, che faticosamente riponiamo da mani di architetto a mani da fatica, da suggestione romantica a risparmiosa energia elettrica, da silenziosa conferenza al silenzio riaccostato ancora assieme nell'incantato fare.

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