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Ci sono 2 commenti relativi a questo articolo

Commento 6878 di cherubino gambardella del 01/03/2009


ho fatto molta fatica a torvare traccia dell'autore dell'articolo nell'ormai vasto dibattito sull'architettura, non mi sembra che abbia scritto libri, ha la solita societ di progettazione ed stato folgorato da un antico incontro con Zevi da cui non sembra essersi pi ripreso.
Soprattutto mi sembra spaventatissimo da tutto quello che esula dai format critico/storiografici nazional popolari e soprattutto non sa distinguere il sacrosanto diritto di critica e di dissenso dal gratuito uso dell'offesa.
cherubino gambardella

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1/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella

Ma quali offese? Se intende intervenire controbatta i punti che le contesto, senza darsi tante arie. Qui non interessa la mia personale caricatura ma cosa sa lei di Zevi, Terragni e Peter Eisenman. E se ne sa poco o nulla eviti di citarli e criticarli.

Ps: A proposito di format critico/storiografici trovo questo testo sul web all'indirizzo:
www.archphoto.it/IMAGES/gambardella/gambardella.htm
"Quindi, la mia strategia concettuale quella di far scorrere la molteplicit contemporanea su strumenti di indagine consolidati ed antichi provando, ad esempio a ritrovare il centro della sconfinata ciudad lineal adriatica non negli edifici, nelle piazze, nelle discoteche, negli ipermercati, negli autogrill etc, ma nella inattesa monumentalit vegetale dei tanti lungomare di palme, veri e propri catalizzatori di forma metropolitana anche a scala territoriale. In definitiva, lavoro sulla forma, parto e arrivo nel medesimo punto definisco risonanze e cerco di dare corpo all'inconscio dell'architettura la sua immagine perenne imprigionata nell'ossatura dom-ino."
Chiedo ai lettori se questa non aria fritta. L'unica cosa chiara che Gambardella lavora sulla forma e non sullo spazio. Parole sue.

 

Commento 6879 di cherubino gambardella del 02/03/2009


Ho avuto la fortuna di conoscere Zevi e del suo lavoro mi ha sempre interessato l'insaziabile curiosit, le aperture verso temi allora poco trattati quali la dimensione territoriale e macrostrutturale dell'architettura. sono stato meno toccato dalla durezza di alcune sue posizioni quali invarianti e categorie che hanno meno inciso sulla mia formazione.
Zevi pubblic su l'Espresso un articolo sulla mia torre del vento del 1994 definendolo uno dei primi esempi di bioarchitettura e un riuscito punto di equilibrio tra arcaismo e modernit.
Proprio su Terragni il giudizio di Zevi fu molto dubbioso in particolare sugli impianti ( anche a suo dire!) simmetrici del periodo milanese ( quello dell'associazione con Lingeri) ma la complessit del suo lavoro non pu essere esaurita dalla sola lettura delle opere comasche .
Eisenmann , poi ,fu particolarmente affascinato dal valore dello scheletro e dell'ossatura dom-ino in Le Corbusier , Terragni e Mies .
C' un bellissimo articolo dell'architetto americano sull'ossatura come segno autoreferenziale.
Quanto all'uso delle fonti , traduttore vuol dire traditore come diceva Stefano Ray e pertanto non importante fermarsi all'interpretazione ma provare a fare un lavoro nuovo, a spingere come la trama di un progetto quello della stessa lettura.
Lazier sembra voler fare un esame di storia dell'architettura contemporanea ma non capisce che spazio e forma possono essere la stessa cosa e che piuttosto che ripetere da bravo scolaretto formule prese in giro bisogna provare a pensare da soli anche correndo il rischio di essere virgolettati ad arte e accusati di parlare d'aria fritta
Cherubino Gambardella

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2/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella

Devo darle atto della disponibilit al dialogo e al confronto e questo le fa onore.
Ci detto la invito a chiosare meno sulle mie capacit conoscitive che non interessano nessuno e attenersi ai fatti.
un fatto quello in cui lei sostiene di Zevi aver colto soltanto alcuni aspetti marginali e conseguenti del suo pensiero (la dimensione territoriale dellarchitettura) e non quello centrale che sono le invarianti.
un fatto che confondere il radicalismo dei comportamenti della persona con quello del suo modo di pensare pu indurre chi non conosce bene la teoria delle invarianti zeviane a ritenerla categorica, dogmatica e quindi meccanicamente applicabile. Questo argomento di molti suoi detrattori, sempre vittime di quella che si rivelata essere per loro e nel tempo una vera trappola intellettuale. Chi ha affrontato con seriet largomento ne ha discusso con esiti sempre utili e vantaggiosi. (Vedi articoli in antiTHeSi sulla linguistica in architettura)
indiscutibilmente un fatto che, nella sua stringata sintesi, lei abbia bollato come principale e pi influente argomento della produzione di Terragni la sua simmetria. Ed ora ammette che simmetriche sono le opere minori, meno conosciute e meno influenti. Posizione che comunque ritengo di poter contestare. E con me Paolo G.L. Ferrara che ha recentemente messo mano ad una delle case milanesi di questo autore.
Terragni, infine, particolarmente critico con Le Corbusier e Mies van der Rohe. Eisenman lo sa e lo pone al principio di tutto il suo impianto successivo.
Al riguardo, sempre di Paolo G.L. Ferrara, si veda su questo giornale Eisenman, il passato del presente. Terragni, il presente del passato.

Per finire, ammetta daver usato strumentalmente nomi e teorie per guarnire un testo scritto con troppa sufficienza.
Ci che stupisce che alcuni suoi lavori non difettano affatto di valenze spaziali e di alcune invarianti che lei si ostina a snobbare.

 

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