A proposito di assenza
di Sandro Lazier
- 7/2/2011

Mi è stata segnalata una recensione - o presentazione, non si capisce bene
-di un libro a cura di Marco Biraghi, Gabriella Lo Ricco, Silvia Micheli, dal
titolo MMX Architettura zona critica (Zandonai, Rovereto 2010)
che dovrebbe abbondare in notizie relative al “primo decennio del XXI secolo
che volge ormai al termine”. Ora, se da un lato è comprensibile che un libro si autopromuova ricorrendo
ad una simpatica caricatura del nichilismo, dall’altro, quando l’oggetto
della farsa non è più il libro ma il suo ambito generale, la caricatura
non è più né credibile né simpatica. AntiTHeSi,
insieme ad altre riviste gestite con passione autentica e non poca fatica, vive
da molti anni facendo, dicendo e promuovendo proprio le cose che l’articolo
della frase citata dice essere assenti. Quella non è che una frase sciocca,
superficiale e zeppa di volgari luoghi comuni, sgradevolmente ingenua ma fondamentalmente
arrogante, scritta senza nessuna verifica, al solo scopo di produrre una facile
retorica da vendere insieme al libro. Se, come sostiene il testo “tutte
queste cose mancano nella situazione attuale, e la loro assenza è una
delle ragioni che giustifica l’esistenza di questo libro” meglio
non comprare il libro. La vostra libreria gioverà sicuramente della sua
ben concepita assenza. A proposito di assenza, devo fare un riferimento all’ultima presS/Tletter
nella quale L. P. Puglisi si chiede come dovrebbero guadagnarsi da vivere i
critici per evitare la scomparsa dal pianeta. Vorrei ricordare a Luigi che la
critica non è un mestiere né una professione, ma una facoltà
universale. La facoltà degli individui di dare giudizi di valore sulle
cose che si ritengono degne o indegne, appunto, di un qualche valore. Credo che sia una facoltà
che tutti possiedono. La differenza sta negli argomenti e nelle relative conoscenze
e sensibilità che si producono nell’esporli. Più conoscenze
si hanno, anche rigidamente tecniche, più si capisce la portata delle
novità, spesso sovraesposte alla suggestione emotiva delle immagini.
Io credo che i critici d’arte dovrebbero dipingere, o almeno provarci.
I critici letterari dovrebbero saper scrivere, o almeno provarci. Così
i critici d’architettura dovrebbero progettare, o almeno provarci, se
no di cosa parliamo? Il conflitto d’interesse che teme Luigi nell’unità
delle figure di critico e architetto, questione tra l’altro dibattuta
mesi fa durante il caso giudiziario che investì Marco Casamonti, non
dovrebbe preoccupare sul piano puramente critico. Infatti, preoccupa la mia
coscienza morale, non quella estetica. In fondo, mi piacerebbe che dei miei
peccati, tecnicamente, me ne parlasse un peccatore, se veramente li conoscesse
a fondo.
Il titolo della recensione è, invece, Ciò che manca,
a cui segue un elenco sostanzioso di tutto quello che nel testo non viene né
scritto né citato.
Poco male, verrebbe da dire, vista l’abbondanza di citazioni e riferimenti
a critici, autori, filosofi, storici, politici e chi più ne ha più
ne metta, che alimentano il bla bla quotidiano sull’architettura parlata.
Ma, probabilmente, preso dalla vertigine dell’assenza, chi ha scritto il
pezzo non s’è reso conto d’andare oltre il libro che stava
recensendo, allargando il fronte della lagnanza a tutto l’universo architettonico.
Egli infatti scrive: “Infine, vi sono molte cose che mancano al di fuori
e al di là di questo libro: manca la forza delle idee; manca il coraggio
di rompere gli schemi; mancano la forza e il coraggio di prendere posizione; manca
la capacità di sottoporre a critica il sistema dominante; manca l’onestà,
l’integrità morale per opporsi agli interessi dei potenti; manca
la volontà di investigare “mettendo in relazione”, anziché
“scavando”, come talpe; manca l’agilità per divertirsi
seriamente e per esser seri divertendosi; manca l’intelligenza, la profondità
per guardare al passato come a un tempo attivo, vivo; manca la sensibilità
per guardare al presente come a un tempo passibile di interpretazione; manca l’immaginazione
per guardare al futuro come a un tempo possibile, rispetto al quale provare ancora
a dire, a progettare qualcosa.”
L’immagine in alto è quella della libreria Einaudi
di Dogliani progettata da Bruno Zevi.
Il sito da cui è tratta la recensione di MMX Architettura zona critica è gizmoweb.org
(Sandro Lazier
- 7/2/2011)
Per condividere l'articolo:
Commento 9269 di Antonino Saggio del 08/02/2011
Grazie Sandro, questo pezzo ci fa sentire bene!
Quanto citi fa pensare al "sono tutti i ladri rivolto ai politici" e ricordo il Nanni M. incavolato.. che diceva <2ma ladro sarà lei.." o qualcosa del genere.
Commento 9291 di luigi prestinenza del 01/03/2011
Si è vero caro Sandro che la critica è una facoltà universale e che chiunque deve esercitare la propria, che altro non è che il proprio giudizio di valore. Così come il pensare non necessariamente presuppone i filosofi. A volte anzi sono i non pensatori di professione a dire le cose più profonde e i filosofi le più sciocche.
Il critico però non fa solo "critica" ma un "lavoro critico" che lo impiega per buona parte del suo tempo con un insieme sistematico di attività. Infatti promuove iniziative, lancia talenti, scrive con una certa frequenza, gira per conferenze, dirige collane o riviste, insegna ecc... ecc... Porsi il problema della sua indipendenza è quindi porsi un problema a mio avviso molto serio: è un po' come porsi il problema dell'indipendenza di un giornale...
Concordo anche con te che è bene che il critico sappia cosa sia la progettazione e ne abbia esperienza, anche per non farsi abbindolare dal tanto fumo che fanno gli architetti sulle loro opere. Ma se vuole fare "lavoro critico" è bene che non mostri, nè tanto meno cerchi di far premiare la sua produzione per evitare confusioni.
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